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Bringing Out the Dead, il migliore Scorsese degli ultimi vent’anni, finalmente ce l’ho in dvd, che società era?


24 Apr
 
Film misterioso, fallimentare dal punto di vista commerciale, film che alla sua uscita videro in tre gatti, Al di là della vita, titolo enormemente sbagliato appioppatogli in maniera new age soltanto perché, appunto, viviamo in Italia e inserire la parola morto in un titolo, in questo popolo di arretrate persone scaramantiche, l’avrebbe sin dapprincipio precluso dai buoni incassi. Che comunque non sono arrivati in nessuna parte del mondo. Essendo stato, Al di là della vita, un flop colossale.Per fortuna che, a parte i soldi spesi per un paio di pirotecnici effetti speciali della Industrial Light & Magic, il budget fu risicato. No, non è un colossal o kolossal che dir si voglia.

Una catastrofe al box office. Un film pressoché mai citato da nessuno quando si parla di Scorsese. Tant’è vero che non ne esiste a tutt’oggi l’edizione in home video sul mercato italiano. Prima c’era ma, visto che non vendeva neppure il dvd, anzi, visto che in pochissimi l’hanno visto e vogliono vederlo, non esistono ora più copie in circolazione audio-visive di questa pellicola. Scandalo da The Last Temptation of Christ!

L’altro giorno, mi sono comprato l’edizione inglese di questo straordinario film. Che possiede la traccia audio nella nostra lingua. Ma è pur sempre un dvd. Il Blu-ray non c’è praticamente da nessuna parte.

Esiste invece ancora chi, sulle insegne stradali, scrive dio c’è?

No, questa scritta, un tempo messa anche sulle panchine dei parchi, non so se a Central Park, ah ah, serviva per identificare i luoghi di spaccio. Ove i pusher, segretamente, rifornivano i loro clienti.

Non lo sapevate? Ora, lo sapete. Vi ho svelato l’arcano ermetico.

Mi ricordo, or che le mie memorie, ottenebrate da offuscamenti farmacologi inutili, sguinzagliate dopo le coatte compressioni tremende, son ritornate nella superficie neuronale dei miei più vitali spasmi, sì, mi ricordo di quando lo vidi al cinema, qui a Bologna, città probabilmente più tetra e mortifera della New York descritta da Martin Scorsese, appunto, in questo suo ultimo grande film incendiario ed emozionatissimo. Al primo spettacolo delle tre pomeridiane. Non vi era anima viva in sala. Tranne me e due lerci che si sbaciucchiavano a manetta. Più dell’incipit frenetico a luci purpuree di questo capolavoro purissimo.

Immerso in una livida New York spaventosa. Prima della rifondazione fascista effettuata dal braccio ferreo del terribile Rudolph Giuliani. Che ripulì le strade dai barboni e dalla feccia. Rendendo Hell’s Kitchen una bomboniera. Sì, a livello superficiale. Perché la metropolitana fauna alla Taxi Driver, di cui questo film è una sorta di continuazione ideale, infatti Paul Schrader n’è ancora sceneggiatore, esiste ed esisterà sempre, sebbene sia stata addolcita e sepolta sotto un cumulo di apparenti levigatezze forse ancor più funeree nella loro ipocrita patina dolciastra.

Da allora, Scorsese ha girato solo film mediocri. Io ho le mie riserve anche su Silence.

Sì, non sto bestemmiando. Io sono un patito di Scorsese. Nel senso di amante sfegatato del suo Cinema cupo, veritiero, privo di quelle melense retoriche che invece, oggigiorno, par che tanto allettino quest’imbellettamento di massa e un mondo nel quale io non più tanto mi riconosco.

In Italia poi, lasciamo stare. Roba da Cinema pietistico. Vedo gente di cinquant’anni regredita alla prima adolescenza che si scatta selfie più patetici di Mick Jagger. E vedo settantenni che, essendo arrivati alla pensione, si crocifiggono, ascoltando J-Ax in un tripudio anacronistico teribile con una sola r romanesca, come direbbe Carlo Verdone. Ah ah.

Anche se in quel periodo venivo considerato un patibolare sfigato, il mio Falotico era proprio sintomatico.

Che società era quella di allora? Da poco tempo erano approdati i primi pc degni di nota. E, per vedere integralmente in anteprima, appunto su Internet, il primo trailer di questo film targato Paramount Pictures, dovevi aspettare circa mezz’ora. Affinché il caricamento su QuickTime fosse arrivato alla fine.

Non vi era l’ADSL, la connessione era lentissima. E non era come oggi. Oggi sappiamo tutto di un film ancor prima che inizino a girarlo. All’epoca, nonostante il film fosse totalmente completato, al massimo potevi vedere qualche immagine di scena appiccicata in riviste internazionali come Studio o Premiere magazine.

Neppure Ciak infilava più di due/tre images al suo interno, essendo questo un film ostico poco adatto a una rivista patinata.

Io non sono mai stato di questo mondo, forse come Edgar Allan Poe. Poeta del mesmerismo, maestro estroso e nerissimo della trascendenza più metafisica. Ancora oggi, nonostante le mille esperienze accumulate nella mia strana e lunatica vita stramba, non mi si può definire una persona gioviale.

Sono molto spiritoso, oserei dire spiritato. Fantasmatico come la ragazza morta e semi-resuscitata nel film.

Appaio, scompaio, danzo al plenilunio e considero Lullaby dei The Cure, diciamocelo, un’emerita stronzata.

Vivo senz’infanzia, senz’adolescenza, senz’infamia e senza lode. No, che me ne faccio delle lodi se son solo effimere glorie? Meglio Gloria, donna gloriosa e anche molto golosa. Ah, ha sempre fame…

Sono giovanissimo adesso e fra tre minuti vecchissimo. In un interminabile continuum spazio-tempo pieno d’intemperie esistenziali, di precipitazioni umorali più grandinanti e forse gravi di un lurido temporale, perennemente angosciato da una luce del giorno crepuscolare e opalescente. Poi son di nuovo vividamente fluorescente come la fotografia di Robert Richardson. Con traslucidi battiti di mie ciglia pittate a mo’ di pagliaccio sciocco, incastonate nel mio cuore asmatico, ficcate nei miei polmoni che profumano aromatici di sigarette lisce come l’olio. Ah ah.

Arrabbiato come la musica dei Clash, melanconico come lo sguardo in ambulanza, giocoso, innamorato e simbiotico fra Nicolas Cage e Patricia Arquette.

Io non ho mai vissuto la mia epoca, essendomi già allontanato dai miei coetanei chiassosi e volgari.
Eppur vissi, vidi, vigilai, confabulai e fui io stesso una vivente favola.

Ho vissuto di attimi, di frenetici frangenti, di amori quasi mai sessualmente tangenti, di viaggi in tangenziale, di virtuose, magmatiche, liquide incandescenze, anche caratteriali, ah ah. Crateriche come la peggiore crisi isterica di Marc Anthony. Qui fa il cavallo imbizzarrito, con Jennifer Lopez è stato uno stallone e basta.

Ho incontrato nella mia vita uomini bifolchi davvero pazzi come Tom Sizemore. Ché, mentre ero assorto nelle mie riflessioni profonde, dimenandosi appunto da matti, mi battevano le mani per spronarmi a vivere da idiota. Incitandomi al porcile generale.

Ma non come nel capolavoro omonimo di Dostoevskij.

Persone ossessionate dal sesso, poco cristologiche, casinari da Chemical Brothers, impasticcati nell’anima da troppo lerciume quotidiano, ah, pacchiani imitatori del peggiore grunge.

Quindi penserete: ah, allora Eddie Vedder, con la sua musica malinconicamente rock, deve piacerti un casino.

No, mi fa schifo.

Io non esisto. Hanno provato a curarmi, a rendermi normale. Per me la parola normalità fa rima con baccano, superficialità, con scemenza e bieca carnalità, con puttanesca svendita della mia anima notturna.

Io sono immortale. Sì. Quando pensi che sia morto, ecco che esco dai sepolcri delle mie depressioni e ti dico ciao, sorseggiando lo zucchero delle mie labbra amarognole ma sincere.

E non c’è stato verso. Inutile che mi facciate i versi. Io versai sangue e mi feci il culo per scrivere da dio. Voi che fate? Ma che cinguettate? Cosa ciangottate? Che farneticate? Ma che cazzeggiate?

Sono un paramedico delle mie ossessioni, delle mie stanche ossa, del mio teschio ambulante come una rossa ambulanza sfrecciante nel fascino intermittente del suo (neo)n alla Bob De Niro.

Se tu pensi che io sia un Don Chisciotte e che dunque necessiti quanto prima di un pronto soccorso, devi prima aver letto questo.

Se pensi che mi piaccia Jennifer Connelly, adesso non più, è anoressica. Ma ricordo che impazzii quasi quando vidi il suo seno della madonna per la prima volta. Quello, sì, che fu un istante da manicomio. Le mie orbite oculari subirono disconnessioni più cataclismatiche della neuronale demenza senile mista a un semi-infarto sesquipedale.

Pur di averla come Eva, ignuda e impudica, mi sarei genuflesso a ogni afflittiva pena che dio mi avrebbe inflitto con severità impietosa. Mi avrebbe sbattuto all’inferno. E allora? Ma almeno avrei goduto del paradiso più celestiale.

Ero un fuoco. Dovevate vedermi. Il mio corpo, incendiato come questo capolavoro esplosivo, subì numerose detonazioni. Credo che, se Jennifer in quel momento, fosse stata vicino a me in quel fatale putiferio mio ormonale, avrebbe avuto solo due possibilità. O chiamare i pompieri oppure sentire davvero la furente passione vibrante di un uomo totalmente datosi e denudatosi senza remissione di peccati a colei che simboleggiava la mela di Lucifero. Altro che quel baccalà freddissimo che s’è pigliato, Paul Bettany.

Sono un personaggio eastwoodiano. Adoro Blood Work, tratto dalla novella di Michael Connelly.

Se credi che io sia schizofrenico, sì, stammi bene. Se credi questo, te lo dico io, sei insalvabile. Ti do l’estrema l’unzione. Inutile cercare di estrarti dalle tenebre e dalle lamiere della tua anima arrugginita.

Mentre in questi giorni, Nicolas Cage è impazzito del tutto, io posso oramai affermare che sono un miracolato.

È oramai visibile, conclamato. Allucinante come questo film lisergico.

Sono un Nic Cage. E anche Van Damme di Lionheart!

– Ho scommesso quello che avevo su Atilla!

– Hai fatto male…

 

Un Man on Fire.

    dio pronto soccorso  

di Stefano Falotico


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After Hours #martinscorsese #rosannaarquette #fuoriorario #griffindunne

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Sorvegliato Speciale, recensione, per quel che è possibile


10 Jan

Sorvegliato Speciale

Più che una vera e propria recensione, è una riflessione e constatazione onesta e giustamente derisoria

Ieri sera ridavano Sorvegliato Speciale, raro caso di scempiaggine e luoghi comuni più imbecilli.

Sì, mi trovavo a casa di un mio amico e, all’improvviso, su Rete 4, la tv dei “bellissimi”, in prima serata programmavano quest’idiozia con Stallone. Sin dalle prime immagini, reminiscenze di quando, da infante lo apprezzai, scorsero nei miei occhi, e presto la musica di Bill Conti, sì, quello di Rocky, mi trasmise un senso di tristissima nostalgia, inducendomi a pensieri suicidi. Sì, questa pellicola di tale John Flynn, uno di quegli anonimi mestieranti con cui Stallone lavorava non trovando di meglio, visto che i registi seri platealmente non lo cagavano, invoglia alla malinconia, il primo quarto d’ora sarebbe da trasmettere per educare tutte le persone depresse ad apprezzare la vita, perché è talmente patetico che una persona depressa, vedendolo, potrebbe per reazione contraria alla visione essere stimolata a disfarsi di tutte le sue inutili amarezze, dei suoi più pigri sconforti esistenziali e sapere che John Flynn girava film che stavano messi peggio di loro, che son morbosamente afflitti da malumori spesso solipsistici, un film che ti sfiducia così tanto da spronarti all’azione. Effetto “collaterale”. Sì, uomini “non a posto”, guardate questo Sorvegliato Speciale e capirete che le vostre malinconie non sono niente in confronto a quest’abominio di luoghi comuni squallidi e personaggi tagliati con l’accetta, in cui Sutherland si scordò di essere un ottimo attore e si mise al servizio di una sceneggiatura infarcita delle peggiori sconcezze, oserei dire, delle più infime standardizzazioni carcerarie, con tutto il “corollario” di secondini aguzzini, violenti, sadici, con tutta la retorica più trita del film costruito “a misura” dell’eroe sfigato e proletario per antonomasia, l’incarnazione vivente del povero Cristo disgraziato dello Stallone, al solito immarcescibilmente monolitico e d’inconfondibile labbro storto da inespressivo semi-paralitico a livello facciale, che nonostante venga sfacciatamente martoriato, senza fine angariato, infinitamente fottuto, nonostante venga ferito, scorticato nell’anima ma non abbattuto, neanche moralmente, insomma il duro che si piega ma non si spezza, alla fine esce dall’inferno e riabbraccia la sua “bella”.

Sì, e adesso mi soffermerei proprio sull’attrice che gli regge il “moccolo”, l’appena compianta Darlanne Fluegel. Eh sì, visto che la Fluegel è stata nel cast di C’era una volta in America, Stallone ha pensato bene (che fantasia…) di omaggiare il mitico Sergio Leone, dando al suo personaggio proprio il cognome di Leone. Frank Leone, un nome che è tutto un “programma”, il classico italoamericano cresciuto a base di palestra, puzza di motori e olio da officina metal-meccanica, rozzo ma “simpatico”, buono come un pezzo di pane eppure condannato a un’ingiustizia tremenda…

Sì, all’epoca, quando lo vidi per la prima volta, compresi subito che si trattava di una stronzata. Ma sapete… ai bambini piace Stallone, è il classico macho invincibile, quasi fumettistico, per cui si tifa spassionatamente e che racchiude nei suoi tratti fisiognomici la voglia di primeggiare, di lottare e non arrendersi mai. Di soffrire ma uscirne trionfatori. E i bambini vanno matti per “icone” di questo tipo.

Sì, a dire il vero non ero poi neanche tanto bambino. Frequentavo le scuole medie, mi trovavo a lezione di Educazione Artistica, e una mia compagna di classe, tale burrosa Corigliano (una che adesso, dopo mille burini che si è scopata nelle periferie degradate e da drogati, amerà i film d’amore zuccherosi che la consolano dagli stronzi che l’hanno “usata”, e che sognerà il principe azzurro che la conduca a vedere un film della Disney… ho detto tutto) entrò in ritardo in aula, entusiasmata, sì, era lunedì mattina e, interrompendo la lezione, gridò che era rimasta incantata dal “grande” Stallone di questa minchiata. Al che, si sa, a quell’età si è facilmente condizionabili, e vuoi anche per il fatto che, come detto, Stallone era uno dei miei idoli, anch’io mi precipitai a vederlo. Immediatamente non mi convinse affatto ma, cazzo, Stallone era quello di Rambo, e quindi non poteva essere brutto e, mentendo a me stesso, me lo feci piacere.

Me lo feci… piacere, ma era solo fece, in poche parole una mastodontica cagata.

Se vi devo essere sincero, mi aspettavo che Stallone mostrasse i suoi muscoli e, invece, a dispetto (eh sì, i pettorali, ah ah) di una scena in cui esibisce i bicipiti “incorniciati” da una canottiera bianchissima (la locandina docet) in opposizione al clima poco immacolato della vicenda, Stallone nel film rimane quasi sempre vestito, nonostante della sua dignità lo spoglino e resti perennemente nudo nell’anima, disarmato…

Sì, ancora nel 2018 danno in tv questa schifezza, un’immondizia bieca, il classico “veicolo” stalloniano che utilizza a pretesto una trama che poteva essere sfruttata meglio per far “rilucere” come sempre proprio lo scontatissimo, prevedibilissimo Sly, l’emblema dell’uomo patibolare, sfortunato eppur intattamente “puro”.

Al che, stamattina sono andato al bar e in tv passava il “molleggiato”, Celentano con la sua “intramontabile” Prisencolinensinainciusol, e ho compreso che, se due ritardati come Sylvester e Adriano sono diventati miliardari, sì, io non lo diverrò mai perché non sono un cretino.

Sono un uomo antipatico e stronzo per essere malato di troppa arguzia e intelligenza, è una “condanna” senza fine.

 

Su questa frase ermetica, poi neanche tanto, cinicamente falotica, vado a prepararmi un altro caffè.

 

Sì, sono un uomo inevitabilmente sciagurato, fortunatamente non ancora sfigurato e in senso affatto figurato so di essere un genio giammai inculato. Ah, miei spacciati e spacciatori, vorreste spacciarmi per altro, ma io spacco.

Ah ah.

 

 

di Stefano Falotico

Tom Sizemore, ritratto di un grande attore o di un ratto


10 Aug

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Possiamo attualmente ammirarlo nel revival di Twin Peaks, ove al solito fa la parte di un viscido speculatore e affarista senza scrupoli, tanto che voleva ammazzare il povero Dougie Jones per mera malignità del suo animo corrotto. Ma da tempo, a parte chi è fanatico degli straight to video, era assente. Lo ritroviamo qui, sciupato, col volto tumefatto dalle rughe, con “rivoli” di pazzia che gli saltellano negli occhi. Un uomo, un perché. Dopo essere stato un caratterista d’eccezione in pellicole di culto degli anni novanta, come Natural Born KillersHeatStrange Days e Salvate il soldato Ryan, i molti problemi con la droga e con la giustizia, come si evince dal papiro alle sue “malefatte” dedicatogli da Wikipedia, l’hanno fatto precipitare nel più “losco” anonimato. Ma quest’uomo, ricordiamolo, nei suoi giorni “splendenti” scopò Elizabeth Hurley e Juliette Lewis, due che soprattutto all’epoca erano annoverabili fra le tope più scopabili, appunto, di Hollywood e zone “zoccolanti”. Dunque, inseriamo foto che lo ritraggono all’apogeo del suo mai arrivato, vero e proprio, (suc)cesso.

 

di Stefano Faloticoheat01 02343262 rc39

Perché Nicolas Cage continua ad accettare film di merda? Per pagarsi i debiti? Sono certo che The Comedian con De Niro chiarirà il dubbio arcano, da attore cane, non De Niro


17 Mar

Prefazione ver(itier)a, un tantino giocosa, e anche alla Tarantino di piccolo monologo assurdo, quasi da mongolo

INVIDIA

Una persona è scontenta della felicità altrui e cova nei suoi confronti sentimenti di rancore, auspicando ad essa una brutta sciagura. Così, almeno è quello che crede la persona invidiosa, patendo il prossimo un parimenti inferno esistenziale, la stessa persona invidiosa anziché aver raffrenato la sua invidia, ha accentuato la sua gravità. Perché invidia mangia la stessa invidia.

ESSERE OBIETTIVI e OBIETTANTI

Molte pornostar vengono giustificate nella lor vita da porci(le) perché spesso, in passati remoti di traumatiche infanzie, non hanno goduto molto.

A esser sinceri e anche invidiosi, dalla sofferenza, tutto sommato normale, ché più chi meno abbiamo avuto vite tribolate, mi pare che il lor godimento (c)a(r)nale sia ora un tantino esagerato.

 

Evviva Tarantino!

USS Indianapolis Nicolas Cage

Torniamo alla questione Nicolas 

Perché Nicolas Cage continua ad accettare film di merda?
Forse perché, a distanza di secoli, eh eh, abbiamo tutti scoperto che è invero proprio un attore di merda?
La risposta è sì.

 

 

E De Niro che ci azzecca?

De Niro può anche girare Nonno scatenato, tanto è poi The Comedian.

 

 

di Stefano Falotico

USS Indianapolis con Cage, new Poster from Hannibal Classics


30 Nov

Mario ma che fai?

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“Al di là della vita” – Recensione


14 Oct

Arcana “letargia” dell’anima 

Torreggiante malinconia “sapida” di “malincuore”. Deragliato in uno stato di “trance” mortifera, Frank Pierce, paramedico di New York, avvolto nei nitori “squillanti” di sirene “asfaltate” nel naufragio mesmerico a una perenne “chimera” trasparente e “traspirante” di carne sua corporea dissolta, anzi purpureamente “dileguata” e “sghemba” fra “tagli” inferti nei fotogrammi densi di “liquori” nervici, d’una sbronza febbricitante di nervi tesi, “conciliati” solo a un complesso di colpa di tormentato “corto circuito”, “sinaptico” al dolore, ai tremori, alle allucinate “sovraimpressioni” d’uno Scorsese “notturnissimo”, “circense” in un’inquadratura che “blatera” di delirio, “confabula” coi fantasmi riemersi da memorie “piangenti”, su “lieve”, detonante e “dormiente” ticchettio scandito in un Cuore che brucia selvaggio. Stupito, “impudico” nelle sue “urla” sedate dagli occhi d’un Nic Cage “invertebrato”, overacting stavolta “accor(d)ato”, appunto, alla tetra vacuità “zampillante” e disinibita d’una eterna Notte profonda, affliction nei “bruciori” delle vene, della “flebo” smarrita “diluita” dentro “sventrate” sue cangianti iridi azzurre di cieli intorpiditi dal marcio d’una città violenta, prima dell’opera di “risanamento” del sindaco Giuliani, che la “deturpò” del suo fantastico “imbizzarrirsi” anche nelle “orge” dei suoi folli, dei barboni, degli emarginati, dei “vigliacchi”, ecco… deambulanti.

“Ovatta” che, invece, sanguina… ancora più fragorosa, perché “ammutolita”.

Ove personaggi “infermieristici”, di “donchisciottesca” reminiscenza ai “mulini a vento” dell’assurdità più grottesca, “afferrano” i pazienti più “pazzi” e insanabili, appunto, su “spranghe” che ne stuprano l’innocenza, marmorea, candida, “infreddolita”, come “carta vetrata” al velo troppo “zuccheroso” di chi ha deciso d'”assopirsi” per non contrattare con Satana il proprio Faust mercificato e “prostituito” ai frivoli abbagli, alle “allodole”, ché tanto lo specchietto retrovisore, “tassista” dostoevskijano “incarnatissimo” nei sospiri mai ammortizzati dell’inquietudine più sfrenata e “out of control“, è combattiva “crocifissione” a un Mondo falso da (s)lavare senza mai sventolare bandiera bianca.

Ottusa “utopia” o salvezza?

Scorsese resuscita i morti“, i demoni e i “mostri” del tuo sonno leggero da Paul Schrader.

Sì, un Light Sleeper fra gli spacciatori dei raggi (dis)persi. Fra chi brulica e, da b(r)uco “tossico”, non evolverà mai nei livori d'”ardori” apparenti, perché non vuole.

Dalla novella “biopic” di Joe Connelly, trasposizione tutta personale ch’echeggia di Frank Sinatra, delle sue “stranezze” di night, d’un “punteruolo” ghiacciato che spacca e distrugge tutti gli “antibiotici”, che si slabbra in amori sognati, per una Patricia Arquette vitalisticamente (ir)reale che deve fuggire prima d’essere uccisa o di venire “scarnificata”.

Eccentriche solitudini della downward spiral con una colonna sonora che “esagita”, “shakera“, esaspera, di Clash “suonati”, bastardi, incazzati, di grandi pezzi storici mentre un “verme” penzola da un cornicione, s'”arrampica” nel suo “orlo” lì a precipitare e viene all’ultimo momento “preso per mano”, sui fuochi artificiali d’una splendida decadenza tutta di Martin, tutta “martire”, tutta “matta”.

Svenata Bellezza. Attimi d’antologia, di grande Cinema.

Un cast eterogeneo di caratteristi “impresentabili”. Il “placido” John Goodman, “pasciuta” placebo che “oscura” e cela i suoi casini personali, Ving Rhames mastodontico “stregone” dei suoi Voodoo (ir)religiosi, nero ectoplasma “ridicolo” da “stregone ciarlatano e “ciarliero”, Tom Sizemore più grasso del porco che combinò sua “moglie” per le feste, Marc Anthony, il latino amante che fu di Jennifer Lopez, qui “scemo” al “punto cotto”.

Robert Richarson in “cabina” macchinista di sprazzi, di alterazioni “igieniche” alle immagini, illuminate, poi a spegnere il “lumicino”, poi a colorire il viaggio.

Mary, Mary Burke è la Madonna? La locandina cristologica, “intrappolata” nel rosso che vive dei suoi incubi, “(e)spiati”, “(ri)morsi” dentro…

(Stefano Falotico)

 

 

 

 

Bringing Out the Dead (“Al di là della vita”) di Martin Scorsese – Recensione da “Premier(e)”.


24 Jul

Salve, mi conoscete, non necessito di presentazioni.

Son Silvio, il cavalier mascarato che spacca il culo a “tutte”.
Invincibile, “bellissimo”, di parrucchin sempre più fascista e parruccon’!.

Mi ripresenterò alle elezioni, senza macchia e senza vergogna, defenestrando tutti i miei miseri avversari e impiccandoli col mio sorriso “piccante”.

Non c’è nessuno come me.

Ma sono qui, in veste di recensore, poiché dopo innumerevoli, indicibili, inenarrabili scandaletti e zoccolettie, da “ruby-condo” e “bel gioioso”, mi han costretto a una cura riabilitativa al fin propedeutico di curar il mio “sbatterle” da “imbattibile”.

Sì, mi han incatenato ma il mio uccell è sempre più scatenato.
“Infiammato” e di oratoria “raffinata”, oral o anal, quel che importa è affettarvi, fotterle e sfilettar la Minett’!

Ma, come vi dicevo, dopo questa grande abbuffata, son seguito dall’assistenza sociale che vuol ficcarmi un po’ di sale in zucca.

Sì, son capitalista e tutte per me si “sgolano”, mentre voi ardite al “decollarmi”.

Così, per “colpa” vostra, io “tocco”, ma or mi tocca una “stronzata” che non avrei mai visto in vita mia: Al di là della vita di un “certo” Martin Scorsese.

Sì, questa gente non la sopporto. Io, che me ne sto in villa col mio “gabbiano”, devo scender in “basso” a farmi i cazzi dei paramedici e degli eroi dostoevskijani della Notte.

Ebbene, se la Legge è uguale per tutti, allora anch’io, mi “abbasserò” al suo volere.

Partiamo, or dunque.

Il film è tratto dal libro omonimo di Joe Connelly edito (o si dice “editto”, vaffanculo all’edilizia…) dalla Tropea (che sarà un’altra da ficcar in cul’!).

Questo romanzo “di merda” è la storia di uno sfigatissimo infermiere che non è riuscito a salvare la vita a una ragazzina drogata e, per tutte le due ore, ci scassa il cazzo con i suoi complessi.

Fine della recensione.

Ora, datemi quattro troie e levatemi dalle palle questa “roba”.

 

 

 

A parte gli scherzi. Pleonastico sarebbe descrivere quest’immensa opera di Scorsese, allucinazione impressionante, costruita sulla malinconia di Frank Sinatra, “squillante” nel nostro nervico, inquieto Cuore. Magmatica discesa negli inferi, nel Mondo che piange i suoi dolori e non mendica materialismo.

 

 

Signore e signori, il Maestro è tornato.
La folla, per le strade, mi omaggia, spargendo petali rosa lungo il mio cammino, e salutando l’Altissimo, fra donne impazzite d’amore che non stan più nelle mutande e uomini che me “lo” ardiscon rosicando d’una invidia come non mai

 

 

 

Genius-Pop

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