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Ah ah ah!


29 May

In questa società, io riconosco le mie colpe, ammetto i miei sbagli e, come dico io, i miei sbadigli. I miei esistenziali assopimenti. Mentre molta gente censura, ricatta, boicotta e, con le intimidazioni, vuole piegarti al loro solipsismo, al loro egoismo, al loro arrivismo. Come vedete, posso fingere di aver accettato le regole ma, al solito, riacquisisco coscienza e mi ribello giustamente. Sono infermabile e vero, cari esseri falsi, bugiardi, mentitori che vi spacciate per influencer e mentori. Siete deboli e patetici. Vi leccate in modo vergognoso, vi appoggiate in modo schifoso.idolo

TOO OLD TO DIE YOUNG: la questione araldica di Nicolas Winding Refn


02 Jul

Augusto+Aguilera+Screening+20th+Century+Fox+d3G9uob17Jol

Avete finito di vedere la serie Too Old to Die Young?

Innanzitutto, pare che William Baldwin sia stato un mezzo profeta. Nell’episodio uno, dice a Miles Teller che è bello come Elvis.

Di poche ore fa infatti la notizia secondo cui Miles Teller, attore oramai lanciatissimo, è fra i nomi più in lizza e papabili per interpretare il re del rock nel biopic di Baz Luhrmann.

Too Old to Die Young sta già facendo discutere i fanatici dell’estetismo, forse anche le estetiste che vogliono assomigliare a Jena Malone. Poi, per via del loro narcisismo e della loro civettuola propensione all’ombelicale ballo del qua qua delle loro frigide, a mo’ di Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti versione donne frustrate, danzano per le loro stanze arredate a regola d’arte. Dunque, esauste, si stravaccano sul divano in vestaglia e recitano il monologo millenaristico, assai moralistico scandito da Jena distrutta. Soprattutto nei polmoni dopo essersi scalmanata come un’indemoniata. Sfiancata da sé stessa, esasperata da troppi dildo e monologhi della vagina.

Un soliloquio da donna delusa forse fanatica statunitense di Vasco Rossi.

Già, Nicolas Winding Refn, dopo i primi due episodi soporiferi da latte alle ginocchia, negli episodi 3, 4, 5 e 6 aveva/ha trovato la giusta amalgama, spingendo sull’acceleratore e tirando fuori un’interpretazione ipnotica da Augusto Aguilera nei panni di Jesus. Un pervertito esecrabile come tutti i protagonisti di questa serie.

Aguilera, uno che non ha il fisico a pera ma la faccia di Leonardo DiCaprio messicano e il fisico palestrato di un pornoattore sadomaso. A metà fra il portoricano e il bovaro che, dopo un pranzo luculliano, beve un faraonico amaro. Rilassandosi da solo sul divano, forse guardando Yellowstone con Kevin Costner.

Augusto qui non gliela fa proprio. Ha sposato una donna statuaria ma lui, in confronto a lei, nonostante la sua ricchezza e la sua dinastia regale, si sente un bambino col pigiamino.

E sua moglie Yaritza/Cristina Rodlo asseconda ben volentieri questo povero sfigatello. Divertendosi con lui a fargli da mamma… Divertendosi tanto a tiramento di suo uccello…

Infatti, echi di The Wolf of Wall Street si avvertono in più punti in questa villa angusta di Augusto eppur principesca, quasi da modello Scarface depalmiano.

Alla fine la spunta proprio Yaritza. Dopo nove episodi interminabili di un’ora e mezza circa cadauno, tranne un paio di un’ora e poco più, Refn fa il figo. E fa vincere la super figa.

Per distinguersi dalla consuetudine dei canoni standard delle serie tv, ove di solito l’episodio finale è il più lungo, lui invece ha girato, per l’occasione, uno spezzone di manco mezz’ora.

Regalandoci uno dei finali più insulsi della storia.

E John Hawkes che fine ha fatto?

Secondo me, il sito www.spietati.it impazzirà per questa serie con in prima linea il recensore “maudit” Luca Pacilio a piangere d’amozione.

Su rottentomatoes.com, questa serie di Refn ha invece ricevuto un 64% di voti positivi. Non un granché, a dirla tutta.

Un mezzo flop, insomma. Gran parte del pubblico ha lasciato stare già a metà dell’episodio 2 quando il rincoglionito nonnetto ripete sino allo sfinimento che il più grande calciatore del mondo sia/è stato Pelé.

Chiariamoci, Edson Arantes do Nascimento non era niente. Il suo goal più bello l’ha fatto in Fuga per la vittoria. Dopo cinquemila volte che hanno ripetuto la scena.

Ho detto tutto.

Mi spiace anche per Maradona ma era solo un mezzo panzerotto da circo Togni.

Lionel Messi è il più grande di sempre anche se c’è chi gli preferisce Ronaldo, cioè le donne.

Messi, come uomo, è un cesso. Ronaldo invece assomiglia ad Augusto Aguilera. Un altro mammone…

Oggi, d’altronde vanno di moda i modelli semi-froci.

Ho detto tutto.

No, io non sono nichilista. Ma non credo ai nazionalismi, alla retorica patriottica e neppure alla bioetica.

Stamattina, ho ricevuto peraltro in chat le offese di un trans. Transitava…

Che mi ha definito omofobo. Pensa te:

– Stefano, non devi incazzarti se ti ho rifiutato.

– Pensavi che volessi provarci con te? Guarda che, di punto in bianco, mi son trovato lo spam delle tue esibizioni illegali da prostituta/o online. Ti avevo semplicemente bloccato.

– Sì, ti è andata male. Dunque sei un intollerante sessista. Io vi odio tutti! Non potete capire.

Scusa, ora però ho uno che mi aspetta. Sai com’è, carissimo. Il mondo non mi accetta per quel che sono ma questo è un cliente che può aiutarmi…

 

Ma che voleva questo qui? Oltre a essere pazzo, racconta falsità. Adesso va a dire in giro che c’ho provato con lui e che ho semi-stroncato il film Flawless di Joel Schumacher perché vi è una drag queen.

Ma che dice? Che farnetica? Io adoro A qualcuno piace caldo. Questo qui l’ho bannato non perché sia un diverso, perché è scemo. Gli deve entrare… nel cervello.

Comunque, è un’umanità fredda.

Un altro bimbetto come Augusto Aguilera mi ha scritto su YouTube che si prodigherà affinché io possa essere curato e ricevere le migliori assistenze psichiatriche solo perché non voglio mettere su famiglia.

Ah, mettesse pure lui su la famiglia. Gliela lascio tutta. Compresi i litigi coniugali e i piatti che voleranno. Così, considerando la sua “nobiltà” d’animo nei confronti del prossimo suo e la sua finezza pedagogica, suo figlio a vent’anni si suiciderà in quanto massacrato da un padre perbenista che volle sedare gli altri ma non comprese di essere, dalla nascita, affetto da infermità mentale e da manie sessuali mai sanate.

Per forza, considerando la racchia di donna con cui fece il figlio (de)generato, cosa poteva aspettarsi? Una figlia più scema di lui, più ebete del fratello e più brutta della strega sua consorte?

Sì, uno di questi padri medi italiani. Che schematizzano fin dall’adolescenza la vita dei figli, obbligandoli a scelte e a tappe forzate. Tarpando sempre le loro ali.

Se poi, a trent’anni si credono Thor, cazzo, una ragione imbecille di questo depauperamento era già da addursi all’albero genealogico della mentale loro malattia ereditaria. Di mio, ammetto con enorme orgoglio e spudoratezza sfrontata che gran parte della vita sociale disgusto. Ma non sono Augusto.

Non sono comunque pietistico e non urlo, a differenza degli asociali da asilo, che il mondo sia ingiusto. Sono un uomo giustissimo.

Basti vedere Too Old to Die Young per capire che avevo e ho ragione su tutta la linea.

Sono l’ultimo dei paperini, in fondo un romantico pauperista.

Insomma, ricapitolando, nel mondo e in questa serie non si salva nessuno, tranne io.

Ecco il promemoria. Uomini e donne, tempi bui ci aspettano, tenetelo ben a mente:

Miles Teller/Martin Jones: un poliziotto corrotto sin al midollo, fa l’amore con una minorenne e finisce massacrato da Jesus, il ritardato par excellence.

Nell Tiger Free/Janey: assomiglia alla ragazza tipo, un po’ topa, di una prestigiosa scuola media superiore. Prende bei voti per fare carriera ma sceglie di sverginarsi con uno che non sa manco chi sia Jung, ovvero Martin/Teller.

William Baldwin/Theo, il padre di Janey: tutti i soldi gli sono serviti solo per scoprire che ha avuto sempre fantasie erotiche piuttosto spinte su sua figlia depressa.

Uno schifo d’uomo.

John Hawkes/Viggo: uno che non ha nessun problema ma dovrebbe curarsi dal fumo e comprare una sigaretta elettronica.

Yaritza/Cristina Rodlo: simbolo del femminismo MeToo.

Ovviamente, concludiamo col top(o) già, più e più volte, menzionatovi “lodevolmente”, ovvero Aguilera/Jesus: è Lapo Elkann versione sudamericana che manda in vacca la famiglia Agnelli di Once Upon a Time in Mexico.

E fa pure il porcellino, ammazzando, oltre a Teller, un altro poliziotto che gli aveva forse solamente rubato due euro dal salvadanaio di porcellana.

Insomma, la morale di Refn è questa: siamo tutti psicopatici, tutti marci, tutti schifosi.

Solo che c’è chi vince la Lotteria di Capodanno e fa il signore distinto e chi, la maggioranza, che ha pochi soldi e semmai casca nel crimine.

Chi pensa, insomma, che se si comporterà in maniera rispettosa di tutti, perfino dei più bavosi, ladri e miserabili, dopo la morte andrà in paradiso, be’, dopo la morte… come tutti finirà solo sotterrato.

Chi pensa che un pazzo sia una persona poco dotata, ah ah, è da manicomio.

Chi pensa soprattutto che fra vent’anni esisteranno ancora le arene estive e i cinema non scompariranno, demonizzando Netflix e Amazon Prime Video, è meglio che si spari in testa subito.

Questo è quanto.

È il mondo che avete creato e Refn ha fatto bene a sbattervelo in faccia. Senza ipocrisie.

di Stefano Falotico

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Il fallimento esistenziale è l’unica via possibile per un artista perché la vita cosiddetta normale lo annoia e obnubila, deprime e comprime, comprend’?


23 Mar

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Sì, ne sono sempre più fermamente convinto, in quanto osservatore della realtà. Spesso, casco nella trappola dei ricatti. E delle gatte, ah, me le gratto fottutamente. Al che, com’è palese e insindacabile, incancellabile che sia, io vita normale non so cosa sia da circa venticinque anni quando, al tintinnare dei primi turbamenti adolescenziali, volutamente m’arricciai in una vita claustrale, paludare, oserei dire rupestre. Scalando le sommità dell’Everest della mia mente e conducendola al K2 di nuovi livelli percettivi aggrappati al cuore come le corde robuste di un intrepido scalatore. Voi, uomini pusillanimi, definireste questo mio atteggiamento, semplicisticamente, psichiatricamente, all’acqua di rose come schizofrenia, come inconsapevole distacco dalla realtà materialistica e terrena fatta di edonismi e culto della vanità personale, a favore di un’incomprensibile, almeno da parte vostra, visione della vita che reputate distorsiva. Mi spiace deludere le vostre più nefaste e anche rosee aspettative. Io non offro nessuna rosa. Sì, malgrado forzature ignobili, pressioni esecrabili, perfino storpiature e psicologiche torture, asserisco in gloria ed eloquio affatto sconnesso, bensì mica tanto sommesso, perfettamente allineato al mio cervello che di neuroni rimesto ma soprattutto, alla mia anima baricentrica malmessa senza sciocche messe impestate, io di stati strani tempesto, perpetuandomi nel mio tempo, nel mio sacro tempio, nelle mie bislacche tempie, consacrando uno status emozionale giustamente singhiozzante, paciosamente alterato e vivamente squinternato, che da ogni frivolezza meschina e ruffiana dell’amore, borghesemente inteso, io continuo ostinatamente a rifuggire. Via da me le messaline. Deluso da questo vostro patetico poltrire insulso di moine e, appunto, amorini. Poiché il vostro amore è un diminutivo della parola stessa di amore e io, a contatto, senza lenti e vostri balzani, ottici filtri, quotidianamente con le vostre emozionalità da me reputate coscientemente inaccettabili e banali, mi sminuisco e apparentemente pare che regredisca quando, invero, il mio sentire è un crescente, scolpente, scalpitante ingigantimento di un’anima oramai dipartitasi dal comune vivere e dallo stolto gioire dei dementi. Una vita mia modellatasi nella fluidità metafisica sempre più lontana dalle logiche corporee dei vostri cardiaci battiti senza vero, profondo calore. La mia esistenza è sempre più remota sebbene ancora non del tutto eremitica. Perché gradisco, all’albeggiare di questi giorni primaverili, essere perennemente, immutabilmente puerile. Uscire ai primi battiti di sole fioco, dardeggiante laconico, mettendo in moto la mia macchina a benzina e olio, dunque istradandomi, prima del fracasso e del casino dei vostri loschi traffici, dei vostri alti tacchi, dei vostri grassi tacchini e dei vostri frontali cranici sbullonati, in direzione d’un locale già aperto nel quale possa un caffè sorbirmi mestamente, appaiandolo alla mia anima così precocemente, innatamente lesta da esser stata subitaneamente non più desta, quindi presto destatasi e perciò allontanatasi da ogni scema estate e da ogni carnascialesca festa, in quanto, addormentatasi in un prematuro, secondo voi odiabile, per me invece amabile, scontro con una realtà da bestie non addomesticabili, da me considerata insanabile, ché preferisco la morigeratezza malinconica dei miei beati, lievi sospiri fragranti, molto friabili. Evviva il belato, lo spellato, il pelato e il prelato. Che boato! Son senza fiato. Sì, ieri mi ha telefonato un amico. Gli ho porto, sì, si può dire, un solidale e al contempo compassionevole ascolto. E lui mi ha riferito dei suoi drammi personali, delle sue lotte giuridiche con la sua malasanità mentale. Ascoltare, sì, potevo e posso fare solo quello. Alla mia seconda risposta, usatagli a mo’ di consigliera supposta da lui ritenuta supponente ed egoistica, mi ha al solito detto, screanzato, che devo crescere e rispettarlo in quanto più uomo di me. Mi son tolto sol il dente. Ardendolo di verità che lui testardamente vuole rifiutare con ostinatezza che mi fa ribrezzo! Allora perché mi ha telefonato? Son solito dire il vero. Per questo sono giustamente solo. Perché non posso dire a un amico che la sua vita senza sole non è una sola. Devo essergli sincero e spiattellargli che invero è la vita che s’è scelto in quanto scemo e mai sincero, è tutto un suo piagnisteo coi ceri, rimembrando quel che era senza più prospettiva di nuove ere, continuando a camminare nelle finte stabilità delle sue suole e preferendo l’ipocrisia da suora. E io non sono dio per potergliela cambiare. Se cercava consolazioni, è pieno di donne che vogliono solo bacetti e coccole. Ma quali ricotte, che bigotte. E tante idiozie con Nutella e vai che sei bello, dimmi che sono bella! Così per te belerò e tutto mi berrò. Sono un monaco d’abbazia?

Mah, di mio sono oggi un fantasma nel campanile, domani suono le campane, guardando il fienile della campagna e bagno il pane di pene da pover’uomo ricchissimo senza porcile, senza besciamelle, ché voi sapete cosa sono, senza ciambelle di buchi da stupidi fringuelli. No, non sono cambiato. Ed è una lezione potentissima, devastante. Inculante, incurabile!

La grandezza di chi non accetta amicizie e amori senz’amore, solo conditi repulsivamente di bone, puttanesche more, flagellandosi e sfracellandosi negli avidi compromessi dello svendersi e poi, avendo a mille la bile e a bestia, pensa che la vita sia solamente inevitabilmente questa. Senza stile, una vita che a lui fa svenire di piaceri e risatine, a me fa morire solo di disgusto per colpa della sua idiota frenesia figlia malata della stirpe della sua squallida borghesia.

Se questa è la mia estrema volontà, allora che così sia, senza più squallidi scherzetti di pessimo gusto omicida e induzioni al suicidio e alla vita suina. Io a voi non sono supino, sono un volpino, un ottimo lupino.

No, mi spiace, non ha funzionato. Io ho perso il pelo ma non il vizio di rompervi il cazzo e gli orifizi. Perché non amo quelli che delle anime diverse sono ricattatori assassini se non ti attieni ai loro schemi precettori e alle loro violenze da calunniatori e untori. Voi, falsi mentori, mi darete del malfattore, miei fattoni. Evviva il fattorino!

Parola del Signore, un uomo che ti sbatte il bastone in capa, mie capre e miei bestioni.

Evviva il mio fustone, ti do io la frustrata, ecco pigliati quell’altra frustata.

Lasciami adesso magnare la crostata, sennò da me piglierai altre palate, altro che patate, nel costato.

Sì, essere onesto, questo mi costò ma io non ci sto e te lo do.

Da cui… do re mi fa sol sol la si , nel vostro mondo di balli, galli, canti e hullygully, io, non vi preoccupate, sto a galla, in quanto alligatore che morde i bulli.

E son pugni, altro che prugne e pugnette.

Poi scivolo nella melma e nelle sabbie mobili. Ma quasi quasi domani mi compro un altro antico mobile.

Rustico, australopiteco e di gusto.

di Stefano Falotico

La mia teoria sul Joker con Joaquin Phoenix, un monito contro questa società di clown


13 Oct

 Madison+Beer+outside+Delilah+Nightclub+West+YuIvXpeMj6tl

Be’, che si può dire di me? Sono un nichilista, un ribelle, un contestatore, l’elemento anomalo di una società impazzita sull’orlo del collasso nervoso che, per illudersi di mantenersi stabile, si rivolge sempre più a ciarlatani curatori dell’anima? Affinché perfetti estranei, soltanto parlando con voi per trenta minuti scarsi, soprattutto di comprendonio, addivengano a diagnosi lestofanti, bruciando ogni vostro potenziale e inscatolandolo in reparti geriatrico-pedagogici di asservimento delle vostre coscienze, castrate, svigorite e svuotate, avviandovi a oscene riabilitazioni protese a un falso e fatuo perbenismo ipocrita? Affinché possiate, dietro maschere di finta rispettabilità e adempimento a un ordine costituito fallace, coprirvi di dignità farisee, bugiarde, improntate soltanto a uniformarvi a precetti istruttivi laidamente viscidi per assoggettarvi indeboliti e smembrati della vostra vivaddio autenticità ruspante, appunto, a questa società volgare, materialista, edonistica?

Sì, il Joker è un tipo da manicomio e certamente Phoenix, che è stato lo squilibrato protagonista di The Master, mi pare davvero la faccia giusta, tormentata e laconica, malinconica e sciupata da “bad boy” adatto, disadattato, per incarnare un personaggio i cui crismi esistenziali risiedono proprio nel suo esistenzialismo. Nella sartriana sua nausea rispetto a un mondo che, violento, l’ha respinto, declassato, umiliato, e dunque anestetizzato, frenandolo quando poteva enuclearsi in maniera vivamente vivace e attiva, vorace, serena e armoniosa. Un mondo che ha spezzato con furia cattivissima le sue armonie. Le sue ambizioni da simpatico e giocoso uomo col sorriso sulla bocca. Sì, un comedian vilipeso, strozzato, deriso, coperto dei peggiori insulti e messo alla gogna dalla televisione, dal sistema mediatico ove, se non sai vendere ed esporre la tua merce, contrabbandando la purezza della tua anima e dunque corrompendola al comune, chiassoso, esibizionista volgo ignorantissimo, vieni appunto emarginato, schivato e soprattutto schifato. Perdendo ogni entusiasmo vitale, inaridendoti e trasformandoti in uno sbeffeggiante, sardonico mostro cinico. Oramai dissociato da ogni sistema di valori, quindi disvalori, futili, frivolissimi, tesi soltanto a robotizzare il tuo cuore per omologarlo a una menzognera compiacenza verso la massa che pretende che tu sia, noi siamo delle macchine a modo, compostamente inappuntabili, schiavi di un lavoretto che, in cuor nostro, nell’intimità della nostra veridicità, ripudiamo, rinneghiamo ma facciamo di tutto per mantenere perché con la creatività e l’arte non si mangia, perciò dobbiamo, volenti o nolenti, attenerci a dei parametri basici di “costituzionalità sana e robusta” che non possa arrecar fastidio alla società.

Che orrenda bugia!

Io amo più di me stesso Taxi Driver, la storia di un fantasma che vaga nella notte, soprattutto dei suoi tormenti e delle sue angosce, aspira, capta, inala un attimo illusorio, chimerico di vanità ma poi, per troppa integrità morale verso la sua natura innatamente dannata, non sa mentire a quella donna. E le dice schiettamente che non ama le romanticherie imbecilli ma gli piacciono di più i porno ben fatti, ché almeno sono sinceri nel loro nudo squallore carnale. Sì, Travis Bickle è talmente metafisico, talmente bergmaniano nel suo disagio, da essersi involontariamente elevato a messianico angelo devastante. E, guardandosi allo specchio, non sa raccontarsi frottole, non sa auto-ingannarsi, a differenza della maggior parte delle persone, e sa che la salvazione, l’unica possibile, dalla sua lucida follia, è diventare matto davvero. In un’apoteosi esplosiva di tutto il marcio, di tutta le merda che ha sopportato e ingerito per tempo immemorabile. Dando un senso alla sua esistenza da invisibile nello sbottare in maniera platealmente furibonda.

Rupert Pupkin, invece, di Re per una notte… chi è? Uno che, sempre in cuor suo, sa di essere un fallito, angariato da una madre che lo schiavizza e nanizza per complesso di Edipo in una stanza dei sogni ove, libero da sguardi indiscreti, è realmente-virtualmente sé stesso, immaginando una platea, appunto, che gli tributi quei minuti di celebrità a cui ha sempre anelato e che tutti gli hanno perennemente negato con acidità, con quell’aplomb ipocrita, altezzoso e affettato da Jerry Lewis stronzo. Perché Jerry è arrivato, a lui interessa soltanto di continuare ad avere successo e fregare la gente con le sue bambinesche battutine. Non può e non vuole aiutare nessuno. Può aiutare qualcuno soltanto se quel qualcuno può garantirgli ancora maggiore notorietà. Se dietro quel talento, ancora non rivelatosi, può individuare, in maniera egoisticamente profittatrice, un utile al suo “di(v)o”. Ed è per questo che se ne frega di Rupert. Perché Rupert è troppo strampalato per poter piacere alla gente che si beve tutto e poi va a consolarsi da qualche psicologo della mutua, il quale poi, pigliandola pel culo, beccandosi la parcellona, rifila a essa “al bisogno” caramelline e zuccherini per lusingarla, abbagliarla con questa scemenza della psicologia. Delle patologie, con questa immonda mistificazione della verità.

Sei depresso? No, non lo sei. Lo sei perché ti sei contornato di gente che non ti ha mai voluto bene. Ma bene davvero. Che usciva con te per un interesse. Ma quando l’interesse è sparito… ha violato ogni patto d’amicizia, tempestandoti d’insulti raccapriccianti. Deprimendoti, appunto, mortificando la tua beltà, la tua bella o brutta unicità di essere umano per sconfortanti persino con poderosi, minacciosi attacchi alla tua sessualità.

Perché, in questa società, puoi essere anche un genio, un man on the moon, ma conta sempre l’apparenza, contano i soldi, inevitabilmente la potenza sessuale che sai offrire agli occhi degli altri. Solo così qualcuno ti caga, ti ama, ti adora, ti eleva in gloria.

Solo così puoi divenire un pagliaccio accettato, una pornoattrice offesa e al contempo idolatrata nella segretezza delle vostre ipocrisie. Ché tutti, moralisti del cazzo, sputate in faccia alle puttane ma poi ve ne masturbate di brutto. E semmai sognate pure di metterle a pecora!

Io non credo né al comunismo e neppure al fascismo. Con le ideologie pesanti, con le prese di posizioni radicali ed estremistiche, si generano mostri. Si crea la pazzia. Si crea il fondamentalismo, si partoriscono divisioni, lotte di classe e individuali.

Si dà vita a una società di zombi.

 

Parola del Signore. Rendiamo grazie a Cristo.

Sempre sia lodato.

 

 

di Stefano Falotico

Avete permesso che vincessero gli ignoranti, i caciaroni, le pornoattrici, le modelle analfabete, sì, lo avete permesso


02 Jul

Fuga da New York

Sì, lo avete permesso perché a voi il mondo piace così. Perché, dopo una giornata stressante, in cui siete stati sgridati dal capufficio, in cui avete represso voi stessi, singhiozzando lacrime in fegati disfatti, dopo ore in cui vi siete scervellati, vi siete sbudellati, adesso volete rilassarvi davanti al PC a vedere il culo di quella lì. E non starò a dire chi perché il suo nome vi ossessiona da quando l’avete adocchiata, e non si scolla dalla vostra mente. È la vostra fantasia proibita inconfessabile che giace nei reparti meandrici delle vostre frustrazioni e voglie insoddisfatte. Ma ce l’avete a portata di mano, vi siete comprati tutti i suoi dvd, in una propagazione extra-corporale di ogni sogno impudico che a nessuno confidate. Quella vi fa star male ma non potete smettere, appena avete un attimo di tempo, di ammirarla, bramarla, sudarvi sopra, “eiacularla”, strabuzzarvene, intontendovi scannerizzarla.

Come si chiama? Lo sapete meglio di me, ché la conosco meglio di voi o, perlomeno, non nascondo che attizza anche me.

Sì, ha quarant’anni e non vedete l’ora che, anziché andare con voi, filmi una nuova scena con uno che ha vent’anni ma ne dimostra quindici, per un pervertimento che ha dello sbigottente. Sì, più cesso è il suo amante, più ha la faccia da stronzo, e più vi eccitate perché è clamoroso che una merda del genere, un lucky bastard, si fotta una del genere.

Poi, finito l’ambaradan, il trambusto scimunito, terminata la vostra scimmiesca masturbazione esagitata, rude e iraconda, burrascosa e perturbante, tanto che avevate spento anche il cellulare e staccato il citofono affinché nessuno vi disturbasse nell’atto segretissimo, siete di nuovo precipitati nella melanconia e allora vi rivedete l’ultimo film di Sorrentino, con le sue pause, le sue dogmatiche frasi interlocutorie, i suoi silenzi che fanno poesia, le palme romane, le cascate e una melodia svenevole che allieta la vostra sopraggiunta pacatezza. Il vostro disincanto, la vostra delusione a tutto.

Perché il vostro miglior amico non crede più in voi, vi disdegna, vi odia e voi parimenti lo odiate, scaricando sulla tastiera “pillole di saggezza” ciniche per altre teste di cazzo come voi, che plaudono in memoria delle amarezze condivise con tanto di sorrisino “benevolente”, cuoricini e faccette.

Sì, un gioco a freccette al malcapitato di turno, in un accanimento bestiale smodato, perché il nazismo non è mai stato sconfitto. La psichiatria, quando mal applicata, grossolanamente eseguita sui pazienti innocui e deboli, genera mostruosità e aberrazioni indicibili. Ecco che allora si sede il ragazzo troppo vivo perché la sua vividezza non è ben accetta da un mondo “adulto” impigrito, ingrigito, che ama le spaghettate e una partita dei Mondiali stravaccato sul divano.

La poesia e l’immaginazione hanno perso, son state eliminate… perché che val la pena passare le giornate a leggere di filosofia se poi si esce di casa e il primo “guappo” ti piglia per coglione e platealmente si fa delle “sane”, “santissime” risate, sbertucciando il vostro pudore, la vostra timidezza, la vostra sacrosanta diversità.

Tutto è improntato all’estetica pornografica. Nessuno crede al Cinema perché non dà da mangiare, la pagnotta bisogna guadagnarsela mica con la fronte, col sudore dello svendersi al miglior offerente, per una vita da fetenti e ipocriti, e poi quando scende la sera… un bel paio di mignotte e vedi tu come la vita va al “galoppo”. Una scopata, una trombatona, una scoreggina e poi ancor la routine in cui ci si toglie il cappello davanti al commendatore, gran troione ma quello ha i baiocchi e se ben gli leccherai il culo ti offrirà gratis un’altra zoccolotta. Zoccolotta!

Sì, avete permesso questo mondo schifoso, perché a voi piace che sia così, perché non amate essere sfiorati dal dubbio, perché chi pensa troppo è “pericoloso”.

E quindi è sbagliato, quindi è da emarginare, da riempire di offese, da rimproverare e reprimende falsissime strozzare.

Perché a voi quella puttana piace tantissimo.

Ma, guarda caso, se qualcuno facilmente… non si adatta al porcile, è lui l’animale da soma. Somaro! Sodomizzato!

Lavoro, lavoro, comprare, non pensare, ficcare, sbattere, cantare, ridere, godere, godere, godere!

Cazzo! Godere, idioti!

Sì, lo avete permesso.

E io, se la sala è affollata, entro senza chiedere permesso.

Perché sì. Sì.

 

– Ma toglimi una curiosità. Quella puttana tu te la faresti?

– Sì, ma almeno io lo dico senza “peli sulla lingua”, come si suol dire. E se ti credi una persona migliore di me perché tu non lo dici, è perché sei un maiale, un bugiardo, una schifezza.

E meriti di far finta di credere al tuo Dio del cazzo. E poi ammazzare chi è sincero.

 

Ne ho visti tanti, sapete? Gente che idolatra Terrence Malick e poi ha la casa tappezzata di colei che sapete benissimo. Forse è Satana, forse è un angelo, forse è solo tutto finito.

 

di Stefano Falotico

True Detective 3?


13 Jun

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Opinione lunga, “prolissa” all’insegna, anche Pino Insegno, del pessimismo

Io mi considero una persona realista, ma in termini filosofici sono quello che definiresti un pessimista.

Non vedo molte prospettive perché si realizzi e concretizzi, “pragmaticamente”, una terza stagione seriale-antologica.

Questa serie, specie la prima, ha inaugurato e fatto esplodere un “feroce” fenomeno di costume ove the man is the cruelest animal. Scatenando, immediatamente, deflagranti processi d’identificazione fra personaggi e spettatori. Ecco che allora la persona “traumatizzata” da una vita resiliente crede(tte) di essere Rust Cohle, vivendo “pienamente” nel suo an(s)imo le virtuose “par(ab)ole” di McConaughey, pronunciate nelle sue interiora con viscerale auto-sbudellamento d’una sua vi(t)a funestata da problematiche irreversibili. Il ragazzo di questa generazione maleodorante e putrescente si rispecchiò nel “corpus” non solo attoriale di Rust, condividendo, anche su Facebook, le sue “folli” dissertazioni sulla società “carnivora” e tritatutto, in quanto annichilito dalla sua tardo-adolescenza ancor purtroppo acerba e accidiosa, negativa e in totale, perenne contestazione con un mondo che lo “decotenstualizza” dal godimento. Il “nerd” medio delle sue illazioni buttate al vento, perso nel marasma proprio del suo essere (a)socialmente asmatico e poco amato. Vive di allucinazioni, di deliri, di nottate insonni, di crocefissi appesi alla sua caduca (r)esistenza irrespirabile.

Credo che la coscienza umana sia un tragico passo falso dell’evoluzione. Siamo troppo consapevoli di noi stessi. La natura ha creato un aspetto della natura separato da se stessa. Siamo creature che non dovrebbero esistere… per le leggi della natura.

È di questo che sto parlando, è questo che intendo quando parlo del tempo e della morte e della futilità. CI sono considerazioni più ampie all’opera… principalmente l’idea di quello che ci è dovuto in quanto società per le nostre reciproche illusioni. Li guardi negli occhi anche in una foto, non ha importanza se siano vivi o morti, puoi comunque leggerli e sai cosa capisci? Che loro l’hanno colta. Non subito ma, proprio lì all’ultimo istante, un sollievo inequivocabile. Certo erano spaventati e poi hanno visto per la prima volta quanto fosse facile lasciarsi andare. L’hanno visto in quell’ultimo nanosecondo. Hanno visto quello che erano, che noi, ognuno di noi, in tutto questo grande dramma, non è mai stato altro che un cumulo di presunzione ed ottusa volontà e allora poi lasciarti andare, alla fine non devi aggrapparti così forte per capire che tutta la tua vita, tutto il tuo amore, il tuo odio, la tua memoria, il tuo dolore erano la stessa cosa, erano semplicemente un sogno, un sogno che si è svolto in una stanza sprangata e grazie al quale hai pensato di essere una persona.

Banalità fatte passare per genialità da un Pizzolatto al “fulmicotone”, imbrigliato da una stagione successiva deludente, ove il nerd ecco che (non) s’identificò in Ray Velcoro/Colin Farrell, trasognando la sua disperazione nel “pub(e)” serale, con una canzone amara in sottofondo e una faccia da pesce lesso “drogato”. Vero “hard boiled” d’una vita “noir”.

Perché mai dovremmo sperare in True Detective 3? Per altri fe(ga)ti tristi?

Ma che “bella cosa” che ho scritto, illuminante. No, questa è Carcosa…

 

di Stefano Falotico

Italietta


08 Jul

In quest’Italietta ipocrita e crassa, ex craxiana, erigo il Falotico “dirigente” su “tagliatelle” di miei neuroni “strapazzati”, vividamente offendo tra “puttanesche”. Ecco la fettuccina, che femminuccia!

Ecco la fettuccina, che femminuccia! Ripetenti!
Paragrafo 1, da imparare a memoria su “pappardelle” di prosciutto e panna nella “boscaiola”, il mio “Credo”, di piselli, cari scoreggioni da fagioli:
credo alla credenza contro le panze d’apparenza e vettovaglie, in quanto Io vaglio e son vaglia postale nel posteriore tuo sacralmente a me discinto. D’apparecchiata tavola. Sul banco degli imputati, impuntato, li addito, condendoli al peperoncino! Punto “al dente” avvelenato!
Credo nell’estrazione “mineraria” di una caffettiera nella prima mattina “grigia”, da mescolare nei balli “lenti” sulle tazzine aizzate a suo “pipistrello” erotico e piastrelle che fan l’amore con l’imbianchino “pallido”.
Ecco, credo che i branchi vadano abbrancati, questi sono stupri partoriti, dunque d’aborrire, per colpa imperdonabile, blasfema della società di Massa(ia) Carrara. Si finge incolpevole nel levigato d’asciutto “trasparente”. Crimini vedo-non vedo da tacere nei sottaceti.
Tante coscienze uccise a “valor” patriottico che, se non trombi le mignotte da “pienotto”, sei uno sfigato inchinato al Chinò.
Coi miei pantaloni Carrera, scardino queste ce(rnit)e a mio pulpito in fiero e camaleontico, mutante “prepuzio” scarnito dai carnai. Credo nei cartoni animati e nel mio “fragile” cartone, sensibile se “toccato” da donne che “mirano” solo a farsi strappar da un “ricc(i)o” la gonna. Basta con le zie, con tal ignobile prosapia! Basta con Celentano Rosalinda, con quelle battistiane, da lavar nel Giordano di panni sporchi, che non ballano linde…
Meglio l’omonimo Bruno, centravanti laziale di “sfondamento”…, cannoniere davvero “romano” alla Pruzzo! Da non confondere, sebbene invertito di squadra “derbistica”, con appunto Giordano Bruno. Basta capovolgere il nome previo cognome per “bruciare” di “stregoneria” un Uomo libero. Un Tempo i liberi erano terzini che venivano stimati anche se avevano soltanto la Terza Media. Da cui il detto nomen omen della locuzione latina verace, mischiata al gergale, oramai globalizzato “Salutam’ a sorrata, fregna del porcile esperanto”. Espressione schietta meridionale, a miscela mondiale nella Torre di Babele, esportata anche all’estero a mo’ di Sabrina Ferilli “nazionale” della popolana “goliardia” in suo seno “scoppiante” ma non a te congiunto quale di Messina… (ri)stretto. Se ti va “stretta” la vita, Sabrina l’alla(r)ga nell’imprenditore in “lei” volpone di “uvona”. Un po’ ancora pass(er)a e quindi da verdure nei tanti passerotti “vogliosi” alla Giorgio Pasotti. Acerbi per la Milf che fa il suo “effetto rinculo”. Questa è grande “bellezza”. Ma quale Sorrent(in)o! Sopravvalutato! Servillo vale De Niro quanto tua cugina è valida con gli invalidi.
Il riso scotta, evviva Gerry, leprotto grassoccio coi suoi quiz da manuali delle marmotte…
Italietta di marmittoni, di bamboccioni e mammoni! Ecco a voi chi il culone ha sfondato!
Sono un carro armato, il “nazista” a tal “Unità” invero fascista!
Una ragazza ha bisogno d’affetto e garanzie. Le porgo una carezza, una garza, il mio cazzo arzillo e poi pugni in faccia quando, anziché darmela “seduta stante”, fa la difficile “inchiappettante”.
Impettita, esige che io la corteggi d’altrettanti diari intimi, mi costringe alle invasioni barbariche della sua sessualità “complicata”, tale e quale a Daria Bignardi!
Al che, credo nel bignè “cremoso”, dunque acrimonioso dinanzi a “costei” sbavata di “cioccolata”.  Da crisantemi. Va sepolta alacremente! Ecco le “amare” lagrime! Frequenta solo ragazzi della crème de la crème, si copre il viso di cremine e, come dico io, legge Paolo Crepet mentre di figa le mangian la “crepe”.
Deve crepare quest’Italietta di “(mas)calzoni”. Ove ancor propagano presentatori ignoranti per rivalità da “Miss Italia”. Una che deve solo praticar la “stiratura” al turco napoletano. Ecco il mascarpone! Meglio una volgare scarpetta a tali rossette scarpette! Delle o a? Ah ah!
Perché la serva serve! La “bella” gode degli sguardi “mascolini” su “maschiaccia” per stimolare il “muscolo” catodico di chi ne “loda” il décolleté, sinonimo “al bacio” della scollatura per l’uomo che vuole incollar, “erculeo”, in “lei”.
E io ti servo il mio falò per incendiarti come il “vecchione” a San Silvestro!
Sono nichilista, meglio di questi carnevaleschi stivaletti! Non sono un travestimento!
Investite sul Falotico e otterrete una vita vera!
Milly Carlucci ancor danza con gli ebetucci, Frizzi e lazzi… ammazza quanto sei “bona”.
E il maestro Mazza è morto?
E io, fascista, t’ammazzo!
Se non conoscete De Niro, non sapete “delirar”. Non ardite mai a giudicare di monografie sulla sua filmografia (sor)passata, presente (im)perfetto e back to the future irriverente. Per cortesia!
Oggi, cioè ieri nel flusso canalizzatore di “YouTube”, il nostro Federico Frusciantone “postò” il trailer d’una perla rara, che l’abitudine alacre odierna ha bruciato nel dimenticatoio.
Parlo ivi di Mad Dog and Glory, estrosa commedia dolceamara, altro che pesci innamorati alla Pieraccioni.
Qua, in questo McNaughton plumbeo, scandito nelle gambe di Uma Thurman a terza “incomoda” per amplessi hard e denti fra capezzoli vicino al comodino,  un De Niro svezzato,“allattato” da un seno maestoso, florido, giocoso nella bionda pimpante, “in carriera” ma cameriera, una che si scoperebbe l’intera camerata dei marines più frustrati, sciogliendoli nel “feticismo” tarantiniano da amante-mantide-madissima versione fighissima del Kill Bill…, qui io vi dico che fa (s)venire. Piglia il tuo “timido” toro per le corna al Bill, appunto, Murray e da mula fotte Red Bull un De Niro non tanto raging in senso suzione prima che Bob di famoso ne(r)o (s)fumasse con altre negre, come l’attuale Grace Hightower. Donna che gli praticò un pompino “in volo” quand’era hostess e, da allora, salvo dispute d’un divorzio riconciliato nel doppio letto (ri)matrimoniale, è la “concubina” di De Niro per carriera sputtanarlo.
Presenza fissa ad accompagnarlo alle prime dei “suoi” film, Grace ha tette “carismatiche” ma indubbiamente è “sformata” per troppa carne arrosto… (cfr: vedi il culo chiatto nonostante l’abito “mascherante” su cerone a sbiancarla da Samuel L. Jackson “femmina”).
Ah, Bob spompa ogni Notte, un Bob “melodico” che si strugge per il suo “latte”… inginocchiato dentro il colore “bianco” della donna di mogano su picchi “caloriferi” del termosifone “senile”.
La causa delle sue scelte poco “ritte” come attore, sì, derivano dalla maniaca sessuale ch’è Grace. Ho appurato, numero di orgasmi alla mano, constatando anche l’inseminazione artificiale del figlio lor novello prodotto in vitro, che Grace ha “rovinato” De Niro.
Ha preso le palle “al balzo”, durante quell’aeroplano “piccante”, e gliel’ha tagliate da ex “duro”. Oggi, De Niro s’è “intenerito”. Recita in Stanno tutti bene, versione Mastroianni del mai realizzato, felliniano Il viaggio di G. Mastorna. Meglio Federico che tu sia morto. Ci hai risparmiato un altro Amarcord patetico!
Un otto-volante e mezzo di tutto dentro le sue gambe, dipartita per un De Niro che non tornerà. Di troppo uccello ringalluzzito, Bob svolazza nella vaccazz’ dei suoi film non più “cazzuti”, “assorbito” da un sentimentalismo coniuge di filmografia “untissima”.
Quanti “nei” nella sua carriera recente!
Da allora, Bob è incerto. Già celebre per la sua camminata “a gambe storte”, come da locandina e corrispettiva scena “solitaria” di Taxi Driver, Bob ha dolori all’anca, troppo spinge nei fianchi dell’Hightower e anche talvolta “la” man(i)ca… lercia d’una macchiolina “scostumata” quando vien intervistato per il Tribeca, toponimo di “Becco la topa pigmentata che rassodo ma bieco le son barbabietola e trinco, meglio se sposavo Jasmine Trinca, una schizofrenica morettiana…”.
Già, Nanni ce l’ha col Bob De Niro. Non è colpa di Henry ma a proposito di come lo critica versione Harrison Ford, un film però contro ogni plagio “accusatorio”, a vendicarsi elegantemente dalle precoci diagnosi assai erronee, da far felice l’analista d’una certa famiglia… molto “mafiosa”.
Vi lascio con questa stronzata!
Se, per colpa del mal di testa, ingolli troppe aspirine, nella reazione contraria all’effervescenza tua “brillante”, scoppierai a mo’ di Sprite. Poi, non sbraitar’ se di “spray” in “lei” non sventrerai!
Ma non abbiamo ancora finito contro una famiglia di “tori scatenati”, perché saranno scotennati in tribunale, stavolta in presenza del Principe per eccellenza, nel “sacro”, inscindibile “vicolo” della loro cecità!
“Gagliardo” è il sadismo dell’animale coperto da “rigidi” attestati alla sua promiscua, muschiosa mente “baldanzosa”. Come si balocca il teppista, che smascherai in tempi non sospetti ma, tacciato di giusto marchiarlo, scappò illuso che altro “ferir” dalle feritoie “risanasse” il torto impagabile.
Potremmo chiedere un lecito, lautissimo risarcimento per le cagioni che tale “impiccatore” perpetrò con “notevole destrezza” e ribaldo scem(pi)o.
Ma, nella pazienza meticolosa, d’ingegno sopraffino, affinata mente erudita e indurita dal patimento inenarrabile che le sue violenze “letali” perpetuarono di Male in Male amplificato e di sue risate “umilianti” a schernir con più “dovizia”, la vendetta calerà nerissima, di egual metodo “leguleio” e strategici colpi inferti nella secca, crudele e pari spietatezza. Ne spezzerò e amputerò ogni altro suo scellerato, mostruoso “scherzaccio”, e sarà lui, “egregio” e “colto”, a ripararsi nella paralisi totale.
Barricato, udirà mortale paura a lievitare con “aderenza” a pelle sua sbriciolata, inghiottita dalla malizia speculare del suo gioco d’animale.
Con quale deliberato arbitrio s’eresse a giudice, “chiaroveggente” di prosopopea pomposissima, forse aborto “benigno” d’una madre avida nell’arp(i)a. “Ella” che, con “carezzevole pedagogia”, strizzò i figli nei singhiozzi del frigido monologo a una vagina frivola, logorroica, putrefatta e gelosa. E “ammantò” di buio i giovani che, a sua tristezza, non ne “combaciava” l’ilare scioltezza, il “primato” ambiguo da costei inviso degli spensierati voli fantasiosi.
Prodiga alla scolastica “cultura”, sposa di cotanto marito da “lei” dissanguato in aberrante evirarlo. Di stessa castrazione però invertì il figlio, acuminandone la carne ché si “slanciasse” ove lei non la godette.
In gola al “divertimento” di membra sconce e giullaresco tutti irridere dal “podio” dei porcili, come da nomea “nobiliare” di questa megera “altera”. “Religiosa” nel baciamano cortese, ateissima nelle spicciole piccinerie e stupide ipocrisie.
Non v’è perdono che si può accordare a ladri di tal “titanismo” osceno.
Neppure la “bontà” dei puri che, ricattati quando “deboli” apparvero, furon indotti in “criminosa” tentazione a forma santa di ribellione angelica. Ecco come vi sano!
Universale, il loro lapidario, stigmatizzante “suffragio” s’è da sé strangolato. A calvario d’un cavallo apocalittico, imbizzarrito come Cristo punito per aver donato ai maiali la sua unica grandezza!
Il Demonio è ora l’orrore della loro “innocenza”. Piangessero! Prima dell’eclissi!
Sono celebre per la mia “galanteria”: infatti, “ordino” il sex tape di Claudia Galanti e, anziché darle la mia glassa “colante”, a differenza di quel magrino che la… rimpingua dopo un bel pompin’, offro a codesta una macedonia “lesta” perché, come dico io, se nel porno casalingo si vede la foresta, devi arrestare il guardone che sei mentre mangi i “frutti di bosco” con la cerbiatta senza ceretta. Da cui la dà e da me sol che pugni avreta… che è “femminile”, come la lettera “malafemmina” di Totò

A tal supermodella di popò, preferisco il Barbapapà, “congiunzione anale” di “rosa”… creato nel francesismo “coniugato” e “congiunto” che significa “zucchero filato”.
Sì, incontrai Claudia in Costa Azzurra, mentre pensava “contemplativa” ad altri “asciutti” di Miami. Eh sì, miagola Claudia e mi fa “maramao” con la manina… Ma morta(della) sarà Claudia ché il mio “flauto” se ne frega e le recita “Resta di stucco, è un barbatrucco”.
Il mio cazzo è distrutto, meglio che dar di stucco a una zoccola di tali “coccole”. A gatte così abbaio di cane. Ma quale candito!
Sì, Claudia e il suo amante fan l’amore nel sottofondo “melodico” del rock “alternativo” su “saliscendi” un po’ frenetico di tal “uccellino” birbantello… Una cosc(ia) che non ho mai capito è perché gli uomini entrano nelle gambe di pianoforte” con la “colonna sonora” che “carica”.
Sarà che lavorando tutto il giorno, si rendon tristi figuri e il mattino ha l’oro in “bocchino?”. Ah, anche per una scopata han bisogno d’esser spronati su “giradischi” a palle ammosciate in cellulite smaltita di vertebrale semi-anoressia “Vanity Fair” per farsi, tra sniffate e stantuffate.
A me queste troie han stufato.
E mi tuffo nel cesso ché mi par meglio di queste “annacquate”.
Sì, la gente “comune” ama gli “strozzapreti”, io mi ritengo Al Pacino di tutto petto e, ai bacini, offro un “urlo” shakesperiano e poco sospirato nelle smancerie.
Sono un teatrante sofisticato e quindi posso “tirarmela”.
Mammata tua abbotta come le mie “botte”. E io la boicotto. Sì, si magna i bucatini mentre Falò non s’è mai “bucato”.
Andate a farvelo dare! Danarosi, ecco il mio “daino”. Nessun danno, non condannate i dannati!
Son Uomo d’annata.
Mentre tu, suonato nell’ocarina, hai proprio una faccia da cretino, mio criceto a “creta” caratteriale di ’st’Italia che fa venir due palle.
Beccati la sciocca, da me solo che “scottature”.
E ricordate: se la madre degli imbecilli è sempre incinta, la tua da me solo che cinghiate!
Sono un cinghialone! Da cui la frase celeberrima “Tagliati le unghie e dammi il rasoio”.  Non fa rima, non fa un cazzo!
Meglio di farsela crescere, adulti bimbetti!
Ogni sera, al bar, incontro una testa calda ma c’è scritto “Paninoteca fredda”

Per anni, ho inseguito Michelangelo Buonarroti ma sto ruotando come “La Gioconda” di Leonardo senza bone ma molto “Buonanotte”.
Sì, mi dedicai al mio Napoleone “isolato” e nell’inverno del mio scontento. Quando mi ribellai, fui accusato d’essere “scontato”. Ma scontai anche l’ammenda dei “commendatori”, i quali non mi perdonarono l’eremitaggio, poco “adatto” a tal società di allampanati paninari.
Sì, ogni sera bevo il caffè amaro, senza “canna”, e nel bar incontro sempre il fiscale “scontrino” non della cassiera “Gradisca” ma del tabaccaio dirimpettaio che “smonta” dalla “bottega”.
Egli è “uomo” di enorme… “levatura”. Per dieci ore se la suda… al fine che il suo “garzone” entri finalmente, come spera, nell’appunto corteggiata vanamente “cameriera”. Donna d’altrettanto “alto” lignaggio, non sa leggere ma sa parlare durante l’“atto” che, “in ginocchio”, ne implora “altro”.
“Vergine” che sanguina… a miracolare i provetti poveracci con tanto di carta straccia. “Igienica” come Paris Hilton, viene dai suoi amatori, polli Amadori, “appesa” al muro e tanti ne “prende” dietro il “certificato”.
Solo costui non riesce ad averla e dire che vorrebbe tanto “fuoriuscirlo” per arderlo da arido e cattivo alito! Al che, s’accanisce contro di me che sto sulle mie… “posizioni” tiepide. Scaldabagno!
Mi prende a testate, gridandomi che non ho “attestati”.
Mi blandisce con un “Ognuno vuole dalla vita quel che cerca. Trovatene una, trovatello”.
Rispondo senza battere ciglio: “Quanto le devo?”.
Lui: “Come, prego?”.
Io: “Prega prega che la figa non s’avvera, intanto spendi ma non e-spandi”.
Lui m’assal di mali parole e mi tratta da “pargolo”. Io fuggo nel parapiglia, così non pago mai il caffè perché la cassiera non vuol far i conti col “casino”.
Questo scambio di “battute” av-viene ogni sera ma il “nostro” è tanto tardo che non si ricorda mai niente, neppure il nome della cameriera.
Ed è per questo che lei non gliela dà. Lui la butta a ridere ogni qualvolta vien colto in “fallo”. Si chiama “gaffe” del maschio poco “graffiante”.
Quindi, bevo e voi ve la bevete tutta.
Morale della fav(ol)a: se non ce l’hai, ci sarà un motivo. Il motivo sta tutto qui… nel mentre che ti sta per “venire” il nome, lei sta parlando con un “dritto”. Che st(r)appa…
E su tale capolavoro, sono fra i capi. Me la rido sotto i baffi, non sono una mafietta come voi d’Italietta!
Applauso!
Ricordate: la mia Cappella… Sistina non si scappellerà mai per queste “copp(i)e”.
Potete odiarmi, anzi dovete.
Altrimenti, succede che vi brucio!
E il paragrafo due?
Che si fotta!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. All’ultimo pugno (2013)
  2. Rocky (1976)
  3. Pacific Rim (2013)

 

Genius-Pop

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