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Franco Nero, un grande ad aver richiamato in servizio Benjamin L. Willard di Apocalypse Now? Eh no, Kevin… di The Life of David Gale…


04 Jun

franco nero spacey

don juan johnny depp

Per tutta la mia vita, pensai di essere Stefano Accorsi de La stanza del figlio, invece scoprii di essere Jung

Ora, a Cannes vedremo (voi, forse, io non posso andarvi…) Tre piani.

Ecco, Nanni Moretti ne sa di psichiatria e di istanze della personalità tanto quanto mia nonna paterna, ancora viva, sa dei suoi film. Cioè di quelli del regista di Io sono un autarchico. E ho detto tutto.

Sì, mia nonna ha sempre preferito Grecia Colmenares all’Es, all’Io e al Super… tu? Ah, Lex Luthor… V Superman? Ah, il superomismo. I maschilisti contro le femministe machiste. Senza h, esse sono come Maciste. Ah ah. Ah ah aspirata. Mi raccomando, donne di bocca buona! E gola profonda ansimante!

In passato, una tizia mi paragonò a Stefano Accorsi. Siamo infatti entrambi bolognesi. Sì, io e Stefano. Cioè la stessa persona? Ah ah.

In seguito al suo complimento, che però io presi per offesa, la lasciai e scaricai tutte le immagini, da Google, di Laetitia Casta desnuda. E ho detto tutto…

No, all’epoca, Stefano stava con Giovanna Mezzogiorno. Mentre io con chi stavo? Bravi. Ma allora siete dei geni, cavolo.

Sì, i più valenti e plurilaureati psichiatri della città felsinea mia natia tentarono di curarmi. Dopo pochi giorni di colloqui con questi tromboni (però, trombati e inculati, come si suol dire, da chi?) scoprii che erano frustrati come Marlon Brando di Don Juan De Marco… con Johnny Depp.

E ho ridetto tutto… Ah, fanno tutti i maestri d’amore, in verità conoscono solamente la teoria. In pratica, sono diventati psichiatri in quanto ex malati di mente e sessuali frust(r)ati. Sono difatti fissati col masochismo e coi traumi inconsci derivati da ex abusi rimossi. Mah.

Eh certo, per essere affascinati da Freud, certamente furono disturbati. Ne presero tante, eh già, di batoste. Lo presero, per dircela tutta, molte volte in quel posto. Sì, vidi uomini laureatisi in psichiatra, con una tesi su A Dangerous Method, finire ubriachi come Mickey Rourke di Barfly. Attraverso le ubriacature, diluivano ogni frustrazione. Mentre le rispettive mogli ubriacavano i loro amanti, amando nel rimanente tempo libero i film di Nanni.  Che nani, tali uomini affetti da onanismi, vale a dire seghe mentali e non. Verissimo, le loro donne traditrici, per non essere e apparire bagasce sino in fondo, avevano tutta la collezione in dvd dei film del Moretti. Si dovevano pur dare una calmata o un tono da intellettuali del cazzo, no?

Insomma, andarono tutti a parare su Faye Dunaway. E dire che furono sposati a una schizofrenica come Keira Knightley del film appena sopra citatovi. La curarono e, a mo’ di Fassbender, anche la in… arono?

Peccato che lei pensasse di essere la Knightley de La duchessa.

Io me la risi da matto/i e noleggiai Domino di Tony Scott. Piaciuta la freddura?

Comunque, Ulisse tornò a Itaca o a Troia? Siete dubbiosi? Quanto siete ignoranti! Be’, Ulisse andò con la maga Circe, con Nausicaa e con Calipso. Tornò a casa con una faccia di bronzo di Riace, detta altresì faccia da culo e di merda.

Nel frattempo, Penelope intessé la tela omonima o andò coi porci? No, coi proci? Ah, se la faceva pure coi froci? Capisco. Dai, su, era una brava donna. Leccava solo il Calippo.

Per colpa del mio affronto all’ordine psichiatrico, stetti per fare la fine di James McAvoy in Espiazione.

Sì, distrutti dalla mia grandezza, i capi psichiatri subirono una regressione infantile a mo’ di Saoirse Ronan.

Al che, inventarono una balla colossale per infangare la mia reputazione e spedirmi nella guerra delle quarantene… e dire che avevano tutti oltre i quarant’anni. Io assai meno. Dunque, furono pedofili?

Al che, in trincea guardai il film Hanna.

Sapete, in giro mi chiamano Django. Franco Nero è sposato con Keira Knightley di Espiazione in versione matura. Cioè Vanessa Redgrave.

Complimenti a Franco Nero.

L’unico che ha avuto le palle di scagionare Kevin Spacey da ogni falsa accusa puritana e moralistica figlia di un mondo bigotto e di Penelope. Ah ah.

Franco ha dato a Kevin, infatti, ne L’uomo che disegnò dio, la parte di un avvocato stronzissimo. Franco Nero è un genio.

Mentre io continuo a sostenere la mia tesi. Non di laurea. Ridley Scott fu, è e rimarrà un demente ad aver castrato e censurato Spacey da Tutti i soldi del mondo per colpa di quella storia lì… Ho detto Storia! Ah, che Odissea! E se Kevin si fosse suicidato? Che poteva fregare a Ridley? Lui sta con Gian(n)ina Facio!
Hai capito?

Uno, su Facebook, mi rispose: – Ha fatto benissimo. Doveva salvare il film, non ce l’aveva con Kevin.

 

Costui non ce l’ho più fra gli amici. Anche perché mi disse al telefono, urlandomi come Benito Mussolini: – Stefano, da adesso in poi, preferirei non parlarti, neppure su WhatsApp. Mi turbano i tuoi discorsi così troppo aperti sul mondo… Anzi, non scrivermi più. Sembri Johnny Depp di The Libertine. Però, ti tengo, ugualmente, su Facebook. Mi piace leggere i tuoi post. Sono intelligenti, arguti e provocatori, mi piacciono tanto. Mi offrono degli spunti…

Io, a questo qui, offrii invece degli sputi.

Concludo così.

Un tempo, assistetti a un pestaggio nullistico. Cercai di difendere il ragazzo picchiato a morte ma uno degli aggressori mi mise in guardia…: – Prova a toccarci e chiamiamo la polizia. Cioè le guardie. Guardati (al)le (s)palle!

La mia risposta: – Va bene. Così, oltre a quattro barelle per voi, tre poliziotti stanotte finiranno al traumatologico.

Finì che il ragazzo, pestato a sangue, fu medicato in ospedale.

Gli altri, purtroppo, malgrado i tentativi di salvarli nel reparto d’animazione, ora sono alla Certosa.

Non so se di Bologna o di Parma. Credo in tutte e due. Erano tanti, erano duri, erano forti, erano cazzuti.

Erano, ora non sono.

Decisi io.

E dissi, fra me e me, prima di distruggerli: così sia scritto, così sia fatto.

Parola di dio.

di Stefano Falotico

kevin spacey david galeSpacey Superman Luthor

Io adoro JOE WRIGHT! Che forza impressionante, che forza della natura!


15 May
LONDON, ENGLAND - DECEMBER 11: Director Joe Wright attends the UK Premiere of "Darkest Hour" at Odeon Leicester Square on December 11, 2017 in London, England. (Photo by David M. Benett/Dave Benett/WireImage)

LONDON, ENGLAND – DECEMBER 11: Director Joe Wright attends the UK Premiere of “Darkest Hour” at Odeon Leicester Square on December 11, 2017 in London, England. (Photo by David M. Benett/Dave Benett/WireImage)

Ecco, se c’è un regista che io amo e venero particolarmente è Joe Wright. Secondo Francesco Alò di Bad Taste, per La donna alla finestra non è stato right, bensì wrong. A mio avviso, Francesco ebbe torto, è puro Wright davvero giusto.

The Woman in the Window doveva essere uno dei titoli di punta della scorsa stagione cinematografica pre-COVID-19. Ora è finito su Netflix in un periodo (s)morto e non riceverà nessuna nomination agli Oscar poiché la 20th Century Fox, dopo aver visionato il film di Wright, dopo aver peraltro pensato inizialmente che possedesse le carte in regola per rappresentare uno dei suoi filmoni di maggior appeal qualitativo, dopo i fallimentari screening test, optando quindi come detto per lo streaming anche giocoforza a causa della pandemia, si è trovata adesso fra le mani una pellicola considerata sbagliata perfino dalla Critica mondiale.

Che ha subissato di offese soprattutto il suo finale, reputandolo scombiccherato, improponibile. Per l’appunto impresentabile. La Critica non è attenta, però, ai dettagli. Il ragazzo, a pochi minuti dall’inizio del film, starnutisce in una scena cruciale. Il suo starnuto è l’espressione involontaria della paura del padre “orco” interpretato da Oldman? Non credo. Non credete anche voi se il film vedeste, anzi state rivedendo col senno di poi? No, non ho fatto spoiler. Fra poche righe, sì. Anzi, nella seguente immediata, eh eh. Non mi venite a dire che capiste subito che il mostro era il ragazzino perché non vi crederebbe neppure il poliziotto di questo film. Più suonato di mio nonno materno purtroppo deceduto. Il quale, dopo aver dato fiato al trombone nella banda del suo paese natio alla festa del santo patrono San Michele, tornava a casa distrutto, con le trombe di Eustachio massacrate per colpa dei fuochi pirotecnici ancora scoppianti-scoppiettanti, e non riusciva a riconoscere sua moglie, cioè mia nonna. Anche lei defunta. Scambiandola per Julianne Moore, anzi per Jane Russell. Il mattino dopo si riprendeva e osservava mia nonna, pensando fosse la Madonna. Mio nonno era comunque un uomo lucido. Non scambiava mai Marilyn Monroe per Jayne Mansfield, neppure Kim Novak per Grace Kelly. Appena le vedeva, infatti, sapeva distinguerle immantinente. In effetti, registrava non i loro film sulle VHS, non essendo state quest’ultime, alla sua epoca, ancora inventate, bensì sul diario. Ove annotava su chi aveva praticato autoerotismo durante le notti in bianco con mia nonna.

A parte gli scherzi, mia nonna era una donna di classe come Keira Knightley di Orgoglio e pregiudizio, Anna Karenina ed Espiazione. Mia nonna era cinefila, sì, prima di morire aveva visto questi tre film succitati di Wright con Keira. Ma si rivide molto anche nella Knightley di A Dangerous Method del Cronenberg. Sì, credo che mia nonna fosse stata pazza prima di incontrare Jung? No, mio nonno.

Mio nonno sapeva come curarla quando non sapeva interpretare i sogni che poi voleva giocare, di Smorfia, al Lotto. Le diceva:

– I sogni sono folli, tu sei folle. Non giocarteli e non giocarti la vita. Giochiamo nell’altra stanza. Decidi tu se a briscola o a scopa.

 

A molti, insomma, non è piaciuto La donna alla finestra e hanno considerato tale opus di Wright un passo falso, alla pari di Pan – Viaggio sull’isola che non c’è.

Mah, secondo me sbagliano. Sono gli stessi che reputano Hook – Capitan uncino di Spielberg e Neverland di di Marc Forster as pellicole orribili.

Ora, tralasciamo Carl Jung. Il quale peraltro non assomigliava per niente a Michael Fassbender. Parliamo di Viggo Mortensen? No, di Sigmund Freud, ah ah. Come so io, voi no, in quanto non sapete nulla di psicologia, una persona diventa psichicamente malata quando il suo io non è in grado d’imbrigliare le idee rimosse. Al che, la mente del malato in questione crea un delirio per compensare i traumi e/o i lutti incolmabili a cui, razionalmente, non può dare una spiegazione plausibile.

Questo procedimento è attuato da DiCaprio di Shutter Island? No, dal 90% dell’umanità. La quale pensa di essere sana poiché non ama il film sopra citatovi di Spielberg, credendosi oltre che savia, ah ah, matura. In verità, è invecchiata nell’anima. Perciò cinica, arida, mostruosa, in una parola inutile.

Vi fornisco un esempio: è ovvio che, se siete stati giovani ai tempi dei Beatles, oggigiorno considerate bambagioni i ragazzi che ascoltano Irama.

I vostri figli, cioè su per giù la mia generazione, è cresciuta coi dettami culturali imposti, volontariamente e non, anche soltanto a livello inconscio, da voi… padri della psicanalisi? No, padri padroni.

In questi mesi di pandemia, anche prima a dire la verità, ho visto a mo’ di Allen Ginsberg, eh sì, le migliori menti della mia generation perdersi nel distanziamento sociale. Anziché vivere la loro età, ragazzi e ragazze si sono preoccupati di apparire fighi su Instagram. E, nell’attesa di due like in più, hanno escogitato metodi atroci per realizzare nuove foto e video sexy per piacere alla virtualità. Nel frattempo, perdevano le loro giornate.

Col Covid, la gente si è distratta dalla noia esistenziale, realizzando livestreaming o videochiamate. Alcuni anche video-chiavate. Altri, hanno rivisto i film di Hitchcock. Ora che siamo in zona gialla, essendosi queste persone suddette, purtroppo, assuefatte a tale lungo mood o modus vivendi impostoci, stanno continuando a essere agorafobiche come Amy Adams… Cioè, il Covid ha rappresentato per loro soltanto un alibi per non ammettere a sé stesse che, già prima dell’avvento del Coronavirus, preferivano farsi i cavoli loro, giudicando semmai i film di Wright ma non avendo le palle per provare a girare, eh già, non dico Atonement, bensì un cortometraggio con gli amici.

Naturalmente, se appartenete a questa patologia, no, tipologia di persone… avete smesso di sognare. Per cui Hook non può piacervi. Prendetemi pure per bambino, continuo a pensare d’infermità mentale, no, fermamente che Hook sia meraviglioso.

Inoltre, non posso dire di non amare Quentin Tarantino. Mi diverte, è intelligente, certo…

Ma Joe Wright, Hitchcock, Brian De Palma, La donna che visse due volte e il grande Bob De Niro mi appartengono di più. A volte sono un trasformista come Gary Oldman. Se la tirannide di persone come Adolf Hitler mi vuole uccidere, io recito loro questo pezzo: We Shall Never Surrender!

Tratto dal finale di Darkest Hour.

Sapete, nella mia vita incontrai ragazzi e ragazze come Saoirse Ronan di Hanna e di Atonement che inventarono balle su di me. Essendo costoro ignoranti.

Il mio correttore di bozze ha appena terminato di leggere il mio prossimo libro, intitolato Bologna Hard-Boiled & l’amore ai tempi del Covid.

Mi ha confidato che prova vergogna per me? No, si è messo a piangere perché pensa che anche lui, oltre a me, diventerà famoso anche se non subito. Fra cent’anni, a sua detta, quando io sarà morto, la gente leggerà ancora il mio libro.  E quando sarà triste, quando si sentirà sola, quando vorrà morire, rileggendo le mie parole, coglierà di scaturigine ribelle, nei loro cuori, una forza potentissima, immane, devastante!

Sono tempi bui, mai come oggi abbiamo bisogno di gente come Joe Wright.

Mai come oggi siamo stanchi dell’omologazione, siamo stanchi del passato, siamo stanchi della vecchiaia, siamo stanchi di essere abbattuti dagli idioti.

Abbiamo bisogno di qualcuno che rompa le regole. Non solo cinematografiche.

Questo è the New World! Questa è la nostra vita e non permetteremo mai più a chicchessia di decidere per noi il nostro destino! Io lo scoprirò, io lo distruggerò, io lo farò piangere, io lo punirò per voi, io lo massacrerò!

Sta già urlando di terrore!

 

di Stefano Falotico

Per fortuna ci sono le stupende gambe di Saoirse Ronan a far sì che mi riprenda dalle stroncanti, ammoscianti, scriteriate recensioni su The Irishman totalmente scandalose


08 Nov

Saoirse+Ronan+76th+Annual+Golden+Globe+Awards+EdZMUVIffX7l

Eh lo sapevo, sì.

Dopo tutti i bastian contrari a Joker, ecco che stanno spuntando come funghi anche i “fighetti” dell’ultima ora che, dinanzi al 95% delle recensioni entusiastiche della media di metacritic.com riguardo The Irishman, non ci stanno e vogliono dire scriteriatamente la loro, andando incontro a plateali, oserei dire eclatanti figure di merda senza pari.

Adesso arriva dal nulla un sedicente critico che non avrei mai voluto leggere. Di cognome fa Simonetti. Spero che non sia imparentato con una delle produttrici esecutive di Lake Film che, purtroppo, ha lo stesso cognome di tale “zacquaro”.

Dicasi zacquaro, in meridione, un essere che millanta grandi qualità infallibili e invece, messo alla prova, si dimostra impresentabile quanto Zaza agli Europei di Calcio in cui, per colpa del suo rigore scellerato con tanto d’inutile balletto da Zorba il greco, fummo eliminati dalla Germania.

Zacquaro è sinonimo anche di zammero. Rimanendo in ambiti calcistici, vi racconto questa.

Tanti anni fa, nel paese natio dei miei genitori, giocai a calcetto nel campetto comunale. Al che uno sbagliò un rigore e il suo compagno di squadra gli urlò, arrabbiatissimo: sei un zammero!

Poi, fu assegnato un altro rigore e colui che sbagliò il primo rigore, ecco, volle calciare pure il secondo.

Si beccò un altro zammero!

E dire che, prima della partita, si paragonò a Pelé ma, tornando a Zaza e alla nostra eliminazione, assomigliò più che altro a Graziano Pellè. Ho detto tutto…

La producer della Lake Film è bellissima, la recensione di costui invece induce al voltastomaco. Insomma, fa cagare e vomitare.

Non vi dirò da quale sito qui la estrarrò e copia-incollerò, rispettando la perfetta dicitura d’ogni sua stronzata certamente da censura.

Ecco la “zamarrata”:

The Irishman è davvero un capolavoro?

Il nuovo film di Martin Scorsese è il memoir di un gregario nato, ma con una durata piuttosto eccessiva e uno schedario di frasi già usate.

Recentemente uno scorbutico Martin Scorsese si è scagliato contro i film Marvel, confinandoli al di fuori dell’insieme “cinema” e relegandoli con sdegno nel più modesto insieme “intrattenimento audiovisivo”. I principali focolai di tensione sono la mancanza di complessità, le sale intasate da sequel molto simili tra loro, la tendenza del franchise supereroistico a fagocitare il resto del sistema. Intervento non elegantissimo, forse non così necessario, ma non divagheremo oltre. A noi, impegnati nel primo approccio a The Irishman, già venerato come film-testamento del Maestro, il suo C’era una volta in America, interessa soprattutto questo passaggio: «Se alla gente viene dato un solo tipo di cosa e viene venduto all’infinito solo quello, ovviamente vorrà sempre di più di quell’unica cosa». Ci torneremo in un secondo momento. Per ora teniamolo da parte e godiamoci la sinossi…

Se Aristotele avesse avuto modo di occuparsi di cinema, probabilmente avrebbe quantificato la durata ideale di un film in 90 minuti primi. Lo stagirita sarebbe uscito moderatamente irritato da una proiezione di 120 minuti, molto triste da una di 180, certamente in lacrime da una di 210. Se i Grandi Lunghi di Mankiewicz, Diaz, Von Trier e dello stesso Scorsese hanno nobilitato la settima arte e meritano una mezza giornata d’attenzione, l’esaustivo memoir di Sheeran non ha nulla da aggiungere alle centinaia di gangster movie e serie tv, spesso splendidi, che da decenni intasano cinema e piattaforme di streaming con Mafia, Camorra, ‘Ndrangheta, Sacra Corona Unita, Yakuza, Triade, zingari di Birmingham, clan rivali di Taiwan, narcotrafficanti di Medellín e Sinaloa, baby gang delle favelas di Rio e della Transnistria moldava, sodalizi di orfani sordomuti della campagna ucraina.

L’unica anomalia di The Irishman, con un po’ di buona volontà, è l’assenza in Frank di qualsiasi pulsione verso la scalata al potere: in barba al furibondo desiderio di ascesa di quasi tutti i personaggi di Scorsese, il nostro rimane fedele a Russell con l’abnegazione del maggiordomo Stevens di Quel che resta del giorno. Un gregario nato, complimenti vivissimi. Per il resto, il consueto voice over compulsivo ci racconta di un familiare sottobosco fatto di Jimmy Tre Dita, Chazz Sulmona e Frankie Mandarancio, di macchine che esplodono, di riunioni in cui famiglie rivali si promettono di non fare delle cose che poi, con nostra grande sorpresa, fanno subito dopo. Solo che Mean Streets ha ormai quarantasei anni, lo schedario delle frasi celebri è pieno, e insomma questo divertissement tra vecchi amici è più divertente per loro che per noi. E allora perché Netflix ha puntato a occhi chiusi sul Maestro, accollandosi decine di milioni extra per l’orrendo ringiovanimento in CGI dei protagonisti? Forse perché se alla gente viene dato un solo tipo di cosa e viene venduto all’infinito solo quello, ovviamente vorrà sempre di più di quell’unica cosa. Ironico, vero? In confronto al genere crime, la Marvel ha la frequenza produttiva di Terrence Malick con l’influenza: il pubblico vuole ancora automobili in fiamme, possibilmente a causa di Jimmy Tre Dita, se siamo fortunati dopo una riunione in cui Jimmy aveva promesso a Frankie di non incendiare più automobili. Il modello reggerà in eterno generando calchi di sicuro successo, esattamente come nel genere supereroistico, e va benissimo così. I capolavori, tuttavia, sono davvero un’altra cosa.

Qui ci vorrebbe, contro costui, Clint Eastwood.

Sarebbe come dire, infatti, che dopo la trilogia del dollaro di Sergio Leone, Gli spietati è un film inutile.

Sino a ieri, considerai Saoirse Ronan un’attrice brava ma bruttina.

Invece, dopo averla vista ospite da Ellen DeGeneres, credo che anche l’insuperabile Gemma Arterton vi abbia fatto un pensierino, come no?

Guardate al min. 1:49 di questo video.

Gemma accarezza il braccio di Saoirse da semplice collega e amica?

Siamo sicuri? Delle cosce di Gemma siamo sicurissimi ma anche di questa cosa siamo però altrettanto sicuri. Tale critico Simonetti non capì The Irishman. Credo sinceramente che se, davanti a lui, si spogliassero Gemma Arterton e Saoirse Ronan, non capirebbe un cazzo lo stesso. Ma non in senso figurato, cioè impazzirebbe di desiderio ma entrambe gli assegnerebbero il pallino vuoto. Un uomo, insomma, da flop totale.

Ho detto tutto.

Morale: se date retta a questi critici della minchia, siete fottuti. Ah ah.

Ora, scusate, si è fatto tardi e devo indossare il pigiama.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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