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I deliri erotici della prima Estate falotica: S(t)e è un bravo guaglione


06 Jul

Tienitelo stretto, anche perché ci sono io che potrei slacciarti l’asciugamano…e, di mani in mani, si va “cont(r)attando e un po’ bagnando nel te(r)so

Di mio, uso il pareo senza Panarea m’arricciato lontano da Riccione, isolano da isoletta (in)felice, soffro di paralisi quando vedo bocce nudiste sol velate da un nero “avvolgente”, sibilo fra i granelli a “insabbiato”, poi nascondo le prove, essendo piovra e polipo che prima palpa e poi si spompa, tanto che affogo e la figa va con un balenottero di maggior “crociata”.

Sono in spiaggia, Lei smuove la sabbia e rinviene il mio feto galleggiante mentre sogna d’essere ingravidata da un ludro che la farà abortire prima che l’utero sia in lui lieto. Quindi, sboccia, sfila la camicia floreale e miro a Mezzogiorno la mia erezione florida in questa fauna di bestie.
Mah, almeno nelle saune ci son i sudori freddi, qui leccano il surriscaldamento e non solo i ghiaccioli. Sono microcapsule del freezer tutto l’anno e quindi cotte per l’“abbronzatura” dagli aggrovigliamenti spaparanzati, previo lunga conservazione parzialmente scremata come le cremine solari da imbalsamate. Il balsamo!

Aggradati, sgranocchiano il “mandorlato” e allisciano lo “stecchino” ancora di limonata prima della granita a mo’ di burrasca e burro d’arachidi. Alcune sono rachitiche, altri soffrono l’artrite. Di mio, sono l’ariete, gemellato al Vergine stuprato in quanto troppo da una gatta “venerato”.
Mi concupì, mi disossò, mi “levigò” e mi levò dalle palle, prima che potessi riprenderle, oramai spappolate.

Ora, devo andare avanti. Non piangere il latte alle ginocchia, leggi sperma raggrumato, versato, vessato e quindi in un più bravo amante “vergato”. Punto una mora che si confonde con la vegetazione là “in fondo”. Costruisce dei castelli per aria, di paletta la “spialo” e spio nelle biglie dei suoi orecchini che intravedo fra le doppie punte. Ravviso del feticismo anomalo nel ricchione che vorrebbe far con lei l’amore mentre pulisce le conchiglie della (de)riva, adocchiandola con far “maschio” e ventre pasciuto sul tappetino a mollo in panza da Pozzetto.

Al che, mi sento Paolo Villaggio de Le comiche. L’omo… Renato, di sé panzuto, mi sgancia un “Non tutto il Sole viene per cuocere”, quindi “inculo” di paletto d’avorio un “infangato”.

E urlo: “Adesso piove. Meglio ripararsi nel tendone…!”.

Il circo mi conosce, la Maga Circe da me solo avrà che il suo orco nella sua sorca. Non val due soldi quella meretrice.
Vada con Polifemo ché io mi tengo un epico polpettone da infermità mentale.

Ho detto tutto…

Anzi, no.

Acapulco, a sinistra c’è Selvaggia Lucarelli di tette arroganti “dal pulpito”, se le fanno la mastoplastica poi che cazzo fa? Per ora, se ne fa a bizzeffe di “(Aqua)fan(cazzisti) riminesi sulla riviera romagnola e piadina emiliana, gli uomini invertiti di regione erogena, orogenesi appenninica, dopo le lavorative pennichelle da stipendiati in padella, s’azzuffano per tali “salvagenti”, ma presto da gommosa diverrà (una) chiatta e la sua carriera sgommerà da schiappa.

Sarebbe da inchiappettare, se la mena, ma non ce l’ha solo lei. Anch’io me la tiro… sul gommone, in quanto ambiguo al largo. Mi allago! Non miagola! Boe e boati! Dio bono! Vacca la boia! Le vostri madri, come Selvaggia, son troie. Meglio Ulisse!
Uno che fissa e la tratta da fessa. Sia in senso di tonta che come si definisce la vagina in quel di Bitonto, paese lucano, amaro b(r)ullo.

Insomma, breve paragrafo senza girarci attorno. Pare una “spagnola” ma ama Rocco Siffredi alla francese. Fra Selvaggia ed Eva Green, scelgo l’ermafrodita vicino al semaforo. Lampeggia, è un lampone. Meglio di seni per gli allampanati!
Dai, le lampade fan male alla salute. Meglio i cocomeri! Razza di citrulli, siete dei meloni! Ma che limoni? Ma quale melina!
Ecco la tequila! Tieni qua, senti che boomChe dolore!
Sì, Selvaggia è oca italica, Eva stimola lo strabuzzato “lord(o)” inglese, entrambe per l’infarto mondiale su infradito del tamarro “rizzato”, meglio l’asessuato che eppur sa il fallo suo o non sappiamo se c’è o non c’è. Chissà dov’è, da qualche parte in culo gli entra di sicuro.

Ora, mi denunceranno. Dove son le di sicurezza uscite? Vicino agli spogliatoi? Ma sono tutti spogli, hanno bisogno di mostrar l’ambaradan? Ah, lo spogliatoio è ove anche si ci riveste.
Mah, siamo sicuri che sotto le docce non ci sia del bollente? Qui, non sono tiepidi di freschezza. Son secchi e ammosciati. Aridi come la temperatura a novanta su una centenaria. Agrigento! La Sardegna! La mansarda! Ripariamoci in uno spaghetto allo scoglio.
Le vongole, ricordate, son più saporite del gondoliere. Quello ha i remi in barca ma bisogna lanciargli dei gavettoni perché perda l’equilibrio. Venezia è sommersa!
Amsterdam si fa i cannoni di Navarone!
Voglio altri Neroni che brucino Roma! Città di bucatini e matriciane. Basta con la pasta! Appestiamo lo Stivale!

Dinanzi a queste cosce, sono un’aragosta. Rosso, per colpa delle radiazioni disumane a evirarmi nella radiografia al fegato da carcassa eppur bene incasso. Ordino un prontuario per la mia fame da “morto”, mi danno un panino alla mortadella, così opto per il mio “salame”.

E colo a spacco delle fighe cittadine. Più di gonne immaginanti, più di virtuale appetibili.

Lezione è tale di “sex”: se vedi troppo, non va molto, l’ipofisi è alla base erotica del “raddrizzamento”. Al mare, la pazzia è come una pizza da puzzoni.

Con tale stronzata, mi getto fra gli squali.

Mi squaglieranno fra i denti ma sarò sputato e dunque identico a loro di reincarnazione al filetto!

Ah ah!

Andate balneari. A fanbagno!

Tu balla.
Tu beli.

Io son bello e scodello lo scolaro mentre di riso abbonda sulla sua bocca da (s)tolto e tanto di crudeli coltelli.

Scudieri, le donne sol che scodellate nel cross!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Le comiche (1990)
  2. Bianco, rosso e Verdone (1981)
  3. Il sorpasso (1962)
  4. Culo e camicia (1981)
  5. Le Grand Bleu (1988)

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