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JOKER – Purtroppo, a causa di politiche ragioni ideologiche, il film vincitore del Leone d’oro non vincerà agli Oscar


06 Oct

joker

Sì, tutto ciò ha dell’incredibile e dell’agghiacciante.

Joker, dopo la strameritata vittoria al Festival di Venezia, pareva il contendente favorito agli Oscar.

Ora, secondo i sondaggi e le ultime, pilotate recensioni, per i soliti motivi politicizzati, è sceso vertiginosamente nelle quote degli allibratori.

Tant’è che alcuni siti, esperti in materia, addirittura l’hanno tolto dalla cinquina dei possibili pretendenti.

Su metacritic.com, la media recensoria è scesa fino al mediocre 58%.

Joker è un film scomodo, il film spartiacque troppo cattivo, senza retorica, cinico sino al midollo, che la fazione aderente a Donald Trump farà di tutto per distruggere.

Come sta già facendo. Inevitabilmente.

L’America non è ancora pronta a un Elogio della follia firmato, anziché da Erasmo da Rotterdam, dal signor regista, in tutti i sensi, Todd Phillips.

Una pellicola che rivela, ahinoi, l’atroce, oramai indubitabile verità che attanaglia la nostra società.

Una verità che si chiama paurosamente disagio.

Con questa parola però non mi riferisco esclusivamente alla psicopatologia debilitante che costringe Arthur Fleck all’impossibilità oggettiva, inesorabile d’essere normale.

Bensì, faccio riferimento a una gamma di significa(n)ti a più ampio raggio.

Un disagio allarmante di cui s’è ammalato il nostro mondo che si sta ramificando, come un morbo virale e apparentemente invisibile, come un roditore verme solitario, nelle nostre vite di tutti i giorni. Spellandoci nei cuori, nel coraggio spezzandoci.

Insomma, una psicologica ecatombe.

Perfino la gente che un tempo stava bene, i cosiddetti privilegiati, stanno dando di matto, confusi da una realtà ove ogni regola precostituita, ogni certezza data per assodata, ogni dì viene messa profondamente in discussione.

Un mondo ove tutto può essere capovolto in un nanosecondo dall’imperversare di nuove idee.

Alcune progressiste e veramente innovative, rivoluzionarie e vitalistiche, altre spaventosamente nichilistiche nell’accezione più cimiteriale del termine nichilismo.

Che fa rima con suicidio, con tragedia, per l’appunto.

Le persone schizofreniche non ce la fanno più. Per loro il percorso esistenziale è identico.

Durante le prime, pulsanti e veramente sentite fasi dell’adolescenza… ecco che comincia lentamente ma impietosamente calzante il distacco.

I ragazzi che ne soffrono avvertono l’intimo bisogno d’isolarsi poiché il dolore della vita comincia a battere troppo forte.

Si manifestano i primi sintomi psicofisici. Si sviluppano i primi, deleteri disturbi.

C’è chi evita il contatto fisico, chi preferisce le anime giapponesi a un mondo occidentale in cui i valori sono il sesso e i soldi. Ma ora pure in Oriente è così.

Oggi, Pasolini sarebbe un disadattato, sarebbe un barbone umiliato a morte, un povero coglione.

John Lennon sarebbe internato poiché considerato ritardato a scrivere canzoni che parlano d’amore.

E io, dopo l’euforia iniziale della mia momentanea, più volte avvenuta rinascita, non mi sento tanto bene.

Sverginarmi, tantissimi anni fa, è stata la prima presa di coscienza della mia totale alterità emotiva.

Da allora, infatti, è stato un manicomio.

Per molto tempo, debbo confidarvi che io stesso credetti di essere un vigliacco.

Mi persuasi che avessero ragioni gli altri e mi colpevolizzai.

Purtroppo, sono davvero un diverso. Non c’è verso.

Le tentarono tutte, io le ho provai tutte, sì, tranne la vicina del terzo piano, ah ah, ma non servì a un cazzo.

Prima fui un “pazzo” poetico, adesso non ho neanche più la mia pazzia.

Un detto psichiatrico è: togli a un “matto” il suo delirio e diventa matto sul serio poiché, per resistere al male di vivere, il delirio se l’è creato inconsciamente da solo.

Togli a me Robert De Niro, infatti non è che Bob sia giovanissimo, e la mia vita non ha molto senso.

Per quanto potrò andare avanti a vedere imbecilli che ballano come scimmie e si filmano nelle stories su Instagram?

Ma forse il mondo è sempre stato questo. Un posto orribile e mostruoso ove vincono non i migliori ma i più stronzi.

Anche se The Irishman vincerà l’Oscar. De Niro però no, lo vincerà Phoenix.

Per tutti è uguale.

Solitamente, si prendono le peggiori offese e stanno zitti, incapaci di reagire.

A un certo punto, quando sono già morti nell’anima, scatta qualcosa.

Ma oramai è troppo tardi sia per loro sia per chi li offese.

È finita per tutti.

 

di Stefano Falotico

Elogio della follia, siamo troppo vecchi per morire giovani!


25 Jun

erasmo lentigginoso miles teller

Uomini, diciamoci la verità!

Allora, state guardando o no la serie di Nicolas Winding Refn, Too Old to Die Young?

Macché! Voi bevete sempre il mojito in queste triviali movide.

Ebbene, pischelli, se Erasmo da Rotterdam scrisse L’elogio della follia, io dico che vi sarà sempre uno dell’Erasmus, forse Bill Mumy di un famoso film con James Stewart, che a Brigitte Bardot preferirà una mora di Bordeaux. E Bill Murray poteva sposarsi con Scarlett Johansson di Lost in Translation ma le disse solo qualcosa nell’orecchio, miei ricchioni, con estrema signorilità. Sparendo nel traffico della sua melanconia da volpone.

Ah ah!

Sì, Miles Teller in questa serie è un gigante. L’episodio 5 si apre con un’altra scena sconvolgente. Un ragazzo timido in minigonna, dalla sessualità discutibile o forse non ancora del tutto svelatasi, infatti costui si dichiara vergine, timido eppur svergognato, dichiara a un pornografo maniaco sessuale che vuole essere violentato “in diretta”.

E il pornografo, dopo averlo psicanalizzato, ordina a omaccioni con giubbotti da Village People di stuprarlo.

Agghiacciante.

Quindi, Martin/Miles s’intrufola nel sottobosco di questi uomini sporcaccioni ove forse, di cammeo invisibile, vi è anche Manuel Ferrara con qualche bagascia di Brazzers, oppure Marc Dorcel.

E qui ci starebbe una famosa battuta del mitico Paolo Villaggio.

La conoscete, no?

Credo, se non vado errato, come si suol dire, che al Festival di Sanremo del 1972, Paolo Villaggio disse al direttore d’orchestra Franck Pourcel:

– Sa, Frank, se fosse nato a Bologna, cosa le avrebbero detto? Che lei è il più grande pursel’ della città!

Cosicché, Miles si fa amici questi motherfucker viscidissimi, poi il produttore pornografico gli chiede se vuole girare una scena a luci rosse senza neppure la biancheria degli Intimissimi.

Miles pare che ci stia. Non oppone molta resistenza, lascivo, abbandona la sala da biliardo con le palline e, assieme a una stangona coi boccoloni e al pervertito producer cazzone, entra a passo felpato, di soppiatto, nella cameretta ove vengono filmati gli accoppiamenti dei bestioni.

Al che, il produttore è tutto eccitato, in quanto voyeurista irrecuperabile, la stangona già scombussolata poiché pregusta di accoppiarsi con Miles il palestrato ma Miles spiazza tutti e ammazza sia lui che lei in modo inaspettato.

Grande!

Sì, un folle mai visto questo Miles. Uno che sa cosa vuole dalla vita. Nell’episodio 1, ad esempio, una bella patatona gli dice che vorrebbe farselo subito e lui, dinanzi a quest’offerta a cui pochi uomini avrebbero detto no, appunto dice NO.

Lei, sconvolta, ci rimane malissimo. Non le era mai successo di essere rifiutata in questo modo. D’altronde è una bellissima donna, sebbene drogata marcia.

Miles però, senza battere ciglio, malgrado lei continui a insistere, la saluta e, sottovoce, la manda a farsi fottere in maniera spinta. Senza risparmiarsi in sottili prese per il culo.

Tanto che gli fotte? Sta con una diciassettenne che s’è fatto quando lei ne aveva 16.

E suo padre, un grandissimo William Baldwin, il messia liberale par excellence, anziché denunciarlo, gli fa pure i complimenti.

Come dirgli… ah, non so che fare con mia figlia. È matta, mezza schizofrenica, per fortuna sei arrivato tu a sbloccarla.

 

Sì, ragazzi perduti nelle vostre ipocondrie, non fatevi fottere il cervello da gente neo-romantica falsissima come Tiziano Ferro. Uno che, cazzo, lo guardi e ti sembra un tuo coetaneo, quindi apre bocca, cantando come un maiale scannato, e la sua voce pare quella di un vecchio di novant’anni col vinello.

Per non parlare di Ligabue. Leccaculo delle donne da competizione.

Uno di Correggio a cui io offro sempre e solo le mie scoregge. Un troione da bettole.

Ed evviva Laura Betti!

Tutto ciò, ragazzi, mi ricorda le parole sagge di quella buon’anima di mio nonno:

– Nonno, ma quell’uomo è disoccupato, non fa un cazzo da mattina a sera, sta sempre assieme alle donne mentre gli altri della sua età sono medici, avvocati e si fanno il mazzo, provando a educare i figli e a mantenere moralmente saldo il loro matrimonio.

Quell’uomo è una merda.

– No, affatto. Mi pare giusto che gli altri si fottano la vita dietro onori e gloria e lui invece se ne fotta.

È un uomo vero, non un ipocrita del cazzo.

– Nonno, ma che dici?

– Stefano, è così. Gli altri sono dei coglioni. Quell’uomo va elevato in santità. Va beatificato. Sì, sì, sì.

Anzi, sai che faccio adesso, nipote? Vado dal parroco del paese e gli chiedo se domenica può dedicare a quest’uomo una predica.

Se la merita.

 

 

di Stefano Falotico

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