Il filibustiere

15 Mar

Il genio di John Belushi

In suo onore, scrivo ciò…

di Stefano Falotico

Scrivo a una che vorrei e lei mi vuole. Sì, uccidere. Ma me ne fotto e insisto perché amo gli omicidi esagerati addosso a me.

Ciao, sei grande per me e credo abbiamo poco da condividere, siamo effettivamente agli antipodi.

Smentiscimi, ne andrei fiero di piacere enorme.

Sono uno scrittore e poeta, anche se le mie foto forse contraddicono quanto dico, perché esuberanti di clownesca apparenza. Invero, come tutti i pagliacci, sono enormemente malinconico. Ho da capire se è un bene, un male, un godimento masochistico, un sadismo che mi perpetro, spero di penetrarti, ops, scusa, sì, lo vorrei ma un’amicizia è meglio, dai su.

Optò per una presa per il culo. E fu presa di ottimi glutei.

 

Lolita, Lol! Facciamo jo-jo con dell’olio, sì, sarai la mia esotica Yoko Ono

Antico indovinello del panchinaro: – Come si chiama il calciatore con la maglia tredici della squadra nazionale nipponica?

La risposta è: ioco poco ma ioco.

Sì, ho sempre amato lo yogurt, per questo ingrasso di acido valproico e non mi mettono in campo, e sono carente di proteine all’uccello giocante fra le mutande in modo personalmente tirante da falotico, in minuscolo, anche se muscoloso, in quanto qui non usato come cognome ma come aggettivo in senso sfig(ur)ato. Al che, mi allatto e mi rendo esangue lì in mezzo, eppur è un “salame”. Faccio la trasfusione dopo la montata lattea e mi misuran la pressione. Sì, ho svalvolato di troppo cuore matto innamorato. I miei globuli rossi han assunto un colorito pallido per colpa del troppo scopare lardo, e così le gambe mi allargano per ficcarmi un deposito di sedativo nel culo, a mo’ di castrare temporaneamente quel che, davanti, dunque didietro, le tampona. La mortadella cruda…

Dopo tal trattamento (de)stabilizzante, i medici si accorgono che mi tira ancora non poco. L’infermiera, anzi, in assenza del medico, se lo imbocca tutto e, di respirazione bocca-bocca, fa sì che il mio trabocchi, poi deglutisce dopo avermi dato un gluteo di ottimo nutrimento.

Ricordate: anche se lo prendi in quel posto per un po’, quindi nel popò, la vita va sempre a parare lì, ed è un gioco inchiappettante a vicenda.

Sostanzialmente, a parte il romanzar divertente, io lo prendo là e basta. Ora, scusate, devo andar a bere una limonata.

E vaffanculo a mammata!

Lolita che c’entra? Braccio di Ferro sapeva… ah, ma quella era Olivia.

Sì, che sia Nabokov, Kubrick o un cartone animato, le bambine son delle puttane.

Spronano il maschio all’irriducibile.

E poi succedon i casini.

E John Lennon? Non è mai valso un cazzo. Diciamocelo.

A “Yellow Submarine” ho sempre preferito la repubblica di San Marino.

E su tale stronzata vi lascio pensare a come la mia vita, annacquandosi, anche fra le donne simil meduse, sia andata a mare.

Il Cinema odierno si sta “adattando” alla nuova carne: specchio (ir)reale di speculare “evoluzione”

Della putrefazione della società “moderna” e delle decomposizioni neuronali di tal umanità “bella” da Facebook, presto morta(della) dentro ad agonizzare straziandosi nel pianto della vera bellezza da lor vilmente deturpata


Assisto a quest’uniforme morte che avanza a frotte. E la gente continua, mascherata da lavori “intonsi”, soprattutto di finzione alle lor anime, a raccontar frottolone.

Meglio io che, alla luce pura del Sole, guardando simpatiche compagnie canaglie e cariate d’idioti che sperano, andando a scuola, di aver domani un futuro luminoso, che invece sarà pieno di apprensioni, piatti da lavare e soltanto mobbing del direttore, per cui, inculati a sangue, si consoleranno una volta “al chilo” con un’Escort-concubina culona raccattata in qualche chat delle passabili-passive racchie internettiane della svendita del mercatino sudato di massa(ie), sto qui, sbuffando in faccia a tutti, battendo un’orgogliosa fiacca da chi mai sfacchinerà per du’ lire e svuotar le “olivine” a mo’ consolatorio dello sfogo “virile”, premendo invece le mie meningi su chi piglia per il culo i bimbi-minchia quando invece dovrebbe preoccuparsi di far volar solo il lor cotanto, sì in contanti di pagarle appunto e “a puntino”, uccello “intellettuale”, abolendo tal termine obbrobrioso con idolatria di me nel sorvolarvi e mummificarmi con malinconia di classe. Perché io sono lo scorbut(ic)o a questi lebbrosi che si credono amabilmente carnosi, sì, son degli antropomorfi con escrescenze del trucco (dis)gustoso, son il condimento alle ragazze con le cotte che rimprovero con indifferente sputar loro in quelle che saran prostitute, come ho già (s)piegato nel lor procedere di “catena alimentare”, da bocche di rosa. E, fumando il bocchino della mia pip(p)a, do poi un calcio nelle palle a quello che va in palestra, ché spera, e sta(rà) invece al fresco, di rinforzarselo col bilanciere. Piatto piange in sua testa nonostante il sollevato p(r)eso. Deve solo lavorare come quel negro che con lui in cella “verrà” a spappolarglielo…

Quindi, passa una donna d’accatto e con far quatto le strappo la sottana nel denudarla sinceramente.
Anche senza sottana, sotto il vestito non c’era niente già prima e si vedeva, e lei lo sapeva.

Sì, l’ho sconfessata nella sua (ig)nobile nudità. Perché amo il pene al pane e il vino all’uomo vero. Se senza peli la tua lingua deve (t)essere, allora che sia la vita depilata. E basta con questi pilates! Ché poi gli uomini, troppo eccitati dai culi torniti, fan impazzir gli ormoni e cascano i capelli, da cui appunto i pel(at)i sul lavandino. Ad asciugar le ferite delle ragadi nel cranio sbattuto. Meglio, fidatevi, il buon vecchio uovo strapazzato al tegamino. Altro che questi uomini a forma di uova dal fisico a pere che agognano di gonne. Guarda come dondola(no)!
Senza cazzi, infingimenti, fighe false e soldi contraffatti, io so(n) quel che dico e vi avverto. Prima che possiate saperlo, miei finti sapientoni, sarete già nel cesso del de profundis. E lì la merda profuma di funerale sociale. Ah, come l’evacuo io neanche un peto sano. Una petizione, insomma, miei petomani ripetenti, mie schifezze.

Così, finisce un’altra giornata. Sta chiudendo anche il giornalaio. “Il Sole 24 Ore” non lo legge più nessuno. Fanno bene, in buona sostanza. Scrivono su quella testa(ta) di cazzo solo per gli affaristi delle palle loro. Così, compro il poster di von Trier e l’appiccico sulla vetrina del cartolaio davanti. Mi denunciano per scandalo affisso in bella vista. Al che, li osservo sconsolati e mi chiedo di cosa si scandalizzino se, in verità, son loro la ninfomania.
Comunque sia, la mia è stata una bella vita.

Molte donne, vedendomi sul moscio, mi suggeriscono di rinforzare il busto così le donne, appunto, mi faranno il filo. Rispondo che non ne ho bisogno. Anche perché sono un filibustiere.

Adocchio una donna che non è male e mi avvicino con passo felpato, sì, indosso il felpino, per amicarmela. Con enorme charme e classe di maglietta già da togliere, le porgo questo in modo diretto, sperando nel dritto vincente: mi inorgoglirebbe averti come amica, anche perché intanto porrei le basi per quel che potrebbe divenire, spero dur(atur)o.

Rinomato sono in vanto mio dai giochi di parole funambolici, alla base del conoscitivo malessere che in me vive e vegetale son spesso, in quanto oltre da permettermi il rilassamento ormonale e anche altro, parsimonioso di tempie, bello di pelo irto, ipocondriaco di ululati sobri come la mia pelle da carezzar per ore. Ignoto sono e di notte vado perforante.

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