Il satiro totoiano, la felicità non esiste

07 May

toto

 

 

Non so se avete ascoltato l’intervista al grande Totò di un giornalista dell’epoca, la trovate sul Tubo…

– È contento lei, oggi, Principe?

– Io? No.

– Perché?

– Perché ognuno ha la sua croce. Anch’io avrò qualche croce. Croci intime, croci che tengo nascoste. Che la gente non sa… Ma tutti le abbiamo.

– Certamente. Ma qualche volta lei potrà anche non essere triste, no?

– No, la felicità non esiste. La felicità non esiste, in nessun modo.

– È assoluto nel suo giudizio, Principe.

– Sì, sono assoluto. Nessuno è felicissimo.

– Non ha mai trovato, lei, qualche momento di soddisfazione particolare?

– Effimero. Di pochi momenti.  Di pochi minuti ma poi…

– Stiamo facendo un discorso piuttosto filosofico, vero, Principe? Uno strano discorso soprattutto se consideriamo che al di fuori dei finestrini ci sono gli ammiratori che si assiepano, che sono intenti a scrutarle sul viso, appunto, i segni della celebrità.

– Vedono l’attore superficialmente, vero? Non sanno quello che sta dentro all’attore.

– Lei pensa frequentemente a queste cose, Principe?

– Sempre, sempre.

– E non si dà mai un momento, diciamo così, di superficialità. Quei momenti, così, di riposo intellettuale che un uomo ogni tanto si deve concedere.

– No. Questo no. Io penso sempre. Sono un pensatore. Penso la notte, il giorno, sempre. E penso che in fondo NON SIAMO NIENTE NESSUNO.

– Non siamo niente nessuno?

– Nessuno. Nessuno è niente.

– Allora non vale lottare, Principe?

– No, vale il lottare per gli altri. Per rimanere… qualche cosa agli altri.

– Lei lascerà qualche cosa, Principe?

– Io no. Non lascio niente come non lascia niente nessun attore. Ché noi vendiamo delle chiacchiere.

– Principe, permetta un’obiezione, lei ha costruito tutta una particolare mimica, una particolare interpretazione, una particolare storia sua… personale.

– A che cosa serve tutto questo? Un falegname è più di me. Un falegname lascia una sedia che può vivere nei secoli. Io lascio le mie parole che, dopo una generazione, non se le ricordano più. Diranno chi è quello?… Cos’abbiamo lasciato noi, cosa lasciamo? Niente.

E a tal proposito leggetevi l’intervista anche della Fallaci in cui Totò disse…

Forse vi sono momentini minuscolini di felicità, e sono quelli durante i quali si dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di attimi di dimenticanza.

 

Eh sì, Totò come tutti i grandi comici e clown era profondamente triste. Perché tremendamente realista, e dunque satiro, perché solo le persone realiste, vedendo la realtà nuda e cruda per quello che è, possiedono il dono magico del saperla sdrammatizzare e irridere con brio, retrogusto amaro, sano sfottò. Solo le persone illuse, i poveretti, pensano davvero che possa esistere una realtà migliore della nostra, abominevole e atroce. Allora sognano sempre che un giorno andranno su Marte e si emozionano per Interstellar, e poi guardano 2001 e si annoiano. Perché non è un film new age, è antropocentrico, è caleidoscopico e senziente alla nostra condizione umana. Di animali, qual purtroppo siamo, che fin dapprincipio s’illudono di essere altro, e s’imborghesiscono, aderendo a precetti e schemi mentali che anziché donarci libera felicità spesso ci reprimono e castigano in una dimensione angusta, carceraria, ove sediamo la nostra gaiezza per non scontentare il prossimo e dunque scontentare noi stessi.

Quante volte… sento dire, ah, guarda quel ragazzo, è sempre stato uno studente diligente, con la testa a posto, conoscitore di saggezze e piace alle ragazze. È fresco, simpatico, brillante. Ma che ne sapete voi invece di quel che è davvero quando, nell’intimità della sua scarna nudità, semmai soffre immensamente di non essere uno sciocco o un pazzo, così almeno non capirebbe nulla e godrebbe d’estemporanee idiozie?

Sì, oggi son andato da uno psichiatra, è qualcosa che oramai faccio di gusto e, a intervalli regolari, così come sono le pisciate diurne e anche notturne, vado in cerca di consolazioni futili, pagando fior di quattrini che persone diverse da me spenderebbero per un pompino o una lercia trombata con qualche battona.

No, non mi è di nessuna utilità recarmici. Ma non mi è nemmeno utile parlare della mia anima a gente che semmai respinge a priori ogni mia acuta riflessione, perché intenta a sollazzarsi in un beato, e io dico belato, porcile gozzovigliante al motto del lavora, scopa e non arrecar noie. Ché la noia è sintomatica di malinconia, e qui vogliamo rockeggiare di musica forse pessima ma scacciapensieri.

Prima di arrivare sul posto, dalla macchina ho filmato una bizzarra coppia vicino Porta Saragozza. Elemosinavano soldi e compassione agli automobilisti fermi al semaforo, inscenando uno spettacolino circense con loro acrobati che, terminati gli atti ginnastici, si avvicinavano, ballavano, si davano un bacio e quindi porgevano i rispettivi cappelli per ottenere gli oboli caritatevoli della gente miserevole, indulgente e pietosa.

Ma loro sono contenti. Fanno il loro gruzzoletto, rincasano a tarda sera, si cucinano pane e cicoria e poi selvaggiamente amoreggiano in grazia di Dio.

Al che, arrivo dallo psichiatra. Nonostante la mia maniacale puntualità, ho dovuto aspettare per proverbiali ritardi “professionali”. Prima di me c’era un signore, che a passo felpato e con sguardo già distrutto è entrato a “colloquio”. Lo psichiatra ha lasciato la porta dello studio aperta e io ho bellamente, da menefreghista puro, ho origliato.

– Io non mi riprendo più. Era un bellissimo ragazzo biondo, con gli occhi azzurri.

– Sì, quindi lei è omosessuale?

– No, che ha capito. Mi era tanto caro. Quasi quanto lei. Bellissimo e infatti doveva vedere che pezzi di gnocche che gli ronzavano. Poi ha cominciato a drogarsi, non ha saputo controllarsi e un giorno mi hanno chiamato… e ho visto il lenzuolo, un lenzuolo come quello della Sacra Sindone, che avvolgeva il suo corpo. E da allora… che tragedia!

– Capisco. Deve essere terribile perdere una persona cara.

– Capisce? Era pieno di donne.

– No, scusi, si spieghi meglio. Che c’entrano le donne?

– Sa, io a parte mia moglie non son mai piaciuto molto alle donne. Ma lui era sangue del mio sangue!

 

Sì, la grande tragedia di quell’uomo non era la morte di quella persona, che non ho capito se era suo figlio o suo nipote, ma il fatto che quel ragazzo, essendo morto, non potesse più godersela…

Quello che io definisco transfert sessuale. Lo fanno in molti, la maggioranza a dire il vero. Molti genitori proiettano ai figli le loro aspirazioni, che non sono altro che i loro desideri mai realizzati. Allora vogliono che il figlio diventi avvocato non perché vogliano davvero la felicità del figlio. D’altronde, a mio avviso, un avvocato può fare molti soldi ma campa sulle disgrazie altrui, e quindi solo se possiede un cuore di pietra può essere soddisfatto. E via dicendo.

Quello che credo è che le brave persone lo prendono prima o poi nel culo. Perché troveranno sempre un figlio di puttana che li fotterà. Questo vale anche per le puttane. Ma molte puttane, le più a dire il vero, lo prendono anche in un altro “posto”. Comunque loro sono contente. Non fanno sconti a nessuno.

Ieri pomeriggio invece una donna mi ha espresso il desiderio di conoscermi. E io le ho chiesto se la voglia… d’incontrarmi era adducibile, dico adducibile, alla semplice motivazione che volesse scoparmi.

Lei mi ha risposto con grande onestà… – Perché no?

E io: – Solo questo vuoi? Una botta e via?

– Sì, perché no?

– Perché no. E poi le ho scritto vai a dar via il culo.

 

Sì, d’altra parte cosa resterà di me, una volta morto. Sono la persona, credo almeno in Italia, con più libri pubblicati. Tra selfpublishing, saggi monografici, eccetera, saranno più di una cinquantina di titoli. E mi piace recensire i film. Leggere degli ottimi libri.

Ma, si sa, agli occhi della gente sei valutato solo se guadagni ventimila euro al mese e se hai un lavoro “normale”. Altrimenti sei un mezzo demente.

 

Ho detto tutto. Cosa lascerò? Niente. Perché una modella su Instagram è più di me. Le basta mostrare il suo deretano per essere “seguita” da milioni di persone. Quando si dice che la vita è una questione di c… o. Il teorema è lapalissiano. Solo un ritardato non lo comprenderebbe.

Sì, molta gente non ha mai studiato, si presentava solo alle lezioni per timbrare il cartellino, poi passava il tempo a prendere appunto per il culo i paraplegici, i diversi, i froci, come dicono loro, le persone con una spiccata sensibilità, le persone particolari.

Ma avevano ragione loro. Mi scopriranno da morto. Ma sarò già bello che sepolto.

Al che lo psichiatra mi dice:

– Sa, credo che lei sia gravemente depresso. Sbaglio?

– Se per lei grave depressione significa vedere la vita per quello che è, sì, mi curi. Domani voglio essere uno stronzo qualsiasi. E sbatterlo al primo che capita per fargli capire che sono uno ce l’ha grosso. E che sa sfondare…

di Stefano Falotico

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