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Abbiamo un grosso problema in Italia. Tutti si credono artisti e invece non lo sono, sono proprio giocondi


14 Jan

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Solo io lo sono. Ah ah. Questo mi pare evidente, palese e riconosciuto anche dal Vaticano. Il Papa, infatti, mi ha contattato per scrivergli l’Angelus. Voleva che edulcorassi, con qualche mio tocco di classe cazzuto, il suo discorso troppo dolcemente ecumenico. E potessi dare una pennellata di maggiore sintassi realista alle sue stronzate buoniste.

Gli ho risposto che non ho tempo, a differenza di Michelangelo, per facilitargli il papato. Affrescando le sue “cappelle”. E che ho da mangiar la pappina.

Sì, mostro un mio libro a una mostra ma non nel senso di presentazione, appunto, di qualcosa in vetrina, bensì come femminile di mostro, cioè un cesso di donna. Ah ah. Cioè non le “opere d’arte” di Cattelan, vendute a caro prezzo ai fessi, grazie alle quali Cattelan si è comprato ventimila bagni nuovi, ma quelle donne diarreiche. Le merdose. Si trovano in ogni angolo delle topaie, sì, son tope da biblioteche che si credono gran signore ma invero vi dico son più zoccole di Marina Ripa di Meana. Una che provocava Sgarbi con le sue merde d’artista.

Una di queste è venuta a rompermi il cazzo, ieri sera.

Ripeto, le ho fatto leggere la sinossi del mio libro per chiederle umilmente se le piaceva.

Al che, con toni cattedratici da maestrina tu mi stufi, si è posta così.

– Chi l’ha scritta?

– Secondo te, chi l’ha scritta?

– Non dirmi che l’hai scritta tu.

– Sì, io sono il factotum. Sono io il curatore delle sinossi.

– Tu dovresti essere il curatore del tuo asino, figliolo. Ci sono troppi aggettivi. È impresentabile.

– Adoro lo stile massimalista. Barocco, eccessivo, caricato. Mah, Baricco. Tu invece ami lo stile minimalista?

– Io adoro lo stile.

– Sei una stilista, quindi, mah, pensavo che fossi una critica letteraria. Insomma, sei una donna da prêt-à-porter. Sì, mi sembravi Charlotte Rampling di Portiere di notte, invece mi hai denudato e pure sbattuto le porte in faccia.

– Ehi, ma che dici? Sei pazzo?

– Sì, talvolta sì. Soprattutto se qualcuno mi sbacchetta. Sono io che uso il bianchetto sui miei aggettivi, nessuna può “aggettivizzare” le mie opere. Le mie opere sono indescrivibili. Dobbiamo essere oggettivi, non puntigliosi sugli aggettivi.

– Nel senso che sono talmente brutte da essere inclassificabili?

– No, sono talmente belle ma così tanto belle in maniera inversamente proporzionale alla tua bellezza.

– Cioè?

– Cioè, secondo il calcolo delle proporzioni, Mariangela di Fantozzi, in confronto a te, è Monica Bellucci. Volevo usare un aggettivo dispregiativo di troppo ma avrei peccato di eufemismo.

– Senti, testa di cazzo. Chiariamoci molto bene. Tu quanti libri hai letto?

– Non lo so.

– Non lo sai perché ne hai letti davvero pochi, credo.

– Tu invece sai quanti ne hai letti? Cos’è? Finto che hai di leggere un libro, metti la crocetta? Arrivata a quota mille, sarai ospite del nuovo telequiz di Gerry Scotti, intitolato Per essere sapienti bisogna aver frequentato La Sapienza. Dai, saputella. Vedi di crescere.

-Dimmi, stronzo. Quali sono i tuoi scrittori preferiti?

– Nessuno. Ho i miei libri preferiti ma i loro autori non si sono mai ripetuti a quei livelli. Solo una o alcune delle loro opere sono perfette. Le altre no.

– La perfezione non esiste ed è meglio così.

– Invece esiste, seppure sia raro trovarla. Vorresti contestare la Mona Lisa solo perché tu non ti senti gioconda e ti piace fare la snob, dicendo che il Da Vinci poteva fare meglio?

– Infatti, poteva fare meglio. È un capolavoro ma, in linea teorica, poteva essere meglio.

– Ecco, in linea invece molto pratica, tu che fai nella vita?

– Pensavo lo sapessi. Sono una critica.

– Critica di che?

– D’Arte. Io ho studiato Arte.

– Ah sì? Quindi, hai studiato Arte e vuoi contestare il mio artista?

– Tu non sei un artista. Lo so perché conosco l’Arte.

– Quante opere hai realizzato tu?

– Io? Nessuna. Io valuto le opere. Non le realizzo.

– Ah, capisco. Tu quindi te ne stai stravaccata a giudicare il lavoro degli altri e il tuo lavoro sarebbe guadagnare nel lanciare giudizi sul lavoro, bello o brutto, del prossimo mentre ti gratti la figa. È un bel lavoro, sai?

– Senti, porco di merda. Io sono una seria. Per chi mi hai preso?

– Per quello che sei.

– Tu mi hai dato della puttana.

– No, ci mancherebbe. Ti ho dato di peggio.

– Ora, ti denuncio.

– Perché ho fatto una critica oggettiva alla tua vita?

 

Ebbene, dopo insulti voraci telefonici e tramite Messenger scagliatimi dalla povera disgraziata che m’ha ingiuriato in preda a crisi isteriche da Villa Baruzziana, famosa e infausta clinica psichiatrica dei colli bolognesi a cui manco accederebbe perché, sì, costei è pazza ma in tale villa accettano solo pazze decorose e non pazze che potrebbero rovinare la reputazione e gli equilibri dei veri malati di mente, bisognosi soltanto di calma e tranquillità, ah ah, l’irrecuperabile villana, appunto, m’ha detto che, se è vero che il mio scrittore preferito è Dostoevskij, lui si sarebbe rivoltato nella tomba a leggermi. Perché il Dosto dava importanza al contenuto e non alla forma.

– Ah sì? Sì, sai, credo che tu abbia ragione. Il suo contenuto, e infatti con quel disagio doveva contenersi, sennò diventava come te, era che siamo destinati all’inquietudine se esseri senzienti e profondi. Al che, invece che scrivere romanzi di cinquecento pagine, pieni di sottilissime descrizioni, avrebbe dovuto semplicemente scrivere un lungo telegramma con questo contenuto… la vita fa schifo, ogni giorno medito al suicidio. Cercasi una tomba al cimitero ma il becchino di San Pietroburgo m’ha detto che non ci sono posti per seppellirmi sino al prossimo anno. Quindi, se mi ammazzo, mi seppellirò vivo. Devo aspettare almeno una pompa funebre più in linea col mio pensare in grande.

 

Ecco, io dico. Perché fate le maestrine senza aver provato a fare niente? È troppo comodo giudicare. Anche io lo faccio. Quando recensisco un film. Ma, quando lo recensisco, provo sempre a immedesimarmi, almeno, nel punto di vista del suo regista. Che, secondo i miei canoni, può essere sbagliato ma è comunque già molto apprezzabile e lodevole perché, a differenza di chi giudica e basta, ci ha messo la faccia. A costo di rimediare figuracce.

Ho detto tutto.

Io ho un solo plateale difetto. Sono molto pigro. Ma se mi fate girare i coglioni, se non vi vado a genio e volete fare i fenomeni, vi sistemo a regola d’arte. Poi, non piangete se ho fatto il “teppista” delle vostre idiozie. Sì, uso lo scalpello. Un ritocchino qui, uno lì e vi pietrifico.

Il quadretto che verrà fuori non sarà però da Louvre Museum. Ma da museo delle cere. Non dovete arrabbiarvi. Non vogliamo mostri in giro. Ma solo mostre. Quelle belle, però.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Provocazione serale: Harvey Weinstein è stato un messia, un salvatore e ci ha messo la faccia


25 May

Messia Weinstein

Sì, assisto oscenamente a grida di giubilo, a donne che dalla gioia si strappano i capelli, a maschi moralisti e ipocriti che alzano i calici e brindano dinanzi alla disfatta mostruosa di Weinstein. Uno che, sino allo scorso Ottobre, era considerato il massimo produttore cinematografico vivente, uno ai quali i grandi cineasti si rivolgevano per farsi finanziare le loro opere, un mecenate, insomma.

Un mecenate, sì, colui che come da definizione del vocabolario è stato un… intrepido, valoroso, munifico protettore di studiosi e di artisti.

Un uomo rinascimentale, un uomo come Lorenzo il Magnifico. Un uomo di gran potere alla cui corte cenavano geniacci come Tarantino che spero lo ringrazi a vita per avergli dato la possibilità che è valsa il suo Quentin. Sì, Morgan Freeman a Hilary Swank di Million Dollar Baby, nella tavola calda, davanti a una buona torta di mele, disse che la gran maggioranza della gente farebbe carte false per avere la chance che a lei è stata offerta dal destino.

E Kyle Chandler di The Wolf of Wall Street, guardando la povera gente di ritorno a casa in corriera, capisce che quel Jordan Belfort/Leo DiCaprio, in fin dei conti, aveva fatto bene a godersela come un ossesso, ad attorniarsi di lusso e donne lussuriose, di aver scopato come un mandrillo, facendosi soffocare dalla brama di soldi e sesso.

La vita in fondo è una. Vale sempre la celeberrima massima del “gobbo” Giulio Andreotti: il potere logora chi non ce l’ha.

Ora, come già detto, continuano le discussioni femministe di dubbio gusto sulla mia bacheca, come potete evincere dallo screenshot che vi posto. E la mia linea è intransigente, moralmente inattaccabile, altissima, quasi da San Francesco, un uomo al quale forse un giorno dedicherò un romanzo, perché mi hanno sempre immensamente affascinato i “pazzi santi” che potevano avere tutto dalla vita e invece hanno preferito mandare tutto a quel paese. A costo di esser presi per scemi.

Siamo sinceri. Che c’è di bello in una persona che viene arrestata? Niente. E non si può scherzare sulla “morte” di un uomo, sebbene questo uomo sia stato corrotto sin al midollo e con tutta probabilità davvero sfruttava il suo ascendente per profittare di giovani donne ambiziose e “in carriera”.

Ma, suvvia, verreste mica a dirmi che una come Asia Argento è credibile nel mostrarsi tanto euforica dinanzi alla caduta di Harvey? Mi pare lei, come le tantissime altre, profondamente scortese, irriconoscente, in una parola orrendamente ingrata.

E, peraltro, neanche l’intima “amicizia” con Weinstein ha salvato la sua carriera finita in mutande… della serie: se non hai molto talento ma hai uno che ti dà una “spintarella”, puoi farcela. Se sei comunque un cesso d’attrice non gliela fai neanche con tutte le “botte” possibili e immaginarie.

 

Uomo Weinstein,

non posso iniziare questa brevissima mia lettera, con l’intestazione “caro”, perché l’hai pagata cara. Ma, ricordati, che quando sarai presto in gattabuia, c’è un uomo sincero e non falso che, dall’altra parte dell’oceano, ti riconoscerà almeno sempre il coraggio di esserti “pelato” molte gatte per un fine “nobile” e artistico.

A te vanno i miei più sentiti ringraziamenti, perché nel bene e nel male non sei un fake. E ci hai messo la faccia e le mani… “sino in fondo”.

Questo significa avere le palle e, come diceva Aldo Busi, Bisogna avere i coglioni per prenderlo nel culo.

Più o meno la celebra frase di C’era una volta in America: è proibito dalla legge prenderlo nel culo?

 

Ti auguro, Harvey, che non subirai in carcere nessun tipo di violenza e potrai gustarti degli ottimi brodini.

Update: Weinstein ha pagato la cauzione. Andiamoci sempre cauti.
Sesso

di Stefano Falotico

L’ignominia, la dignità, l’ilarità, l’omonimia, la nomea e l’aura, anche Laura, e Ilaria che è ilare


16 Mar

toto diabolicus

Sì, molta gente è ossessionata dalla dignità. Questa cosa misteriosa che donerebbe all’uomo un valore nobile… quando si dice quell’uomo è di valore. Ma è valoroso? Sì, ci sono anche i vigliacchi e gli ipocriti che si celano dietro lavori rispettabili ma, invero, dai loro piccoli gesti quotidiani trasudano poi tutte le loro bassezze e meschinità. Perché sono offensivi negli atti, nei confronti degli altri, nel modo di comportarsi, saranno pure rispettabili ma non degnano il prossimo di rispetto. Quindi, sono indignitosi.

Sanno articolare una frase meglio di me, ma non son artisti come me. Son solo nell’animo artritici.

Spesso son stato “ignominioso”, anche gnomo, poiché fui indotto a manifestare azioni riprovevoli. Ma fui ribelle all’ipocrisia di regole assurde, coercitive al decoro del mio core. Perché sono una voce lontana dagli omologati cori. E nonostante tutto posseggo un corpo.

Ne venne della mia nomea, ma “venni” di più e me la godetti finalmente, abbandonando stati afflittivi auto-punitivi, sradicandomi da insensati sensi di colpa, ma fruendo fluente in seno al mio senno, se no sarei morto, voi scrivereste sennò. Ci sono gli asini e ci sono i geni. Dai geni si fa un grande uomo? Non so. Non tutti i geni sono portatori di DNA valoroso e temerario. Alcuni geni son stati uccisi perché troppo liberi e non potettero evincere la lor potenza, in quanto evirati dalle castrazioni di chi ovulò cazzate e imbecillità.

Ovulazioni e farneticazioni!

L’uomo non si misura dal lavoro, ma dall’intrinseco esser un prodotto alle volte remoto dalla produttività poco fertile del genio. Il genio vive di sue danze nella fantasia e scrive libri capibili solo da chi può carpirli. Capisc’… che fai? In testa mi pisci? Sputerò sulla tua faccia e mi dirai che faccio schifo. Quanti onorevoli abbiano nominato in Parlamento e invece son dementi? Quanti pezzi grossi son invero dei pezzenti? Ah, che merde. Eppur in Italia abita la bella Ilaria ch’è donna ilare e mi fa ridere, a volte mi fa e basta. Mi fa a bestia. E, in assenza di me, si fa da sé. Perché lei ama i triangoli e chi fa da sé perché fa per t(r)e quando invece potrebbe con l’immaginazione farseli tutti? Ah, quel ragazzo non si dà da fare, eppur si farà. Non so, voi sfattissimi siete dei fattoni, e nascondete i vostri “bianchi” misfatti. “Fallo” sta che Falò non avrà mai una laurea (che me ne faccio, ma mi faccia… il piacere!) ma, come diceva Totò, ha la Laura. Laura è donna a me discinta, distinta e d’istinto. E io non sono uno stinco… di san(t)o ma sicuramente ho una buona minchia. Sì, le donne mi dicono che sono un minchione. Cazzo. E ho scoperto che ho un omonimo che abita in meridione, pensavo di essere l’unico uomo falotico sulla faccia della Terra. Ah ah. Ho anche una vita mia, se non l’avessi, non avrei la parte superiore del corpo oltre al bacino. Do molti bacioni e ai cattivi mando un bacione. In quanto a mio modo ho i testicoli che “sprizzan”… gioia, fan “gola”, e la testa va meglio nel suo girarci in tondo e poi a darci dentro di affondo, scopandomi donne che non son tonte. Se non vi sta bene, non datemi pene. Non sono omosessuale.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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