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INTERSTELLAR: i miracoli esistono? Per fortuna no, purtroppo sì


01 May

mcconaughey interstellar

Come già detto, non considero Interstellar un grande film.

Perché? Be’, un film che dura 2h e 49 min e riesce a emozionarti, a commuoverti davvero soltanto in due scene, peraltro molto brevi, è un film che non si può definire un capolavoro.

La messa in scena, allestita da Nolan e dal suo comparto tecnico, è fenomenale. Ma, a monte di un budget di circa 170 milioni di dollari, coi maestri che ha la Warner Bros degli effetti speciali, mi sarei stupito del contrario.

Ora, non voglio però nemmeno sentire dire scemenze del tipo: ah, grazie al cazzo, con quei soldi un masterpiece lo realizzo pure io.

Di questo ne siete sicuri? Secondo me, se vi do diecimila Euro e una cinepresa a regola d’arte, attori bravissimi e uno script notevole, al massimo quello che ne verrà fuori sarà un video da Paperissima Sprint.

Eh già.

Vi vantate di essere conoscitori provetti della Settima Arte ma a stento sapete maneggiare un cellulare, non sapendo che fare quando va in tilt e dovete rivolgervi a Salvatore Aranzulla.

A proposito di cellulari, una delle mie battute cult, da me stesso coniata, rimane questa:

sul Pianeta Terra abbiamo organismi multicellulari, sì, gli uomini, oramai la maggioranza, dotati di mille iPhone, in un’altra galassia pare che gli alieni non possano possedere più di un cellulare.

Non so se abbiano però più di un uccello a testa. Sarebbe da chiedere alla flotta spaziale di Star Trek.

 

Sì, la dovreste veramente finire di puntare in alto, di voler anzi volar alti quando, se vi sgonfia uno pneumatico della Station Wagon, chiamate uno pneumologo.

E che vi deve fare la respirazione bocca a bocca? Lo sa bene Eastwood di The Mule.

Io direi invece che, innanzitutto, dovreste curarvi dal fegato amaro e rivolgervi subito a un gastroenterologo che sanerà con una bella lavanda tutte le scorie delle stronzate che vomitate.

Affermate ad esempio, con enorme prosopopea, che la vostra massima ambizione sia quella di diventare i David Lynch italiani. Visionari, eccentrici.

Dovreste farvi la cosiddetta gavetta, altroché. Altrimenti prevedo sulle vostre teste soltanto gavettoni.

Eh sì, le previsioni meteorologiche dicono che invero soffrite solo di meteorismo e cacciate dalla vostra bocca delle flatulenze intestinali davvero volgari. Da cui il capolavoro demenziale di Mel Brooks, Spaceballs.

No, chiariamoci, Nolan sa il fatto suo. Che poi Interstellar non gli sia venuto perfettamente col buco, è un altro discorso. Meglio comunque dei film che vi fate voi. Inoltre, secondo me, anche se regalate alle vostre ragazze bellissime delle ottime ciambelle, diciamocela, venite nei loro buchi neri una volta ogni era geologica.

Se fossi in voi, invece che tirarvela da uomini fantascientifici tragicomici, sì, perché i vostri viaggi mentali appartengono solamente alla science fiction più trash che non venderebbe nemmeno al mercatino dell’usato, dovreste iniziare col leggere dapprima i libri della collana Urania, anziché appunto fare le merde e urinare.

Dopo queste letture, potrete passare a Philip K. Dick e ad Asimov. Quindi, se vi sarete applicati doviziosamente, chissà, perché no? Potreste essere i nuovi Einstein.

Al momento però, più che geni da teorie della relatività, mi sembrate dei relativisti di un piccolo mondo che orbita attorno alle vostre orbite oculari. Più che microscopiche, ripeto, di vista corta e sogni a occhi aperti.

Non è che mi fate la fine di Jesse Plemons dell’episodio di Black Mirror intitolato USS Callister?

Eh sì, vi credete i dominatori dell’universo ma rimarrete fottuti più di Jeff Fahey de Il tagliaerbe.

Detto questo, quando dico che Interstellar funziona ed emoziona davvero in due scene, mi riferisco ovviamente al pre-finale con Ellen Burstyn e all’oramai leggendaria scena di McConaughey che accende lo schermo e vede i suoi figli cresciuti. Tanto epica da venir stupidamente parodiata. Sono passati 23 anni sulla Terra e invece pochissime ore da quando lui è nello spazio.

Sì, due scene che mi coinvolgono emotivamente sempre.

Sembro io quel McConaughey, oggi come oggi.

Nessuno psichiatra riesce a darsi una spiegazione logica di quello che può essere successo alla mia vita.

Io continuo a sostenere che, come da scritto anche nel racconto Un angelico miracolo, edito dalla Historica Edizioni nei suoi Racconti di Cultora, nel 2003 feci un viaggio a Roma. Questo libro e ovviamente il mio racconto lo trovate su IBS.it. Cercate con cura!

E la mia anima, la mia mente, trovandosi nei dintorni dello stesso luogo ove cominciai ad accusare i miei primi segni di follia, chiamata anche esagerata emozionalità pre-adolescenziale, subì una sorta di folgorazione, un flashback mnemonico.

Al che, cominciarono potentissime crisi. E gli psichiatri pensarono che fossi impazzito.

In verità, “pazzo” lo ero stato in quel lunghissimo arco di tempo.

Gente molto più in gamba di superficiali ciarlatani, hanno oramai appurato che, sì, in effetti si è trattato di quello che si chiama risveglio dopo il buio. Esistono, a livello accertato, pochissimi casi nella storia dell’umanità simili al mio.

Invero, la rinascita era iniziata già molto prima a livello inconscio.

Quel mio viaggio a Roma fu soltanto la goccia che fece traboccare il vaso. Peraltro, non vi sto raccontando cazzate. So che la mia versione può apparire scientificamente incredibile, invece rispecchia la realtà più quantistica e tangibile. È visibile al mille per mille, oramai, che non si è trattato di un vero e proprio miracolo. Bensì di qualcosa che trascende il significato stesso della parola miracolo. Si parla di miracolo, ad esempio, quando un uomo cieco riacquista la vista. Di solito, non può essere miracolato uno che prima aveva la vista, poi metaforicamente è diventato e cieco e poi è stato illuminato. Questo non è un miracolo, è qualcosa di mai visto. È orrendo e al contempo stupendo. Fidatevi. Ogni giorno, appena mi alzo, devo riuscire a controllare emozionalmente quest’infinito blackout. Non pretendo che mi crediate, ovviamente. Sarei davvero pazzo, in questo caso, a pensare che possiate credere a qualcosa di tanto irrazionale e apparentemente, appunto, folle. Anzi, se scoppiate a ridere come dei matti, posso capirvi. I miei genitori, forse qualche ex amico che mi ricorda prima che venissi annerito dall’amnesia, i miei più stretti parenti, son convinto che siano convinti che abbia ragione io.

Così come lo psichiatra che ha avuto il coraggio di credere alla mia versione. Poiché non è uno psichiatra e basta. È un umanista. Ha impiegato parecchi mesi per capire, però. Altro tempo!

Finalmente, spero che ci siate arrivati anche voi.

Ecco, tornando a Interstellar, credo che sia sostanzialmente un film freddo. Gli manca quella scintilla, quell’esplosione vitale parimenti potente alla mia per poter essere considerato un capolavoro.

Ora, ripeto, questo Plemons è uguale a molti di voi.

No?

Io dico di sì.

Se non volete credermi, fate pure.

 

di Stefano Falotico

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L’ESORCISTA (The Exorcist) di William Friedkin non è un capolavoro


06 Apr


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Prefazione, disamina e poi una riflessione sul Cinema degli anni settanta

Sì, L’esorcista è un film che a tutt’oggi è agghiacciante. Sì, credo che l’aggettivo appropriato sia agghiacciante.

Ma non è un capolavoro.

Fare paura è più facile di quanto si possa credere.

Si può intimorire, suggestionare il prossimo, inscenare la sua pazzia perché si è ipocriti e forse è più facile nascondersi nello sgabuzzino degli orrori ove son celate tutte le segrete malefatte. Quando si dice, ah, gente con scheletri nell’armadio. Un’armata delle tenebre che cresce giorno dopo giorno, avanza putrescente a ogni ora di notti concupiscenti, ingorde e lorde.

Paranormal Activity? Filmaccio da quattro soldi. Dobbiamo aspettare un’ora e mezza, giù di lì (1h e 26 min), per venir terrorizzati dalla ragazza posseduta che, in primo piano, ci fa la boccaccia. Suvvia, che sono queste scemenze?

L’esorcista ha agito a livello subliminale sui nostri antichi retaggi, sulle nostre credenze popolari.

Si chiama, in gergo cinematografico, lapalissiano meccanismo della paura e della suspense.

Presenze misteriose che ci sono, non si vedono, si colgono, aleggiano al buio e penetrano le coscienze di una massa addormentata e superstiziosa.

Totale oscurantismo (dis)umano di una società tanto tecnologicamente moderna quanto arretrata di mentalità. Inestirpabile nelle sue vetuste, superate convinzioni terribilmente maligne. Sepolte dietro il perbenismo più ripugnante.

Proverbiale umanità che crede ancora nei proverbi e nei detti medioevalistici.

Sospettosa, malevola, diffidente.

Prefazione scherzosa

Ne sono convinto. Posso mettere la mano sul fuoco. E non quello del demonio.

Non indemoniatevi per questa mia uscita. Non è fuori luogo. Non scaldatevi, non demonizzatemi.

Io so esorcizzare le sopravvalutazioni e liberarvi dai dogmi troppo religiosi del Ver(b)o cinematografico dato per assoluto.

Che Dio vi benedica.

Non bestemmiatemi contro.

Su, dai, non fate i preti.

Non siate blasfemi.

Altrimenti, chiamo James Woods di Vampires.

 

Analisi seria e sincera del mio punto di vista, anche goliardica e piccantella

Amici, so che questo mio video vi ha davvero fatto infervorare. Basta leggere i commenti che mi son piovuti addosso su Facebook e sul mio canale YouTube. Li apprezzo tantissimo! Ah ah!

Alcuni, avendo io filtrato i commenti, ho dovuto rimuoverli perché paurosamente offensivi. Meglio dunque seppellirli, subito.

Comunque vi ringrazio. A parte qualche malintenzionato, la discussione si è mantenuta su toni estremamente educati e rispettosi delle idee altrui. Questa si chiama democrazia e armoniosa, bella conversazione giocosa.

Ora, sapete che, a prescindere da una sua seriosità alle volte altezzosa e leziosa, stimo Mereghetti. Perché, sì, spesso si fissa aprioristicamente su alcuni autori per pura antipatia personale. Ed è irremovibile sui suoi lapidari giudizi. Onestamente eccessivi e troppo severi.

Poi, in tempi oramai perduti nel tempo stesso, io mi son approcciato alla Critica, partendo dal suo Dizionario. Ghezzi e altra roba son venuti dopo. Dunque, al Paolo va il mio sentito ringraziamento. È stato il mio insegnante delle elementari cinematografiche. Come diceva il mio professore di Tecnica, degli “alimentari”.

Sì, Paolo non è il primo venuto. Nei suoi video (peraltro ora è invecchiato e, come tale, ha perso qualche colpo) è spesso sin troppo sussiegoso e artefatto. Ma d’altronde non è un attore, pare tutt’ora che sia imbarazzato nel filmarsi. E allora, intimidito dalla videocamera, assume atteggiamenti, come dico io, insostenibilmente borghesi. Composti e fastidiosi. Che volete farci? Dobbiamo criticare un critico perché non è Jim Carrey?

Ma dovreste continuare a leggerlo sul Corriere della Sera ove, al di là di qualche inevitabile refuso e strafalcione, dovuto più che altro al fatto che il pezzo è da pubblicare immediatamente e non si è avuto il necessario tempo di revisionarlo e correggerlo, il signor Paolo è molto perspicace, semplice e diretto, forbito quel tanto che basta, appunto, per tenerlo in considerazione. Perché si fa chiaramente capire dai più competenti e comprendere dai profani. È quindi ammirabile.

Non è un conservatore ma conserva impeccabilmente un bon ton amabile.

Insomma, è molto più “cattivo” di quello che possa apparire. Basta leggere con attenzione alcune sue critiche inaspettatamente, giustamente elogiative di tutto un Cinema sottovalutato e snobbato dai benpensanti.

La sua idiosincrasia per von Trier è conclamata. Ma avrà i suoi motivi e non sono nessuno per contestarlo e confutare le sue tesi.

A proposito peraltro di tesi, il signor Paolo è laureato in Filosofia. Ciò non significa niente? Sì, la laurea è solamente un attestato che invero parcellizza soltanto un credito formativo. Ma non si può neanche dire che qualche libro non l’abbia letto.

Mereghetti ha scritto degli importanti e finissimi saggi su registi immensi.

Dunque, una certa cultura in materia, diciamo, ce l’avrà pure?

Sicuramente è più attendibile di tanti coglioni che parlano di Cinema e non saprebbero neppure dove iniziare per girare il video della Prima Comunione. O no? Sbaglio, forse?

Sì, oggi va di moda parlare di tutto e vendersi per du’ spiccioli, dicendo sempre inopportunamente capolavoro. Limitandosi a recitare roba fritta, ah, regia strepitosa, attori mostruosi, da Oscar, sceneggiatura perfetta, fotografia meravigliosa e altre banalità a buon mercato.

No, non transigo. L’esorcista, ribadisco, non è un capolavoro.

Non so se io sia ateo (a chi dobbiamo domandarlo?), di certo son agnostico. Più che altro sono un tipo ostico, anche rustico.

E ancora rammemoro quel me un po’ disgraziato che si contorceva, timorato di Dio, a recitare il Rosario, pensandosi peccaminoso anche solo se desideravo la donna ignuda de L’esorciccio. Ah, gambe da favola… roba da farti gridare alla Lino Banfi… Madonna dell’Incoroneta! Ah ah.

Didi Perego? No, non facciamo confusione con la campionessa dei quadricipiti, Paola Perego.

Barbara Nascimben? Sicuramente è nata benissimo. È lei? IMDb riporta Nascimben, Wikipedia Nascimbene.

Per IMDb, Banfi è Abbate, per Wikipedia Abate.

Eh sì, anche Ramona Dell’Abate era una da “giochi senza frontiere”. Spudorata, quasi scostumata fosti! Ah ah!

Insomma, chi interpretava la posseduta che io volevo possedere? E che sedere!

Come si chiama(va) questa qui? Ancora campa? No, è morta l’anno scorso, era l’ex di Massimo Ranieri. Sì, ora facciamo un “approfondimento”.

Quindi, L’esorcista è un film che fa ridere i polli se siete atei. Perché, non essendo a livello inconscio, condizionati e suggestionati dal diavolo, ovviamente molte scene vi parranno ridicole. Riviste oggi, assolutamente imbarazzanti.

Ma non è questo il motivo.

Poi, Pazuzu che nome è?

Come dire, vai a Napoli, sotto al Vesuvio, entri in una di queste locande partenopee, in un’osteria-paninoteca ove si abbrustoliscono pietanze farcite, ti siedi e:

– Signore, che vuole che le porti?

– Mah, mi dia questo. Voglio assaggiare. Non l’ho mai sentito. Quali sono gli ingredienti di tale PAZUZU?

– Ah signore. Si fidi. Gli ingredienti non posso rivelarglieli. È una specialità della casa. Poi mi dirà.

 

Finisci di mangiare questo Pazuzu, torna il cameriere:

– Vuole il conto?

– No, è lei che mi deve rendere conto. Dico. Ce ne rendiamo conto? Questo panzerotto, no, Pazuzu, mi ha divorato lo stomaco. Devo al più presto vomitarlo. Veramente, roba da mal di stomaco. Ma che voleva fare? Avvelenarmi?

 

Insomma, L’esorcista è un film che funziona perché, se lo vedi da solo quando sei piccolo, può lasciarti traumatizzato, scioccato come un film per adulti.

A una certa età, dimostra appunto tutta la sua età. È datato. Ha delle atmosfere, soprattutto all’inizio, da brividi, fa paura anche se lo guardi adesso, in realtà.

Ma gioca, appunto, su molte paure ataviche di ogni uomo. La paura di Satana, del babau, del mostro dentro ognuno di noi. Cinematograficamente è assai scarso, addirittura dozzinale.

Tutta la parte centrale è effettistica, esagerata e, ripeto, farsesca.

Nightmare? Stesso discorso. Freddy Krueger è il diavolo bruciato…

Ed è troppo esplicito, vomitevole, da voltastomaco quando il truccatore concia la povera Linda, lordata dal maligno, quindi non più lindissima, e la fa gridare, appunto, come un’indemoniata.

Più che provocare ribrezzo, sembra una di quelle ragazze nerd e dark che, ad Halloween, si lasciano andare ai loro peggiori istinti perché in famiglia hanno subito un’educazione troppo cattolica e quindi, una volta sole in compagnia delle loro amichette, assieme a loro si dà alla pazza gioia vulcanica, liberandosi da ogni repressione contenitiva, ricattatoria, superando ogni turbamento “schizofrenico” e dannandosi istericamente senza freni.

Mettendo in croce chiunque.

 

Sì, L’esorcista è un bel film. Non scherziamo sui mostri sacri, no? Ma non è un capolavoro.

I veri capolavori sottilmente perturbanti di Friedkin sono solo tre: CrusingIl braccio violento della leggeVivere e morire a Los Angeles.

Mah. Che posso dirvi?

Sono un angelo. A volte mi stupisco delle mie genialate diaboliche. Miracolistiche.

Cosa potete farmi? Volete che chieda perdono per essere una persona vera e giustamente cinica?

E un critico che non fa il moralizzatore?

Se volete questo, ok. Però poi non ditemi che dovevo essere più “cruel”.

Di mio, essenzialmente sono una persona molto buona. Mangio anche lo Strudel. Può capitare però che mi possiate trovare un giorno con la luna di traverso. Quando ho un diavolo per capello.

E dovrete penare parecchio per rabbonirmi.

Ma questo fa parte dell’essere umano.

È giusto che lo capiate. L’importante è non farsi mangiare vivi dai demoni interiori.

Dunque, morale della favola, nera o bianca che sia:

se volete continuare a credere a Dio, no, che L’esorcista sia/è un capolavoro, ciò urla vendetta a Cristo e state spudoratamente parlando da miscredenti del Cinema più alto e bergmaniano. Max von Sydow docet.

A proposito, in un film (perdonatemi se non mi ricordo quale), chiedono a Lino Banfi quali siano i suoi attori preferiti. No, non sto scherzando, è vero.

E lui risponde a bruciapelo: Edwige Fenech e MAX von SYDOW.

Un grande, Lino. Linuzzo! La Fenech perché ha recitato, si fa per dire, in molti filmettini con lei e perché, senz’ombra di dubbio, come donna arrapante che può scatenare la nostra parte satanica, non si discuteva. La patata bollente… eh, la Madonna! Un capolavoro di sensualità da donna demoniaca, oserei dire. Ah ah.

La Fenech poi è diventata produttrice de Il mercante di Venezia con Al Pacino. L’avvocato del diavolo!

Max von Sydow perché è un grandissimo.

Se volete dire che è meglio sputare tutta la verità subito prima che il vostro malessere possa condurvi al suicidio, avete ragione.

Meglio espellere il male quando siete ancora in tempo. Altrimenti poi la vostra vita sarà un salario della paura.

Poco salariata, molto salata, bestemmierete da mattina a sera e assisteremo a uno spettacolo immondo. Ah, assistenza sociale!

Mi cadrete in manie religiose per aggrapparvi a qualcosa.

Abbiate fede. Dico la veritas.

Cari Cicciobelli, Ciccio Ingrassia, no, ciccini, io vi esorcizzo.

 

Se infine voleste dirmi che gli enfant prodige hanno sempre spaventato a morte ed era più facile demonizzarli, questo è un problema della vostra coscienza.

Sì, credo che sia proprio così, sapete? Quando sei più adulto degli adulti e ti gridano “mostro” perché è “normale” credere alle schizofrenie, ai miracoli, alle possessioni e alle puttanate varie.

Si chiama falso puritanesimo, al bigottismo più popolaresco e pecoreccio.

Non ci sono altre versioni. Tranne il mio director’s cut.

Parola di William Friedkin?

No, semplicemente di uno che la vede come lui sebbene ritenga L’esorcista un ottimo film ma nulla di più.

Buonanotte.

Quello che posso dire, in totale franchezza, è che Friedkin è un grande. Non solo lui, però.

D’altra parte, solo un genio può fare una cosa del genere.

Gli altri non ci arriveranno mai, poveri cristi.

 

Anni settanta

Ieri, Federico Frusciante ha inserito questo video sul suo canale.

Ove discute, assieme a due suoi amici, di Musica e di seventies.

Mi permetto, così come peraltro già fatto nei miei commenti sotto al video, di puntualizzare.

Potrebbe essere anche, in modo generalista, vero che il Cinema degli anni settanta fosse superiore a quello di oggi.

Non credo sia così. La questione è molto più complessa e se ne potrebbe discutere tutta la vita.

I grandi registi, i grandi artisti esistono eccome. Anzi, oggi più di ieri.

Il livello medio d’istruzione si è alzato esponenzialmente, i giovani sono pieni di risorse che nemmeno potreste immaginare.

È il sistema che è cambiato.

Un tempo, parliamo appunto di quel periodo, la società… e non solo quella statunitense… si trovava in piena contestazione ideologica, sessuale.

La cosiddetta rabbia giovane era a mille, chiunque sentiva dentro di sé il bisogno di esprimersi, di liberarsi dal “demonio”, di sputare tutta la verità.

Era una necessità dell’animo buttare fuori tutto quello che in maniera sacrosanta andava sviscerato.

Ecco allora film come Quel pomeriggio di un giorno da cani. Sulla crisi lavorativa, sull’ira, sul disagio di tante gente disperata.

Un film che sarebbe da mostrare a Salvini quando se ne salta con le sue uscite fasciste davvero terrorizzanti.

Un cinéma vérité.

Forte, rabbioso, pugnace.

In una parola coraggioso.

Oggi invece chi ha più bisogno di denunciare il marcio, di ribellarsi, di essere sfrontatamente, appunto, vero?

Tutto è stato appiattito dall’omertà dolciastra, dalla retorica, da Instagram e da qualche canzonetta “amorosa”.

 

Ecco allora che qualcuno mi dà dell’esaltato, dello sfigato. E mi chiede:

– Sì, ma tu che fai per cambiare le cose?

 

E rispondo: – Anche troppo.

 

E presto vedrete un bellissimo cortometraggio girato con un mio amico.

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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