Posts Tagged ‘Lillo Brancato’

A LAME TALE, RICORDI NOSTALGICI DI VITA VISSUTA


28 Jun

7ff94cadade80bdc318791b0ead0aec3

Questo è un mio pezzo che è comparso nel sito Caffè Scorretto. Chissà, un giorno il suddetto sito potrebbe scomparire, allora intanto lo inserisco nel mio GeniusPop.

 

Il crowfunding per la limited edition del Blu-ray di BronxA Bronx Tale, è partito. Non un capolavoro, ma un signor film. Guardatelo. E scoprirete che Chazz Palminteri, coadiuvato dalla regia di De Niro, qui al suo esordio dietro la macchina da presa, aveva adattato alla grande la sua bellissima pièce teatrale. Un lavoro coi fiocchi, per un film delicatamente educativo, sgangheratamente formativo, insomma, una storia narrata con gusto e dall’ottimo sapore cinematografico. E che classe nella messa in scena, misurata e sapientemente calibrata.

Ogni quartiere ha la sua storia. E io sto qua, stamattina. Come Lillo Brancato del film di De Niro a tagliarmi la barba, attento a non ferirmi. Ma questa lametta fa i dispetti e un po’ di sangue mi cola dalle guance. Che mi dice oggi lo specchio? Di guardarmi dentro e narrarvi delle mie balzane, discole avventure avvenute anni fa quando qui, nel quartiere Lame di Bologna, si respirava il profumo dei giorni autenticamente migliori e la vita ti sapeva riservare sorprese?

Ora, questo quartiere è stato sopraffatto da una triste modernità e la gente cammina con gli iPhone in mano. Attraversano tutti senza guardare mentre, ai miei tempi, la gente stava attenta a dove metteva i piedi. Oggi le persone sanno solo scattarsi selfie mentre una macchina sulle strisce pedonali le mette sotto e così la foto viene un po’ mossa, diciamo.

Ecco, era un periodo cazzuto quello di cui vi parlo.

Se eri minorenne e camminavi per queste strade, qualche balordo poteva attentare alla tua incolumità virginale. Alludeva sempre alla tua sessualità e, con far strafottente, la umiliava, coprendoti dei tipici insulti di quell’età.

– Ehi, lo sai che sei una checca?
– Vaffanculo.
– Ah sì? Allora fatti sotto! Ecco che te ne arriva una. E un’altra!

 

Sì, spedii vari ragazzi al traumatologico per colpa di quelle infauste insinuazioni. Io me la cavai col viso gonfio e con le nocche fratturate, ma erano risse che odoravano di uomini “veri”, da teste di cazzoni qual eravamo noi tutti.

A dodici anni, ogni mattina, come un orologio svizzero, puntualissimo mi appostavo alla fermata dell’autobus, aspettando appunto che arrivasse l’autobus che mi portava alla mia scuola media. Era il 18. È rimasto quello, credo. E lo prendono anche quelli che, non solo hanno già compiuto diciott’anni, ma anche quelli che hanno già un piede nella tomba.

Vicino a quella fermata, c’era e c’è ancora il Bar Jolly e un mio amico, che come me aspettava l’autobus, prima di salirvi, vi si recava perché al Bar Jolly gli infarcissero il panino alla mortadella che lui avrebbe mangiato nella ricreazione scolastica. Quel mio amico oggi fa l’imbianchino e adora il libro di Charles Bukowski, Panino al prosciutto.

Panino al prosciutto racconta il primo periodo della vita di Bukowski-Chinaski, nonché dell’ingresso nella nota vita randagia e pericolosa tra stanze in affitto, risse, birre, vino e whisky.

Ecco, insomma quel mio amico, si capisce bene, non è diventato un industriale. Al massimo, ora imbianca le pareti di qualche pezzo grosso, mangiando panini al salame piccante tra un’affrescata e i suoi “rinfreschi” nelle pause pranzo. Comunque non è mai finito al fresco.

In quella fermata, avvistavo lo scemo del villaggio. Ogni quartiere ne ha uno. Questo qui prendeva sempre l’autobus come Forrest Gump, ligio e maniaco della puntualità, e salutava tutti, dando loro un gentilissimo “buondì, felice vita!”, anche se quel giorno una di queste persone era rimasta a casa con la febbre.

Sì, lui salutava anche i fantasmi e gli ammalati, gli stronzi e i criminali. Tutti, senz’eccezione alcuna. E si congratulava per le loro vite, belle od orrende che fossero. Quest’uomo esiste ancora, non è ancora morto, ed è sempre allegro come una volta. Sì, gli altri aspettano l’autobus per tirare a campare, lui ha perso il treno dalla nascita, ma gironzola a piede libero alla faccia dei fessi che si fanno il culo ogni santo giorno che Dio ha creato.

La morale del film Bronx, come scritto nel dizionario dei film Morandini, è questa: i veri uomini duri sono quei coglioni che vanno a lavorare.

– Buon uomo, dove va stamattina, così presto?

 

E lui risponde, con sorriso affabile:

– Vado nel mio mondo e dove mi porta il cuore.

 

Oh, che vi devo dire? Sarà uno scemo molto ricco per potersi permettere di andare solo ed esclusivamente dove vuole lui da quarant’anni a ’sta parte.

Però è un uomo talmente buono e tenero che nessuno l’ha mai mandato a fanculo.

Nel mio quartiere, ci sono anche le ragazze. Mi pare ovvio. Altrimenti sarebbe un quartiere moscio, uno di quei quartiere che, come si suol dire, non tira… molto.

Ecco, se ti piace una donna e vuoi immediatamente capire se è la ragazza giusta, non regalarle un mazzo di rose rosse, regalale un quartiere migliore. Ti sposerà subito.

Che poi, forse, non gli andresti bene lo stesso.

– Sì, caro. Abitiamo nel Borgato San Donato, la zona migliore di Bologna. Ma io sognavo Hollywood, la piscina a Beverly Hills e ho sempre desiderato girare un film con De Niro. Volevo essere come Sharon Stone.
– Come quella di Casinò?
– Quel film mi manca. Lei com’è in quel film?
– Ah, bellissima, al top del suo splendore ma non è che finisca, diciamo, benissimo.
– Meglio che una vita in questo cesso di città di merda.

 

Ho detto tutto. Una così non credo sia la ragazza dei sogni. Incontentabile, frustrata, viziata, però ama farsi le “storie” su Instagram, con le orecchie da coniglietta di Playboy.

Io, come Lillo Brancato, appena presi la patente, incominciai a guidare una “sfavillante” macchina rossa. Sì, un Pandino. Decappottabile, nel senso che, se prendevi male una curva, ti cappottavi di brutto.

E non c’era neanche l’airbag.

A dire il vero, non è che questo quartiere sia poi cambiato molto da allora. La gente va a fare la spesa, penso che qualche volta trombi, sì, ogni anno vedo nuovi neonati che spuntano, e poi muore. Nel frattempo, guarda qualche film alla tv.

Ricordatevi: la cosa più triste, nella vita, è il talento sprecato.

E io allora perché continuo a vivere in questo quartiere?

Ma questa è un’altra storia.

E comunque il mio quartiere, in confronto al Bronx, è roba da signori.

Eh sì, mentre pensavo al mio quartiere, il quartiere Lame, ho finito di tagliarmi la barba. Ma, al solito, mi son tagliato.

Sono un uomo tagliente.

 

Stefano Falotico

Bronx di De Niro, che torna in limited edition, è un grande film, checché se ne dica: leggete tutto ciò che non avreste mai pensato potessi dire sul Cinema e sulla vita


26 Jun

LOC1_3614

Sì, sino al 20 Luglio è possibile pre-ordinare la propria copia personale di Bronx. La CG Entertainment, che altri non è che la decaduta Cecchi Gori, adesso restauratasi almeno nel mercato home video, propone finalmente la versione Blu-ray dell’esordio alla regia del grande Bob. Un’opera tanto amata alla sua uscita, quanto poi ingiustamente bistrattata e ricoperta dei peggiori insulti, considerata enormemente sopravvalutata, un filmetto da quattro soldi, insomma.

La verità sta nel mezzo. Bronx non è un capolavoro ma un racconto, a tale appunto, di formazione alla vita di un ragazzo di strada nel quartiere più violento del mondo. O almeno degli States.

Il Bronx si trova a New York ed è antitetico, diametralmente opposto, anche come ubicazione geografico-topografica, rispetto al quartiere dell’alta borghesia della Big Apple, ovvero Manhattan, il luogo ove l’annoiato e frustrato Woody Allen ha ambientato la maggior parte delle sue pellicole.

Nel Bronx non viveva e non vive gente la cui massima disgrazia nella giornata è stata la rottura delle unghie smaltate, non c’è uno col culo parato che ombelicale si piange addosso perché l’insegnante di Filosofia, altezzosa e sempre con la borsetta a tracolla, ieri sera non gli ha fatto un pompino “elegante”. Non c’è gente che si preoccupa di “steccare” e fare brutte figure. Vive e non sa neppure perché vive (no, il congiuntivo viva non ci vuole), s’incazza e ci sta male, s’innamora e lo prende lì, ma la vita va avanti.

C’è gente che vive i giorni come fossero gli ultimi, fra rabbie, litigi interminabili, grida e sceneggiate inesauste, lacrime e sudore come nei migliori, disperati film di Abel Ferrara. Infatti il suo protagonista, Lillo Brancato, non a caso è stato scelto da Abel per Il nostro Natale. Puro meta-cinema sopraffino. Diegetica della fisiognomica lombrosiana, incarnazione della celluloide fattasi vita nei tratti somatici del growing up esistenziale di Lillo, nato per essere un “perdente”. Drogato fradicio, incasinato, i cui lineamenti smunti e inquieti della più acerba e tumultuosa ma romantica giovinezza si son imbolsiti nella presa di coscienza di essere davvero un mezzo gangster. Magrolino ma ora col pancino, e dire che poteva essere il nuovo Pacino, un po’ emaciato quando non si fa ma comunque, come gli italoamericani mangiaspaghetti, quasi adesso pelato. O, meglio, dalla vita dura spellato.

La vita che, nella sua cruda verità, i suoi limiti in faccia, faccia da schiaffi e batoste nette, gli ha spiattellato. Senza fare sconti, trivellandolo e sbudellandogli il fegato. Cazzo.

Brancato, un uomo da branco, dalla giustizia braccato, nonostante per discolparsi dalle molteplici accuse si sia fortemente, ferocemente sbracciato e tenacemente si sia sgolato, uno finito in carcere, ove tentò di suicidarsi ma fu fermato dai medici, che lo soccorsero e placarono il suo folle gesto in extremis. Giusto un istante prima che quella dose di eroina che voleva iniettarsi gli fosse letalmente mortale. Un farabutto, tutto fuorché un eroe! Uno che forse desiderava decollare e invece rischiò di finire decollato. O col collare da sorvegliato speciale, controllato a vista. E sedato.

Ripudiato da Chazz Palminteri che ora non vuole più averci a che fare, e lo considera soltanto un ignobile talento sprecato. Un lestofante e un impresentabile sfigato.

Bronx è un signor film, un film “in giacca e cravatta”. La messa in scena è paurosamente minimalista, intimista, coccola Lillo e lo carezza teneramente come farebbe un padre premuroso con suo figlio, figlio unico, sangue del suo sangue. Perché teme che, essendo appunto uno scavezzacollo, possa mettersi nei guai e imboccare strade pericolose, affiliarsi a cattive compagnie. Meglio una vita da anonimo conducente d’autobus che una vita da ricco boss ché poi ci rimetti le penne e finisci trucidato come Sonny. Stai attento a chi t’innamorerai, sceglila con oculatezza, sii ponderoso e anche ponderato, non fare il passo più grande della gamba, a quei tipi loschi non fare mai sgambetti, non legarti a una da una botta e via, perché ti prenderai la cotta, poi le ti mollerà come un coglione, e rimarrai scottato. Non bruciarti… cogli l’attimo ma aspettalo con trepidazione, senza angustiarti se fallirai, domani ritenterai. La vita è una e una sola, tienilo ben a mente, non rovinarti da povero demente.

Ecco, questi sono i consigli di Lorenzo, i suoi affettuosi, benevolenti insegnamenti!

Super rima baciata con tanto di rientro…, perché rientro fa assonanza con insegnamenti e tu non devi essere sbattuto dentro!

Ah ah.

No, non possiamo permetterlo. Ci sono tanti stronzi in giro che in vita loro avranno letto solo due libri e guadagnano fighe come se nulla fosse, che son tanto abbienti ma non valgono nemmeno il loro decrepito, putrefatto, svenduto cazzo da deficienti. Porca puttana! Impestata!

Tratto da una pièce teatrale dello stesso Palminteri, cari pezzenti. Oh, sto scrivendo un gran pezzo. Sì, più rileggo quanto da me sin ad ora scritto e più me la tiro come un gagà. Ah ah. Elargisco genialità a gogò. E gongolo, mangiando le vongole, baciando una dama a Venezia sulla gondola. Magari…

Sì, molta gente di Cinema non capisce un cazzo. Ecco che uno vede Bronx e gli piace da morire perché, come avviene con tutti i film che vede, che fraintende e strumentalizza secondo il suo solipsismo, ha avuto un’adolescenza turbolenta e difficile quanto quella di Calogero. E questo racconto, tutto sommato, è specularmente vicinissimo alle sue esperienze. Sì, e a ben vedere, se ripesca le foto di quando aveva sedici anni, nota una somiglianza pazzesca e impressionante con Calogero. Viso italiano, di chiare origini meridionali, inesperto, da bastardo però non ancor segnato dalla corruzione adulta, un puro che sogna un bel, fottuto futuro. E chi di noi non ha mai invidiato il Sonny di turno del quartiere? Quello moralmente discutibile ma che va in giro sulle macchine rosse fiammanti? E che sa il fatto suo, nonostante le sue bassezze ripugnanti cammina a testa alta e petto in fuori, veste forse Armani come un goodfella e tutti lo rispettano.

Perché Sonny è una merda ma non meno di chi crede di essere una brava persona e poi combina porcate mostruose solo perché qualcuno è invidioso e fa finta di non capire, perché gli conviene non capire e passare dalla parte della ragione con la diplomazia ipocrita del figlio di puttana “pulitissimo”.

Bronx non può essere capito, appunto, da quelli che amavano la filosofia grunge, che idolatravano robaccia come Salton Sea e altre puttanate videoclippate. Perché Bronx è un film “stupido”, didattico, palloso e girato in maniera troppo semplice. Non estetizza, non dogmatizza, non comunica niente, è asciutto, pieno di primi piani senza fotografie “sporche”, sature e “pregnanti”, è solo un’altra storia…

Un racconto di vita, come lo è la vita stessa. Non ha bisogno di dire chissà cosa, dice la sua, in maniera schietta come te la direbbe tua zia siciliana.

Di una semplicità lancinante, davvero emozionante.

Bronx non è, ripeto, un capolavoro. Un film da sei e mezzo/7.

Sì, perché la sceneggiatura di un film così facile facile ed edificante, eppur ficcante da rasentare la pochezza più disarmante, io lo scriverei in otto ore seduta/o stante. Con tanto di pausa caffè-sigaretta intervallante.

Ma è uno di quei film che dobbiamo tutti avere in casa.

Perché, soprattutto in Italia, patria di esaltati che si fanno shooting manco fossero Alain Delon, ove le matte isteriche si mettono in posa come fossero Greta Garbo, un film così bisogna averlo, miei bravi ragazzi…

Chi lavora è un fesso? No, ma deve fare ciò che gli piace.

E io sono nato per scrivere di Cinema.

Il resto è una grande stronzata.

Adesso, per piacere, versami del Cognac, caro amico scalognato, no, volevo dire cognato.

Metti su della musica jazz. Questo mio pezzo è quasi rap.

E che Chazz!

 

 

Bronx Chazz De Niro

 

 

di Stefano Falotico

 

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)