Bronx di De Niro, che torna in limited edition, è un grande film, checché se ne dica: leggete tutto ciò che non avreste mai pensato potessi dire sul Cinema e sulla vita

26 Jun

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Sì, sino al 20 Luglio è possibile pre-ordinare la propria copia personale di Bronx. La CG Entertainment, che altri non è che la decaduta Cecchi Gori, adesso restauratasi almeno nel mercato home video, propone finalmente la versione Blu-ray dell’esordio alla regia del grande Bob. Un’opera tanto amata alla sua uscita, quanto poi ingiustamente bistrattata e ricoperta dei peggiori insulti, considerata enormemente sopravvalutata, un filmetto da quattro soldi, insomma.

La verità sta nel mezzo. Bronx non è un capolavoro ma un racconto, a tale appunto, di formazione alla vita di un ragazzo di strada nel quartiere più violento del mondo. O almeno degli States.

Il Bronx si trova a New York ed è antitetico, diametralmente opposto, anche come ubicazione geografico-topografica, rispetto al quartiere dell’alta borghesia della Big Apple, ovvero Manhattan, il luogo ove l’annoiato e frustrato Woody Allen ha ambientato la maggior parte delle sue pellicole.

Nel Bronx non viveva e non vive gente la cui massima disgrazia nella giornata è stata la rottura delle unghie smaltate, non c’è uno col culo parato che ombelicale si piange addosso perché l’insegnante di Filosofia, altezzosa e sempre con la borsetta a tracolla, ieri sera non gli ha fatto un pompino “elegante”. Non c’è gente che si preoccupa di “steccare” e fare brutte figure. Vive e non sa neppure perché vive (no, il congiuntivo viva non ci vuole), s’incazza e ci sta male, s’innamora e lo prende lì, ma la vita va avanti.

C’è gente che vive i giorni come fossero gli ultimi, fra rabbie, litigi interminabili, grida e sceneggiate inesauste, lacrime e sudore come nei migliori, disperati film di Abel Ferrara. Infatti il suo protagonista, Lillo Brancato, non a caso è stato scelto da Abel per Il nostro Natale. Puro meta-cinema sopraffino. Diegetica della fisiognomica lombrosiana, incarnazione della celluloide fattasi vita nei tratti somatici del growing up esistenziale di Lillo, nato per essere un “perdente”. Drogato fradicio, incasinato, i cui lineamenti smunti e inquieti della più acerba e tumultuosa ma romantica giovinezza si son imbolsiti nella presa di coscienza di essere davvero un mezzo gangster. Magrolino ma ora col pancino, e dire che poteva essere il nuovo Pacino, un po’ emaciato quando non si fa ma comunque, come gli italoamericani mangiaspaghetti, quasi adesso pelato. O, meglio, dalla vita dura spellato.

La vita che, nella sua cruda verità, i suoi limiti in faccia, faccia da schiaffi e batoste nette, gli ha spiattellato. Senza fare sconti, trivellandolo e sbudellandogli il fegato. Cazzo.

Brancato, un uomo da branco, dalla giustizia braccato, nonostante per discolparsi dalle molteplici accuse si sia fortemente, ferocemente sbracciato e tenacemente si sia sgolato, uno finito in carcere, ove tentò di suicidarsi ma fu fermato dai medici, che lo soccorsero e placarono il suo folle gesto in extremis. Giusto un istante prima che quella dose di eroina che voleva iniettarsi gli fosse letalmente mortale. Un farabutto, tutto fuorché un eroe! Uno che forse desiderava decollare e invece rischiò di finire decollato. O col collare da sorvegliato speciale, controllato a vista. E sedato.

Ripudiato da Chazz Palminteri che ora non vuole più averci a che fare, e lo considera soltanto un ignobile talento sprecato. Un lestofante e un impresentabile sfigato.

Bronx è un signor film, un film “in giacca e cravatta”. La messa in scena è paurosamente minimalista, intimista, coccola Lillo e lo carezza teneramente come farebbe un padre premuroso con suo figlio, figlio unico, sangue del suo sangue. Perché teme che, essendo appunto uno scavezzacollo, possa mettersi nei guai e imboccare strade pericolose, affiliarsi a cattive compagnie. Meglio una vita da anonimo conducente d’autobus che una vita da ricco boss ché poi ci rimetti le penne e finisci trucidato come Sonny. Stai attento a chi t’innamorerai, sceglila con oculatezza, sii ponderoso e anche ponderato, non fare il passo più grande della gamba, a quei tipi loschi non fare mai sgambetti, non legarti a una da una botta e via, perché ti prenderai la cotta, poi le ti mollerà come un coglione, e rimarrai scottato. Non bruciarti… cogli l’attimo ma aspettalo con trepidazione, senza angustiarti se fallirai, domani ritenterai. La vita è una e una sola, tienilo ben a mente, non rovinarti da povero demente.

Ecco, questi sono i consigli di Lorenzo, i suoi affettuosi, benevolenti insegnamenti!

Super rima baciata con tanto di rientro…, perché rientro fa assonanza con insegnamenti e tu non devi essere sbattuto dentro!

Ah ah.

No, non possiamo permetterlo. Ci sono tanti stronzi in giro che in vita loro avranno letto solo due libri e guadagnano fighe come se nulla fosse, che son tanto abbienti ma non valgono nemmeno il loro decrepito, putrefatto, svenduto cazzo da deficienti. Porca puttana! Impestata!

Tratto da una pièce teatrale dello stesso Palminteri, cari pezzenti. Oh, sto scrivendo un gran pezzo. Sì, più rileggo quanto da me sin ad ora scritto e più me la tiro come un gagà. Ah ah. Elargisco genialità a gogò. E gongolo, mangiando le vongole, baciando una dama a Venezia sulla gondola. Magari…

Sì, molta gente di Cinema non capisce un cazzo. Ecco che uno vede Bronx e gli piace da morire perché, come avviene con tutti i film che vede, che fraintende e strumentalizza secondo il suo solipsismo, ha avuto un’adolescenza turbolenta e difficile quanto quella di Calogero. E questo racconto, tutto sommato, è specularmente vicinissimo alle sue esperienze. Sì, e a ben vedere, se ripesca le foto di quando aveva sedici anni, nota una somiglianza pazzesca e impressionante con Calogero. Viso italiano, di chiare origini meridionali, inesperto, da bastardo però non ancor segnato dalla corruzione adulta, un puro che sogna un bel, fottuto futuro. E chi di noi non ha mai invidiato il Sonny di turno del quartiere? Quello moralmente discutibile ma che va in giro sulle macchine rosse fiammanti? E che sa il fatto suo, nonostante le sue bassezze ripugnanti cammina a testa alta e petto in fuori, veste forse Armani come un goodfella e tutti lo rispettano.

Perché Sonny è una merda ma non meno di chi crede di essere una brava persona e poi combina porcate mostruose solo perché qualcuno è invidioso e fa finta di non capire, perché gli conviene non capire e passare dalla parte della ragione con la diplomazia ipocrita del figlio di puttana “pulitissimo”.

Bronx non può essere capito, appunto, da quelli che amavano la filosofia grunge, che idolatravano robaccia come Salton Sea e altre puttanate videoclippate. Perché Bronx è un film “stupido”, didattico, palloso e girato in maniera troppo semplice. Non estetizza, non dogmatizza, non comunica niente, è asciutto, pieno di primi piani senza fotografie “sporche”, sature e “pregnanti”, è solo un’altra storia…

Un racconto di vita, come lo è la vita stessa. Non ha bisogno di dire chissà cosa, dice la sua, in maniera schietta come te la direbbe tua zia siciliana.

Di una semplicità lancinante, davvero emozionante.

Bronx non è, ripeto, un capolavoro. Un film da sei e mezzo/7.

Sì, perché la sceneggiatura di un film così facile facile ed edificante, eppur ficcante da rasentare la pochezza più disarmante, io lo scriverei in otto ore seduta/o stante. Con tanto di pausa caffè-sigaretta intervallante.

Ma è uno di quei film che dobbiamo tutti avere in casa.

Perché, soprattutto in Italia, patria di esaltati che si fanno shooting manco fossero Alain Delon, ove le matte isteriche si mettono in posa come fossero Greta Garbo, un film così bisogna averlo, miei bravi ragazzi…

Chi lavora è un fesso? No, ma deve fare ciò che gli piace.

E io sono nato per scrivere di Cinema.

Il resto è una grande stronzata.

Adesso, per piacere, versami del Cognac, caro amico scalognato, no, volevo dire cognato.

Metti su della musica jazz. Questo mio pezzo è quasi rap.

E che Chazz!

 

 

Bronx Chazz De Niro

 

 

di Stefano Falotico

 

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