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“Il corpo dell’anima”, recensione


05 May


Torbide pelli d’anagrafe graffiata, scintille e discinti profumi perversi, sanguigni!

Nel 1999, il Cinema italiano, sfodera un capolavoro che passa assolutamente inosservato.
D’annoverare nella categoria “Erotismo raffinato” oppure “Età delle innocenze”.

Un Uomo senile, memore forse d’Italo Svevo, è profondamente annoiato, incarnato nel volto “pauroso”, nevrotico ma rassegnato di Roberto Herlitzka. Simbiosi con la vecchiaia rancorosa ma “decorosa” della sua elegante “coltezza” ridicola “in vestaglia”.

Luana è una ragazza attizzante dall’eccesso parossistico, arrossita senza timidezze di fanciullezza burrosa e provocantissima, esuberante e sensuale, acerba ma ingorda di Piacere da emanare in avidità della carne “rannicchiata”, come lo scheletro asessuato d’un professore disamorato. Senza Cuore e pulsazioni all’Eros.

E lo stuzzica da “badante”, sin a che il Sesso negligente s’inarca a notti passionali d’un divorante “scandalo”.
Libero da occhi benpensanti ma (in)discreti, fottuti d’orgasmi. Profondi, compenetrandosi di attrazione ambigua eppure irresistibile dello “sbirciarsi” la maschera indossata nella sbriciolata a sé lussuria delle sventrate menzogne bigotte.

Innalzati a luciferino gaudio placido nel tinto dondolare come bestie selvatiche.

Si mangiano, lui ch’effonde ogni esperirla di cerebrale corpo “ripugnante” a lei denudata con forza del puro fiore del “male” che racchiudeva in pose da matta imbizzarrita.

E, nelle turgide penombre di pleniluni infuocati, si fondono a densità nichilista, “colmo” esasperante, ossessi d’educarsi pelle e ossa agli assaggi per entrambi non ancora assaporati. Lui, restio al fuoco, illanguidirà in voraci membra di lei squartata nella gioventù spalancata all’odore adult(er)o del sangue indurito dall’afosa esistenza del “tramonto”. Alt(e)ri in apice ormonale elevato di grida a Dio!

Virilità a femmina e conturbanti odori di squamato odorarla come nivee creme di resurrezione senza vergogna!

Un protagonista enorme, bravissimo.

Raffaella Ponzo a simbolo plateale del Peccato più “scabroso”, già avvolgentissima in una locandina “scarnita” su un culo maestoso, da deflagrare in gioie virenti com’eclissi dell’alto oltraggio alle ipocrite impudicizie, alle barriere dei muri “silenti” del suono vivo scagliato contro i vili, contro ad energia massacrante dei bugiardi anneriti e a oscurarsi omertosi da repressi.

Vedersi amandosi, amanti di ricordo indimenticabile, turbati fino alla morte, distrutti da quello struggersi lontano ma aderentissimo a ogni desiderio vero mangiato e sguainato in “oscena” Bellezza!

(Stefano Falotico)

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