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In attesa dell’Oscar a Phoenix, parliamo oggi di Cop Land e delle moralistiche prediche, no, delle prefiche – La scimmia del cortometraggio di David Lynch è romantica!


25 Jan

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La prefica è colei che viene pagata per piangere ai funerali.

Spesso, viene assunta dalle donne del meridione per dare un tono più melodrammatico all’atmosfera già, appunto, funerea e piuttosto lugubre creatasi in seguito al lutto incolmabile dovuto alla perdita di un caro.

Molte ragazze, però, piangono a dirotto più di una comare secca vestita di nero a mo’ di cornacchia se, anziché perdere un caro, devono pagare il cariatide dentista affinché le curi dalle carie.

Alcune sono pure incurabili racchie. Insomma, neanche se facessero le suore della curia riuscirebbero ad amare l’essere solo, sinceramente, delle donne da tutti trascurate… anche da dio.

Sì, sto assistendo davvero a un porcile di donne amanti(di), a quel porcile profetizzato da Pasolini, già avvenuto e insinuatosi nelle anime di molti giovani donne, da tempo immemorabile e da non restaurabili tempi, putrefattesi. Fuori e dentro.

Eh sì, ragazze universitarie, peraltro ricche di famiglia, che non abbisognerebbero di prostituirsi in quanto, come detto, vivono in agiate condizioni economiche piuttosto soddisfacenti, le quali, appunto non paghe della vita non magra, bensì ben pasciuta, si sottopongono a pesanti cure dimagranti e poi praticano robusti pilates rassodanti per poterla offrire tutta depilata e “brillante” al miglior offerente che possa, nel salvadanaio, soddisfarle appieno col suo spumante!

Mah, più che miglior offerente, tale elemosinatore di figa a buon mercato è, diciamocela, un accattone sofferente.

Sì, un uomo perennemente frustrato che sputtana con tali puttane tutto il suo magrissimo stipendio, spesso pure dell’assistenza sociale e dunque di pensione precoce a lui elargito, pur di passare una notte a base di fruste sadomaso con una di queste mentecatte che la danno per potersi pagare la borsetta di mammà.

Sì, insospettabili ragazze apparentemente pudiche, insomma, a prima vista Elsa Morante, non vivono affatto d’idealismi virtuosi come Bianca, ovvero Laura Morante, bensì vivono doppie esistenze ove, se di giorno si celano dietro la parvenza delle brave figlie di papà, di notte la donano a un brutto figo, no, figlio di zoccola.

Sì, ne vedo tante…

Ragazze laureande che ti contattano in privato, spacciandosi per donne che vorrebbero con te instaurare una sana relazione d’amore purissimo quasi da sante.

Ma, dio santo, al terzo scambio di battone, no, di battute in chat, ti chiedono d’iscriverti ai loro siti a luci rosse ove, una volta che ti avranno fornito La chiave d’accesso, dietro tuo lauto pagamento ed esosa quota dispensata a codeste donne assai pruriginose, sostanzialmente poco virginali e lindamente, intimamente nient’affatto rosee, sottoscritto che avrete loro l’abbonamento dispendioso e lussurioso, al fine che costoro possano comprarsi ville lussuose, vi fotteranno in maniera clamorosa. In ogni senso. Alcune infileranno… anche la clausola ove non potrai baciare loro nemmeno il seno con fare ardimentoso.

Che sole!

Ecco, se siete uomini che pendete dalle labbra di questa qua, abboccatene pure e fatevi da loro imboccare.

Siete uomini che, tempo nel didietro, no addietro, perdeste il senno e, per sanarvi dall’insonnia, vi deste alle belle di giorno…

Di mio, me ne fotto bellamente.

Ora, parliamo di Cinema e lasciamo stare le minchiate di queste malafemmine.

Matt Damon tornerà a lavorare con James Mangold per The Force.

Mentre Harvey Weinstein, accusato da Annabella Sciorra di averla stuprata con la forza, si difende, dicendo al giudice che, se la Sciorra avesse eccitato, no, avesse necessitato di lavoro, doveva darla a Sylvester Stallone e a Robert De Niro.

Sì, in tribunale, Harvey diede spettacolo, un one man show da indifendibile mentitore da applauso a cerniera aperta, no, a scena apertissima.

Anziché, prendersi giustamente le colpe delle sue porcate, demandò a Stallone ogni responsabilità:

– Sì, che cazzo vuole da me quest’Annabella? Se costei afferma di essere stata da me sessualmente violentata nel ‘94, come mai allora girò Cop Land, da me pagata, no, finanziato con la mia Miramax nel 1997?

Dico, giudice, in questo film lei consola pure lo Stallone italiano, accarezzandolo pietisticamente e ascoltando insieme a lui Stolen Car di Bruce Springsteen!

 

Insomma, figliuoli, sono un grande romantico. Per questo, vivo nella mia stazione ferroviaria e la gente pensa che deliri, anzi delinqui. Qui, a forza di usare le vostre biforcute lingue, io sono diventato un linguista mentre voi ora non aprite più bocca. Tanto ne pagherete un’altra e lei aprirà non solo quella.

Ho detto tutto.

Per molto tempo, vollero farmi credere, catechizzandomi, che dovessi redimermi. Redimermi da che?

Non ho intenzione di credere ai buonismi falsi di The Family Man e non sono neanche Sonny. Se proprio volete usarmi come meme alla Nicolas Cage, almeno affibbiatemi la patente di Sailor di Wild at Heart. Sì, solo quando sono fuori dagli schemi, risulto magnetico e romantico.

Quando mi volete come un comune idiota piccolo borghese, mi rendete scimmiesco. Sì, i miei sono deliri squisiti, di alta scuola registica alla David Lynch. Deliri ove celebro amori incommensurabili alla Lars von Trier de Le onde del destino. Finiamola! Non dovete riportarmi indietro. Ma quale Ritorno al futuro!

Tu, donna, sei il mio delfino? Di mio, mi tengo Bruce Springsteen e lascio perdere le puttanate piene di melassa.

Comunque, quella non è male. Si chiama Melissa. Stasera, vorrei offrirle un tiramisù. Ah ah.

Ecco, vi ripropongo questo audiolibro. Una donna che lo ascoltò e lesse il libro mi chiese:

– Per caso, chi è la ragazza di cui stai parlando nel tuo libro?

– Si tratta di una donna immaginaria e vagheggiata.

– Non ci crede nessuno. Ci sono dei pezzi troppo sentiti, lei non è irreale e non me lo/a dai a bere. Ecco, molti segmenti sono volutamente volgari e forti. Ma è una critica alla società ingorda e bavosa. Ci sta! Te lo posso dire? È la più bella, struggente, vera dichiarazione d’amore che una donna possa ricevere in vita sua. Non ti ha ancora sposato?

 

di Stefano Falotico

 

Come Grosso e Del Piero nella semifinale Germania-Italia dei mondiali del 2006, il Joker Marino ribaltò tutti i pronostici


17 Dec

stallone fuga per la vittoria

Quando tutti pensavano che fossi distrutto, abbattuto, completamente macellato, ecco che il Pinturicchio, qui sottoscritto, inventò una magia impressionante.

Un colpo devastante simile anche al gancio di Muhammad Ali contro George Foreman.

Se mi ricordo la semifinale dei mondiali del 2006?

Certo. Perché in quel periodo successe questo, video mio docet.

Fu onestamente una bella scopata. Io e lei scommettemmo quanto segue.

Se l’Italia avesse vinto, gliel’avrei infilato sotto l’incrocio dei “peli”, se avessimo perso, quella notte avrei rincasato e nel culo l’avrei incassato.

Poi successe l’irreparabile. Ce la possiamo dire? Una tragedia.

Vili attentatori alla mia felicità, nascosti nel buio, mi perseguitarono con missive agghiaccianti.

Esplose la mia furia e fu tutto un manicomio.

Ma il Genius-Pop, sebbene scioccamente alla provocazioni infingarde e codarde cedette, non è deceduto.

Anzi, non è mai stato così in forma.

Libri, recensioni, il giubbotto di Drive, un’anima imprendibile come la parabola di Grosso, un futurista incarnatosi nella forza poetica di uno troppo veloce per stare dietro ancora ai nani e alle mezze calzette.

Nella notte di San Silvestro, sarò a Monaco di Baviera.

Mi ubriacherò? Può darsi.

Insomma, tutti i villain andassero a prenderselo in quel posto.

 

di Stefano Falotico

La società odierna è sempre più un jeu de massacre per svilire e annichilire l’altrui joie de vivre finché non arriva Rocky Balboa di Rocky V o solo Eastwood di Million Dollar Baby


23 Nov

RockyV

Parafrasando Joe Pesci di Casinò: nel deserto vi sono un fottio di buche ma voi vi siete lasciati fottere da uno che tutti e tutte mette in buco, no, buca

Sì, la vita occidentale, da che mondo è mondo, come si suol dire, è stata perennemente e permanentemente una futile rincorsa per procacciarsi l’altrui stima e dunque per tirare a campare il/al meglio possibile secondo una scala alimentare presieduta al suo vertice dall’uomo più ludro. Probabilmente, anzi sicuramente, più lurido.

Dato che, dietro tutto il suo or(c)o che luccica, costui deve aver magnato come un porco in modo sporco come un affamatissimo lupo tutti gli agnellini, spolpandoli sino all’osso, spompandoli e tutte le ninfe cerbiatte spupazzando, spremendo chiunque gli capitasse a “tiro”, per l’appunto, come un limone o soltanto inchiappettando chicchessia come un avido, arido volpone ché, stando sopra chiunque, ama essere cavalcato e odorato, no… scusate, adorato come uno che la sa lunga e dunque può permettersi tutto.

Tutti e tutte, tranne me.

La mia indole è quella pionieristica daDaniel Day-Lewis de Il petroliere. Tutti, pendendo dalle labbra d’un sistema dominato, per l’appunto, da un subdolo gerarca che li sottomette in maniera violentemente subliminale e anche inguinale, credono che, nella profondità delle loro lobotomizzate e desertificate anime, non vi sia il petrolio che valga tanti (di)amanti.

Al che, rabboniti dal cinismo che va per la maggiore, soppressi dal caporale alla sommità di ogni fascistica, repressiva istituzione, si sono arresi, celebrando l’immensità di amori spesso trasognati o solo fantasticati.

Poiché, arretrati o atterriti dalla realtà cupa loro giornaliera, oberati nell’essersi lasciati obliare da chi nelle coscienze li plagio, obnubilò e onestamente inculò, totalmente anneriti e quindi nell’amor proprio sfiniti, sanno solamente decantare i loro lamenti, consolandosi sull’Autostrada A1, cioè detta del Sole, nell’alzare il volume quando, in radio, odono la sempiterna ed eterea, celeberrima hit di Lucio Battisti, venendo nelle mutande ed esultando d’estasi mistica come se, in stato di grazia, si trovassero dinanzi al definitivo, vincente goal di una Coppa del Mondo di Calcio della loro Nazionale, nei magici istanti in cui Lucio, guidato da Mogol, cantò ed eternamente scolpito nelle memorie di tutta una loro vita andata a puttane, eh già, per loro, sino all’attimo della morte, canterà…

Oh mare nero, oh mare nero, oh,

tu eri chiaro e trasparente come me…

Io, invece, con aria torva e antipatica, ricevo l’eufemistica patente di ragazzo simpatico. Traducibile invero, in forma più realistica, nell’offesa di handicappato o di puro disgraziato.

Ma, sebbene sia stato sin dalla nascita sgambettato, non sono ancora stato (in)castrato. Anzi, più insultate con veemenza, più me ne fotto con potenza.

Ah ah.

Le insospettabili, incompatibili somiglianze fra noi tutti: della serie, pensavi di essere in retrocessione e scopristi invece che vincesti lo scudetto, domani però ti aspetta il golf(ino)

Sì, voglio prenderla molto larga, iniziando certamente da un tizio che, per mia disgrazia immane, per mia sciagura indicibile, in questo percorso altalenante ch’è la vita coi suoi alti e bassi, in questo dondolare, ciondolare, svaccarsi, cazzeggiare, quindi lavorare, forse ancora poltrire in cui ballonzola l’esistenza di noi tutti, alcuni dei quali, perdendo la spinta per la resistenza, si danno poi alla morte, cioè al suicidio e dopo il suicidio a essere inesistenti, dicevo… nella sfiga, no, nella vita anche senza una figa o una lira eppur dotata di una mia anima lirica, col suo perpetuo nostro peregrinarvi e in essa naufragare ma non trombarcela, incrociai un essere incerto che mi rese un uomo assai impervio. Soprattutto incazzato, assai certo che gli avrei spaccato il culo con far superbo.

Fu un mio momento di demenza nel quale, dunque, ammetto or con coscienza che non ero molto in me. Adesso ne sono consapevole ma quasi mai ne son conscio, malgrado una volle, ieri, farmi assaggiare le sue cosce per intero e perciò nel loro interno in tale mio rigido, penoso inverno.

Sì, ieri sera, una ragazza fu lapidaria ma estremamente sincera:

– Sai che sei piuttosto carino?

– Davvero? Non lo sapevo. Avresti carta e penna? Vorrei annotarmelo. Non si sa mai, potrei dimenticarmene.

– Non importa, ci sono qua io a ricordartelo sempre. Come e quando vuoi, sono tua.

– Ah sì? Semmai ricordamelo domani. Stasera, ho voglia di guardare un film di Bergman, ciao.

– Fai veramente schifo, sei orribile!

– Cazzo, finalmente ho trovato un blocnotes. Mi segno anche la tua offesa.

– Così non ti passa di mente?

– No, così la leggeranno anche i carabinieri.

– Vuoi denunciarmi per così poco?

– No, figurati. Sono sempre andate forti le barzellette sui carabinieri. Chiederò loro se possono trovarti un posto in caserma. Sì, ti vedrei bene come donna nell’ufficio ove nessuno se l’incula ma metterai allegria con la sua faccia inespressiva da stampante senza cartucce.

– Basta! Io ti ammazzo! Sì, ora ti minaccio davvero!

– Perfetto. Allora, dopo che ti avranno assunto, ti licenzieranno e poi ti arresteranno.

– Che vuoi dire?

– Sai, intanto, fra pochi giorni potrai lavorare. Di solito, prima che una persona, denunciata, venga arrestata, eh già, passano mesi.

Puoi ancora, per un po’, andare a fare shopping con le tue amiche fottute nei tuoi sabati pomeriggi liberi.

 

Fui un coglione? No, era racchia. Aveva pure la voce da cornacchia.

Sì, era un periodo nel quale mi scorporavo parecchio, mi masturbavo le tempie e mi scopavo da solo in un duraturo, durevole ma soprattutto durissimo presente senza cognizione del tempo, un periodo in cui fantasticavo di compenetrarmi in suadenti, morbidi, dolci corpi femminili stuzzicanti. I più dei quali appartenevano non a me ma alle attrici più fisicamente dotate e rinomate dell’Hollywood dorata. Cioè ai loro mariti.

Ah ah.

Di mio, me ne fottevo.

Sì, il mio fu all’epoca un campionario di proibite, inconfessabili fantasie erotiche che qui, spudoratamente, ho l’ardire, oserei dire l’osé della svelata scostumatezza mia rivelatasi in tutto il suo innocuo candore, di confessarvi con impudico ardore, prostrandomi in sacro pentimento come se m’inchinassi dinanzi a una super modella che posa (ci sta anche il congiuntivo posi) reclinata a novanta gradi, totalmente ignuda ma soprattutto ignara che, nel fatale attimo del suo inchino divino così esuberantemente non avaro di mostrarsi a me completamente fulgida e chiara, sto (no, non ci sta il congiuntivo stia) sperando già che sia mia futura sposa integralmente giammai amara, per sempre da amare in modo rocchettaro, ovvero strimpellandole la mia chitarra e godendoci, dunque gioendoci, unti e assieme uniti, di melodie musicali perfino da compagni che odiano i discotecari e che, dopo aver fatto sesso, baciano (ci sta anche bacino) addirittura gli acari depositatisi sul tappeto ove la copulai mentre, avendola e fornicandola, dolcemente le sussurrai ti amo ma lei, eccitata dall’amplesso ardimentoso ed esageratamente voglioso, per ancor più eccitarsi, mi spronò a un volgare vocabolario di onomatopeiche mentre le stetti per venir in topa in modo frastornante, cioè di orgasmo da animale ululandole, in particolar specie, forse lupesca, eiaculante tutta la mia passione ficcante, prima di fumarmi una sigaretta rilassante sul letto ora libero dalla sua rottura di cazzo scioccante.

Un attimo prima dell’eiaculazione, eh sì, scoccante.

Il tappeto si sporcò mentre i vicini, disturbati dalle grida di godimento sconvolgenti, dapprima si turbarono freneticamente ed ebbero intenzione di chiamare immediatamente le forze dell’ordine per disturbo della quiete pubblica e anche per lor ascoltato oltraggio al pudore ma poi, empaticamente, ecumenicamente, incapricciati dal nostro amarci di vivida e vera passione senziente, le loro intime voci del cuore auscultarono fervidamente. Ribollendo di emozioni sepolte, adesso ritornate virulentemente.

Dunque, dopo la loro prima moralistica reazione palpitante, ovvero lo stupore dinanzi alle urla del nostro apparentemente scandaloso furore effervescente, sentirono il piacere febbricitante ed elettrizzante della condivisione euforizzante. Stimolati quanto la mia lei stimolai in quell’atto orgasmico devastante, vollero anch’essi assaporare le dimentiche (diamo un tocco aulico, potevo dire semplicemente dimenticate) autenticità delle loro oramai scordate, oserei dire scorate e scoraggiate nudità disarmanti, forse solo da me disarmate.

Dunque, ancora della figa, no, della vita amanti. Sconsacrandosi. Forse solo scopandosi.

Poiché, disamorati della vita congiunta, “scoreggiati” dal fetore dei loro odiati lavori che purtroppo, volenti o nolenti, devono strettamente tenersi altrimenti di fame morirebbero oppure camperebbero a stento e di stenti, con vocalità rielevatesi in apoteotica gloria, risvegliati dal nostro mordace, squillante, scalpitante calore, appassionatamente rimembrarono i tempi in cui, non ancora cinici e vanagloriosi, s’amarono senza il peso delle loro odierne amarezze da uomini barbosi.

Sì, riscoccò la rimembranza da parte degli uomini di un’epoca in cui non erano solo i membri di un’azienda, bensì vagheggiavano le membra anche della segretaria tuttofare. Che ancor oggi sognano di stantuffare a costo di smembrarsi, svenarsi, forse solo venire.

Torniamo, dopo l’alleluia dei sensi e perciò anche degli riscoperti seni, al tizio che vi citai a inizio scritto.

Studiava Economia e Commercio. Da provetto, come no, economista e statista di un lavoro che, a distanza di vent’anni da allora, è adesso solo quello dello stagista, m’apostrofò con fare schietto, gridandomi da poveretto:

– Stefano, ti sarò sincero. La gente scopa, si diverte e va alle feste. Cose che tu non farai mai!

 

Sputò tale idiozia con una protervia, con una prosopopeica cattiveria da lasciare stecchito anche Gene Hackman del film La giuria.

Infatti, io sono John Cusack del medesimo film.

Cosicché, colto in un momento d’impari fragilità interiori, crollai a pezzi dirimpetto a tale suo squallido, osceno affronto scabroso.

E impazzii, forse inveendo contro persone che non c’entravano niente. O forse c’entravano ma mal m’avevano inquadrato. Sì, anche loro non m’avevano ingroppato.

Ora, se nella vita avessi voluto far il quadro, sarei uno che gli atri squadra, giudicandoli secondo gerarchie aziendali, se invece voglio far l’artista, non ho bisogno dei compassi e delle squadre, bensì della fantasia e della mia anima, miei brigadieri, brigatisti o solamente fancazzisti.

Molta gente, a tutt’oggi, erroneamente pensa orridamente che io scriva libri per ricevere un “bravo”, per essere ammirato o, peggio, per venir accettato o diventare un ammiraglio.

Credo che di me poco abbiano quagliato. Sono degli asini e ragliano. Forse solo sbavano.

Io non sono attorniato da dottori che mi possano insegnare le umane, sociali relazioni e, mi spiace, non son affetto da mentali dolori che mi stipino nella catacombale segreta delle mie emozioni segrete.

Da voi ritenute costipate e strozzate. Continuate sol a dirmi di uscire dal guscio. Non sono uno struzzo, non sono uno stronzo. Forse sono solo un gonzo.

Invero, posso dirvi che è da quarant’anni che dall’utero materno son uscito e dico qui altresì che sono come Martin Lutero.

Ieri sera, ammirai la simpatia e la bellezza di Virginia Raffaele, donna divenuta famosa per le sue imitazioni dei cosiddetti VIP, soprattutto di Belén Rodríguez.

Sì, Virginia è perfino più bella, a ben vedere, dell’originale, vale a dire della Rodríguez. Sarebbe piacevole parlarle, diciamo anche intimamente parlarvi…

Vorrei capire perché le piace scimmiottare le sceme quando in verità potrei offrirle il mio essere scemo e fare con lei la scimmia.

Credo, inoltre, che sia una donna molto sexy, indubbiamente, Giulia Salemi. Sicuramente, mi attizza più di quel salame di Vincenzo Salemme. Diciamocelo, uomini che credete a Gesù di Betlemme, ebrei di Gerusalemme e mio matusalemme, alla Salemi occorre lo zucchero e poi ancor più sale. Ah ah.

Giulia, donna giuliva che ama le maschili olive e che va ora in tutte le trasmissioni a dire che la gente le dà della puttana poiché s’è fatta i soldi grazie soltanto al suo vertiginoso spacco mostrato in passera, no, in passerella al festival di Venezia del 2016.

Lamentandosi che vorrebbe essere vista come una donna vissuta, intelligente e cazzuta che possiede tanti superdotati, no, tante doti.

Sì, vi racconto questa. Rappresenta il nocciolo di tutta la faccenda. Insomma, della porcata.

Viviamo nella società delle apparenze.

Avete mai visto, che ne so, su Facebook… una che inserisce la foto di lei appena sveglia?

È la stessa persona che dice di voler essere ammirata per il suo cervello quando, nei suoi album, ha solo foto di lei sui tacchi a spillo a una festa mondana, tutta in tiro per tirarli. Tirandosela di brutto da bellona.

Quindi, la dovremmo finire con le ipocrisie. Così come la dovremmo finire con me. Io sono proprio come mi descrivo. Non v’è né timidezza né scontentezza, né lietezza né gaiezza. Io sono io. L’idiozia m’annoia. Spesso sono tutti uguali. Anzi, nessuno è uguale all’altro ma tutti vogliono distinguersi, vestendo però allo stesso modo, vivendo nello stesso mondo.

Uno guarda un mio video su Joker, film su un malato di mente meno malato del mondo intero, e con sarcasmo mi scrive:

– Bellissima video-recensione. Perfetta, impareggiabile, impeccabile. Ho solo una curiosità: qual è la patologia di cui sei affetto quando gesticoli in modo così insopportabile?

La mia risposta:

– Soffro, invero, di una patologia rara e anomala. Secondo un luminare psichiatra premio Nobel, sono il più grande psichiatra del mondo. Secondo la gente di strada, sono matto e soffro di delirio d’onnipotenza da incosciente universale, storico e tragicomico. Secondo il luminare psichiatra, invece, siete voi gli incoscienti.

Dunque, dopo averti ringraziato per aver ammirato la mia video-recensione, vorrei solo farti una domanda:

– Il tuo sottile sarcasmo del tutto gratuito, dimmi pure, nasce dalla noia, dalla melanconia, dal disturbo borderline o semplicemente dall’infelicità e dall’invidia?

 

Sì, credo che passerò il resto della mia esistenza a scrivere libri, a corteggiare donne bellissime e a fare sostanzialmente un cazzo.

Se vi dà fastidio, basta che vi lanciate dall’attico del grattacielo del palazzo di Donald Trump e morirete, certamente.

Morale, morale immorale, dunque giusta: se pensavate che mi sarei piegato ai ricatti ipocriti, avete trovato uno che vi spiezza in due come Ivan Drago.

Ora, scusatemi, devo continuare a tirarmela. Se posso darvi un coniglio, no, un consiglio: tiratevela anche voi, più ve la tirerete e più ne verrà. Fidatevi.

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di Stefano Falotico

 

Prendete lezioni da Al Pacino, non da questi buontemponi che si sono improvvisati attori su YouTube, siamo caduti davvero in basso


13 Nov

the irishman stephen graham

giustizia per tutti pacinoAl Pacino è un uomo che indossa splendidamente i suoi quasi ottant’anni di vita.

Firmerei subito un contratto con Mefistofele, con Belzebù e con De Niro/Louis Cyphre di Angel Heart, ah ah, per arrivare alla sua età come il suo John Milton de L’avvocato del diavolo.

Al Pacino, soprattutto in questo succitato film di Taylor Hackford, emana un fascino e un carisma bestiali.

Si atteggia a sapientone ma sfodera alcune espressioni che, se non sapessimo essere figlie di colui che conosce Shakespeare a memoria, potremmo scambiarlo per Adriano Celentano.

Sì, che poi anche Adriano non è mica il re degli ignoranti come s’è sempre detto. Questi sono appellativi appioppatigli da gente che non conosce la via Gluck e non ha mai letto I ragazzi della via Pál.

Classiche persone che se citi i ragazzi di via Panisperna, se ne saltano subito con la battutina prevedibilissima… chi? I c… zi di pen di sp… ma?

Basta, non ne posso più davvero.

L’Italia è un Paese ove vige un’arretratezza culturale che viene erroneamente scambiata per cultura colloquiale, per sapida brillantezza conviviale.

Cosicché, se parli di Nicolas Cage, ecco che che ti senti dire… chi? Nicolas Scheggia? Alle schegge ho sempre preferito le scoregge.

Quando è iniziato tutto questo?

Forse con un tipo di nome Charles Randall? Sì, il personaggio psicopatico di Sfida senza regole, film con De Niro e Pacino che, a mio avviso, sebbene disconosciuto da entrambi, non è poi così malvagio.

Anche qui viene inquadrata una trattoria italiana simile a Villa di Roma come in The Irishman.

Jon Avnet non vale Scorsese ma io mangerei eccome i Pomodori verdi fritti alla fermata del treno con Amy Brenneman. Che, in Heat di Michael Mann, recita la parte della bella figa giovane di De Niro, mentre in 88 Minutes incarna, molto più in carne, la passerina dello psichiatra profiler interpretato da Al.

Ecco, in passato incontrai uno psichiatra forense assai meno bravo di Al Pacino.

Lui, per via del fatto che gli confidai, quando mi eseguì la diagnosi, che adoravo Quel pomeriggio di un giorno da cani Serpico ma soprattutto …e giustizia per tutti, mi considerò “socialmente pericoloso” poiché incorruttibile, quindi poco adatto a una società ove la gente venderebbe pure il culo della madre pur di avere mille followers in più su Instagram.

Sì, è una società di luridi figli di puttana. E io non vado bene. Dico la verità e la verità non piace.

A dirla tutta, credo che io non possa fidarmi di nessuno.

Spesso sono come Robert De Niro, per l’appunto, di Righteous Kill, perfino Al Pacino m’invidia.

Mi adora così tanto per via della mia integerrima, morale integrità, che passa il tempo ad ammazzare la feccia poiché questi criminosi, viscidi esseri che strisciano come serpenti, secondo lui, è meglio che vengano fatti fuori subito.

Perché se la godono più di me, coglionando il prossimo. Ciò, a suo avviso, non è giusto.

Sì, lui pensa fra sé e sé: no, è orribile, è un mondo capovolto.

Gente che non sa neppure chi sia Al Pacino e lo scambia per Dustin Hoffman, cazzo, è stata furbissima e stronza, se la ride, se la spassa e tromba da mattina a sera mentre questo De Niro della periferia bolognese scrive una recensione meravigliosa su The Irishman, citando il regista degli outsider per eccellenza, ovvero Arthur Penn, ed è passato per matto soltanto perché, anziché passare l’adolescenza a farsi le canne, fingendo di studiare per fare felici i genitori, è sempre stato onesto con sé stesso.

Affermando che era già molto oltre gli adolescenti perdigiorno che guardano Il padrino e pensano che sia più brutto di una fiction prodotta da Pietro Valsecchi con Giorgio Tirabassi.

Sì, il livello d’imbarbarimento culturale iniziò forse con la rivoluzione industriale. Lo insegna anche Marx col suo Il Capitale.

È tutto un inganno, fratelli.

Puoi conoscere anche Amleto a memoria ma, se non sei una merda come Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street, non riuscirai nemmeno a vendere una penna.

Poi è capace davvero che diventi De Niro di The Fan. Lui non riuscì a vendere i coltelli e perse tutto.

Al che accoltellò perfino Che Guevara, ovvero Benicio Del Toro.

Ho detto tutto.

Morale della favola: non è vero che la vita sia per i coraggiosi, la vita è per chi ha fame.

Per chi ha fame di soldi e potere.

Una volta acquisito il potere, non importa come tu l’abbia ottenuto, semmai lucrando e mangiando la pelle e le anime altrui, puoi permetterti di decidere chi è il prossimo.

Di schernirlo, distruggerlo e annientarlo dall’alto del tuo cosiddetto prestigio e autorevolezza.

Dunque, non stupitevi se le stesse persone con la panza piena che acclamano Joker, poiché fa cool il pagliaccio truccato e assassino, metafora del mostro che alberga dentro ognuno di noi, sono spesso gli stessi che non stringerebbero mai la mano a chi, per distrazione, sbaglia un congiuntivo.

Gli stessi chiacchieroni che si dichiarano di Sinistra perché Sinistra, da tradizione, fa rima con cultura, aperta mentalità e vedute libere, ma poi sono gli stessi nei cui cuori albergano solo delle puttane da albergo a 5 Stelle.

Ma è gestito però dalla Escort di Salvini.

Be’, a dirla tutta, più che ad Al Pacino, io assomiglio a Sylvester Stallone di Rocky V.

Un tipo con più soldi di me mi offende platealmente.

Al che io a lui mi avvicino e lui, come George Washington Duke, mi dice:

– Avanti, pagliaccio, toccami e ti denuncio.

 

Sì, sono Fantozzi. Lui però è al traumatologico.

 

di Stefano Falotico

pacino de niro the irishman

THE IRISHMAN: il carisma di Bob De Niro, la forza sovrumana di Pacino, Leo Gullotta doppia Pesci e io sto vivendo una mistica estasi-ascesi da Gladiatore stalloniano


30 Oct

brando padrino de niro padrino parte seconda

Questa mia vita è stata un Casinò. Ah ah.

S’è attuato in me, nella mia fisiognomica apparenza e anche nella potenza della mia romantica irruenza, un putiferio.

Sono scalmanato, devo darmi una calmata.

Pochi giorni fa, esattamente la settimana scorsa, senza sprezzo del pericolo mi sono indiavolato, no, involato per Roma. Di solito, si usa il verbo involare quando si prende l’aereo ma molta gente mi disse che persi il treno e invece, puntuale come un orologio svizzero, salii su quello di Italo con enorme charme, sedendomi nel posto assegnato in carrozza. Al mio fianco, una bella fanciulla orientale. Sul posto davanti, una che sul pc portatile stava guardando Shutter Island. Alla mia sinistra una strafiga che, per le due ore e un quarto di mio viaggio da Bologna a Roma, non ha smesso un solo secondo di fare su e giù con la scarpa destra, modulandola su movimento basculante di caviglie così sensuali da lasciarmi stecchito. Eccitandomi a morte.

Stazionai non alla stazione, ah ah, ma in un albergo di Via Flaminia, detta dai romani anche Via Flaminio poiché il quartiere si chiama Flaminio.

Certo che questi romani si complicano la vita. E ogni via porta alla capitale, ah ah.

Ero molto teso. Sono un accreditato stampa, sì, grazie alle mie pindariche collaborazioni giornalistiche, ai miei scritti monografici su Scorsese, De Niro, Carpenter e chi più ne ha più ne metta, dopo il Festival di Venezia, mi sono sparato pure quello di Roma in mezzo alla stampa. Che figata.

A Roma, però, avendo ricevuto in ritardo la conferma via mail dell’accredito, da me poi ritirato opportunamente al desk, come sapete, ho visionato solo The Irishman.

Adesso passiamo al remoto passato, centurioni, miei uomini gladiatorii come Russell Crowe, poiché Roma è la città eterna e nel suo fastoso passato imperiale ancora si riverbera! Ah ah.

Miei prodi, al mio “ciak” scatenate l’inferno. Ah ah.

Piazzai la sveglia alle sei e mezza.

Dopo essermi destato di soprassalto per colpa, appunto, del casino infernale della suoneria, mi vestii in tutta fretta, raccolsi opportunamente tutti gli oggetti personali e mi diressi alla volta dell’Auditorium. Ma prima bevvi un caffè alla John Goodman de Il grande Lebowski, sorseggiandolo nell’adocchiare l’ottima milf barista.

La osservai senza dare nell’occhio, anzi porgendole di sottecchi l’occhiolino. E pensai, fra me e me, questa è bona forte. Poi aprì bocca e compresi che era solo una popolana. Sì, di seno stupenda come la Ferilli ma, alla pari della Sabrinona nazionale, sboccata, farsesca, volgare e troppo burina.

Insomma, un’Anna Magnani ficcata in caffetteria nell’urlare ai suoi clienti:

– Volete i cappuccini? Pagateli, sennò andate a pigliarvelo inter-culo.

 

Sì, una donna simil-Christian De Sica.

Al che, dopo aver deglutito il bollente caffè saporitamente zuccherato, di lì a poco sudai freddo.

Cazzo, me in un ambiente di conoscitori altolocati di Cinema. Minchia, la paura scoccò a novanta ma avvistai in prima figa, no, a fare la fila, una ragazza più terrorizzata di me. Fu la sua prima volta al festival.

Solo a Roma, però, no, non è vergine. Se vi dico che è così è perché lo so. Ah ah.

Perlomeno, sessualmente non lo è più. Perché venne con me o perché, dopo essersela fatta nelle mutande per l’imbarazzo di trovarsi al cospetto di critici con tanto d’attestati, guardandomi negli occhi miei, languidi poiché parimenti intimiditi, si sciolse in mezzo alle gambe?

Non lo so e non sono cazzi vostri.

Fallo sta, no, fatto sta che dopo i primi, comprensibili timori iniziali e qualche pudica titubanza, dopo essermi sorbito un cinefilo mezzo matto, entrai in Sala Petrassi con tre quarti d’ora d’anticipo rispetto all’erezione, no, polluzione, no… proiezione di The Irishman.

Cosa urlò il matto cinefilo? Siete curiosi? Quanto segue:

– Questo film sarà un capolavoro e abbasso i cinecomic. Evviva Netflix che ha permesso a Scorsese di realizzarlo. La dovrebbe finire anche Francesco Coppola, Francis Ford, di schierarsi contro i film di supereroi. Avete sentito che cos’ha detto ieri? Che i cinefumetti sono spregevoli! È solo un rimbambito!

 
Dunque, una donna con le palle gli rispose con estrema acredine e severità impietosa, zittendolo subito e ricevendo la standing ovation di tutti noi:

– L’unico rintronato sei tu. Fa freddo, stiamo facendo la fila, non sappiamo se riusciremo a entrare. Torna al tuo posto e non sbraitare, villain!

 

Io ebbi il pass giallo come quello di Francesco Alò. Il passa giallo è di “serie b”, nel senso che si dà ai giornalisti online che non scrivono per il New York Times. Quello blu è riservato ai critici “di risma” internazionale.

Ma per piacere. Il pass blu è fighissimo e io al semaforo non passo mai col rosso. Ah ah.

Pensate che sia finita qui? Macché. Entrammo quasi subito, sì, noi “gialli”.

Ora però devo dirvi questo. Se le maschere e quelli della sicurezza ti lasciano entrare, significa che in sala ci sono posti liberi a sedere e, solamente a sala piena, bloccano ogni altra entrata. Per cui i ritardatari stanno fuori.

Ma, dinanzi a me, vidi un gruppo di ragazzini ipereccitati che gridarono tutti assieme appassionatamente:

– Saliamo le scale in fretta e di corsa, altrimenti ci perdiamo il film!

 

Fu a quel punto che compresi l’abisso come Adso da Melk de Il nome della rosa:

be’, se sono critici intelligenti questi, io in mezzo a tali ritardati sono il più grande critico del mondo. Sì, intimamente li criticai, considerandoli scemi, stroncandoli di pallino vuoto. Cazzo, se siete entrati nell’atrio, significa che vedrete il film. Se no, vi lasciavano fuori. Ma forse voi, fuori, lo foste dalla nascita.

Questa sarebbe l’intellighenzia italiana?

Comunque, io salii le scale con calma olimpica. Mi sedetti a fianco d’un gentilissimo signore distinto.

Ma, ancora una volta, dio della madonna, non fatemi bestemmiare, accanto me vi fu un’altra gnocca mai vista. E, prima che si spegnessero le luci, odorai il suo Scent of a Woman, facendo finta di non vederla, cioè di essere cieco come al Pacino del film suddetto ma, ve lo posso dire, la sentii tutta. Eccome.

Un’emozione impalpabile, indescrivibile come quella che provai alla fine di The Irishman. Insomma, il classico orgasmo da pure sensazioni a palle, no, a pelle. Liquide come il piacere di essersi goduto un filmone estasiante da farti (s)venire.

Ora, amici, non so se nella vita sia meglio un filmone o un figone ma, nel dubbio, io sceglierei entrambi.

Avete mai visto Over the Top?

Prima di Giancarlo Giannini, Ferruccio Amendola doppiò spesso, oltre a Stallone, anche Al Pacino.

Secondo me, sì, è un film puerile, Over the Top.

Ma rimane un mio cult.

Bull Harley dice a Sly che lo storpierà perché è merda di porco.

Sly, prima di battersi con Bull, ebbe davvero paura di non farcela. Se avesse perso l’incontro, avrebbe perduto tutto.

A me ha sempre emozionato la scena in cui Sly vince e Bull Harley gli stringe la mano. Porgendogli uno sguardo fra l’abbattuto e il sommesso-commosso, come per dirgli:

sei davvero più forte di me.

 

Bene, sono tornato a Bologna. Solita vita.

Uno vuole la recensione di tutti gli episodi de Il metodo Kominsky 2, un altro invece vuole la recensione di Dolemite Is My Name.

Scusate, devo rispondere a una telefonata, anzi no.

È la solita rompiballe. So io cosa vuole questa…

 

di Stefano Falotico

 

padrino pacino keatongladiatore crowe

 

OVER THE TOP, Sylvester Stallone, Rick Zumwalt, 1987

OVER THE TOP, Sylvester Stallone, Rick Zumwalt, 1987

Marion COBRA Cobretti – Un cortometraggio di Stefano Falotico


18 Sep

dav

mdeluke perrycobrafalotico

In America, viene commesso un furto ogni 11 secondi, un’aggressione ogni 65 secondi, un reato di sangue ogni 25 secondi, un omicidio ogni 24 minuti e 250 violenze carnali al giorno.

Appartengo alla sezione gasati. Forse un po’ Abatantuono, sballato e completamente fuso.

Fa parte del personaggio. Sì, mentre la società viene funestata da un’umanità allo sbando, il Falò, con charme e strepitoso, implacabile, insormontabile sangue freddo da salamandra ancestrale, osserva la fatiscenza grazie all’arte scientifica della sua onirica decadenza abissale.

Fluttuando fra pub imolesi e gli American Graffiti di balli latinoamericani. In mezzo alla gente che sculetta, infoiandosi nel voyeurismo più passivo, Falò osserva con occhio fintamente mesto, nei suoi ricordi rimesta e semmai ordina anche una minestra.

Poiché la minestra riscaldata fa bene quando il mondo è oramai alla frutta e necessità di un uomo che forse non indossa occhiali Ray-Ban, un ficcante uomo bannato dalla frivolezza di massa che però sguscia tra la folla incazzata e occhieggia nel lanciare ammiccamenti inequivocabili, con malandrino carisma, a donne dagli ottimi fondoschiena danzanti negli ormoni suoi ancora potenti.

Un uomo puro dal fascino trasparente che s’eleva e distingue dai comuni mortali, è abbagliante fra le spente, ingrigite persone annebbiate che vollero di loro stolti intendimenti colpevolizzarlo coi loro moralistici indottrinamenti al fine d’obnubilargli la mente e farlo cascare nel più triste ottundimento.

Un uomo che conquista le donne soltanto con la virtù maliarda del suo occhio sinistro associato a un fantastico strabismo di Venere che ha poco di schizofrenico, bensì molto di bellezza anomala assai stordente, cari deficienti.

Un uomo che disserta perfino del compianto, mica tanto, Tony Scott. Dando lezioni di Cinema con calma olimpica mentre impazza la musica e i pazzi, cioè la maggior parte degli uomini, bigotti, scemi e limitati, agganciati a vetusti valori oramai ridicoli, da nazifascisti gironzolano incoscienti.

Falò non abbisogna dei moti rivoluzionari degl’idioti populistici, non è amico degl’incoscienti motociclisti anche se adora Mel Gibson d’Interceptor e, ai criminali, sussurra un laconico, eloquente…

Qui la legge finisce e comincio io.

Sì, non adopera questa frase (s)cult solamente contro le teste di minchia ma soprattutto la utilizza con le donne troppo timorate di dio e svampite che, a forza d’ascoltare Fedez e compagnia bella, finiranno appunto in mutande.

Poiché Fedez e la Ferragni hanno i soldi e vi stanno platealmente coglionando mentre l’uomo Falò non deve chiedere mai. Egli guarda la sua bella e col solo potere della sua voce roca e rock, eh già, quando lei mangia troppo, ingrassando, le dà un con(s)iglio molto saggio:

Le patatine potrebbero affogare nella salsa.

Lei, basita, risponde:

– Non va bene che bagni la patatina nel ketchup? Dove dovrei bagnarla?

– Ah, non lo so. Nella maionese, comunque, sarebbe meglio.

– Dici?

– Sì. Soltanto che devi mescolare solo in una direzione. Se cambiamo posizione, le uova potrebbero impazzire.

 

Non ci crede nessuno che io abbia 40 anni.

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di Stefano Falotico

RAMBO: LAST BLOOD, un trailer pessimo – Gli stili educativi della vita, la mia libertà da semi-eremita e Re Mida contro i moralismi guerrafondai delle teste di m… a


21 Aug

michael filipowich mindhunter 2

Capitolo 1: ha ragione Todd Solondz

Sì, inondato da una furia celestiale, sto patendo gli strazi di me addolcito, non so se rinsavito, che un tempo giacque in una torta a mille strati. Ero inasprito, guardavo come Travis Bickle il bicchiere mezzo vuoto con tanto di aspirina.

All’epoca, il mio mentale stato si era talmente illiquidito nell’essersi sciolto a mio babà, sì, un pasticcione vivente pasticcino che potevi sciogliere in bocca soltanto accarezzandolo con un bacino, che stavo in fondo sbriciolato mentre, sopra di me, tutti festeggiavano con tanto di champagne e ragazze che, fra un cocktail con ghiaccio e gelide limonate arrapanti, scaldavano… sbrinandole di leccate spompanti.

Sì, gelide limonate. Perché questi ragazzi non sapevano dare un bacio caldo come l’ardente vodka servitavi da una di Mosca.

Trattavano le ragazze come delle matriosche. Dando loro solo un’oca al semifreddo.

Fidatevi, rispetto a questi bastardi, preferirò sempre Jeff Goldblum de La mosca. Almeno, è stronzo al massimo della più sexy sua forma.

Sì, erano tutti sparpagliati in qualche festa, brindando alla faccia del mio cioccolatino.

Sì, mi spalmavano d’offese.

Ora, vi racconto una barzelletta non proprio pulitissima che Angelo, ex mio diabolico compagno delle elementari, purtroppo tragicamente deceduto in seguito a un fatale incidente stradale, raccontò alla nostra scolaresca:

un uomo ha un figlio, cioè è padre di un bambino da educare.

Per farlo crescere sano e forte, per insegnargli dapprincipio che la melassa di molti sdolcinati film hollywoodiani e disneyani non corrisponde alla realtà, spesso cinica e desolante, deprimente e piena di quotidiane delusioni sfiancanti, lo indottrina e imbocca immediatamente alla stronzaggine del mondo.

Sì, suo figlio tornò da scuola. Suo padre quel giorno non andò a lavorare e dunque, al rientro del ragazzo a casa, doviziosamente gli preparò il pranzo luculliano e appetitosamente rosolato.

Prima assieme mangiarono degli ottimi spaghetti fumanti, mischiandoli al bis di delicate eppur piccanti penne all’arrabbiata, quindi si strafogarono di bistecche al sangue. Dandoci giù pesante.

Mangiato che ebbero come dei ludri, bevendo e scolandosi due bottiglie di vino, ficcarono nelle loro bocche pure tutta la frutta. Ingozzandosi di pesche, banane, lamponi e cocomeri.

Be’, essendo ancora un periodo scolastico, forse la frutta fresca non deglutirono, più che altro il padre, ruttando e scoreggiando tra un baffo leccato e un tovagliolo macchiato, disse al figlio…

– Cogli donna Rosa quando è matura. Io ho sposato una donna di nome Violetta quando era ancora vergine e m’ha fatto viola, m’ha pelato il culo come un melone.

– Capisco, papà. Sì, ma mamma dove sta?

– A leccare la noce di cocco di un uomo più peloso di una scimmia che non ama però mangiare gli arachidi. Ragazzo mio, gli arachidi, soprattutto se salati, sono buonissimi. Sono come le patate, piacciono a tutti gli uomini. Tranne a quelli che amano prenderlo nel culo. E tu non devi mai fartelo mettere. È chiaro?

Insomma, tua madre sta con King Kong.

– Capisco, papà.

– Comunque, ora dobbiamo digerire. La vita è dura ma ancora tuo padre è forte e non finirà a vivere nella foresta. Quindi, ci pappiamo il dolce.

– Va bene.

– Eccolo qua. Gustatelo tutto, è un dolcissimo profiterole. Ti do due palline. Sì, crescerai e avrai poi due pallone.

– Grazie.

 

Il pargolo afferrò il cucchiaio, non vedendo l’ora di divorare in un sol boccone tutti quei due bignè così farciti di cacao, ripieni di panna montata cremosa.

Sì, il giovane era ancora affamato come un lupo, nonostante avesse già fatto piazza pulita di mezza cucina.

A voglia dopo a lavare i piatti, sarebbero stati cazzi.

– Oddio! Che schifo! – urlò il ragazzo. Vomitando disgustato.

– Bravo. Non è un profiterole, è merda. E tu l’hai già mangiata. Quindi, sai cosa ti aspetterà in questa vita.

– Papà, perché mi hai fatto questo?

– Te l’ho detto. Devi subito comprendere lo schifo, essere pronto perché incontrerai lungo la via della vita, eh già, merde al cui confronto la merda che hai appena rimesso, eh sì, ti sembrerà Nutella di qualità.

 

Nessuno di noi bambini rise alla barzelletta di Angelo.

La maestra, invece, contattò subito suo padre poiché secondo lei il padre era uno stronzo.

– Pronto, è lei il padre di Angelo?

– Sì, perché?

– Domani, l’aspetto.

– Io domani lavoro.

– Me ne sbatto il cazzo, signore. Suo figlio ha recitato davanti a tutta la classe una porcata.

Ora, signore, il ragazzo non può parlare in maniera così sboccata alla sua età. È colpa sua se non ha saputo imboccarlo coi giusti precetti pedagogici. Porti suo figlio a vedere Cenerentola, non gl’insegni certe stronzate senza Fantasia.

– Signora maestra, le posso dire una cosa?

– Mi dica, signore.

– Lei è una merda.

 

Ah ah.

 

Capitolo 2ieri mattina al bar è partita una rissa, per sedare il macello è intervenuto Salvini

Ieri, successe un putiferio.

Parcheggiai la macchina. Al che, attraversai la strada. Sto sempre molto attento prima di attraversare.

Eppure, uno (poi scoprirete che invece era una su una vecchia Uno) svoltò l’angolo senza guardare e stette per investirmi:

– Dio d’un Cristo della madonna puttana di Gesù! Che cazzo fai? Le pare il modo? Per fortuna son dotato di riflessi migliori di Flash Gordon, altrimenti avrei fatto la tua fine. Sì, tu sei un uomo finito. Quanti anni hai? Una trentina? Sì, sei un tipo da Cinema di Avengers. Cioè sei già fottuto.

E quella zoccoletta al tuo fianco chi è?

– Guarda che guidava lei, non io. Non te ne sei accorto? Tu, fantoccio, oltre a dover cambiare gli occhiali, devi andare pure da uno bravo…

– Ah, allora non sai una minchia del mondo. Chi dice donna dice danno. Devi guidare tu la macchina. Non farti scarrozzare da questa succhiacazzi.

Donna al volante, pericolo costante!

– Ma tu sei pure maschilista.

– Sì, tu sei frocio.

– Tu sei malato!

– Anche tu lo sarai dopo che te l’avrò suonate. Ti cureranno al traumatologico.

– Ora, faccia di porco, stai esagerando.

– Tu non sai che cos’è l’esagerazione. La tua ragazza lo sa. Ieri me la sono inculata e ha capito che tu oltre un certo limone, no, limite, non riesci a spingere.

– Adesso sei andato troppo oltre. Troppo, troppo, troppo! Tenetemi fermo!

– Ma che dici, pappagallo? Tieni zitta la bocca, piuttosto. Ricorda la stronzata che mi diceva sempre mio padre. Sei come L’orlando furioso ma non hai la classe di Ariosto, più che altro, nascesti pollo e morirai arrosto! E, dopo che le avrai prese, la tua ragazza mi farà un bocchino in questa fine di caldo agosto!

– Dio mio! Ti spacco, io ti spacco!

 

Volarono calci e pugni, tutti gli avventori del bar s’ammutolirono. Qualche avventore perfino s’avventò. Il barista intervenne per separarci. C’eravamo attaccati come delle ventose. Botte da orbi, piroette da Bruce Lee, pedate nel culo da Bud Spencer, io che tirai i capelli a questo mezzo pelato e lui che cercò di arrabattarsi, forse solo sempre più arrabbiarsi, tra mille schiaffi.

Perfino la sua ragazza, quella che guidò la macchina del cazzo, mi colpì la testa a colpi di borsetta con tanto di sbavato rossetto e i profilattici mal conservati che, dalla sua custodia, schizzarono dappertutto!

La folla andò in visibilio. Una vecchia mezza sorda, con in mano un’Oransoda, non sentì il casino pazzesco ma si divertì da matta/i.

Incitando all’urlo senile di:

– Forza, figli di troia! Datevele sode! Intanto, io ordino pure una Lemonsoda e una Pelmosoda. Spremetevi, avanti, cazzoni!

 

Uno chiamò il numero verde, uno l’ambulanza, un altro la polizia.

Nel frattempo, finii di bere il mio cappuccino e, nel frastuono generale, non pagai lo scontrino.

Sgattaiolando via con il sole del primo mattino già inoltrato nel mio calore da uomo con l’uccello a mezzogiorno che non deve mai dar conto a nessuno.

Soltanto alla ragazza del tipo da me smontato, ragazza cattiva da educare dopo il tramonto. Sì, quella della borsetta.

Infatti, prima di uscire dal locale, raccolsi uno dei profilattici della succitata minzione, no, sopra menzionativi, quindi mi girai verso il ragazzo suonato:

– Ehi, bello, questo stasera lo userò con la tua bella.

 

Nonostante fosse mezzo morto dissanguato, urlò come De Niro/Al Capone alla fine de Gli intoccabili:

– Tu non sei niente! Sei solo chiacchiere e distintivo!

Salvini lo chiuse in manicomio.

 

Capitolo 3i miei genitori mi hanno insegnato che non si conquista il rispetto e la dignità dietro la maschera delle lauree e dei titoli da mettere a brodo

Sì, la mia adolescenza fu funestata da fighetti liceali assai indignitosi. Facendo contenti i genitori, adempiendo ai loro dettami, ogni mattina si presentavano a scuola tutti compunti. E i compiti?

Anche se, a tutt’oggi, nonostante siano laureati, ancora pretendono di voler mettere a posto i miei puntini sulle i.

Ma la finissero. È una marmaglia di porcelli ipocriti. Si fanno commiserare, mentendo a loro stessi, andando in giro a dire che sono poveri e in mutande solo perché quel giorno la scema delle loro frivole socialità animalesche, eh sì, non gliel’ha data. Dunque s’inchinano al pietismo e alla retorica più falsamente sinistroide.

Sì, in seguito alle inculate pazzesche che ricevono, in quei momenti d’abbattimento devastante, leggono tutti i passi migliori di Stalin, quindi accendono Instagram e scrivono a tutte le più grandi fighe, ammonendole neanche se fossero Savonarola:

Ma non vi vergognate? Svergognate! Alla vostra età dovreste studiare, invece che star discinte a posare. Dovete sposarvi. Che cosa lascerete ai posteri?

 

E loro rispondono tutte in cor(p)o: lasceremo fiumi di sborra più del fiume Nilo. Tu invece che lascerai? Questo tuo messaggio altamente denunciabile e perseguibile legalmente?

Sì, davvero, non se ne può più di tutti questi falsi.

Meglio io ché non rinnego di avere cento film pornografici di Jules Jordan.

Se non vi piaccio, mi compro un altro filmetto e poi terrò sempre in gloria questo “pazzo”, Michael Filipowich di Mindhunter 2, il quale sostiene di conoscere sette lingue, in verità non sa parlare nemmeno la sua madrelingua correttamente, cioè praticamente assomiglia a molti di voi.

Millantate di essere artisti, grandi attori, critici d’arte e di Cinema imbattibili ma soprattutto, solo dopo aver letto due post del sito lascimmiapensa.com, pensate di aver capito tutto della vita.

Sì, devo dirvi la verità.

Mi piace romanzare le mie sfortune.

Ma indubbiamente io e John Rambo siamo forse la stessa persona.

Tutti pensano di farci il culo e ridono come matti alle nostre (s)palle.

Con molto ritardo, realizzano che i topolini sono loro.

Credono di averci sepolti vivi con una bombardata d’offese.

Sì, credo di essere sempre stato un puro. Mi commuovo e soffro dinanzi alle sciagure e alle sofferenze altrui.

Così come Rambo che, tornato dalla guerra, apprende che il suo amico è morto di Cancro.

Continua per la sua strada ma qualche arrogante continua a non sopportarlo.

Come sapete, Rocky e Rambo sono i due personaggi più iconici di Sylvester Stallone.

Rocky Balboa e Rambo sono in verità la stessa persona ma non perché a interpretare i rispettivi personaggi sia stato ed è, appunto, Stallone.

Rocky, nonostante i pugni presi, non si arrende mai.

Rambo si è già arreso. È la versione Breaking Bad di quelle tamarrate che a me piacciono.

Sì, perché io sono tamarro. M’è sempre piaciuto andare in giro e fotografare i culi delle ragazze. Però, per molti anni subii i lavaggi mentali e i condizionamenti demagogici di gente salottiera.

Che volete farci?

Volete chiamare il prete?

Be’, diverrà mio amico come quello del cazzo di Vampires.

Sì, la libertà crea joie de vivre, le ideologie, le imposizioni, le ottuse posizioni creano le psicosi.

Non c’eravate ancora arrivati?

di Stefano Falotico

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Nemici sul grande schermo, amici nella vita reale, cornuti al cinema e sposi nella realtà: Stallone, Dolph Lundgren, Brigitte Nielsen, Van-Damme, Bolo Yeung, Michel Qissi e la lettera di Hopper di Stranger Things


06 Aug

van damme yeung

Ecco, partiamo dai due amici per antonomasia. Talmente amici che se lo danno in culo vicendevolmente, in senso metaforico, in C’era una volta in America. Ovvero Bob De Niro e James Woods.

Talmente amici, praticamente fratelli di sangue, platonicamente innamorati l’uno dell’altro, anche se non omosessuali, da fottersi reciprocamente in maniera epocale, oserei dire epica.

Chi dice donna dice danno. Fu tutta colpa di Deborah.

Poi, in Casinò, successe la stessa cos(ci)a.

Sam Rothstein/De Niro perde la testa per Sharon Stone/Ginger. Potete biasimarlo? Sharon era appena reduce da Basic Instinct. Parlavamo di una super figa che, quei tempi, non necessitava del cervello di Matt Damon di Rounders per battere quello stronzo di Teddy KGB/John Malkovich.

Sì, a Sharon sarebbe bastato aprire le gambe e te lo do io The New Pope. E te lo do io, Sharon, le tue nuove poppe di mastoplastica.

Comunque, se facevi l’amore con Stone di quei tempi d’oro, saresti impazzito. Saresti diventato Malkovich di Nel centro del mirino.

Sì, l’avresti mirata, ah, ammirabilissima, quindi lei ti avrebbe fatto volare lassù come in Con Air. E poi ti saresti schiantato a Las Vegas.

Ah, vedete che il discorso torna? Ah ah.

Non perdiamoci in Ginger e gingerini, torniamo a De Niro e James Woods.

In Casinò non sono amici. Ma mandano a puttane tutto non solo per colpa di Joe Pesci ma, appunto, a ca(u)sa di Sharon. Una puttanona.

Nella vita di tutti i giorni, De Niro e James Wood sono amici per la pelle. Si stimano tantissimo.

Vi basti vedere questo video:

Ecco, in Rocky IV, come tutti non sappiamo, Rocky Balboa/Sylvester Stallone e Dolph Lundgren/Ivan Drago si odiano a morte, anzi vogliono ammazzarsi, picchiandosi come bestie.

Ivan stava con Brigitte Nielsen nella finzione. Nella realtà, era la moglie di Stallone.

Comunque, cara BRIGITTA, te lo posso dire senza peli sulla lingua? Al signor Marion Cobretti, il Cobra, io se fossi stata in te, cazzo, avrei scelto Dolph.

Dolph Lundgren, alto un metro e novantasei!

Ora, Stallone in Rocky IV riesce a battere Dolph. Sì, perché è un film di fantascienza, diciamocela.

Stallone è alto 1,77 m.

Sinceramente, molto concretamente, a Dolph sarebbe bastato il mignolo sinistro del suo Golia per scaraventare per aria il Davide di turno.

Comunque, da allora Sly e Dolph sono amici. Invero, dobbiamo essere in questo caso un po’ più precisi.

Dolph Lundgren, caduto in disgrazia, contattò Stallone, leccandogli il culo affinché gli desse una particina nei Mercenari…

Le cose andarono così. Dolph era indebitato, doveva pagare il mutuo della sua villa. Al che telefonò a casa Stallone. Rispose la moglie di Stallone, Jennifer Flavin.

– Pronto?

– Ciao Jennifer, sono Dolph.

– Dolph chi?

– Come chi? Non mi riconosci?

– No, non so chi tu sia. Signore, perché chiama a quest’ora? Sono le due di notte. Mi sa che ha sbagliato numero.

– Guardi, signora, sono Lundgren. Io e suo marito siamo, diciamo, amici.

– Ne è sicuro? Conosco bene gli amici di mio marito. Non mi ha mai parlato di lei. Scusi, esattamente che desidera?

– Ecco, è lunga da spiegare. Onestamente, ho bisogno di lavorare.

– Ah, guardi, si rivolga all’ufficio di collocamento. Mio marito non è laureato in psicologia assistenzialistica. Ora, la prego di lasciarmi dormire. Altrimenti, la denuncio. Le sono stata chiara?

– Mi dia solo cinque minuti. Le spiego tutto.

 

All’improvviso, Stallone rincasò. Sì, era andato a ubriacarsi con Arnold Schwarzenegger al Planet Hollywood in compagnia anche di Bruce Willis.

– Cara, che sta succedendo?

– Caro, c’è un povero cazzone che sostiene di conoscerti. Te lo passo.

– Pronto?

– Ehi, vecchio filibustiere, come stai? Da quanto tempo…

– Sei Dolph?

– Eh certo. Chi sennò? Sly, sono nella merda. Mi devi dare una mano.

 

Adesso, dopo il secondo capitolo di Creed, Sly e Dolph stanno pensando a una serie televisiva da produrre…

Ho detto tutto.

Passiamo invece ora ad altri tipi muscolosi, presieduti da Muscles from Bruxelles, il Jean-Claude più famoso, forse di tutti i tempi, da non confondere con quel troione di Jean Val Jean. Pornoattore che guadagna un milione di volte di più di una persona normale.

Lui ha capito tutto. Mentre voi state a sbattervi su un libro di filosofia orientale per cercare di risolvere i vostri problemi psicologici dinanzi alle sempre più stressanti, impellenti richieste della società occidentale così massacrante, Jean se le sbatte tutte. Si va da quelle francesi a quelle tedesche, dalle asiatiche alle americane, dalle canadesi perfino alle piemontesi, dalle campagnole a quelle della Campania.

Sì, si va da Kendra Lust a Valentina Nappi in un batter d’occhio e anche di qualcos’altro.

Valentina è di Scafati, in provincia di Salerno, mentre Jean è un uomo (di che?) che ha dieci motoscafi grazie al fallo, no, fatto che ha sciacquato la sua “lingua” nell’Arno.

Ah, lui se ne fotte, scialacqua…

Come no? Se vi dico che è così è così. Sì, Jean è un poliglotta, conosce tutte le lingue del mondo. Approfondisce anche con studi e ricerche minuziose.

Sì, passa le sue giornate a connettersi ai siti delle Escort internazionali. Legge attentamente tutti i loro profili:

– Hi, Samantha, where are you from? JE VOUDRAIS ficcart’! Se po’ fa’?

 

E va pure a mangiare, ogni sera, alle migliori trattorie ove cucinano il vostro pesce fritto con tanto di linguine e inguine allo scoglio, forse pure allo scolo. Senza sconti.

Come fanno, peraltro, Van Damme e Bolo Yeung. Dunque, poveri stronzi, finitela con le rivalità, i pettegolezzi, le invidie e le gelosie.

Sembrate delle donnette da circolo del cucito.

Se ci si fotte pure fra amici, Senza esclusione di colpi, farete la stessa fine di Edward Norton di The Score.

Se vi dico che è così…

Comunque, alle lettere di San Paolo ai Corinzi, preferirò sempre quella di David Harbour di Stranger Things 3.

Dissi che era troppo mielosa.

Ma io sono un bugiardo conclamato.

Dopo averla vista, ho dovuto spendere tremila Euro per i Kleenex.

 

di Stefano Falotico

A Rambo preferisco Rocky, alla moglie di Stallone le figlie


01 Aug

stalloneROCKY con Little Marie docet: la mia unica debolezza è non avere debolezze, è avere ciò che i ricchi, in quanto avari, non avranno mai neanche in primaverarambo stallone

 

Sì, devo cambiare le cuffie e il microfono. Inserire nuovi spinotti mentre Stallone la dovrebbe finire con gli spinoff di Rocky, ovvero Creed.

Infatti, a quanto pare, girerà il settimo film della saga su Balboa, il suo miglior personaggio in assoluto.

John Rambo è altrettanto iconico e riuscito ma è la versione cattiva di Rocky. M’ero già poco tempo fa espresso su questa sottile, antitetica eppur molto importante, imprescindibile sfumatura.

Rocky era un cane bastonato, anzi, spesso solo come un cagnaccio. Ma sarebbe finito peggio, cioè incagnito, se l’avessero fatto solo abbaiare, no, arrabbiare.

Lui avrebbe terminato di svolgere anche il suo lavoro da underdog riscuotitore di crediti, abbandonando ogni residua speranza da clandestino pugilatore e, a gran malincuore, si sarebbe ritirato con la coda fra le gambe, come si suol dire. Del tutto svalorizzato e screditato.

Probabilmente, emarginato completamente, osteggiato e vilipeso da una società cinica e spietata, totalmente ignudo, dirimpetto a una nuova provocazione smodata, villana e screanzata, avrebbe dato di matto e l’avrebbero ricoverato.

Prima l’avrebbero fortissimamente insultato, sì, in maniera inusitata, dunque, dopo averlo bloccato, bocciato, boicottato e dopo avergli infilato il bastone fra le ruote in ogni dove, l’avrebbero maltrattato, reputandolo un’ultima ruota del carro, brindando sul camion dei falsi, pagliacceschi vincitori col drink in mano.

A Rambo andava subito data una mano, non una lametta da barba per sgozzare ogni sua già bruciacchiata, decollata speranza. Decollò, voleste decollarlo ma non a picco colò. Anzi, in culo ve lo ficcò.

Rambo, dopo essere stato medaglia al valore, soldato rimpatriato e perfino ultra-decorato, fu dallo sceriffo stronzo, infatti, che scorretto fallo, psicologicamente sodomizzato.

Cosicché, ancora non guarito, bensì sguarnito d’ogni dignità in quanto atrocemente nell’onore e nell’amor proprio spogliato, avrebbero addirittura attentato ai suoi passati traumatici, risvegliandolo dal letargo e inducendolo a un’irosa esplosione scriteriata.

Presto sedata per ancor più servirgli una fottuta, bastarda, doppia inculata.

A Rocky Balboa invece, miracolosamente, una seconda chance fu generosamente data. Dal cielo gli fu fortunatamente addosso piombata e donata. Mentre a Rambo i cattivi vollero soltanto riempirlo di piombo. Altra sfumatura che, per nessuna ragione al mondo, andrebbe trascurata.

Sì, desiderano che Rambo fosse del tutto oscurato in quanto, vivendo lui da ascetico vagabondo un po’ troppo cogitabondo, forse anche tonto, i fascisti pensarono bene, anzi malissimo, di rimproverarlo, di spedirlo coattamente in cura solamente perché, nonostante fisicamente fosse assai muscolato, la sua barbetta era trascurata e Rambo girovagava a zonzo con aria da gonzo, malinconica e sconsolata. Voleva farsi solo una birretta, cuccarsi forse un’insalata per una discreta, serena mangiata. Invece gli stronzi vollero papparselo e inchiappettarlo.

Rambo non era certamente il primo venuto e sappiamo bene che si dimostrò un osso duro.

Lo stesso lo prese in quel posto ma almeno restituì pan per focaccia a quel panzone di Brian Dennehy, trivellandolo pure in maniera sacrosanta e assai cazzuta, in modo parimenti micidiale da pollo nel girarrosto.

Rocky invece, nonostante le iniziali, comprensibili titubanze poiché, dopo tanta sociale latitanza, umanamente credette che sarebbe stato controproducente rigettarsi nella mischia, rischiando ancora una volta una figuraccia, tergiversò. Rimanendo un po’ sull’introverso.

Pensò che, dall’incontro contro Apollo Creed, ne sarebbe uscito sfigurato, massacrato e, costernato, nelle costole spappolato, sarebbe rincasato ancora più incazzato.

Invece, contro ogni pronostico a lui sfavorevole, sì, perse ugualmente ai pugni, no, ai punti ma, se l’incontro fosse durato solamente dieci secondi di più, sarebbe stato lui ad alzare le braccia in segno di vittoria. Mica pugnette. Mica pizze e fichi, pizzicotti e fighelle. Ricotte.

Ecco, spesso nella mia vita, ho fatto cascare le braccia, invece, a tutti.

Sono stato la pecora nera in quanto non mi è mai piaciuto fare il bugiardo e campare d’ipocrisie figlie d’una mentalità laida partorita dalla gente di panza piena e perciò pure nel cervello assai larda.

A forza di ricevere a raffica botte pazzesche, sono oramai indurito e collaudato.

Invero, come girano le cos(c)e a questo mondo, lo compresi già dopo il servizio civile. Non feci il militare, cazzo, lì ancora maggiormente i caporali e i maggiori, di nepotismi, nonnismi e bullismi m’avrebbero fatto a sangue il culo, ma comunque me lo spaccai lo stesso, archiviando tutti i manifesti della Cineteca di Bologna ove prestai diligentemente il mio obolo da obiettore di coscia, no, di coscienza.

Ah, lavoravo cinque ore al giorno. Ma non servì a molto. Dopo circa un anno di servizio, ferie e permessi inclusi, guadagnai un cazzo. Roba che in un giorno, oggigiorno, una modella su Instagram, oltre ad archiviare sempre più followers nel suo carnet personale, becca sempre a ogni orgia, no, ora… un figo della madonna, che lei non è, da chiavare perché sa mostrare la carne e non abbisogna, dunque, di girare di locandine in bettole per trovare un lavoro da sguattera, da cameriera. Diciamocelo, la cameriera è una donna onesta eppur da molti trattata a pesci in faccia in modo disonesto. E non vuole la riscaldata minestra! Infatti, serve in una trattoria che offre ai clienti solo il caffè amaro.

Se non vi sta bene solo il caffè ma volete il tè, la cameriera vi sbatterà… solo fuori dalla finestra.

No, invece la modella d’Instagram vi serve sul piatto d’argento la sua carrozzeria dorata per onanismi vostri da uomini a cui, in quegli attimi bollenti, più della vostra salsiccia ottimamente rosolata, non darei mai in mano, appunto, qualcosa di fine e di porcellana. Le vostre mani, oltre che sporche, tremano e potreste rovinare un vassoio che vale dieci milioni di modelle intoccabili perché troppo belle.

Eh sì, mie porcelle, no, porcellini, sono Lupo Ezechiele e vi conosco perché io non sono un ipocrita che pensa che la vita sia solamente rose e fiori, baci Perugina e confetture di miele.

Già, qualche volta pure io me la tiro, lucidando tutta la mia cristalleria d’assaggiatore che sorseggia le migliori, femminili bellezze rosate come il vino più pregiato, ambendo a smaltarne le lor labbra con calorosa, densa freschezza masturbata e, da buona forchetta di codeste tutte da gustare, sognandone le linguette allo scoglio, speriamo non allo scolo, i baffi mi lecco. Che leccornia ma loro con altri mi mettono le corna. Insomma, stimolano le mie cornee ma sono delle zoccole senza cuore.

Alcune sono solo delle galline spennacchiate ma non è da questo che si giudica un cedrone gallo che da bianco lo fa diventare giallo e poi rosso con tanto di cresta cremisi e finale cremoso.

A parte gli schizzi, no, gli scherzi, Rocky è un glande, no, un grande.

Avete presente quando avverte Little Marie, l’attrice Jodi Letizia, riguardo alle ipocrisie del mondo adulto?

Rocky le dice che lei si comporta da mignottella e, così facendo, a lungo… andare, la gente, quella che mangia solo le tagliatelle, comincerà davvero a considerarla come tale se non si darà presto una regolata.

Sarà per sempre confinata, stigmatizzata e come puttanella etichettata.

Poiché la gente preferisce farsi un quadretto assai distorto del prossimo, un’idea più conveniente e sbrigativa. Per lavarsene le mani, appunto.

E non vuole mai rivedere le proprie (im)posizioni nemmeno se uno le smonta e smentisce pezzo per pezzo.

Per esempio, se uno viene troppo velocemente preso per pazzo, agli occhi di chi emise questo giudizio sveltissimo, senz’appurare nel profondo, quel ragazzo rimarrà sempre pazzo.

Può diventare pure Gandhi e queste persone diranno che fa Gandhi per far credere a tutti che in verità non è un pensatore libero ma un povero cristo che si spaccia per uomo elevato. Continuerà a puntargli il dito, imputandosi, urlandogli perfino che s’è sputtanato.

Poiché, se prima era pazzo, adesso manco usa il cazzo. Sì, sputtanato significa non andare a puttane.

Quante cazzate… la gente, Gesù mio.

Cosicché, se vi sarete/foste annoiati di una vita di balli e cani, no, canti, vi diranno che vi siete arresi, che siete degli vigliacchi e sopravvivete alla bell’è meglio in squallidi appartamenti e in fatiscenti auto-inganni. Ah, non mi incantate. In voi non m’incarnate.

Arriverà un cinquantenne a farvi la morale per puro, sadico gusto di farvi del male. Farvi e farvi, sempre farvi.

Vi dirà… che siete uomini senza dignità che si fanno soltanto gli atti impuri quando, in verità, lui fa ben di peggio.

Oltre a segarsi, quasi ogni notte va appunto ove sapete. A mignotte!

Però, ogni domenica brinda con moglie e prole, continuando a raccontarsi frottole, magnandosi anche delle dolci frittelle.

I suoi amici credono che sia un grande uomo perché è perfino un tosto lavoratore. Non sta fermo una sola ora. Ci dà!

E voi, giovani, continuerete a farvi fottere da una merda così.

 

Morale della favola:

aveva ragione Trautman quando avvertì lo sceriffo, dicendogli che gli sarebbe convenuto mollare subito la presa. Lo sceriffo continuò a fare lo smargiasso e a ridersela grassa…

E aveva ragione pure Apollo Creed quando, dopo trenta secondi di match, capì immediatamente che aveva di fronte uno più forte di lui.

Sì, vinse. Ma solo nel primo perché aveva più esperienza, si chiama vantaggio psicologico, appunto.

Nel secondo però perde perché Rocky è, appunto, più forte e s’è esperito duramente dopo il primo incontro.

Insomma, la gente vede assai bene, spesso finge di non vedere, dunque ti sottovaluta apposta, facendoti credere assurdità perché è consapevole che, se scopri la verità, hai due reazioni possibili.

o come Rambo scoppi oppure finiscono loro scop(pi)ati.

Perciò farà di tutto per buttarvi giù e distruggervi, ne inventerà sul vostro conto di tutti i colori per farvi passare dalla parte del torto.

Voi pazientate, resistete e aspettate il momento giusto.

Quando vi sentirete pronti, sferrate un mancino pugno pari ai loro colpi bassi e ai loro giochetti mancini.

Che vi devo dire? Sono un macigno, forse un nero cigno, forse arcigno, fui Lucignolo e anche Pinocchio ma le bugie hanno le gambe corte, i vostri nasi sempre più s’allungano e ce l’avete molto più di me corto…

Il cervello. Quell’altro… non m’interessa.

Come dice il grande Renato Pozzetto di Grandi magazzini, signora, so che il cane è castrato, non ho mica paura che m’inculi…

Sì, non possiamo continuare a farci coglionare da gente che guardava roba come Lui è peggio di me e La casa stregata.

Comunque, anche Stallone è un ipocrita.

Nel quinto Rocky, dice al ragazzo che è un cocone, per svegliarlo, mettendolo in guardia dal successo e dal sesso arrivati troppo in fretta.

Peccato che da parecchio, fra l’altro, Stallone stia con Jennifer Flavin. Una rossa praticamente identica a quella mentecatta che George Washington Duke dà come premio a Tommy “Machine” Gunn/Morrison.

Sì, la Flavin fa la bella vita, va tutti i giorni in palestra e se la tira da milf assai figa.

Ha trovato quel coglione di Stallone che si spacca la schiena per girare il prossimo episodio de I mercenari, così che in famiglia possano continuare a pagare le super bollette e saldare i bolli della Porsche, della Ferrari e forse anche della Mercedes.

Sinceramente, mi farei le figlie di Stallone.

Ragazze che potrebbero insegnarvi, fidatevi, molte più cos(c)e dei luridi tromboni maestrini che oramai nessuno s’incula e che soprattutto da una vita non trombano.

Questa è la mia dichiarazione di dignità con tanto di mandare a fanculo questa gente falsa con gl’interessi della presa per il deretano non solo a loro. Pure a quelle due gran fighe delle figlie dello Stallone italiano…

M’immagino la scena…

Stallone, come un Provolone, scopre che ho scopato il sangue del suo sangue. Al che si precipita sotto casa mia per spaccarmi la faccia. Suona potentemente al citofono. Non gli apro. Sfonda allora il portone come Rambo e sale le scale a velocità pazzesca pari alla sua corsa fra le montagne del quarto Rocky:

– Falotico, apri! O prendo a calci la porta?! Chi cazzo pensi di essere?

– Sono Oscar – Un fidanzato per due figlie.

 

 

Stallone, dinanzi a questa mia risposta velocissima e imprevista, rimane stordito, spiazzato, imbambolato.

Mentre lui resta istupidito per circa una settimana intera, io gli scrivo la sceneggiatura del nuovo Rocky.

Al che, apro la porta. Stallone è fermo lì come uno stoccafisso, da settimana immobile, senza cibo né acqua. Una situazione orribile.

Gli do un pugno.

– Signor Stallone, mi sente?

– Sì, scusi. Eccomi. Dove sono?

– Tenga, licenzi il cazzone screenwriter del nuovo Rocky e usi il mio script.

– Ok. Vuole che la paghi?

– No, bastano le sue figlie. Pensi, Sly, sono loro che mi pagano affinché faccia gli straordinari.

Veda ora però di non rompere più il cazzo.

 

Comunque, le figlie di Stallone sono tre, forse quattro.

Dove stava la terza?

Sempre con me? Dove cazzo vuoi che stesse?

E la quarta?

Nascerà.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Sarà un’estate di titoli caldi, il listino della Notorious Pictures ha un film in cartellone che è la storia della mia vita


06 Jul

stallone rambo last blood

Ora, chiariamoci. Beniamino Placido, il senior president della Notorious Pictures, mi sta simpatico.

Ha questa faccia da patatone, a metà strada fra Clive Owen e un toscano di origine controllata come il Chianti, certamente più presentabile di quella schifezza d’uomo di Rocco Siffredi. Uno che continua a propinarci la sua pubblicità delle patatine…

Basta, davvero. Almeno rinnovasse il suo repertorio. È come se il grande Castor Troy/Nicolas Cage girasse il seguito di Face/Off e recitasse alla hostess milf, molto battona, perennemente la solita, storica e stoica battuta da faccia da culo mai vista: mi dà gusto mangiare la patata.

Alla lunga, annoierebbe. Probabilmente glielo allungherebbe sempre ma noi spettatori non godremmo più di un colpo di genio così sfacciato. Sfrontato e gasato, limonato.

Dai, le limonate vanno forte con questo caldo.

Di mio, compro quelle della Sanpellegrino. Per un gusto pieno e deciso. Sì, vado dalla commessa della Conad, gran bella ragazza, una buona gnocchina. Lei non mi fa pagare nulla. Soltanto che mi rilascia sempre lo scontrino fiscale perché la polizia, altrimenti, sarebbe nei suoi riguardi assai irriguardosa e fiscalissima. E, si sa, fra le sbarre, non puoi nemmeno mangiarti una barretta di dolce cioccolato.

Comunque, le donne amano il bis. Se poi, oltre al dessert, sarete alla frutta in fatto di soldi, al tiramisù ci penserà il fratello di Troy, Alessandro Nivola.

Uno che, in Wizard of Lies, ha la sfiga di essere il figlio del più grande figlio di troia della storia. Chi è Brad Pitt?

Alessandro, in Face/Off, nella scena del carcere infatti recita un’altra battuta devastante. Proprio tirando in ballo il celeberrimo dolce inzuppato nel caffè, ripieno di crema pasticcera, zucchero, uova e mascarpone.

Mah, si dice che lo zabaione sia un afrodisiaco mentre la zuppa inglese la offriamo a quel cafone che continua a prendermi per coglione.

Per troppo tempo si approfittò della mia buona fede e io non gli regalerò mai più nemmeno un profiterole.

Sono un uomo che, a parte gli scherzi, vive delle sue ascesi spirituali. Qualche volta mi curo dagli ascessi mentre voi, cari cessi, salivate d’infiammazioni ghiandolari e ormonali per qualche donna al mare in bikini che vuole la crema solare ma non il vostro “ice cream”.

Dalle mie parti, ad esempio, aperta tutto l’anno e non solo nel periodo estivo, vi è la gelateria Voglia matta.

Molti anni fa, fra uno yogurt e l’atro, fra un gelato alla banana e una mia leccata alla padrona per non pagare la vaschetta del bacio con l’amarena, pensai d’incontrare in questa bottega… perfino Catherine Spaak.

Ah, Catherine spaccava davvero. Soprattutto quando ad Harem indossava lo spacco.

Uh, che freddura bollente che è questa. Ah ah.

Sì, sono un critico cinematografico come il compianto Beniamino Placido, omonimo del capo della Notorious. Oramai questo è arcinoto, lo sanno pure i vecchietti del circolo della bocciofila.

Ecco, la domanda è questa: i fascisti trattarono Rambo da matto, facendogli perdere ogni matta voglia, ma si erano informati bene su chi fosse? Lui li infornò.

È quello che nel grande Cinema chiamano colpo di (s)cena.

Di mio, sono uno Stallone che spesso sta sul moscio.

Ma non fatemi incazzare, eh. Sennò saranno amari.

Altro che al mare. Mi dovete amare, è un ordine. Se lei, uomo, non mi ama, io amerò sua moglie. Va bene, così?

 

– Falotico, ma lei lo sa che non è un uomo normale?

– Lo so. Sei tu che non lo sei, non lo sai.

– Cosa dovrei sapere?

– Che sei un Minotauro, no, volevo dire un minorato. Hai preso il Tavor?

– E quindi? Io sono normodotato, invece.

– Sì, io no, però. Ora lo prendi in culo.

 

Da allora, non riesce più non solo a mandarmi a cagare ma nemmeno a indossare i jeans e a calzare il cavallo dei pantaloni.

Comunque, me ne fotto.

Sono strafottente, un cazzone.

 

Ecco, detto ciò, sperando di avervi divertito, devo ammettere altresì con estrema onestà che ogni teoria freudiana con me andò a puttane.

Secondo Freud, la malinconia nasce dalla carenza affettiva, anche sessuale.

La gente mi provocò molti anni fa. Spronandomi a fare cowgirl. In parole povere, volle sverginarmi.

Io volli appurare se ero un puro soltanto da atti impuri o se duramente avesse funzionato.

Funzionò eccome, anche troppo.

E ora sono più triste di prima.

Questo non è un colpo di mitragliatore, non è un colpo di scena, è un altro pugno allo stomaco alla società erotica del porcile di massa. Sì, fra Rambo e Rocky, io scelgo sempre Rocky.

Perché io sono fatto così. Non mi cambia nemmeno Gesù.

Figurarsi dei poveri cristi.

Lo so, è triste che vi abbia detto la verità.

Anche molto vero. No, non sono come quasi tutti. Sono un diverso, lo sono sempre stato e non mi svenderò mai. A costo di morire povero, appunto, in canna o senza più cartucce e frecce al mio arco.

O come un pagliaccio con la maschera grottesca e tragicomica per sembrare felice.

Sono pure assai dissimile rispetto sia a Michele Placido che a Beniamino.

Sono un uomo tranquillo.

 

 

 

di Stefano Falotico

 

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