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Ryan Gosling di DRIVE, un titano: la più grande, vendicata storia di violenza psicologica di tutti i temp(l)i


19 Jul

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Tempo fa vidi Drive di Nicolas Winding Refn per la prima volta in vita mia e, devo dirvi la verità, non ne rimasi particolarmente entusiasta.

Lo considerai troppo giovanilistico e, a parte la meravigliosa Nightcall che furoreggia in post-apertura del film sugli smaglianti, psichedelici titoli di testa, reputai Drive una mezza, loffia patetica imitazione del miglior Cinema meglio sviluppato e più ramificato di William Friekdin miscelato alle atmosfere melanconicamente forzate da Takeshi Kitano.

Un film perciò alquanto dozzinale nella sua stilizzata, reiterata reificazione d’una ingiustizia impunitamente crudelissima, vendicata in maniera potentissima da un Ryan Gosling out of control come l’omonimo hit storico dei Chemical Brothers.

Un mio grande nuovo amico m’ha definito in questi sintetici termini:

rappresenti la sublimazione reificata dei più reconditi meandri dell’animo umano. Là dove il mondo cela, tu porti alla luce.

Peccato che molta gente stupida abbia pensato esattamente il contrario.

Invero, come potete vedere dallo screenshot, lui ha scritto due volte dei.

L’ha fatto apposta, non è una ripetizione. Io e lui sappiamo la verità… dei rappresenta a sua volta sia l’articolo indeterminativo suddetto che il plurale di dio.

Oddio, mio signore!

Sì, questo mio amico mi reputa una sorta di angelo sterminatore divino, anzi, divinatorio. Un po’ come Bacco, divinità simboleggiatrice del vino. Portatrice di buon umore, personificazione della guascona gagliardia in un mondo oramai bruciato in ogni senso, per filo e per segno d’ogni candido sogno più stupidamente, giustamente utopistico.

Sì, il mio amico è molto preso dalla Politica. Al che, gli ho proposto di creare un partito poco egoistico chiamato Utopia.

Il cui motto innalzato in gloria nell’alto dei cieli sarà… anche a Losanna, Osanna, Rosanna e Rossana odieranno ogni retorica da pettegola, falsa zia poiché noi siamo cherubini birichini come in City of Angels e, a Los Angeles, tutti sanno che adoriamo Mulholland Drive nella nostra Inland Empire sventolante la chimera lontana da ogni bandiera bianca!

Sì, Drive è un film futurista. Dunque, se nel 1909 nacque il Bologna Football Club, la squadra che tutto il mondo tremare fa, eh, come, no, se fu partorito anche il futurismo da Marinetti, perché noi nel 2019 non possiamo contrastare Di Maio il cretinetti, Salvini il panzerotto vivente, i figli troioni di ogni Berlusconi ed essere invece Colin Farrell di Miami Vice anche se quel figlio di zoccola di Flavio Briatore non lavora più per la Formula 1? Miei deficienti?

Sì, in questo gran baccano disumano, io brindo alla vita, malgrado non sia mai un uomo pietistico da Miserere…, in quanto sono l’incarnazione reale e regale di Richard Gere de Gli invisibili, capolavoro sesquipedale con tanto di accelerata scena super malinconica nel rush finale, poi lentissimamente immortalata in maniera tristemente realistica in quanto grande pellicola lievissima, però pauperistica.

Sì, non si sevizia così un paperino solo perché a tredici anni già disgustavo le oche e non guardavo Paperissima.

Di mio, infatti, ho sempre amato leggere Topolino e ce l’avevo già precocemente contro ogni Banda Bassotti che prendeva per il culo, di bullismi e nonnismi, le mie papere da Pluto.

Da allora, estraniatomi che ebbi dai miei coetanei, ancora fermi al Manuale delle Giovani Marmotte, cioè saccenti ragazzini pubescenti e di sé pienotti che sognavano il seno di Folliero Emanuela ma non venivano cagati neppure da Mariotta, la ragazza più brutta, invero molto mignotta, dei loro licei del cazzo, divenni un indagatore dell’incubo, ovvero Dylan Dog.

Nelle mie notti insondabili ed enigmatiche come Martin Mystère, mi celai in maniera tetra e cimiteriale.

Quelli della mia età sospettarono della mia sessualità ambigua da Rupert Everett. In realtà vi dico che ero e sono tuttora solo Sylvester Stallone di Nighthawks.

Sì, nonostante fossi depresso forte, quasi uno zombi da George Romero, Falchi Anna di Dellamorte Dellamore mi tirava sempre su.

L’ho rivista l’alta sera su Instagram. Ancora spinge…

Anna curò, sì, ogni mia presunta castrazione e attrazione verso Thanos, no, Thanatos grazie al suo seno sprigionante florido Eros pimpante su sue poppe esaltanti e sul suo culo molto piccante, assai sodo da pompare furibondamente in modo robustamente ficcante. A dispetto del mio autoerotismo peggiore di quei cazzoni che si fanno ora le seghe mentali sul significato esegetico della saga degli X-Men, sognando Scarlett Johansson di Avengers, io ero già talmente avanti che lo presi nel didietro.

Sì, la mia vita s’oscurò e la gente pettegola e maligna pensò perfino che fossi Black Dahlia, quindi mi trattò da lazzarone, ridendosela da matti.

Fra Di Lazzaro Dalila, Sansone e Maciste nella valle dei farmacisti, ancora nessuna mi resiste. Infatti, mi dà un calcio nelle palle ancora prima che possa lei fare l’ipocrita, leggendo a letto la Holy Bible dopo che s’è fatta fottere da Nick Nolte di Cape Fear.

Sì, esistono donne che (non) amano gli uomini come King Kong, donne come Jessica Lange. Le quali desiderano crescere le figlie nella dolciastra ruffianeria da Cinema di Muccino.

Che grande, Ryan Gosling.

Avete visto che coerenza, che statura morale impressionante?

È solo come un cane, s’innamora della dolcissima vicina di casa, Irene/Carey Mulligan.

Al che, ritorna il marito di lei dopo aver scontato il carcere. Ryan, di nome Driver come De Niro/Travis Bickle appunto di Taxi Driver e come Driver l’imprendibile di Walter Hill, diviene una sorta di Stellan Skarsgård nell’animo, ah, Le onde del destino.

Rinuncia, da quel momento in poi, a ogni avance carnale nei confronti della donna di cui s’è perdutamente innamorato.

Sublima la paralisi sua sessuale, dovuta al fatto che è amico di Oscar Isaac, eh già, gli amici non si tradiscono mai, assurgendo a eremita sceso in terra.

Poi, ammazzano il suo migliore amico, Isaac, appunto.

Al che, l’autista con un’espressione da semi-autistico, Gosling, non lo ferma più nessuno.

Come si suol dire, manco Cristo.

Solo dio perdona e siamo Too Old to Die Young…

Nella vita esistono molti uomini e donne “diverse” come Carey Mulligan.

Uomini come Gosling di Stay, sognatori come in First Man, uomini perfino antisemiti come Gosling stesso di The Believer. Questi ultimi però non si pentono mai, non si redimono e continuano all’infinito con le porcate. Distruggendo i migliori anni in fiore delle persone.

Maltrattandole, nazisticamente, da ultime ruote…

A quel punto, si scatena la rabbia vendicatrice di Gosling di Drive? No, non siamo epici, suvvia, biblici sì.

Mosè docet.

Tanti anni or sono, fui estremamente profetico e signorilmente chiarissimo.

Dissi contro chi volle farmi passare per matto che abbisognava di pesanti sedazioni farmacologiche, ecco, dissi imperiosamente: provateci, fatelo e si abbatterà su di voi una punizione divina.

 

Ora, non piangete.

Sono sempre stato sensitivo, d’una sensibilità unica. Questa magia e quest’unicità mia vollero che si appiattisse nel carnaio volgare di massa.

Per esempio, io sono un intellettuale, forse l’ultimo degli umanisti.

Non credo alle terapie psichiatriche né mi convincono, essendo io di natura scettico e razionale, oserei dire illuminista o forse illuminato, le storie buoniste del tipo… se soffri, ti curi e poi tutto andrà a posto.

Perché sono troppo intelligente per credere realisticamente alle utopie, appunto, sono Ryan Gosling de Il caso Thomas Crawford.

A me gli psicopatici omicidi che insabbiano i loro scheletri nell’armadio stanno sul cazzo.

Comunque, idioti, non ammazzerò proprio nessuno.

Potete dormire sogni tranquilli, cullati dalla vostra demenza narcotizzante.

Ma per il Festival di Venezia, sì, inizialmente avevo deciso di comprare una palandrana da Joe Pesci di Mio cugino Vincenzo per fare un po’ il Joker di turno, ma ho cambiato repentinamente idea.

Ho appena pagato Amazon per ricevere a breve, a casa mia, questa.

Che taglia ho scelto?

Non lo so, non sono un cacciatore di taglie…

 

di Stefano Faloticomio cugino vincenzo pesci palandrana gosling drive

giacca di drive

E se fossi Ryan Gosling di DRIVE? Sì, il Batman italiano, anche il JOKER


09 Jan

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Sì, sapete che non l’avevo mai visto? Ah, colpa gravissima. Io, cinefilo incallito e amante del noir più sfrenato, futurista ante litteram e letterato incallito, L’ho anche recensito ma a dire la verità non è che mi sia piaciuto tantissimo. Una mescolanza di Cinema realizzato altrove meglio che, secondo me, come detto, basa moltissimo del suo risultato emozionale per via di questa canzone strepitosa:

Sì, Stefano Falotico, il qui presente sottoscritto, se vogliamo definirlo, è indefinibile, sfuggente, un driver l’imprendibile. Con accenni malinconici alla Travis Bickle innestati, innervati su una carrozzeria del cuore da Cinema di Michael Mann. E veloci schizzi romanticamente violenti.

E questo libro, nonostante le troppe virgolette, qualche neologismo furibondamente eccentrico, rimane un masterpiece.

Sì, io sono l’autista notturno di tutto, soprattutto delle mie emozioni sepolte che, nello sfrecciar di gomme pneumatiche, riempiendomi di calore nelle strade della mia anima dissestata, sbattono contro il mio parabrezza psichico e dilaniano l’anima, spandendola nella lost highway.

Non voglio più sentire stronzate sul mio conto. Anni fa, uno sciroccato di psichiatra, non capendo un beneamato cazzo della mia vita, disse che andavo istradato a una vita normale. Orrore degli orrori. Non voglio ridurmi come una donnetta lagnosa che ascolta Elisa e si consola dalle sue frustrazioni affettive, riguardando alla tv, con la lacrimuccia e rimmel sbavato, Paura d’amare.

Basta, non se ne può più delle assurde dicerie sul mio conto. Se vogliamo dire che io non so cos’è la parola amore, diciamolo pure. Perché io non amerò mai come la maggior parte di voi. Il vostro non è amore, è bisogno di stare con qualcuno per paura di rimanere soli. Per attimi patetici di calore. E confondete spesso il sesso con l’amore. Ché quasi mai sono in congiunzione, se non in rari casi, e allora, soltanto in questo frangente miracoloso, potete considerarvi soddisfatti, pienamente appagati e probabilmente, oltre che fortunati, modestamente felici.

La maggior parte delle persone viene folgorata, da cui il colpo di fulmine a cui io credo, dal sesso opposto, anche dal sesso identico se sono omosessuali o lesbiche, e il primo impulso che brucia in loro è istintivamente l’attrazione fisica, la chimica esplosivamente ormonale.

Poi, se ci scappa una scopata, se con quella persona con cui ti sei accoppiato/a s’instaurano delle affinità elettive, si sviluppa il piacere di starci assieme e non solo a letto, vi fissate con questa parola abusata, amore.

Ve ne riempite la bocca, sciocchi.

Anche perché siete ossessionati dalla moralità piccolo-borghese. E, guardandovi allo specchio, vi reputate ignominiosi se fate sesso senza credere che l’abbiate fatto solo perché vogliosi di lasciarvi andare. Dovete necessariamente, per via del vostro inestirpabile, abominevole retroterra moralisticamente cattolico, affermare che avete fatto sesso perché sentivate qualcosa che andava al di là del puro, carnale, duro, detonante, furioso o dolce rapporto fisico lussurioso. Che voi non siete appaiabili alla sconcia e squallida animalità sanamente, sì lo è, connaturata alle vostre termodinamiche sensoriali e corporee, bensì, essendo figli del vostro illusorio Dio, della vostra bacata idealizzazione di Dio e cosicché anche dell’alterato, anzi adulterato concetto mitizzato e appunto divinizzato dell’amore, voi fate sesso solo quando romanticamente innamorati. Perché, se mentiste a voi stessi, dunque riconoscendo la chiarissima verità, di fronte a questa bugia immane che vi raccontate, per via sempre della vostra educazione distorta, vi sentireste gravemente in colpa, sporchi, e invece siete brave persone, vero?

Non ci crede nessuno, smettetela.

Io ho un concetto dell’amore molto simile a von Trier. Totalizzante. E non limiterei, tumefarei l’emozionalità del significato della parola amore al solo amore fra due persone. L’amore cioè inteso in senso relazionale di coppia.

Amore è anche guardare un bambino e, osservando la cristallina innocenza del suo sguardo, sorridergli, augurandosi che la sua vita sia fottutamente bella, piena di speranza e sogni.

Amore è soffrire nella solitudine più devastante e commuoversi per un attimo fugace di poesia.

Amore è ricevere una telefonata mentre stavi guardando un film con Stanlio e Ollio e sapere che la persona di cui eri innamorato è tragicamente morta.

Sapere che è tutto finito.

Amore è forse Ron Perlman di questa serie televisiva, un uomo che da piccolo mi spaventava a morte.

Amore è l’ingenuo Salvatore de Il nome della rosa e forse, a proposito di poesia e Sean Connery, quest’altra è una delle scene più belle di tutti i tempi.

 

– Scusi, ma lei, Falotico, come fa a sapere de La bella e la bestia con Ron Perlman?

– Io so tutto. Sono o non sono John Connor?

– Falotico, lei mi sta facendo girare le palle! Ma chi crede di essere per vivere così? Lei deve darsi una regolata. Lei non è Superman.

– Io direi molto di più. No?

 

di Stefano Falotico

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