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Nell’oscura apoteosi dei nostri sogni giocosi, viviamo finalmente dello Shining che gode l’estasi dell’esistenziale nudità falotica


02 Nov

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Sì, è uscito Doctor Sleep, scemenza alquanto trascurabile, un film farlocco che terrorizzerà soltanto gli allocchi. Sì, quei ragazzi che, per fare colpo sulle oche, cioè le brutte tipe, non so se invece grosse tope, di Full Metal Jacket ricordano solo la marcetta di Topolin, topolin, evviva Topolin(o).

Sì, per molto tempo fui denominato Stefanino. Poiché venni attorniato da adulti saccenti, invero dementi. Ché degli adolescenti guardano solo se rispettano le composte certezze del perbenismo più ipocrita, pianificando la vita dei poveri lori figli secondo un regolatore piano guerrafondaio fatto di moralistici ricatti e dure imposizioni al fine di creare i futuri leader di una società classista, oserei dire nazifascista.

Improntata al vile culto virile della potenza più atrocemente maschilista. Egomaniaca e solipsista ad aderire all’unico credo di voler adattare la realtà, quindi anche il prossimo, a immagine e somiglianza dei loro Orizzonti di gloria.

Nauseato precocemente da tutto ciò, da tali assurdi precetti farisei assai pericolosi, me ne estraniai con impari arroganza. Poiché, piuttosto che conformarmi a questa sociale violenza (dis)educativa, preferii planare in stati apparentemente dormienti di coscienza. In realtà, metafisicamente già elevati rispetto a tale porcile di fradici, irredimibili bastardi. Cerebrali? No, cerebrolesi. Inutile che continuino a mangiare i cereali per crescere sani. Non sono dei santi, sono forse dei salumieri.

Io invece fui oltre, già distanziato anni luce da questo godereccio mondo immondo.

Perciò, fu chiaro che chicchessia, dagli appena succitati adulti pasciuti e panzoni sin ad arrivare ai miei coetanei già laidi e nell’anima putrefatti anzitempo, squagliatisi e immersisi nell’indottrinamento più duramente stronzo, mi vedesse come nano.

Figurarsi quando rivelai che fui e sono tutt’ora invincibilmente un amante dell’onanismo in ogni sua forma godibile. Poiché vivo d’emozionalità che soventemente non combaciano con le animalesche, plastificate emozioni del novanta per cento della gente.

Persone che basano basa la loro prospettiva esegetica della vita, abboccando agli ordini consumistici indotti loro dalla televisione. Poiché They Live. Invero già sono morti nell’anima da tempo immemorabile.

Ammetto, con profondissimo orgoglio, rinnovando le mie non tanto sentite condoglianze alla maggioranza d’un mondo verso il quale, essendo questo già perito e sepolto vivo, non verserò nessuna lacrima amara, che non sono cambiato più di tanto.

Malgrado anch’io cedetti alla lussuria per colpa d’un (im)puro capriccio, prodigandomi allo sverginamento di me stesso, acco(r)dandomi estemporaneamente al piacere sessuale condiviso, debbo constatare, toccandomi il costato e dunque sentendo ancora bruciare le ferite di tale mia scelta dagli altri forzata, che non servì a un cazzo.

Poiché solo quando dormo nei miei sogni sono grande e so trasfigurare fantasiosamente, in maniera eccelsa, la crudezza insalvabile di un’umanità bestiale.

Quando invece mi sveglio come tutti, piegandomi a un lavoro normale e costipandomi nella terrificante mansuetudine buonista, cado in depressione abissale.

Il vostro sarcasmo mi ripugna. I vostri sorrisini fake e le vostre pose da guardoni sospettosi mi spingono, infatti, sempre più ad alienarmi da voi.

Riprendo in mano la moltitudine di libri da me scritti in questi anni. Rimango io stesso esterrefatto e ipnotizzato dinanzi a qualcosa di così grandiosamente (ir)reale da lasciarmi davvero (s)finito.

Insomma, con buona pace dei miei detrattori e degl’imbattibili, ostinati invidiosi, io a questo mondo ho fornii, non so se ancora fornirò, una nuova visione luccicante.

E questo è quanto.

Se non gradite, domani è domenica. Andate a pregare il vostro dio e, il mattino dopo, continuate nelle porcate.

Tanto, ricordate: la Madonna v’accumpagn’.

Statemi buon’, ritardati.

Sì, ne ho viste cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare.

 

di Stefano Falotico

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