Posts Tagged ‘Matthew McConaughey’

Bologna HARD BOILED & L’amore ai tempi del Covid – Il carnato di una città escoriata: scende in campo il più grande attore vivente. De Niro? Daniel-Day-Lewis, Toni Servillo, Gary Oldman? Uhm, non credo


25 Jun

apocalypsenowfilmtvmartinsheenPartiamo con una freddura alla Falotico.

Uno studente del Dams sostiene una potente interrogazione su Apocalypse Now.
Il prof.: – Mi parli di questo capolavoro di Coppola, tratto da Conrad.

– Ebbene, è un grandissimo film. Vi è anche la cavalcata di VAL KILMER.

Sì, faccio ridere le persone. Ho sempre pensato di essere bruttissimo. Mi vergognavo della mia bruttezza, cioè questa.Falotico

Ora, facciamo i seri.

Avete riso? Sì, non sono Val Kilmer dei tempi dorati, neanche Alain Delon. Infatti sono meglio. Comunque, non mi prendo mai sul serio. Ora, facciamo i seri. Prima, lasciavo che tutti mi prendessero per il culo. Sì, mi piaceva. Una donna, che ne so, mi diceva che ero carino e io rispondevo che lei non era bella. Lei rispondeva che ero un coglione e io replicavo di esserlo. Al che lei pensava che fossi Val Kilmer del film A prima vista. Aveva visto giusto. Ero totalmente cieco. Anche lei però, ah ah.
Al che le persone mi domandavano: Ma ci sei o ci fai? Il tuo problema qual è?
E io: – Non vedo una mia vita.
E loro: – In che senso? Cioè, fammi capire. Anche se tu fossi ricco e miliardario, saresti depresso lo stesso?
Io: – Più depresso di prima. Gli uomini e le donne sarebbero miei amici, non solo amici, soltanto nella speranza di fottermi.

Capito questo di me, avete capito tutto.
Breve estratto del mio libro, disponibile sulle maggiori catene librarie online, nei formati cartaceo e digitale. Presto anche su Audible, ovviamente.

Il finale di True Detective è di natura cristologica.

Attenendoci puramente, no, puristicamente alle parole da Rust/McConaughey pronunciate e scandite testualmente secondo il doppiaggio effettuatogli da Adriano Giannini, udimmo quanto segue:

È questo che intendo quando parlo del tempo e della morte e della futilità. Ci sono considerazioni più ampie all’opera. Principalmente, l’idea di ciò che c’è dovuto in quanto società per le nostre reciproche illusioni…

Quello che erano… che ognuno di noi e tutto questo grande dramma non è mai stato altro che un cumulo di presunzione e ottusa volontà.

Le persone sono così deboli che preferirebbero gettare una moneta in un pozzo dei desideri che comprare la cena. Trasferimento di paure e disprezzo di sé verso un tramite autoritario, è catartico. Lui assorbe la loro paura con la sua oratoria e per questo è efficace in proporzione alla quantità di certezza che riesce a proiettare.

Alcuni antropologi linguistici pensano che la religione sia un virus del linguaggio che riscrive i percorsi nel cervello. Soffoca il pensiero critico… Almeno, io penso con la mia testa.

Tutti noi incappiamo in quello che io chiamo la trappola della vita. Questa profonda certezza che le cose saranno diverse, che ti trasferirai in un’altra città e conoscerai persone che ti saranno amiche per il resto della tua vita e che t’innamorerai e sarai realizzato. Vaffanculo alla realizzazione… e la risoluzione? No, niente finisce davvero.

Nell’episodio 2, Rust inoltre dissertò, con saggezza ammirabile e finissima dialettica, sull’inequivocabile orrore rappresentato dall’amorale gesto condannabile di mettere al mondo una vita, tante vite, le nostre dissipate esistenze già nate finite. L’errore del voler partorire, con arbitrio degno nemmeno di Dio, tale succitato errore, sì, il bieco errore nato dal perpetuarsi dell’abominazione chiamata orgoglio…

Quando muori, il guaio è che sei cresciuto. Il danno è fatto, è tardi.

Avete figli? Credo che sia da presuntuosi volersi ostinare a sottrarre un’anima alla non esistenza e relegarla nella carne. Trascinare una vita dentro questo tritatutto. E mia figlia, lei mi ha risparmiato dal peccato di essere padre…

Parole, quelle di Rust, da santo o malsane? Chissà. Sciorinate con piglio melanconico da uomo rabbuiatosi per colpa d’un mondo vacuo, futile eppur allo stesso tempo ricolmo di carne umana erosa e corrottasi alla base, macerata e bruciata in questa porca brace atroce.

Maciullati, infatti, siamo noi tutti dentro la putredine bruciante d’una società che dei nostri corpi ha inestinguibile fame. Mangiati e divorati senza pietà saremo dagli uomini e dalle donne miserabili che attenteranno alla nostra incolumità per segregarci nella prigionia d’ogni mentale sanità oramai andata a puttane. Ineluttabilmente scomparsaci e andata via. Chissà dove, chissà quando, chissà in quale nero anfratto. Infranti, affranti, eppur giammai domi, speriamo forse da illusi infanti che migliore sia e sarà il domani, però giammai saremo dormienti in un mondo addormentato e precipitato nell’insipienza, pieno zeppo di fottuti stronzi e pavidi incoscienti.

Un libro cinematografico in cui vengono citati molti film. Fra cui questi. Vi consiglio la parte partente, eh eh, da 3:08:00.
Come disse Jack Burton/Kurt Russell: basta, adesso!
In effetti, sono un minus habens, vero?shiningnicholsonkubrick Ah ah!

Chiudiamo con una nuova super-freddura.
Un professore di Cinema mostra una foto di Francis Ford Coppola a un suo allievo (per modo di dire) e gli domanda:
– Chi è questo?
Risposta: – Un panzone.

Ecco, al che vi aspettereste che il professore abbia bocciato, semmai ingiuriando a sangue, il suo studente.
No, il professore risponde al ragazzo: – Bravo, anche io risposi così quando dovetti sostenere la mia tesi di laurea su Coppola.
Il ragazzo: – Non la bocciarono?
– No, io sono Francis Ford Coppola.
– Cavolo. Mi scusi se le ho dato del panzone. Ora lei è molto dimagrito. Ma, signor Coppola, mi tolga una curiosità. Lei sostenne la tesi di Laurea su sé stesso? (ricordiamo che non si scrive se stesso, anche se è comunemente considerato corretto e invece è reputato, erroneamente, paradossalmente sbagliato. Pregasi le insegnanti di Italiano di correggersi. Sì, nei libri troverete se stesso, quali libri?).
– Sì, negli Stati Uniti non esiste il Dams.

Morale della favola: se uno è un genio, non ha bisogno di pezzi di carta. Bensì soltanto di dimostrarlo.
Quando lo dimostra, è come trovarsi dinanzi a Marlon Brando. Tutti coloro che lo avevano deriso, piangono e piangono, piangono e piangono, piangono e piangono. Parafrasando Rust Cohle: ancora e ancora, ancora e ancora, ancora e ancora.
Per il semplice fatto che derisero un genio. Quindi, compresero di essere degli idioti.
Insomma, sarebbe come dire. Uno prende per i fondelli Orson Welles perché non lo capisce.
Pensava che fosse scemo perché non era come gli altri.
Ebbene, per la signora in prima fila, che non è Rita Hayworth, no, mi sembra sulla racchia forte, un altro giro di vodka, un valzer col cascamorto boomer e poi, domani, tribuna elettorale coi politici matusalemme alla tv.
Il mondo si divide in due categorie: chi è tonto e, in quanto tale, non capirà la vita.
E chi la capisce subito. Perciò piange, ride, soffre, ama, odia, si arrabbia, si dispera, sta bene, crolla, rinasce, balla e poi canta, dunque si ammutolisce, poi non viene capito, lui stesso non capisce sé stesso, si pone delle domande inutili, si arrovella, si scervella, dà di matto, poi si placa, è inquieto, nevrotico, irrequieto, felice e poi tristissimo.
Per forza, non è mica un imbecille. Mi spiace per gli imbecilli. Sono sempre sicuri di sapere tutto degli altri e di sé stessi.
Ne sono sicuri?
Finirei così.
Vado da un mio amico, almeno pensavo lo fosse.
– Che hai?
– Niente. Non avevo capito nulla di te. Mi perdoni?
– Di cosa dovrei perdonarti? Di avermi giudicato troppo presto?
– Sì, di questo. Ho sbagliato. Me ne vergogno dal più profondo del cuore.
– Ma io lo sapevo già. Mi hai chiamato a casa tua solo per scusarti? Scusa, ho fatto dei chilometri soltanto per ascoltare il tuo pulirti la coscienza?
– Scusami.
– Scuse (non) accettate. Tanto, sbaglierai ancora. E ancora e ancora, ancora e ancora.
– Come fai a saperlo?
– Si chiama vita. Altrimenti si chiamerebbe morte. Non lo sapevi?

truedetectivecohlemccoanugheydraculabramstokeroldmancoppola

di Stecitybytheseadenirodzundza5numeroperfettofano Faloticofilonascostodaylewis

Il doppiatore par excellence è LUCA WARD?


03 Apr

luca ward

GUCCI di Ridley Scott con Lady Gaga, Jared Leto, Al Pacino, Jeremy Irons, Adam Driver e forse Stefano Falotico: ho inviato la mia candidatura come “comparsa”, vedremo…


17 Feb

lady gaga gucci

Gucci+Arrivals+Milan+Meanswear+Fashion+Week+enDtKpTYg6Fl

Sì, in passato, feci sempre la cosiddetta comparsata in mezzo al parterre de rois.

Fui una presenza immancabile in tutte le feste della crème de la crème dell’alta società felsinea in quanto molto richiesto dai signorotti frustrati ed elitari a cui offrii un po’ di sano divertimento da jolly e allegro menestrello in grado, soltanto con la mia faccia simpatica, di allietare e allettare le loro vite più imbalsamate della sagoma di Valentino. Lo stilista, non il tronista.

Gigioneggiai a mo’ di Al Pacino de Lo spaventapasseri, muovendomi con disinvoltura, invero con fottuta imbranataggine di scuola finissima però, districandomi fra persone altolocate e vicoli abbandonati.

Serpeggiando fra Corte Isolani di Bologna e via Indipendenza, giocando nel frattempo, forse in qualche frutteto e nei cespugli dei Giardini Margherita, ad essere il Mike Patton dei Faith No More della situazione o della mia situation comedy non sempre figa come Lady Gaga. Che sarà Patrizia Reggiani.

A Bologna e a Reggio Emilia, comunque, condii ogni pietanza non solo con selvatiche spezie, perfino con le mie movenze da uomo giammai di panza, bensì da bravo per l’appunto in ogni danza in quanto più magro del prosciutto crudo di Parma, sebbene gradisca non la tabaccaia di Amarcord, miei vitelloni come il Fellini che nacque a Rimini. Godo nello spargere la formaggia, no, il grattugiato formaggio, sì, il Parmigiano Reggiano su ogni trombone ed uomo maccheronico che, alla pari del dottor Balanzone, millantò di conoscere ottimamente l’inglese quando in verità vi dico che fu ed è solo un filibustiere ignorantone e gran cafone.

Sì, non sto schizzando, no, non sto scherzando, miei furboni.

Mi sono proposto, qualche ora or sono (adesso ho sonno), come comparsa per la nuova pellicola di Ridley Scott. Sarà un filmone o incontrerò un figone? Ai posteri, no, al poster l’ardua sentenza. Mi dimostrerò solamente un fifone? So per certo che, se incontrerò dal vivo la Gaga, Jared Leto, per l’appunto Al Pacino e compagnia bella, farò la figura del coglione oppure, se dio me la manderà buona, riuscirò nel behind the scenes a farmi da gigolò, un po’ gagà, la Germanotta bonazzona. Ah ah.

Non credo. Eppur non crepo, neppure mi dispero.

Un uomo deve farsi la gavetta, mie pugn… te, prima di arrivare… Non bisogna mai mollare e gettare la spugnetta.

Il fazzoletto, invece, è consigliabile usarlo se non userete le giuste precauzioni… Eh sì, miei cazzoni.

Sì, io m’intrufolo in ogni dove, so io dove. Con eleganza impari, eh sì, miei marpioni e porcelloni. Non sono mica un normale bambagione, un topo di fogna o una zoc… lona.

Sono L’omo in più e Jep Gambardella de La grande bellezza, sono Peter Sellers di Hollywood Party, sono Checco Zalone di Cado dalle nubi. A volte recito apposta la parte del bambinone ma, statene sicuri, sono davvero bellu guaglione. Sì, sono u’ saracino di Renato Carosone. Sono un uomo che non riderà mai dinanzi a battute scotte, no, scontate come quella sulla burrata nel film con Checco appena eccitato, no, succitato. Non sono omofobo, dunque non ce l’ho coi ricchioni e nemmeno mi piacciono le tamarre che vanno a Riccione e si fanno anche i bigodini, no, i più bruttoni.  Molte donne sono racchie, meglio le orecchiette. Son solo, no, so solo che non rimedierò una figuraccia. Poiché, se Dino Abbrescia, no, lo chef della mensa in cui, durante la pausa pranzo delle riprese di Gucci, mi domanderà: com’è la pasta?, ecco… a differenza di Zalone, testualmente copiandolo, gli risponderò… è cotta, è cotta, sì, se il cuoco vorrà sapere da me, buongustaio, quando potrà scolarla. Invece, gli risponderò… è buona, è buona quando Lady Gaga si toglierà lo slip, io crollerò e tutto decollerà fra suoi collant.

Al che Golden Lady, no, la Germanotta tutta cotta, se lo incollerà, me lo scrol… rà e scolerà ardente o solo al dente con tanto di Patrizia Reggiani, no, di formaggia all’acme del momento più bollente.

Scusate, volevo dire che, col sugo o senza la parmigiana, macchiata da lavatrice a 90° o pulita dopo una doccia assieme molto bagnata, speriamo che lei con me dormirà senza pigiama.

Su questa batt… na, no, battuta tremenda, detta anche freddura storica, vado ora a mangiare un gelato. Fa caldo.

Diciamoci la verità.

Io darò un tocco in più al film grazie al mio viso alla Jeremy Irons. Un viso piacevole come un pizzico di olio piccante.

Son un uomo ambiguo dal fascino torbido, un uomo che non farà la fine del pirla a mo’ dell’Adam Driver di Storia di un matrimonio.

A proposito, Jared Leto fu transgender in Dallas Buyers Club? No, no, questo ebbe e ha più palle di Matthew McConaughey, cazzo.

Insomma, farò la mia porca fig… a.

Mi pare ovvio.

Se Jared Leto, con la sua faccia enorme da culo, arrivò a Hollywood, perché io non dovrei arrivare con la protagonista di A Star Is Born?

Sì, abbiate pietà di me se spesso casco nel triviale e nel pecoreccio.

Sono un uomo che però non segue il gregge di pecorine, miei miopi.

E ama alla follia il pecorino sordo, no, sardo.

Per il resto, sì, non solo per La Repubblica e Il Corriere della Sera dell’epoca, bensì anche per Il Resto del Carlino, la Reggiani fu una mignotta. Marina Ripa di Meana, invece, amò tutti i cani, anche i carlini.

Ecco, piuttosto che essere ricco come l’ex marito assassinato e cornuto, sì, di/a Patrizia Reggiani, preferisco rimanere all’asciutto e mangiare un po’ di ricotta.

Voi, voi datevi al puttanesimo, prevedo solo pene.

Sì, pene integrale.

Lino Banfi non pronuncia pane…

Al posto della a, ficca un’altra e.

La e di Empoli e di Ehi, che vuoi? Non ti darò una beneamata…

Sì, spesso cazzeggio, va detto apertamente. Va dato anche in modo di gambe aperte.

Su tale cazzata un po’ pepata, ben rosolata e infornata, vi lascio fornicare. Me ne fotto, ah ah.

Il film di Scott, diciamocela, sarà una stronzata. Detta altresì porcata. Dai, su, suvvia! Jared Leto nei panni di Paolo Gucci? E Al Pacino as Aldo?

E Lady Gaga, all’anagrafe Stefani Joanne Angelina Germanotta, che suona un po’ come Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, che incarnerà la Reggiani? Scarnificando il marito e fottendolo a sangue?

Come disse il trio comico I Trettré, a me me pare ‘na strunzat’!

Ricordate: le stronze e gli stronzi ci sono, stanno dappertutto. Basta tirare lo sciacquone.

 

di Stefano Falotico

 

La malattia mentale esiste davvero non soltanto nel Cinema e in True Detective? Oppure è una fandonia creata appositamente dalla psichiatria a mo’ di spauracchio per chi odia i geni che non credono all’eugenetica della mi… a?


28 Jun

van gogh schnabel dafoe

Inizio spiritoso per poi arrivare al finale malato… di metafisica.

Ora, che c’entra True Detective? C’entra eccome.

Nella prima stagione, così come le altre due, scritte da Nic Pizzolatto, Rust Cohle/Matthew McConaughey è malato di mente. La sua non è però una malattia mentale socialmente pericolosa, anzi, tutt’altro. È lui che, grazie al suo fiuto da tartufo, in virtù del suo pessimismo cosmico da Giacomo leopardi ante litteram e, forse, rispetto a lui meno letterato ma probabilmente più lettore dei libri di criminologia non scritti da egregi, noiosissimi dottori, bensì da provetti, privati investigatori alla pari di lui espertissimi di assassini seriali, perfino rispetto a lui più intuitivi e migliori, in maniera prodigiosa riesce a catturare lo psicopatico pedofilo e a smascherare non soltanto il maniaco sessuale, bensì anche le false congreghe di ciarlatani affetti da manie religiose.

Rust non è un fanatico, non è neanche un esaltato. È proprio un gran figlio di puttana nella sua accezione più figa di Michelle Monaghan e di Alexandra Daddario.

Invece, il suo “partner” esclusivamente lavorativo, Marty/Woody Harrelson, non soffre di nessuna patologia mentale, non è uno psichico, tantomeno uno da internare in un centro psichiatrico.

Però, a vederci chiaro, è in effetti malato del seno della Daddario. Mentre Rust sodomizza sua moglie e poi scatta la rissa fra i due amici/nemici che si danno più colpi di quelli rifilati a Rachel McAdams da Ray Velcoro/Colin Farrell nella seconda stagione.

Anche Ray è malato.

Difatti, è tanto certosino e impeccabile nel suo lavoro quanto borderline e facile alle botte da dare non solo a Rachel, bensì a ogni ragazzino bullo, indubbiamente disturbato, che fa lo sbruffone con suo figlio “ritardato”.

Vince Vaughn, invece, è manesco, è un puttaniere conclamato ed è un fesso mai visto.

Sì, sua moglie è una fessa incredibile, nel senso meridionale del termine (fessa infatti, al sud, significa gran pezzo di patonza che, a sua volta, si dice in Toscana, maremma maiala!), eh già, Kelly Reilly.

Oramai specializzata in ruoli da mangiatrice di uomini, “rinomata” nella parte della bagascia di bell’aspetto che può cavalcare sia Kevin Costner, ovvero MrBalla coi lupi, di Yellowstone che un nerone come Denzel Washington di Flight.

Nonostante ciò, Vaughn la tradisce con delle meretrici di bassa sega, no, lega.

In ciò, va detto, assomiglia a Stephen Dorff. Uno che, alla pari di Bret Michaels, riuscì a fottere Pamela Anderson.

Mentre, in Somewhere, Stephen inchiappettò Laura Chiatti. Secondo me, non solo nella finzione.

Con buona pace del cornuto di Marco Bocci.

In True Detective 3, Stephen interpreta la parte, per l’appunto, del tipo piacione un po’ coglione e, nel finale, molto panzone ubriacone.

Stephen, in questa serie, non è malato di mente. Di bionde, nel senso stavolta di birre, sì.

Ha pure la parrucca biondissima!

Mentre Mahershala Ali diviene progressivamente demente e non ricorda più quasi niente.

Vi garantisco, comunque, che Carmen Ejogo è una passerona che non si dimentica facilmente.

Ora, perdonatemi. Non ho più voglia di scherzare e sdrammatizzare.

Avverto un blackout dietro di me, qualcosa di enormemente bergmaniano.

Negli ultimi anni, quasi tutte le persone a me care, purtroppo, sono morte.

E anch’io non mi sento bene.

Più che malinconico, sono nostalgico.

Ma forse qualcosa è rimasto, qualcosa echeggerà eternamente.

La mia anima vivrà per sempre.

Non è un testamento funebre ma una presa di coscienza lapidaria.

Ecco, detto questo, elenchiamo dei film ove i protagonisti sono, in un modo o nell’altro, dei pazzi.

Blown Away – Spazzato via:

Ecco che si riforma la coppia formata da Corey Feldman (identico nell’aspetto a un mio ex amico delle elementari e delle medie, Marco Trasatto) e dal compianto (da chi?) Corey Haim.

La loro patologia consiste in questo: perdono la testa per la stessa donna, cioè Nicole Eggert. In tale thriller erotico girato col culo. Un film, diciamocelo, del cazzo.

Non guardatelo, scaricatevi solo le clip in cui Nicole si mostra più e più volte generosamente ignuda.

Comunque, a Nicole Eggert e a Pamela Anderson, ho sempre preferito Marliece Andrada. Anche lei bagnina bagnatissima di Baywatch e sicuramente una che, come Alexandra Paul, soprattutto di Christine, può trasformare un nerd come Keith Gordon in Flash Gordon.

Proof:

qui, Anthony Hopkins, dopo essere stato il celeberrimo cannibale de Il silenzio degli innocenti, interpreta la parte di un genio matematico impazzito. Il quale non riesce neppure a capire che sua figlia, incarnata da Gwyneth Paltrow, la diede a Brad Pitt.

Dire, cazzo, che Anthony e Brad girarono assieme Vento di passioni. Anche Vi presento Joe Black.

Pare che Pitt e Claire Forlani non abbiano mai avuto alcun tipo di relazione sessuale e/o sentimentale.

Sì, questo lo andranno a dire a quella zoccola di Angelina Jolie.

Andiamo avanti…

Qualcosa è cambiato:

qui, Jack Nicholson interpreta la parte di un misantropo che scrive romanzi d’amore. Ma che significa?

Allora, odia l’umanità o non gliela fa? Lo sa Helen Hunt.

Per riuscire a farcela…, Jack prende le pastiglie, cioè gli psicofarmaci.

Molti di voi, invece, non abbisognano di pasticche come il Viagra.

Non gliela fate manco con questo/e. Ah ah.

Joker:

non so se ne siete stati informati. Questo film è la storia della mia vita.

La mia esistenza è stata plagiata da Todd Phillips e da Scott Silver.

Ho chiesto il risarcimento danni all’Infortunistica Tossani. Ma come? Ho pure vinto l’Oscar come miglior attore protagonista? No, l’ha vinto Phoenix.

Insomma, ‘na tragedia. Ah ah.

Rambo:

qui, Stallone, dopo essere impazzito a causa degli orrori del Vietnam, dà di matto.

Sicuramente meno, comunque, rispetto allo sceriffo e ai suoi scagnozzi fottuti. Non solo nel cervello.

Risvegli:

una malattia chiamata encefalite letargica. Un miracolo inaspettato. Peccato che duri pochissimo. Quasi quanto la corta durata di Stand by Me di Reiner. Una magia e un magnifico ricordo che finiranno solamente nel brevissimo, impercettibile tempo di un’estate bellissima.

A Beautiful Mind:

discreto film, assai retorico. Nemmeno una donna bella come Jennifer Connelly riesce a salvare un genio dalla follia.

Neppure il suo amore riesce a curarlo dai suoi demoni…

E che se ne fa John Nash del Nobel?

Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità:

forse l’arte, la fantasia, l’immaginazione salveranno il mondo da ogni aberrazione e da ogni ipocrisia.

Forse, la forza della grandezza artistica permetterà a Vincent di essere un grande uomo come il Pasolini descritto da Abel Ferrara. Ancora una volta, strepitosamente aderente al viso cristologico del leggendario Willem Dafoe.

di Stefano Falotico

I primi cinquant’anni di Matthew McConaughey su Instagram, Scarlett Johansson non mi provoca alcun primordiale istinto, è sopravvalutata, io mi distinguo ma sono sempre più esangue


06 Nov

_Moondog_Matthew_McConaugheySì, Matthew McConaughey è un attore premio Oscar. Dopo aver recitato molte parti da deficiente, da qualche anno a questa parte s’è impegnato a dovere nei ruoli da bel tenebroso. Ottenendo meritatamente l’Oscar e spopolando col suo Rust Cohle di True Detective.

Peccato che, dopo Dallas Buyers Club, su altri circa dieci film e più da lui girati, ne ha azzeccato mezzo.

Matthew, un tempo, le azzeccava tutte. Sì, da Sandra Bullock ad Ashley Judd, da Penélope Cruz a Janet Jackson, grazie ai suoi occhi languidi da texano poco di ghiaccio, tendente allo scioglimento degli estrogeni col solo ammiccamento d’un mezzo sopracciglio perfino acqua e sapone, faceva volare le donne per galassie poco metafisiche da Contact ma molto Interstellar da stallone coi piedi per terra, preferibilmente indossante gli stivaloni un po’ da troione.

Anche ora le azzeccherebbe, accarezzerebbe e le donne andrebbero matte per la mozzarella…

Ma Matthew ha messo la testa a posto e qualcos’altro solo in Camila Alves. Sì, ha preso la camomilla, come si suol dire, ah ah.

Una vecchia barzelletta, da me ricreata, recitava questo:

astrofisico dalla testa da super figo nucleare-galattico, laureato a Cambridge, dopo aver rilevato, grazie a calcoli pazzeschi e disumani, tre pianeti sconosciuti e dopo avere reinventato la teoria della relatività, dopo una vita passata fra i libri con la testa fra le nuvole, ha scoperto anche la figa.

Solo che ora non può tornare più indietro poiché le teorie di Einstein, secondo le quali, viaggiando più forti della luce, si può ringiovanire, sono valide matematicamente ma ancora non sono state concretizzate su un piano, diciamo, prettamente fisico e puramente tangibile. Ci spiace. Quest’uomo, elevatosi da tale pianeta delle scimmie, conosce la Fisica meglio di qualsiasi altro essere umano che nacque e che nascerà ma morirà senza conoscere il “Triangolo delle Bermude”. Poiché potrebbe, sebbene assai tardivamente, trovare una prostituta per assaggiare finalmente qualcosa più agganciabile alla materia ma è come Stephen Hawking.  Detto ciò, Matthew ha scoperto invece Instagram. Grazie a un solo video di lui che parla come un ebete, ha ottenuto un milione di follower nel giro di poche ore. La maggior parte della gente, a meno che non spenda più soldi di quelli posseduti da Matthew, può anche recitare, nei video inseriti, meglio di Laurence Olivier nel declamare tutto Shakespeare dalla prima all’ultima riga, pur di farsi pubblicità, sperando di farsi una meno stronza di Desdemona ma rimarrà lo stesso cornuta. Molti uomini, anzi quasi tutti, diciamo tutti… vanno matti per Scarlett Johansson. Appena la vedono, qualcosa fra le loro gambe diventa resistente e tosto come l’armatura di Iron Man. Io, essendo un cinefilo incallito, dunque conoscitore di tutto il percorso di crescita di ogni attore e attrice, appena vedo Scarlett, mi torna in mente la Johansson di Ghost World e, dopo tre secondi, ritorno malinconico e moscio come John Travolta di Una canzone per Bobby Long. Sì, come Rust di True Detective, non sono propriamente un tipo da feste. Però mi manca un film con Scarlett, ovvero Crazy Night – Festa col morto. Deve essere sinceramente una grande stronzata come quella che avete letto in questo post. Se devo dirla tutta, molta gente erroneamente pensò che, dopo averlo fatto la prima volta, mi sarei sbloccato. Invece, da allora ho perso la mia magica pazzia e forse Motherless Brooklyn mi parrà solo un film palloso. Sì, il film di Edward Norton, pur ricevendo ottime critiche, a molti presenti alla Festa del Cinema di Roma non è affatto piaciuto. Poiché credo che sia troppo cupo nella società di Instagram.

No, io non rido mai. Nei miei video, rido spesso ma perché sono un grande attore, superiore sia a Norton che a McConaughey. Non si era capito? Allora, siete proprio più tonti di quello che pensavo.

Insomma, voi avete scoperto solo l’acqua calda. Ma non di Scarlett. E ho detto tutto.ghost world

 

di Stefano Falotico

Mesmerismo – Il pessimismo congenito e incurabile di un uomo realista, dunque disfattista


29 Sep

rust cohle

Un discorso cupo, forse neorealista da uomo che è stanco degli equilibrismi, di questa società artefatta, arretrata, in realtà è finita.

Sì, con estremo cordoglio, anche con gioia annuncio la fine dell’umanità comunemente intesa.

Sì, con gioia. Poiché, se debbo assistere a questa processione di morti viventi, fidatevi, è meglio farsi zombi davvero.

Non è difficile. M’hanno detto che basti riesumare la salma di Romero e chiamare il demone Pazuzu de L’esorcista.

Sì, un mio amico, il quale è molto preso da questo film sopravvalutato di William Friedkin, tempo fa contattò Friedkin stesso.

Chiedendogli:

– Il demone Pazuzu esiste davvero?

– Certo, lo conobbe Padre Amorth.

– Ah sì? Sarebbe possibile avere il suo numero WhatsApp?

– Sì. Un attimo che trovo il blocnotes ove l’ho appuntato e glielo riferisco di dettato. Intanto, si munisca d’una penna. Ha preso la penna? C’è l’inchiostro? Perfetto, il numero è 6666scemo a credere al diavolo.

– Ah, capisco. La parte non numerica necessita degli spazi o va tutta attaccata?

– No, con gli spazi. Poi, all’unisono, invii anche un SMS con la scritta: caro Pazuzu, mi raccomanda Friedkin.

Così, le abbonano la chiamata.

– Grazie mille.

 

Dopo tre minuti:

– Pronto? Chi parla?

– Parlo con Pazuzu?

– Sì, lei chi è? Stavo guardando un film della Disney. Che vuole?

– Dunque lei esiste davvero? Non è una stronzata inventata per intimorire gli spettatori facilmente suggestionabili?

– No, in verità sono uno psichiatra.

– Ah sì? Lo psichiatra Pazuzu?

– Sì, certo. Laureatosi per il rotto della cuffia. Grazie a Cristo, riesco a praticare.

– Quindi, lei è un mezzo ciarlatano.

– Sì, come tutti gli psichiatri. Fanno credere alle persone non adatte a questo mondo di bestie di soffrire di qualche malattia mentale. Così, queste persone si rabboniscono, sono circuite dietro quest’inganno abissale e vengono sedate con psicofarmaci per cui, se prima provavano paura a vedere L’esorcista, nel loro delirio allucinante e allucinatorio per il quale s’auto-suggestionarono, adesso potrebbero vedere pure la Madonna e pensare che siano stati miracolati.

– Ah sì? Sono rincoglioniti forte, allora.

– Eh, abbastanza.

– Come mai vanno dagli psichiatri?

– Semplicemente perché l’umanità è animalesca. Tutto ciò che l’uomo fa è proteso, inconsciamente e non, al soddisfacimento dei beni primari, anzi da primati.

Vale a dire vivere per mangiare, dormire, scopare e coprirsi di un lavoro migliore, economicamente più soddisfacente, per mangiare, dormire e scopare di più.

– Ah, funziona così?

– Eh certo. Puoi pure essere bello come Brad Pitt. Ma se non ti assumono a Hollywood, col tempo diventi brutto. Perché non hai i soldi nemmeno per avere il tempo di guardare l’ultima puttanata di Tarantino.

– Ah, quindi a lei non è piaciuto il nono film di Tarantino?

– Guardi. Le spiego una cosa. Se questo film l’avessimo girato io e lei, c’avrebbero rinchiuso in manicomio. Se lo gira Tarantino, la gente, anziché celebrare la vita, esalta la malinconia dei sogni perduti sebbene abbia solo vent’anni.

La gente è pazza.

I ragazzi di quindici anni amano i film nostalgici di Fellini perché sono stati imboccati da padri che, non essendo riusciti a concretizzare i loro desideri, in maniera immaginifica magnificarono eternamente le loro giovinezze di colorati Amarcord.

– Ma il Cinema è sublimazione, l’arte è elevazione della coscienza per trasfigurare la realtà in modo sognante.

– Anche no.

– Che vorrebbe dire, Pazuzu?

– Ha visto che generazione di minorati che è stata prodotta? Una generazione di gente che deve sempre essere felice, altrimenti viene guardata con sospetto, discriminata, colpevolizzata per non essere adatta a un mondo, per l’appunto, di scimmie camuffate in abiti borghesi.

Adesso, abbiamo pure le trailer reaction. Persone poi che, a proposito di Tarantino, anziché dire Margot Robbie, dicono Margot Robbins e nelle loro recensioni sono profondamente ambigui come il viso di  Eva Robin’s. Non si sbilanciano.

Abbiamo poi gli speaker radiofonici. Dei poveretti che leggono notizie gossipare scritte da gente più incolta di loro. E propugnano banalità a buon mercato.

Si è accorto di come siano ripetitivi?

Se un uomo, per esempio, ammazza qualcuno, dicono puntualmente:

tragedia. L’uomo era affetto da disturbi psichici.

– Sì, cazzo, è vero. Non approfondiscono le ragioni, giuste o sbagliate che siano, che possano aver indotto l’uomo a impazzire.

– No, alla gente non interessano le ragioni. La gente si basa sui fatti. Gliel’ho detto. Puoi essere William Shakespeare ma se non guadagni almeno diecimila Euro al mese, eh già, sei trattato dalla società alla pari di un demente.

A quel punto, hai due scelte. O soccombi e accetti psicologicamente di morire nell’anma, andando appunto da uno psichiatra che ti certifichi una diagnosi di questo tipo:

per via del suo disagio, lei è invalido e lo Stato le passerà i soldi della pensione.

 

Ciò però presuppone una vita di prese per il culo devastanti.

Oppure combatti come fece Pasolini.

– Non esiste la terza alternativa?

– Sì, la tragedia.

– Definisca tragedia, in questo caso.

– L’uomo decide di ammazzarsi ma prima ammazza tutti coloro che l’hanno portato ad arrivare a questo.

 

Sì, è una realtà veramente penosa. Patetica.

È il mondo occidentale che avete creato.

Poi, non lamentatevi se qualcuno ha il coraggio di diventare Joker.

– Ma no! Arthur Fleck potrebbe avere una vita appagante. Un lavoro, la domenica sportiva, una donnetta che gli prepara da mangiare e accompagnare i figli a scuola affinché diventino più matti di lui, considerate tutte le stronzate sulla competizione e la rivalità che adulti ritardati instilleranno loro.

Lei tradirà Arthur, Arthur tradirà lei ma assieme agli amici ascolteranno Ed Sheeran.

Mi tolga una curiosità. Ha visto True Detective?

– No, ma sto vedendo lei. Non è che sia, diciamo, molto in forma. Ha una brutta cera, sa? Lei è talmente pessimista che, solo a guardarla, viene voglia di andare dall’estetista.

 

 

di Stefano Falotico

La mia profezia s’è avverata: è davvero l’estate più bella della mia vita, ringrazio tutti, soprattutto il canale YouTube L’IMPERO DEL CINEMA


12 Aug

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Sì, io e Matthew McConaughey di Dallas Buyers Club siamo la stessa persona. Lui si beccò una diagnosi, se non erronea, poiché l’AIDS ce l’aveva davvero, perlomeno molto superficiale. E, se avesse dato retta ai medici, sarebbe stato martoriato da farmaci sbagliati.

Lui, contrariato, imbestialito contro tutto e tutti, testardo come un mulo, disconobbe la diagnosi che gli fu effettuata con troppa superficialità e cavalcò la sua battaglia, in modo indomabile come un cowboy sul suo toro inferocito inarrendevole.

Con la grinta possente di un uomo in fin di vita che giammai però s’arrese.

Morì ugualmente ma riuscì a resistere più del tempo che gli previdero, non assumendo quella robaccia che gli prescrissero.

Sì, ragazzi, non prestate fede neanche alle previsioni del tempo. Tanto, semmai dicono che domani pioverà e invece vi sarà il sole.

Sì, ma sostanzialmente non frega un cazzo a nessuno se pioverà domani o stasera. Se pioverà fra un mese o fra un anno. Serve solo ai contadini che odiano la siccità.

Di mio, è una vita che il tempo atmosferico della mia anima viene e va come il sole che ora sta là e fra due secondi chissà. In fronte a te, no, stanne sicuro. Ah ah.

Ron Woodroof è uguale a me? Abbastanza. A me comunque fu commesso un pari errore diagnostico però di altra natura. Ho dovuto lottare con tutta la mia forza per dimostrare che avevo ragione io. E alla fine ho vinto la mia guerra.

Stanno accadendo davvero cose strane, assurde, ai confini della realtà. Cose allucinanti a cui non credono nemmeno i miei occhi ché, opacizzatisi per anni cupissimi negl’interstizi più tetri d’una mia dolorosa notte senza fine, stanno sempre più meravigliosamente rivedendo la luce. Come se dio, dall’alto dei cieli, m’abbia graziato, m’abbia perfino perdonato dei miei tanti sbagli e, come dico io, sbadigli, sì, assolvendo ogni mia distrazione, ogni mio trascorso essermi assopito in un narcotico, obnubilante incubo che adesso sta assumendo la grazia e l’armonia sconfinata di un sogno, appunto, falotico. Falotico è sinonimo di stravagante e bizzarro. Cercate sul vocabolario Treccani e ne troverete conferma.

Pochi giorni fa, son stato a Firenze in compagnia del mio amico Massimiliano Sperduti. Che bella giornata. Erano anni che non rimettevo piede a Firenze, la città rinascimentale per antonomasia, culla di poeti, santi e navigatori. Proverbio incarnato nei suoi dedali architettonici, raffinati quanto la sua Cattedrale del Duomo, e nella forza viscerale delle mie artistiche passioni invincibili.

Come il Cinema e la sua poesia immaginifica, come il romanticismo di un orgasmo trasognato, fantasticato e, semmai, non (av)venuto. Ma chi se ne frega. Gironzolo così, un po’ a vuoto e un po’ con la testa fra le nuvole ad Anzola, frazioncina di Bologna, riscoprendo e filmando antiche piazze e respirando nella mia anima la calma d’un pomeriggio assolato stupendamente malinconico, forse presto destinato a oscurarsi nello scroscio piovigginoso di altri miei dilemmi interiori, oppure illuminato nel frastagliato, soave malincuore ridestatosi, dopo tanto torpore, in una magica aurora.

Adesso, Andrea Bruno del canale YouTube L’IMPERO DEL CINEMA mi dedica un video.

Sono commosso davvero di cuore. Ogni altra parola di ringraziamento ho ad Andrea rivolto doverosamente in privato.

Ora, dopo tanto essere provato, sono solo… sinceramente stupefatto e incantato. Grazie mille!

 

di Stefano Falotico

Adoro le storie da Dallas Buyers Club: Siniša Mihajlović docet, amo anche le stranger things miracolistiche e quant’è bella Maya Hawke


13 Jul

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Sì, abbiamo tutti noi, felsinei con gli striscioni sventolanti del Bologna Football Club, ovvero la squadra di serie A del capoluogo emiliano-romagnolo, appreso della spiacevolissima notizia comunicataci in maniera vivissima e umanissima da Sinisa. Scritto così senza accenti serbi e strani, eh eh.

Ero in macchina, al che accesi la radio e nel dì appena sorto dell’alba estiva di Bulåggna, sì, la mia città di nascita, nel dialetto locale così chiamata, appresi una notizia già di per sé poco promettente e assai poco entusiastica.

Quando si dice che il mattino ha l’oro in bocca, eh già, non sempre è vero.

Infatti, ascolto il comunicato radiofonico che, dopo le notizie meteorologiche dell’alluvionata Pescara e dintorni, all’improvviso mi spiazza e lascia interdetto.

Ovvero la news per la quale nel pomeriggio del giorno odierno, l’allenatore del blasonato Bologna, squadra quest’anno salvatasi dalla retrocessione con ammirevole, combattivo e grintoso onore, comunicherà in conferenza stampa ufficiale lo stato della sua malattia in fase avanzata.

Malattia?

Dunque, attendo la diretta della conferenza e poi me la rivedo su YouTube sul canale del Bologna.

Walter Sabatini presenta Sinisa…

Chi è Sabatini? Il padre con una b in più nel cognome di quella figa immensa che fu Gabriella Sabbatini?

Ah, Gabriella Sabbatini. In questo sabato forse sabbatico, rimembrai i tempi miei puberali nei quali patii godibilmente tutto il mio gomito da tennista. Quando, spaparanzato sul divano, ammiravo tutto il Grande Slam dei miei giochi balistici nell’adorare le fenomenali gambe di Gabriella. Gambe da competizione mondiale. Gambe belle quasi quanto quelle che furono della sua omonima, Gabriella, sì, ma Golia.

Io, dinanzi a loro ero Davide, un nano onanistico che giocava di rovescio e soprattutto di (d)ritto dinanzi a queste gigantesche femmine per cui avrei partecipato, sudando sette camicie, al Roland Garros per direttissima. Sì, avrei preso tutte e due le Gabrielle tanto belle e, sulla terra rossa del mio desiderio caldissimo come il sole a mezzogiorno nel deserto più cremisi, me le sarei sinceramente sbattute con tanto di racchetta d’alluminio. Quanta crema avrei spalmato su queste due donne verso le quali ero attratto di focosa biochimica calorosa come il fan più sfegatato e infoiato.

Di mio, diciamocela, ero iper-arrapato. Che la Sabbatini vincesse, sinceramente, me ne sbattevo il cazzo. Ah ah.

Ah, ero un ragazzo già emotivamente abbattuto che alleviava le continue partite perse con le ragazze mie coetanee, da me trasognate, spesso poco lambite eppur ambitissime, soprattutto fantasticate senz’abiti, in imperterriti breakpoint dalla vita quotidiana a cui offrivo scarsi punti vincenti e ficcanti.

Oggi, mi sono trasformato in una specie d’incrocio fra Keanu Reeves e Patrick Swayze di Point Break.

Eh, anche Patrick morì di Cancro.

Io spesso mi denudo scimmiesco come Anthony Kiedis dei Red Hot Chili Peppers. Sì, vi ricordate il suo cammeo in questo succitato storico capolavoro di Kathryn Bigelow?

Un’altra donna con gambe, all’epoca, davvero RED HOT. Che potevano battersela con le cosce di Jamie Lee Curtis di True Lies.

Jamie Lee Curtis, la protagonista di un altro ottimo film di Kathryn, ovvero Blue Steel – Bersaglio mortale.

E, come poc’anzi detto, splendida interprete assieme ad Arnold Terminator Schwarzenegger di uno degli spogliarelli più eccitanti e al contempo ridicoli della storia.

Uno spogliarello apoteotico capace di far affondare a mo’ del Titanic qualsiasi uomo anche megalomane come James Cameron.

Sì, vedi una donna così che arcua il bacino, che sinuosa e serpentesca sculetta velata soltanto da un piccolissimo reggiseno che sta su a stento, coperta minimamente soltanto da dei mini-slip nerissimi e piccanti, e non puoi, se sei eterosessuale, far altro che colare a picco…

L’unica donna bollente che riesce a freddarti come un enorme iceberg.

Ah ah

Cameron, bel coglione, altroché. Io, cazzo, la Bigelow me la sarei tenuta strettissima.

Uomini, ci giochiamo le palle che ho ragione io?

Invece James, a quanto pare, ama di più girare i sequel apocrifi di Pocahontas, cioè Avatar e i suoi seguiti bambineschi.

Suvvia, uomini, non fate i perbenisti, i puritani, i moralisti e, in particolar specie, ah ah, gli indiani.

Dinanzi alle due Gabrielle, a Jamie Lee e dirimpetto a Kathryn, va su eccome, a prua e a poppa, ogni albero di mezzana. Non fatemi la parte dei depressi in fase down perché non vi crede nessuno. Tantomeno la vostra pellerossa, peraltro brutta in modo disumano.

Sì, abbiamo perso James in The Abyss dei suoi mille, cervellotici Aliens… da multiforme esaltato.

Ma sì, visto che è estate, andate a pescarlo dalla sua villa con piscina, portatelo al largo e affogatelo.

Come uomo e come regista fa oramai acqua da tutte le parti. Sì. E ricordategli che il suo primo lungometraggio, Piraña paura, è quasi più brutto di Sharknado.

Qui c’è solo uno squalo, miei squallidi. E non è quello di Spielberg, bensì il sottoscritto, uomo che sovente se la squaglia sebbene qualche volta a talune lo scoli.

Sì, da quando lasciai la scuola in adolescenziale età, la gente pensò che soffrissi di qualche male impietoso e incurabile.

Da allora, quanti Strange Days che passai. Ma è tutto passato.

Invero, non è che vivessi molto di giorno, le mie erano notti assai poco dell’altro sesso ingorde in quanto essere metafisico come Franco Battiato, celebre autore dell’intramontabile Strani Giorni, appunto.

Adesso, a parte gli scherzi…

Sinisa mi ha commosso. Ho pure lasciato un commento molto sentito sotto al video della sua conferenza.

Queste le mie testuali parole:

l’audio è molto basso, però. Bisogna alzare il volume delle casse per riuscire a sentire bene. Forza Sinisa, non mollare. La leucemia, purtroppo, è una malattia molto grave. Quindi, bisogna essere ottimistici, sì, ma anche realisti. Varie persone di mia conoscenza non sono riuscite a sconfiggerla. Ma tu sei più forte, Sinisa. Ce la farai. E hai avuto, come sempre, un enorme coraggio a rivelare la tua malattia. Mi stupisce anche la tua calma con la quale, col tuo impeccabile stile, hai confessato senza paura la verità. Sei un grande, vincerai!

Io non sono disfattista né pessimista. Come sopra scritto, sono un realista. Ci sono vari stadi, non mi riferisco a quelli comunali come il Renato Dall’Ara, della leucemia. E può essere di diverso tipo.

Se è vero che la leucemia di Sinisa è in fase acuta e aggressiva, sarò tristemente sincero. La vedo molto dura.

È una delle peggiori malattie tumorali. Il suo clinico decorso è raramente reversibile e battibile nonostante tutte le terapie d’urto possibili.

Ovviamente, non equivocatemi, tifo per Sinisa.

Ma, ripeto, è una malattia che colpisce le cellule del sangue e si sviluppa in modo osseo.

Scusate se mi permetto questo gioco di parole. Non vorrei essere frainteso, come sempre. È insomma uno zoccolo tostissimo.

Ma Sinisa ce la farà.

Come ce la fece il grande Matthew McConaughey di Dallas Buyers Club contro l’AIDS.

Walter Sabatini è un DS, ho visto molti ragazzi ancora in forze (forza, su) crollare di fronte alle mille difficoltà economiche, cosicché si sono affidati all’AdS, ovvero all’amministratore di sostegno.

Ho visto anche tanti idioti insostenibili che non conoscono nemmeno l’ABC e vogliono dare lezioni di vita a me perché mi reputano un pirla e un idiota.

Ora, io non ho niente da nascondere. Al massimo, posso celare tre barrette di cioccolato nel frigorifero perché, se dovesse venire domani a pranzo mio cugino, so che se le papperebbe a sbafo.

Come molti di voi sapranno, a me fu fatta una diagnosi psichiatrica totalmente erronea.

Un errore diagnostico, un orrore di proporzioni cosmiche. Prendiamola a ridere, sono un tragicomico.

E questo scritto è malinconico e contemporaneamente sdrammatizzante alla miglior Woody Allen.

Per dimostrare che avevo ragione io, dovetti lottare molto di più di Matthew McConaughey.

Secondo voi, ecco, il punto è questo: avevo ragione io?

Certo.

Avevate dei dubbi?

Io sono uno, poveri stronzi, che ammirai Traning Day al Festival di Venezia quando voi ancora ciucciavate il seno di vostra madre. E vi garantisco che non era fantastico come quello di Uma Thurman.

Training Day uscì nel 2001 e in quel periodo Uma, vistosamente sovrappeso in passerella, sebbene sempre super passera, era incinta di Ethan Hawke.

Ma stavano aspettando Maya? Non so, anzi, no.

Maya Hawke è nata l’8 Luglio del 1998.

Comunque, Ethan e Uma stavano aspettando solo di finire di firmare gli autografi per rompersi i coglioni a vedere in Sala Grande un film del quale, essendo Ethan il co-protagonista, certamente avevano già visto le integrali anteprime mandate loro da Antoine Fuqua e dalla Warner Bros.

Maya Hawke!

È adesso una delle protagoniste di Stranger Things 3. La scena, nell’episodio 7, di lei e Steve nel bagno della multisala, ove stanno proiettando Ritorno al futuro, è veramente iper-romantica.

Lui è bello, lei di più.

Mi ha commosso. Così come m’ha commosso Sinisa.

Quindi, ora vi levate tutti da… ecco, ci siamo capiti.

Perché non sapete nulla della mia vita. E non vi permetterò mai più di fare i porcellini.

Comunque, con Maya un po’ maialino lo sarei.

Da cui il detto: Maya dire mai.

Ora, vado a mangiare del mais.

Detto ciò, finisco con questa. Maya ha 21 anni, compiuti pochissimi giorni fa.

Di mio, conosco molte ragazze perfino più belle di lei ma che nella vita non avranno mai la possibilità di recitare in una serie televisiva di successo.

Forse perché sono meno talentuose o forse perché non sono raccomandate?

La seconda che hai detto.

Ora, queste ventenni, che un tempo furono fighissime, dopo mille delusioni, hanno quarant’anni e hanno trovato come lavoro soltanto quello delle gelataie.

Dunque, quello che voglio dire è questo, amici. Se non mi siete amici, fa lo stesso. Il mondo è popolato da miliardi di persone.

Ecco, se uno viene emarginato per pregiudizi e stigmatizzazioni stupide da dei falsi amici, altri amici può farsene lo stesso.

Però deve affrettarsi perché, può anche aver sofferto del DOC, il disturbo ossessivo-compulsivo, ma è geniale ancora come Christopher Lloyd di Ritorno al futuro.

Chi ha visto Stranger Things 3 capirà tutte queste mie citazioni.

So che credete che vi racconti balle.

E vi chiedete: ma come hai fatto?

Io sono io. Però, non sono David Carradine di Kill Bill, vero? Anzi, assomigliai molto a Uma quando volli vendicarmi di tante porcate perpetratemi.

Ad esempio, ho incontrato un vero amico. Si chiama Massimiliano Sperduti. Lui mi considera un genio e ha voluto appurare, in attesa del nostro meeting a Firenze del 31 Luglio, se sono/sia capace di recitare un testo come dio comanda.

Ha caricato il video in cui recito un suo erotico racconto sovrannaturale sul suo canale YouTube. Metto qui quello da me caricato, non in elenco, nel mio.

Secondo voi, può andare bene? Ci siamo?

Perdonate solo per qualche rumore di fondo. Ma ci sta.

 

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di Stefano Falotico

TOO OLD TO DIE YOUNG: la realtà non è mai come la immaginiamo, come la sognammo, perfino come la disprezziamo


29 Jun

Yaritza

Ero pervertito, no partito assai prevenuto, come si suol dire, riguardo questa serie di Amazon Prime firmata da Nicolas Winding Refn. Pensavo che si trattasse della solita narcisistica, pretenziosa, autoreferenziale castroneria spacciata per qualcosa di arty in tipico stile Refn.

Regista da alcuni osannato, venerato, elevato in auge. Da altri sinceramente snobbato. Refn è un megalomane nella tradizione dei cineasti più folli e autoriali di cui il Cinema, sin dai suoi albori, è tuttora stracolmo.

Mi mancano alcuni suoi film e onestamente, come già scrissi, ho le mie riserve addirittura su quello che da molti viene considerato il suo intoccabile capolavoro, ovvero Drive.

Che, al di là della strepitosa track Nightcall, di alcune fiammeggianti riprese notturne, malgrado la recitazione piacevolmente catatonica, in stato di trance lisergico, di un impenetrabile e carismatico Ryan Gosling, difetta assai nel finale, essendo a conti fatti una scialba, oserei dire patetica imitazione di Takeshi Kitano in salsa danese-statunitense.

Detto ciò, Too Old to Die Young è una serie magnifica. La sto vedendo, rivedendo, vivisezionando. A prescindere dal secondo episodio, lunghissimo, soporifero e insostenibile, dal quarto episodio in poi ingrana finalmente la quinta, azzecca il giusto, calibrato livello fra adrenalinico intrattenimento e artistico godimento. Assecondato in ciò dall’ipnotica musica di Cliff Martinez, sorretto dalla performance d’un Miles Teller in stato di grazia (in)espressiva, illuminato dall’innocenza angelicamente conturbante di Nell Tiger Free, dalla briosa follia d’un William Baldwin ambiguo e forse incestuosamente onanista (guardatelo qui per non credere ai vostri occhi), dalla venustà soda, capricciosa, maligna di Cristina Rodlo nei panni della stupenda, diabolica Yaritza, dalla presenza ieratica e oserei dire quasi pauperistica di un tosto, immarcescibile, profetico loser, John Hawkes, il cui personaggio è un diseredato a metà strada tra un semaforo ove fermarsi per elemosinare, sì, è un semaforo man, e il tipo/topo affascinante poiché maledettamente barbone con la barbetta incolta e le rughe marcatissime, il viso incancrenito nella perenne ansia oscillante fra il nevrotico vitalistico e il nichilista fottutamente menefreghista, un uomo arcigno, spigoloso e acidissimo con la faccia imbattibile di un equivoco viscido.

Una serie nerissima spaccata sensualmente dai semi-cammei della bomba Jena Malone, figa liscissima. Una che nei film da lei interpretati raramente si spoglia ma a cui basta un movimento inaspettato dei suoi occhi iridescenti per irraggiarci di beltà scostumata, emanando sex appeal a pelle, fottendo in maniera subliminale, forse inguinale, ogni uomo che indubbiamente non può resisterle, illuminandolo da maliarda fatalona di sobrio, elegante eppur devastante erotismo accent(u)ato da un po’ di caldo, provocante rimmel per indurre tutti gli eterosessuali non solo all’indurimento erettivo, bensì soprattutto e sopra e sotto all’intorpidimento toutcourt per i maschi intimamente noir ed eternamente affascinati dalle femme fatale bastarde con le gambe lunghe in tailleur attizzante.

Una donna vera e chi dirà che, vedendola, rimane col braccino corto… è un Pinocchio che fa finta di non amare i suoi occhi, la sua gnocca da notti ove giocarle di grossa oca.

Sì, con lei il gomito da tennista si sviluppa più di quello di John McEnroe e, se non hai i soldi, lei ti lascia a secco. Spompatissimo. Comunque, per ricarburare basta un po’ di benzina e una normale pompa…

Non ci crede nessuno che non vorreste giacere con lei sin all’alba e dopo gli ululati fare i galli, eh già, il naso vi si allunga e anche qualcos’altro.

Comunque, William Baldwin, se già in Sliver fu l’incarnazione del riccone cazzone iper-voyeurista, qui ascende a idolo assoluto prima della sua dipartita grazie alla sua confessione orgogliosa da uomo traviato e debosciato mai visto. Roba che Kurt Russell e De Niro/Ombra di Fuoco assassino l’avrebbero bruciato vivo.

Baldwin, lo scorso mese, è uscito pure con Backdraft 2. Film che, nonostante l’apparizione di Donald Sutherland, hanno visto solo i suoi fratelli.

Kurt Russell e De Niro, appunto, hanno disertato non solo la suddetta boiata pazzesca, bensì la incendieranno perché rovinerà la reputazione del capostipite. Che, comunque, non era poi chissà che.

Chiariamoci, un buon film di Ron Howard, non certo da mettere al rogo ma neppure paragonabile a Inferno di cristallo.

E torniamo a Sliver, film ove le dinamitarde, esplosive gambe chilometriche di Sharon Stone sono quasi più alte del grattacielo ove Baldwin viene arso nell’anima in maniera atrocemente pirotecnica.

In Sliver vi è anche Polly Walker, la donna dal culo più bello della storia. Tornito, modellato delicatamente in forme geometriche oserei dire simmetriche, anzi, perpendicolari a qualcosa che dentro di lei morbidamente e duramente si appaierebbe volentieri in maniera orizzontale o forse verticale. Spingendo in maniera bestiale. Badate a cos(c)e importanti.

Come no?

Una che a quei tempi era capace di uccidere un uomo senza accoltellarlo, appunto, come Sharon Stone di Basi Instinct ma usando soltanto il tritaghiaccio del suo fondoschiena tagliente.

Guardate 8 donne e ½ e poi morirete…

Insomma, a tredici anni pensavo che sarei diventato astrofisico nucleare.

Invece ho scoperto che sono un figo abbastanza atomico. Romantico a cazzo mio.

Il problema è che molte donne non vedono questo.

Per forza, non vedono una minchia.

Sono talmente frustrate che leggono L’insostenibile leggerezza dell’essere. Che poi…

Secondo voi, Antonello Venditti ha mai letto Milan Kundera?

Macché, Antonello sta sotto il cupolone della magica Roma.

Cosa volete che ne sappia pure dell’Inter.

E, tra una Ferilli e una Leoffreddi, è tutta una grande bellezza… tra fusilli e penne puttanesche.

Insomma, Venditti cantò…

quando pensi che sia finita è proprio allora che comincia la salita.

Invece, io sono come Matthew McConaughey di True Detective, un pessimista cosmico a cui fa schifo pure Giacomo Leopardi:

quando pensi che sia finita, sai qual è la verità? È finita davvero?

No, ma è una vita di merda. Oggi va, domani no.

Un giorno morirò e risorgerò.

Sì, se credessi a dio e alla religione cristiana, miei falsi, poveri cristi.

O no?

Notate infine questa finissima, raffinata miniatura ove la ypsilon, ipsilon, la i greca in maniera isoscele si accorda a mo’ triangolare con qualcosa che spara nel grilletto di dolce mitragliare. O no?

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di Stefano Falotico

 

Genius-Pop

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