Archive for October, 2017

La Critica cinematografica, la “cultura”, Federico Frusciante, il sottoscritto, il fascismo culturale


30 Oct

denirocapefear

Ieri sera, in uno slancio orgoglioso dei miei sentimenti voraci, sulla bacheca di un amico, che capirete bene chi è, scrissi questo, testuali parole: ho sentito dire che Federico Frusciante non dovrebbe parlare di Cinema perché non ha una laurea al DAMS. Ma chi è questa gente? Siamo invasi dai fascisti della cultura. Una, su Twitter, mi scrive invece che io non dovrei parlare di Letteratura perché non ho una laurea in Lettere. Ma in che mondo viviamo? La gente pensa, ancora, nel 2017 inoltrato, quasi 2018, che serva la LAURA, come diceva Totò, per parlare di Arte e Cultura? Mi sembrano degli ostracismi ideologici del peggior nazismo.

Al che, come sovente capita, vengo invaso da Mi Piace e commenti di approvazione che comprendono bene il mio sintetico pensiero, e lo apprezzano largamente.

C’è chi scrive questo: Federico mi ha aperto le porte a una conoscenza della settima arte trasversale ed eterogenea. Non è un critico, ha molte sbavature e non è perfetto… difetti che in realtà costituiscono un reale e concreto vantaggio differenziale rispetto a buona parte di quello che circola in rete, spesso patinato e scevro di veri contenuti. Nel Frusciante si può notare l’orgoglio di un proletariato che, come diceva Walter Benjamin, rivendica un legittimo interesse per il cinema: un interesse all’autoconoscenza come individui e alla conoscenza della propria classe. Da qui la critica all’industria cinematografica che corrompe questo legittimo interesse, spronando le masse a partecipare a eventi di contingenza, sulla base di un fittizio ma pervasivo apparato pubblicitario.

Il Frusciante può piacere o meno, può evolversi o involversi come tutti noi esseri umani nella nostra quotidianità, ma se c’è una cosa di cui sono convinto è che, non solo può, ma DEVE poter parlare di cinema, musica, politica etc…

A questo bellissimo commento, che esplicita ciò che io avevo fatto intendere tra le righe, arriva a sproposito, inopportunamente, un intervento che ha dello sgraziato più screanzato, che stona col clima di armonia che si stava instaurando, che spezza gli equilibri soavi del libero scambio di opinioni, un commento che ha dell’incredibilmente faceto e arrogante…

Cosa c’entra il “nazismo” che non esiste ed è un sostantivo inventato?

Guarda che nel Nazionalsocialismo si premiava proprio la vera cultura, si sosteneva esattamente la stessa teoria che stai esprimendo tu…

 

Innanzitutto, va detto che “nazismo” non è certamente un termine inventato, è il sostantivo che, per facile convenzione, “definisce” il nazionalsocialismo, e non ho certo bisogno di maestrine che mettano i puntini sulle i per insegnarmi cosa sia. Ho perfino scritto un libro, Il cavaliere di Berlino, che narra di una storia nazista. Sì, quindi quando cito questo termine “erroneo” ho piena cognizione di causa e non ne parlo per puro sfoggio retorico, a differenza di questi “sapientoni” che ci tengono a “precisare” con quella meticolosità boriosa tipica proprio di tal sprezzante “cultura”. La stessa a cui alludevo io…

Sì, avrei dovuto essere più specifico, e usare la parola classismo, per non creare confusione, ma non sarebbe suonata così forte. Oppure avrei dovuto dire fascismo. Per “nazismo” intendevo quella “cultura” razzista, superbamente elitaria, che brucia ciò che considera inferiore. Il nazismo, se non sbaglio, propugnava, travisando parecchio Nietzsche e strumentalizzandolo, la “cultura” del superuomo, uomo visto come prodotto della presunta, pericolosissima “superiorità”. Che dunque non accettava, anzi “ammazzava” chi era diverso da lui.

Chi ha letto bene fra le righe, ha inteso benissimo cosa intendevo con quell’apparente “pressapochista” definizione di nazismo.

Poi, giustamente, intervengono persone che ribadiscono che titoli accademici e posizioni cattedratiche raramente vanno di pari passo con la Cultura con la C maiuscola, perché spesso sono funzionali soltanto a far sì che certe persone “colte” cementino i loro privilegi di casta, di autorità che reprime coloro che non la pensano come loro. Un “basamento” del ricatto psicologico per spegnere e annichilire la libera democrazia del pensiero, usando in maniera estorsiva il pezzo di carta per “attestare” che hanno, a prescindere, ragione, e quindi ogni altro tipo di ragionamento non può avere la “credenziale” della credibilità. Insomma, quelli che, sulla base di una presunta superiorità intellettiva, schiacciano il prossimo, non gli danno diritto di parola, e coercitivamente lo vogliono sigillare nel mutismo. Snobbandolo o facendo spallucce “simpatiche”. Avete capito…

 

Siamo invasi da gente che vuole rimpicciolire gli altri dall’alto della presunzione, dall’alto di facili e invero scricchiolanti piedistalli che poggiano soltanto sulla retorica più insulsa, sulle prese di posizione/i aprioristiche, che basa, essendo appunto classista, il rapporto sociale, già sulla distinzione, sulla schematica scrematura, sull’annientamento dell’individualità secondo parametri assai fallaci e in verità tracotanti e pretestuosi.
Al che, uno mi viene a chiedere dove io mi sia fatto tanta cultura.

Gli rispondo come Max Cady… Prima, l’alfabeto del mago Merlino, poi le avventure di Max il Leprotto…

Ah ah.

schindler_s_list_still_8

 

di Stefano Falotico

Le ragioni del successo di Stranger Things sono di natura sessuale, ve lo dice Max Cady, ah ah


29 Oct

maxcady

So che questa frase nel mio titolo potrà sembrare l’idiozia dell’anno, e per certi versi lo è. Mi piace gigioneggiare, buffoneggiare e cazzate sparare. Cazzate sino a un certo punto… Ma, dopo giorni di profonda meditazione, di scrupolosa indagine freudiana alle origini assurde e incomprensibili del fenomeno Stranger Things, mi sento di dire, in tal Ottobre decadente della nostra “b(r)ulla” società, che il sesso è alla base di tal sesso, no, successo.

Sì, perché mai questa serie, ch’è incentrata principalmente sui bambini, alcuni dotati di poteri paranormali, che saccheggia esplicitamente a piene mani da tutto un immaginario pop così tanto attecchisce nella mente di spettatori di ogni età? Piace, appunto, agli infanti, ai trentenni nostalgici, ma anche a uomini di mezza età, piace indistintamente alle donne, ai maschi, persino ai froci. Raro trovare qualcosa che metta così tanto d’accordo gli spettatori di ogni fascia sociale, a prescindere dalla loro cultura, dal loro background, dalla scala gerarchica che occupano. Un successo bissato enormemente da questa seconda stagione, che sta facendo guadagnare a Netflix soldi a palate. Anche soli senza “patate”. Ah ah.

Molti obietteranno e diranno semplicemente che è un “capolavoro”, e quindi i capolavori non fanno distinzioni, sono qualcosa che trascendono le mere spiegazioni razionali, e ricevono consenso unanime.

Ora, nonostante qualche scaramuccia amorosa adolescenziale, qualche scena d’infatuazione fra giovani pollastri, fra donzelle forse vergini e ragazzotti magri col ciuffo alla Elvis, di sesso non ne vediamo affatto in questa serie, mentre quasi tutti i film e appunto le serie televisive ne sono pene, no, piene.

La gente parla sempre di sesso, è sulla bocca di tutti, e lo sa bene Harvey Weinstein, crocifisso oltre le sue reali colpe, perché la gente è morbosa, ama farsi i cazzi degli altri (lo sanno le donne traditrici e ninfomani), siamo invasi nel linguaggio da continue allusioni in tal seno, no, senso, è una fissazione che “perseguita” molte persone, ne parlano, a volte poco lo fanno, ma non sono mai stanche d’ironizzarvi, di giocarci sopra, di sedurre, d’indurre in tentazione (lo sanno quelle finte suore che accavallano sempre e poi, quando vengono guardate con desiderio, fanno le “sante”, rinnegando il loro scopare, no, scopo).

Ecco, molti ne sono oggettivamente saturi, ne hanno le palle piene. E preferiscono dunque qualcosa di magico, di “infantile”, di più dolce e meno “bramoso”. Per recuperarsi puri in un mondo incendiato da questa maledizione del sesso. Odiato, cercato, respinto, accusato, vilipeso, goduto e fottuto.

Sì, la gente “adulta” è stanca della vita “normale”, del lavoretto, del vinello dopo cena, dei sabati sera con le bevutine, dei colleghi invidiosi e rompiscatole, insomma, della routine.

E Stranger Things è tutto ciò che ha sempre voluto vedere ma non ha mai osato dire.

di Stefano Falotico

Buona domenica con The Irishman


29 Oct

22829086_10209890635445396_5941210976511503172_o

 

Che bella cosa nà iurnata e sol’. Ah ah.

Sì, ti svegli in questa domenica di fine ottobre, in cui hai dormito un’ora in più perché c’è stato il cambio dell’ora, allinei le lancette della tua anima dopo il ristoro di una notte freddina, e poi trovi su Twitter una foto “di famiglia” che ti fa credere ancora nel Cinema.

Intervista a Simona Colaiuda, neuroeconomista e scrittrice


24 Oct

22687526_10212475939765242_10172918306408333_n

Ebbene, il qui presente Stefano Falotico intervista Simona Colaiuda, una donna di sfrontata bellezza da rimanerne ipnotizzati che, sul suo profilo Facebook, testualmente si presenta come Neuroeconomista, Executive and Corporate Coach. Ma la sua grande, viscerale passione è la scrittura, ed è autrice di numerosi romanzi e novelle.

1) Innanzitutto, Simona, potresti descriverci la tua vita privata? Poi entreremo nel pubblico. Sì, capovolgiamo le domande retoriche e, addentriamoci, naturalmente se vuoi e se questa richiesta ti è gradita, in ciò che fai nella vita al di là del tuo lavoro. Cioè, sei sposata, hai figli, quali sono i tuoi hobby?

Sono la mamma di due ometti che assorbono, oltre al cuore, la maggior parte del mio tempo libero, e per fortuna, aggiungo. Le cose che amo di più sono i film d’amore e le chiacchierate sterminate con i miei amici, quelli veri però.

2) Ora, invece, ci descriveresti il tuo lavoro? Cosa intendi per “neuroeconomista?”. Prova a spiegarlo a profani come me, ad esempio.

Quando si parla di neuroeconomia si fa riferimento all’economia comportamentale, che, nata dalle intuizioni di Tversky e Kahneman, può definirsi una scienza interdisciplinare. Il suo obiettivo è quello di unire le conoscenze della psicologia a quelle dell’economia, andando a studiare il funzionamento della mente umana durante i processi di decision making, processi decisionali, nella soluzione di compiti economici.

3) La miglior soddisfazione ottenuta dal tuo lavoro?

I messaggi di stima dei miei lettori.

4) Quando invece hai cominciato a fare la scrittrice? Si tratta di una passione che hai sempre avuto o è nata, che ne so, da esperienze particolari, è maturata negli anni, e come si è sviluppata?

In realtà ho sempre scritto, come tutti d’altronde. Pensa semplicemente a Facebook e a tutti i post che vengono scritti nell’arco di pochi minuti da milioni di utilizzatori: sono cifre da capogiro. E in questo mondo dove sono tutti scrittori, ho cominciato a scrivere in maniera più impegnata solo qualche anno fa, quando alcune importanti riviste mi hanno scelto per portare avanti dei progetti, rubriche, articoli, e poi non mi sono fermata.

5) Se dovessi approcciarmi per la prima volta ai tuoi libri, quale mi consiglieresti come lettura iniziale per prendere confidenza col tuo mood letterario?

Sicuramente l’ultimo che ho scritto: Costruisci la tua felicità in tre atti, Ed.Aloha, 2017. Ma quello più bello è quello che devo ancora scrivere!

6) Quali sono le tue strategie per promuoverti? Utilizzi molto i social per diffondere il tuo lavoro o sei più vecchio stile?

Impossibile ignorare il mondo dei social, chiunque lo facesse, tirandosene fuori, farebbe un clamoroso autogoal. Ma le care, vecchie presentazioni sono senza dubbio più emozionanti, almeno per me.

7) I tuoi progetti per il futuro? Puoi confidarceli?

I progetti, se ci pensi, sono desideri. Quindi affido alla tua stella il desiderio di portare a termine con successo i progetti editoriali che sto ultimando.

 

 

Grazie bellissima Simona per averci svelato qualcosa in più di te, è stato un piacere intervistarti.

 

Il piacere è stato mio. Ringrazio te per l’acuta intervista e la cortese ospitalità sul tuo blog. E, last but not least, ringrazio chi è arrivato a leggere fino a qui.

Negli occhi di un guardone o nella purezza encomiabile di uno sguardo giovane e libero


23 Oct

01534801 00301004

Stamattina, fui invaso da una domanda angosciante. Fra pochissimi giorni, sarà disponibile la seconda stagione di Stranger Things, e mi andrà di vedermela tutta, di sorbirmela, di accettare altre otto ore lunghe, forse ripetitive, tediose, senza l’originalità della prima parte? Dura otto ore, no, sbaglio? Non è che dura di più? E a quali persone appartengo? A quelle che considerano questo show una bambinata che ricicla e scopiazza da altri film e da mezza letteratura horrorpop-fumettistica, o chi invece lo reputa una bizzarra, affascinante commistione di generi? Non lo so, e in questo pender nel dubbio sospendo il giudizio. Poi, dopo questo interrogativo di “vita o di morte”, mi son recato al bar. Appena entrato, notai un bel culo. E, per voi, allestisco testé, un breve dialogo con un amico immaginario e con questa “inculata” immaginata.

– Ehi, amico, l’hai visto/anche tu?

– Eh sì. È un culo che si fa notare. Di buona fattura, che rientra nei canoni stilistici delle giuste proporzioni. Rotondo, cesellato, anche muscoloso, erto, eccome se si “erge”, su una schiena slanciata, che poi degrada in gambe affusolate, tornite, sdilinquendo su caviglie sottili ammorbidite da scarpe da ginnastica che donano allo splendido insieme un tono sprint.

– Insomma, concordi. È un culo da favola.

– Sì, anche da fava. Dai, provaci. Fai la prova.

– Amico, farò anche la piovra.

 

– Ciao, posso “accomodarlo?”. No, scusa, volevo dire, posso affiancarmi a questi tuoi bei fianchi?

– Ma come si permette? Chi le dà questo screanzato diritto?

– Invero, sa, sono un uomo diretto, anche di “ritto”.

– Porco! Chiamo la polizia.

– Suvvia, posso offrirti, sì, diamoci del tu, un caffè?

– Ma lei è matto! To’, beccati questa!

– Ma no, volevo farti solo to-tò sul popò.

– Totò si accoppia soltanto con Peppino.

– E il caffè della peppina?

– Ma che dice?

– Insomma, accetta di “berlo” in due? In due si “mescola” meglio. E c’è più zucchero nell’aroma.

– Ah ah. Ma guarda un po’, te.

– No, io guardo te, anche le tue tette. Da cui il Tête-à-tête.

– No, grazie, non voglio del tè.

– Il tè. Ma che dici, bella?

– Voglio andare adesso in toilette.

– Andiamoci assieme. Ma alla toilette io preferisco il lett’!

– Sì, vai a letto, che è meglio.

– Ti aspetto.

– Sì, aspetta e spera…

– Aspetterò.

 

Dopo molta attesa, “venne”. In quale maniera, (non) si sa.

Eh sì, ho indubbiamente una gran faccia di culo.

 

di Stefano Falotico

 

01443407

De Niro spera che arrestino Trump, e io mangio le crescentine, non arrestando la “democrazia” nel mio Fuori Orario


22 Oct

453afterhours-640x350

De Niro sta indubbiamente esagerando. Intervenuto in quel di Montenegro, spara a zero su Trump, dopo che negli scorsi mesi l’ha definito un maiale, un cane, un artista delle stronzate, e ha detto che la sua politica si sta trasformando in una commedia stupida. Adesso, rincara la dose e gli augura un impeachment, stato di accusa “sovrano”, sperando che quanto prima finisca al fresco.

I maligni sostengono che De Niro sia un ipocrita e le uniche commedie stupide sono quelle che ha girato negli ultimi vent’anni. Ma De Niro, irremovibile, non arretra e continua la sua fatua battaglia, non certo essendo di Trump infatuato. Lo odia a morte e si sgola affinché qualcuno, anche illegittimamente, possa (in)castrarlo. Spera in un colpo di stato, e intanto deve rinunciare alla serie televisiva con O. Russell perché era prodotta dallo “scandaloso” Weinstein. A tal (s)proposito, Vittorio Sgarbi, nel frattempo, fa lo sgarbato con Asia Argento e minaccia azioni legali perché non vuol essere intimidito da questa scarlet diva.

La gente, mentre altri muoiono negli ospedali perché non assistiti da sufficienti cure mediche, si accapiglia per un pelo di figa in più, inneggia alla violenza mentre saccheggia un altro supermercato, rubando al barbone all’angolo anche il tozzo di “pene”.

Le mogli minacciano il divorzio, i figli viziati si danno all’ozio, i bambini si cuccano l’orzo mentre in tv passa il film L’orso.

In questo carnaio totale, si salva Falotico che, come Paul Hackett, sgattaiola al buio fra baristi isterici e ninfomani frustrate, ridotto a bella statuina in questa solita routine del cazzo.

E, comunque sia, nonostante incassi, il Falotico accetta le idee “liberali” degli altri, consapevole che la vita è fritta come una crescentina con del prosciutto di Parma o il San Daniele, insomma è fatta di passaggi eseguiti secondo l’antica tradizione artigianale dal gusto dolce e un po’ salato, possibilmente accompagnati dal (di)vino a cui si aggrappano i deboli di stomaco e dalla grappa a cui s’accompagna l’uomo col groppo.

Siate amari, fratelli, votate Falotico, l’uomo che mangia prelibato senza sognare false vite al cioccolato.

 

di Stefano Faloticoamaro montenegro

Siamo nel nubifragio dell’essere soli, forse anche stolti, nel Sole che balugina sollazzandosi di “sale” tuo dolce


22 Oct

14050324876_aa0951dbce_b

220px-Nietzsche187a

Mare(e), e la salsedine lecca la tua pelle mentre una donna si sveste in riva nella spiaggia della sua solarità piccante.

Eppur questa compagnia, che potrebbe farsi se lo volessi, non mi attizza e preferisco abbronzarmi in desideri più immaginati, anche più rimuginati, ruminando in altro arrovellarmi nella grigliata del mio bronzo di Riace, probabilmente del mio incapace eppur di capa rapace.

Rinvengo le frasi del Nietzsche, e le recito mentre i raggi solari fan sì che non mi ottenebri in simbiosi con tali constatazioni amare. Eh sì, andate al mare quando siete soli e amari, anche se una donna non vorrete amare nel Sole dei vostri peccati cocenti.

Parecchi uomini sono così abituati a star soli con sé stessi, che non si paragonano affatto con gli altri, e continuano a intessere la loro vita monologica in una disposizione lieta e tranquilla, fra buone conversazioni con sé stessi e perfino con riso. Se invece li si induce a confrontarsi con gli altri, essi inclinano a sottovalutare sé stessi con ragionamenti lambiccati: al punto da dover essere costretti a riapprendere solo dagli altri una buona, giusta opinione sul loro conto; e anche da questa opinione appresa vorranno sempre togliere, detrarre qualcosa. Bisogna dunque lasciare a certi uomini la loro solitudine e non essere così sciocchi, come spesso accade, da compiangerli a causa di essa.

Insomma, non compatitemi se talvolta preferisco le tenebre al Sole nel mio voler star solo, rintanandomi ove i bui della mia anima son così tanto illuminanti da impedirmi di offuscarmi nelle false compagn(i)e a me poco sollazzanti. Meglio di notte la campagna…

Metto il sale sul riso, e rido, rido di tante banalità e di chi mi dà la patente del matto maniaco ossessivo.

Ben vengano le mie manie, sono smanioso di ordine e precisione, in esse, mi mantengo disciplinato alla bellezza della vita lontana dal chiasso e dal caos, e mi astengo dall’essere un sessuale maniaco.

Fermi con le mani, non aggreditemi se preferisco raggrinzirmi, impigrirmi e forse anche da solo, senza Sole, compatirmi. Sono però di te compassionevole, che delle persone vedi solo l’apparenza “raggiante” e non ami le persone “raggrumanti”.  Sì, mi raggrumo e alle limonate degli scemi e delle scimmie prediligo gli agrumi del mio star lontano dalle frasi fatte e dai soliti, mal giudicanti costumi.

Mi spoglio di me stesso e adesso guardo quella donna che vorrebbe le fossi scostumato. Ci togliamo il costume e rimaniamo ignudi.

Mentre qualcosa “sale” e dolcemente fa su e giù non solo di risate ma di un ah ah che ci piace.

 

di Stefano Falotico

Mentre al cinema danno La battaglia dei sessi, ancora si parla delle “manie” sessuali del Weinstein, in questo stagno ove tutti/e tirano i sassi da ossessi


21 Oct

Giovanna+Rei+Rush+Premieres+Rome+Part+2+sSiacqINO2Ul00689604081_BOTS_11118_1400

Sconvolgente questo caso Weinstein. Insomma, la RAI non aveva più argomenti per le sue farlocche trasmissioni inutili e annoianti e subito ha colto l’occasione per allestire “reportage” sulla violenza sulle donne, annegando al solito il tutto in un puttanaio di banalità, con ospiti discutibili e “vallette” in cerca del lor s(ucc)esso perduto. Si gonfiano i luoghi comuni, c’è la caccia al morboso più “inverecondo”, Weinstein viene dipinto solo come un (p)orco e, “gigantograficamente”, appare sui nostri schermi come simbolo del peccato più scandaloso. Mentre lo ritoccano di photoshop per renderlo ancora più lardoso. Colui che, in vestaglia, al crepuscolo, chiedeva massaggi anche a Giovanna Rei, che dichiara che, dietro quel “favore”, avrebbe ottenuto la parte di Juliette Binoche in Chocolat. Insomma, Weinstein è stato imperdonabile e i suoi atti sono agli atti, giudiziari e dell’FBI, ma davvero dovremmo credere a quest’assurdità secondo cui alla RAI la Rei (ma chi la conosce questa qui?) dice che fu così moralmente alta da rifiutare un ruolo internazionale solo perché la sua “religione” (infatti invoca Dio, mentre col balconcino vuole che la telecamera riprenda il suo essere rifatta, ah ah, dalla testa ai piedi in tacchi a spillo) non poteva “abbassarsi” a un pompino? Davvero crediamo che una che si presenta in passerella tutta scosciata e debordante di seno pompatissimo è stata così pia da declinare che Weinstein la pompasse? Ma per piacere. Non voglio giustificare il Weinstein, ma questo moralismo dell’ultima ora (da quali pulpiti!) mi sa di osceno, di gravissima ipocrisia.

Intanto ci si mette anche Tarantino in questa tarantella di falsità. Weinstein gli ha prodotto tutti i film e lui dice che sapeva ma ha fatto poco, però ora denuncia Harvey. Così “ritocca” la sceneggiatura del film su Manson, che doveva produrgli Harvey, perché presentava scene di violenza sulle donne, e dunque qualche maligno potrebbe pensar male.

La Rei è rea di menzogne.

E Roberto D’Agostino fa la parte del monaco agostiniano, su Vespa che dice Bing Crosby al posto di Bill Cosby.

Sono nauseato dalle illusioni, spero di non fare la fine di Jack Nicholson


21 Oct

4582A4E600000578-4999780-Hard_to_swallow_He_did_not_seem_overly_pleased_that_his_team_had-a-322_1508485321074

chinatown4 4582C95B00000578-4999780-Famous_fan_Jack_has_been_a_fixture_at_Lakers_games_for_decades-a-320_1508485320443 4582A8D200000578-4999780-Letting_it_all_hang_out_The_body_confident_star_even_opened_some-a-318_1508485320434 4582B10800000578-4999780-A_man_of_voracious_appetites_The_A_lister_who_has_boasted_of_bed-a-315_1508485320293 4582A8FF00000578-4999780-Hard_to_stomach_Jolly_Jack_Nicholson_let_it_all_hang_out_as_he_w-m-31_1508488321976

 

Passa il tempo che, sottile, tagliente, squarcia i silenzi. E, rannicchiato in pensieri dolenti, mi svesto della mia dignità per indossare la più malinconica ilarità, mentre un altro altero giorno scorre insincero, tra facili consolazioni e il sentore che tutto crolla sotto il peso di ambizioni mai anelate.

La vita è un continuo darsi slancio, illudersi che il domani possa essere appagante e qualcuno meglio ti paghi, e meno plagi, per il lavoro che fai, se lo fai.

A volte manca anche il lavoro, ma non bisogna amareggiarsi. Fare i barboni risolverà i conflitti economici della vita occidentale e potrai sederti su una panchina senza un ombrello sotto la pioggia della tua grandine vivente.

Al che, appare Jack Nicholson, grasso a dismisura, col panzone che deborda, e comprendi che non si può essere sempre affascinanti come in Chinatown.

Mentre un altro bombolone mangi nella crema amarognola di una risata forzata.

 

di Stefano Falotico

All’IT del Muschietti preferirò sempre il mio presepe col muschio, e alle canne dei gustosi cannelloni


19 Oct

it-stephen-king-parla-del-film-andy-muschietti-in-una-video-intervista-v3-305808-1280x720

Sì, è uscito finalmente il film più terrificante di sempre, così dice la Warner Bros Italia, frase ad effetto che è un’iperbole di cattivo gusto e un chiaro specchietto per le allodole per i fessi che davvero possano credere a una sesquipedale affermazione di questo genere. Film che credo non vedrò al cinema, invero ho già visto in streaming sottotitolato. Mi stupisce la nuova stupidità di questa nuova “Critica” che davvero pensa che questa pellicola sia un onorevole omaggio al capolavoro di King, e ancor più rimango allibito quando King afferma che questa versione gli è piaciuta. Ora, patti chiari e amicizia lunga, sia la miniserie con Tim Curry che questo film del Muschietti non rendono affatto giustizia a King, che sarà stato pagato fior di quattrini, come se non avesse abbastanza, per dichiarare che ne è rimasto entusiasta. Personaggi abbozzati, massiccio uso fastidioso del digitale, scene splatter di rara bruttezza, sia emotiva che psicologica. Quando capiranno che i grandi film horror non sono quelli che mostrano le più brutali efferatezze, con qualche eccezione alla regola, ma quelli che trasmettono paura dal nulla, dal non detto, alimentando l’immaginazione e stimolando gli incubi più feroci?

Questo IT è palesemente un’operazione commerciale per teenager che desiderano qualcosa di “spicciolo” per cagarsi un po’ nelle mutande. Tutto qui, lasciate stare chi lo apprezza e ne scrive bene. Ora, non detestabile ma neanche questa vetta di cui molti parlano con poca cognizione di causa.

Meglio la mia casa, ove a Natale “allestivo” il presepio, con tanto di Pennywise che come un re mago dà al Gesù bambino un bacio sulla fronte, espiando i suoi peccati.

Francesco Alò, che più passa il tempo e più delira sui film, sostiene che il Pennywise della miniserie era un pedofilo, mentre questo è un bullo. Anche questa devo sentire.

In buona sostanza, qui c’è molta gente che ha fumato robaccia.

Mangiate invece i miei cannelloni, con la “besciamella” della mia mente saporita che ama le pietanze sostanziose, non le schifezze che lasciano insoddisfatti i palati fini.

 

di Stefano Falotico

 

22528252_10209825150568315_6777543416445543896_n

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)