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If It Makes You Happy, l’estetica berlusconiana ha devastato anche il Cinema


28 Apr

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Eh sì, dobbiamo a Berlusconi un’intera generazione, anzi, due generazioni, forse anche tre di spettatori analfabeti a livello cinematografico. Con l’invasione delle sue televisioni e con la bieca scusante che non erano a pagamento ma campavano sull’insistita, aberrante, invadente pubblicità dei più squallidi prodotti commerciali, che andavano dai pannolini agli assorbenti sin ad arrivare ai clisteri e allo shampoo al balsamo contro le triple punte, a interruzione delle scene “cliffhanger”, tanto per spezzare tragicamente la tensione, “ammorbidendoci” nel consumismo più volgare, Berlusconi sin da subito ci ha ammorbato e, cronenberghianamente, ci ha avvelenato nel suo osceno Videodrome, rendendoci cervelli animalizzati nella carne del suo terrificante circo e zoo degli orrori.

Una tv dolcificante, sì, a base di saccarosio carnale, trasmessa dall’etere alle coscienze più deboli che, come sotto l’effetto di un’ipnosi mortificante e alienante, distorsiva e pericolosa, hanno sin dal primo fotogramma, falsato e contraffatto, abboccato alla sua estetica deformante.

Uno storpiamento di tutto!

Allora, imperava, impazzava la sigla “di” Sheryl Crow, l’estratto del ritornello della sua canzone “positiva” e rallegrante ad anticipazione del “bellissimo” presentato dalla tettona Emanuela Folliero che recitava a mo’ di pappardella, a sua volta, “elisir” di pillole liofilizzate recensorie, estrapolando i pezzi del dizionario Mereghetti o, peggio, i trafiletti da Sorrisi e Canzoni.

Ecco, appunto, sorrisi falsissimi, androidi, da replicanti “perfetti” delle emozioni impiantate nei nostri ricordi di tutta una vita già così stuprati, snaturati, mistificati a mercanzia di una Total Recall delle nostre anime contagiate dal morbo Berlusconi.

Al che, scorrevano in slideshow i volti arcinoti dei nostri beniamini, e si andava dall’onnipresente, elegantissima Michelle Pfeiffer delle Relazioni pericolose e L’età dell’innocenza, a Sean Connery di Indiana Jones e l’ultima crociata e via dicendo, se non ricordo male, in un pasticciato, intossicante assemblaggio, assiepamento random di star riconoscibilissime ma al contempo svilite in tanta colorata ma monogrammatica, appiattente gallery impersonale.

Sì, perché senza alcuna cognizione di causa, giusto per l’alloccante gusto di reidratare attori già inflazionati o persino noiosi, li si reduplicava nel riproporli a scadenze settimanali o mensili, creando un’ignobile poetica d’attore. Sì, avete capito bene. Al che De Niro, anonimizzato ma allo stesso tempo iper-mitizzato, mistificato, monumentalizzato, magnificato e dunque depersonalizzato, veniva surrogato in “maratone De Niro”, avvicendamento di 4/5 film presi a caso dalla sua filmografia, decontestualizzati in una successione casuale, anzi, a casaccio, di performance scollegate. Sì, dopo Taxi Driver, che ne so, uno si sarebbe aspettato di vedere naturali sue evoluzioni scorsesiane, forse Toro scatenato, ma no, Raging Bull era un film troppo iperrealista e violento per le reti Mediaset, e allora programmavano Brazil in cui si vede solo per dieci minuti, ma attualmente fanno ben di peggio, trasmettendo Quei bravi ragazzi e dopo 15 minuti – Follia omicida a New York.

Ed è per questo che la gente si accalca a vedere Escobar con Bardem, perché ci sono Bardem e la Cruz. Un’estetica da rotocalco! Sì, un filmetto teleromanzato banalissimo e scontato più delle cosce oramai decrepite di Patrizia Rossetti.

Poi, su Italia 1 davano Notte Horror. Una bella intuizione, peccato che si passasse da Shining a Pet Sematary. Ma c’era la scritta… sono tratti entrambi da King. Sì, il primo è di Kubrick, il secondo di “tale” Mary Lambert, ed è una robaccia schifosa che davvero ti rende un cimitero vivente, perché è talmente inguardabile che induce al suicidio? No, alla depressione più mortifera. Da lapide del tuo umore irrecuperabile.

Comunque, negli Stati Uniti ci battono. Adesso va l’assurda moda dei “tribute”. Pigliano come sempre un attore e lo omaggiano a mo’ di madonnina, santificandolo in fotogrammi agiografici che catturano la sua migliore espressione “figa”.

Li presentano pure agli Oscar.

E poi vi stupite che la gente legge poco e fa le boccacce su Facebook o fotografa i suoi lati b “da urlo” su Instagram.

Ed è per questo che quando vedete un capolavoro siete talmente abituati ad aver schiacciato tutto, plastificato ogni cosa, che mugugnate un… sì, bellino, carino.

Carino? Carino lo dico semmai a un animale domestico, non a un film di David Lynch.

E a proposito di Lynch, a prescindere dalla serie Twin Peaks, che è stata ed è un fenomeno anche di massa, gli unici due film che hanno dato di David sono Una storia vera, perché è un film che “capiscono tutti”, e Mulholland Drive perché Laura Harring ha delle belle gambe… e poi l’amore lesbico fa sempre “scoop”.

Ho detto tutto.

– Ah, mitico! Vai, Richard Gere. Non cambiare canale! Sempre bono!

– A me non pare tanto bono, adesso. Mi pare vecchiotto ma più bravo, comunque.

– Non mi interessa che sia bravo. Poi non è vecchio, è bono! Lui è sempre bono!

 

 

di Stefano Falotico

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