Posts Tagged ‘Misery non deve morire’

Kathy Bates è la più grande attrice vivente, Kate Winslet è pure, secondo me, più grassa


20 Jan

ruota delle meraviglie

kathy bates richard jewellOra, chiariamoci molto bene.

La pornografia ha poco a che vedere col grande Cinema.

Esiste, al massimo, solo un film con sguardo pornografico, cioè Crash, che riesce a essere moralmente più perverso di Matt Dillon con Thandie Newton nell’omonimo film di Paul Haggis.

Sceneggiatore, fra l’altro, di Million Dollar Baby.

Ma Cronenberg appartiene a una categoria a parte.

Riesce ad ammaliare anche col body horror. Mentre, secondo me, molti pornoattori ammalieranno voi, donne che vanno matte per Manuel Ferrara.

Quando giocai a Calcio, un omonimo Ferrara era il ragazzo più dotato dello spogliatoio. Ovviamente, parafrasando Adriano Celentano, dopo di me.

Ma lasciai stare presto ogni gioco balistico. Sì, continuate voi a raccontarvi palle, state sempre lì pronti a gonfiare la rete, non solo del profilattico.

Nemmeno della porta, appunto, di Calcio. Siete sempre in zona autogoal.

Sì, dovete sapere che esistono le auto utilitarie e gli auto-limitati. Cioè quelli che, non potendo comprendere gli Scanners, vogliono scannarli. A volte, lungo la loro strada incontrano Tom Stall di A History of Violence. V’assicuro che non è bellissimo provocare un tipo addolcito come Leo DiCaprio di Shutter Island.

Esiste una donna al mondo con cui Tom non potrebbe fargliela manco se lei interpretasse dieci Maria Bello alla volta, miei belli. Ovvero Kathy Bates.

Lasciate stare, cocchi miei, Kate Winslet di Titanic e pure quella de La ruota delle meraviglie. In quest’ultimo film, firmato da Woody Allen, Kate non riesce ad amare la vita malgrado sia sposata al fratello di John Belushi, il re della comicità demenziale, e abbia come amante Justin Timberlake. Al che, sciacquandosela nel Mare d’inverno alla Enrico Ruggeri cantato da Loredana Bertè, la piglia come viene.

Illudendosi, davanti allo specchio, di non essere oramai una strega di Benevento ma una grande attrice teatrale. Infatti, la sua vita fu una tragedia peggiore del Teatro greco.

Ecco, molti mi chiedono quali siano le mie attrici preferite.

Un tempo, avrei detto Jodie Foster. Ma oggi come oggi mi piace meno. Non perché sia lesbica. Anche perché lesbica lo fui sin dai tempi di Taxi Driver, sebbene minorenne. E ho detto tutto.

Sì, Travis Bickle salvò Iris/Foster dalla prostituzione. Al che, Angelo Bruno/Harvey Keitel di The Irishman gli disse:

– Guarda che era lesbica, era solo una messa in scena. Facesti solo Molto rumore per nulla. Guarda, il casino che combinasti è peggiore di quello che si vede in Casinò.

 

A volte, amici, credo che il Cinema stia morendo. La gente non ha più bisogno di proiettare i suoi sogni e di venirne proiettata. È finito il Videodrome. Oggi la gente ama l’edonismo, creare stories su Instagram.

Autocompiacersi di sé stessa in un riciclo spazio-tempo di eterno déjà vu. In un patetico sfoggio di amene sconcezze e scemenze, di superflue frivolezze immerse nella decadenza.

Cronenberg capì una cosa molto importante con A Dangerous Method. Una persona matta non puoi normalizzarla. Poiché la sua pazzia se la creò apposta per sopperire inconsciamente al suo sentirsi eternamente a disagio.

E non è con le botte o i calci nel culo alla Jung che le cose possano cambiare.

Una delle scene più belle ed emozionanti di Richard Jewell è quella in cui la grande Kathy Bates va in bagno e piange a dirotto.

Il figlio le si avvicina, meno disperato di lei, chiedendole perché stia piangendo.

– Perché ho paura.

 

Misery non deve morire. Poiché, se smettiamo di sognare, se finiamo d’inventare personaggi immaginari, la nostra società è finita.

Ed è solo un carnaio.

Allora, scriverò un altro romanzo.james caan misery

 

di Stefano Falotico

Ma che bel film che è Richard Jewell, praticamente la storia della mia vita: per fortuna non sono diventato Jon Hamm e Olivia Wilde


16 Jan

sam rockwell richard jewellEbbene, ieri pomeriggio mi recai allo Space Cinema di Bologna, multisala che non è male, al primo spettacolo pomeridiano, ovvero alle 16.45, inclusi i venticinque minuti di pubblicità.

Arrivando io con un po’ d’anticipo, oltre a fare il biglietto, adocchiai la bigliettaia ma capii che era troppo brutta per farmela e deglutii l’amarezza, ordinando un caffè. Zuccherandolo mestamente con cucchiaiate oserei dire crepuscolari come il Cinema meglio miscelato di Clint Eastwood.

Un uomo che invecchia come il buon vino. Insomma, ora ha quasi novant’anni, è un vino molto stagionato però giammai scaduto.

Sì, Clint non è un uomo normale. Trovatemi un altro uomo capace alla sua età di possedere ancora una così forte, compattissima lucidità, in grado di dirigere un robustissimo film di due ore e un quarto circa, coordinando magistralmente una scena di massa con tanto di Macarena.

Prima di gustarmi il film in totale souplesse, in gradevolissima solitudine con tanto di gamba accavallata, sedendomi su un posto non assegnatomi tanto in sala v’era quasi nessuno, dovetti però sorbirmi i promo pubblicitari, detti più comunemente trailer, della nuova elegia dolceamara di Gabriele Muccino, Gli anni più belli.

Sì, con un Kim Rossi Stuart incartapecorito e non più bello come una volta e una Micaela Ramazzotti che, a forza di leccarlo a Paolo Virzì, è ora prosciugata, cioè pelle e ossa. Con un Favino diverso anni luce dal suo Bettino Craxi, forse pure con un sospetto parrucchino e liftato più di Al Pacino.

Gabriele Muccino, uno a cui non offrirei da bere neanche un cappuccino poiché idiota totemico di quel tipo di cinematografia ruffiana, melensa e precocemente nostalgica da Cinema formato pasticcino.

Sì, i pasticcini sono buoni, grondando di cremosa delizia da trangugiare e mandare giù come un buon tiramisù.

Ma risultano poi stomachevoli.

I pasticcini, dunque anche Gabriele Muccino, sono come Olivia Wilde. La vedi e vorresti subito impiastricciarla di panna montata per un amore al profiterole.

Quindi, capisci che è una zoccola ammuffita e dà il voltastomaco.

Sì, la Wilde è tutto ciò che non fu Shelley Duvall, donna invece timida e pudica, povera moglie di Jack Torrance/Nicholson di Shining e Olivia, appunto, del Popeye di Robert Altman.

Sì, un uomo vede la Wilde e non gli pompano i bicipiti come Braccio di Ferro, bensì (gli) diventa duro come Jon Hamm. Ah, un omone con molti ormoni questo Hamm. Uomo che, assieme a Hugh Jackman, le donne accoglierebbero dentro le loro coscione come un vero bambagione. Un uomo lupo, un mutante da strappa mutande.

Sì, nel film di Eastwood, la Wilde lo seduce al bar. Lui vi casca come un coglione, forse con entrambi i coglioni. E, pur di darle lo scoop, si sputtana e la scopa da lurido marpione, insomma, un bellissimo puttanone. Altro che investigatore dell’FBI. Hamm vuole solamente vedervi lì chiaro, in maniera profonda.

Sì, una ragazza riesce a trombarsi Hamm. Lui però è uno stronzo e lei, al mattino dopo, canta già Albachiara.

 

La Wilde se la tira presso la redazione del suo giornale come l’Alba Parietti nazionale, esibendosi in sorrisi autocompiaciuti più fieramente sfrontati di Brandi Love, l’attrice porno più rifatta della storia, dunque dandola a vedere senz’alcuna vergogna per l’applauso scrosciante di tutti i colleghi suoi maschi che pendono dalle sue gonfiate labbra soprattutto quando cammina su tacchi a spillo molto alti e cavalcata arrapante assai scosciante.

Olivia è un po’ come Luisa Ranieri. Luisa è bella ma non apprenderebbe l’italiano nemmeno se imparasse a memoria tutto lo Zingaretti…

Olivia, invece, ha un vocabolario d’attrice che va dalla chirurgia facciale mono-espressiva alla mastoplastica della sua recitazione come il culo.

Olivia Wilde è una che, infatti, se lo fece fare pur di arrivare… Mica come la grande Kathy Bates, una che invece se lo fece e basta.

Donna grassoccia, la Bates. La quale, a forza di passare le nottate in bianco, prese sempre più chili poiché, insonne e bulimica, svuotò tutto il frigorifero. Soprattutto della sua voglia di qualcosa di buono…

Legò al letto, in Misery non deve morire, pure James Caan, famoso ex puttaniere e abituale frequentatore della manson di Hugh Hefner. Sì, un playboy davvero Rollerball.

Kathy si spogliò dinanzi a James. James, divenuto paraplegico a causa dell’incidente in macchina, non riuscì a muovere un solo muscolo, figurarsi se avesse potuto muovere quello per Il gioco di Gerald.

Oddio, se sopra di lui si fosse trovato Carla Gugino, pur con molti sforzi, credo che si sarebbero eccitati i suoi cuginetti.

Ma con Kathy non poté fargliela manco ficcandole sul viso un cuscinetto.

Comunque, la Bates vinse l’Oscar nello stesso anno in cui anche Al Pacino lo vinse. Per Scent of a Woman. Ah ah, ho detto tutto. Poi, la Bates si sparò… il viaggio… con Jack Nicholson di A proposito di Schmidt. E ho detto tutto un’altra volta. Ah ah.

Comunque, meglio il lupo che perse il pelo ma non il vizio, appunto Jack Torrance, piuttosto che Dermot Mulroney.

In Nonno scatenato non è manco tonto, si fa inculare sia dal figlio che dal padre.

Kathy, comunque, se ne sbatte. E sa di essere una Mia Martini a cui nessun George Clooney offrirà la sua Olivia, no, olivine. Al massimo, Kathy è donna che, prima di andare a letto, si fa un altro quartino di vino.

Richard Jewell invece non vuole né la botte piena né la moglie ubriaca. Allora, fottendosene pure del complesso di Edipo, fa l’addetto alla sicurezza.

Sì, mentre gli altri si sbronzano e ballano, si baciano e sbattono, lui deve stare attento che nessuna coppia scoppi, no, nessuno faccia esplodere una cazzo di bomba sexy? No, bomba e basta.

Ah, torniamo a Olivia. Sì, uomini, chiamate gli artificieri appena vedete Olivia. Dovete disinnescare subito l’ordigno della vostra eiaculatio praecox da imbarazzanti fuochi pirotecnici. Ah ah.

Di mio, sono come Sam Rockwell. Sì, v’assomiglio non solo fisicamente. Olivia Wilde entra di soppiatto nella mia macchina e posa il suo sedere stupendo sul posteriore.

Io la mando a fare in culo, subito. Ma che volete farmi? Fui per anni Nicolas Cage di Matchstick Men.

Sì, che può venire con una così? Guardate, ragazzi, fidatevi. Preferisco che mi seghiate piuttosto che pigliare lo scolo da questa malafemmina.

Sì, anni fa subii una diagnosi psichiatrica. Dissi al perito che soffrii di disturbo ossessivo-compulsivo misto a depressione bipolare.

E che, a causa del mio disturbo da Jack Nicholson, però di Qualcosa è cambiato, molti bastardi attentarono alla mia vita.

Fui indagato e sottoposto a un processo sommario, anzi, da somari della minchia.

Sono sfregiato come Anna Levine de Gli spietati.

Ma rimango sempre William Munny e Walt Kowalski.

Quindi, ciccino, andate a dirlo a quella bagascia di vostra madre, cioè Olivia Wilde.

Ho vinto io…

Ah, dite pure all’Indio, che sono anche Lee Van Cleef di Per qualche dollaro in più.

– Colonnello, prova con questa…

 

Indio, non è che adesso te la fai sotto?

Eh già, mi sa che sono più bravo di te.

L’hai sempre saputo.

Oh, non farti una sciolta.

Non voglio un finale per te piagnucoloso come un film di Muccino.

 

di Stefano Falotico

JACK TORRANCE meets JOKER: peccato che non diano più ZELIG, volevo incontrare Vanessa Incontrada ma andrò a vivere in altre contrade


03 Nov

abatantuono ecceziunale veramenteTutti pensarono che fossi timido ma con una bella voce alla Ermal Meta, insomma, non un metallaro con la voce da orco, invece devo solo tirare a campare per poter mangiarvi tutti. Ah ah.

Avete letto l’articolo sui migliori film tratti da Stephen King di Pier Maria Bocchi su FilmTv? Leggetelo perché questo mio pezzo lo sbrana, ah ah

Non vorrei che, Pier Maria, se mai sia dovesse leggere questo mio articolo, dalla rabbia ululasse come in The Howling di Joe Dante.

Come dico io, chi ha il pane non ha i denti e chi non è Alighieri Dante, alla pari del sottoscritto, non potrà mai trasformarsi, dopo la mezzanotte, in un Gremlin.

Poiché, quando scende la notte, l’uomo comune in maniera animalesca s’accoppia e fa le pecorine mentre io, essendo insonne, mi alzo dal letto e vado a mangiare un pecorino.

Sì, non m’è mai piaciuto accodarmi al gregge di pecoroni.

Sì, sono un cabarettista, un comico nato. Trasformo ogni quotidiana disgrazia in qualcosa di grazioso. Anche grinzoso. Sì, mi arrabbio e divento lupesco, quasi un animale ecceziunale veramente come Abatantuono Diego.

Poi mi calmo e divengo adorabile come un cagnolino tenero e delizioso. Ma sì, non dovete allarmarvi quando do di matto, sono il Jack Nicholson italiano. La mia non è pazzia, è istrionismo, versatilità, polivalente fare apposta il deficiente. Almeno, se reciti la parte del demente, tutti credono che tu lo sia davvero e puoi goderti il dolce far niente. Ah ah.

Jack è oramai in pensione, io al massimo, coi pochi soldi che ho, posso passare le vacanze in una pensioncina.
Dunque, a tutti quegli scellerati che continuano davvero a credere che io sia pazzo e da curare, prescrivo immediatamente una visita.

Non dallo psichiatra, però, bensì dal cardiologo. Devono avere davvero la panza piena e un appetito poco da ludri e lupi per trattarmi da agnellino.

Di mio, posso solo dire che Lupo solitario è il miglior film da regista di uno dei migliori amici di Nicholson, Sean Penn.

E col Jack de La promessa ho poco da spartire.

Sì, scioccati da questa mia licantropia benevola, potreste avere un infarto, guardandomi così. Ovvero più in forma di Michael J. Fox di Voglia di vincere quando diventa wolf.

Io sono specializzato nei mostri. Io stesso sono un attore monstre di me stesso. A volte, infatti, mi specchio e vedo un uomo piacente, spesso invece gli altri non si rispecchiano in me poiché, dinanzi al mio fascino da camaleonte, rimangono impressionati. E per invidia mi urlano che sono un porco quando i maiali sono loro.

Ah, sono persone facilmente suggestionabili. Pensare che si terrorizzano a guardare L’esorcista.

Anzi, vi dirò di più. Sconvolti da quello che reputano un mio cambiamento scientificamente inspiegabile, pensano che sia stato il demone Pazuzu a entrare/penetrare nella mia anima.

Suvvia, è gente superstiziosa da Esorciccio.

Di mio, per molto tempo volli spalmare Vanessa Incontrada. A una spagnola non si dice mai di no? O no? Ah ah.

Da quando ho iniziato a fare lo scrittore, sebbene i miei libri vendano poco e dunque non siano dei bestseller come quelli di King, appena una grassona alla Kathy Bates di Misery non deve morire, su Facebook, mi dice che ha comprato un mio libro, le dico di non provarci. Poiché, potrei essere un playboy come James Caan ma anche con lei molto cane.

Lei, di fronte a un mio rifiuto così terribile, capisce che oramai la sua vita sessuale sta vivendo L’ultima eclissi.

In questi anni, vi devo essere sincero, ho incontrato molti ragazzi simili ad Andy Dufresne de Le ali della libertà.

Sulla parete della loro cameretta, hanno affisso il poster non di Rita Hayworth ma della ragazza dei loro sogni. A volte, di nome fa davvero Rita, a volte è solo una bollita che ancora sfoglia le margherite.

Fatto sta che loro sono innocenti ma non riescono a uscire di casa poiché sono legati al letto come Carla Gugino de Il gioco di Gerald.

No, non hanno ammazzato nessuno ma sono semplicemente pazzi. Si sono rinchiusi da soli nella loro eterna adolescenza complessata da Carrie.

Comunque, sono simpatici. Quelli antipatici sono i cinquantenni frustrati che, non riuscendo più a scopare la moglie, ogni sera riguardano Stand by Me – Ricordo di un’estate.

Li comprendo. La loro moglie è più racchia di Shelley Duvall, appunto, di Shining.

Eppure, malgrado questi panzoni s’immergano nei lieti ricordi della loro infanzia felice per allontanarsi dal presente e, di patetiche reminiscenze passatiste, celebrare le loro melanconie, manco in questi momenti magicamente lirici sono realmente contenti.

Poiché ricordano che, in effetti, anche la loro infanzia fu uno schifo. Trovavano difatti sempre qualche bullo come in It.

Alcuni si sono salvati, sì, non hanno incrociato sulla loro strada un pedofilo come Tim Curry ma solo un pagliaccio come il clown di Pennywise della cagata di Muschietti.

No, questi qua non sono Tim Robbins di The Shawshank Redemption, nemmeno quello di Mystic River. Peccato però che non abbiano la fantasia di King e non sappiano dunque godere neppure del piacere delle loro esistenze horror.

Sì, molti di questi pseudo-adulti cazzuti si credono fighi come Matthew McConaughey de La torre nera.

Ho detto tutto. È la peggiore interpretazione di Matthew.

Queste persone però sono intimamente consapevoli di essere impresentabili. Al che, per fare i duri, hanno abbracciato le teorie filo-scioviniste di Hitler e compagnia non tanto bella.

Insomma, sono dei rincoglioniti come Ian McKellen de L’allievo. Di mio, che posso dirvi? No, non sono un tipo viulento al cento per cento come Diego, sono un giocoliere della mia anima come Maradona. Maradona non aveva bisogno di allenarsi. Cioè di stare assieme agli altri per migliorare. Anzi, a contatto coi brocchi, avrebbe perso il suo genio e avrebbe disimparato.

Gli altri si facevano il culo tutta la settimana mentre Maradona saltava tutti gli allenamenti.

Ed è per questo che Paolo Mereghetti è laureato in Filosofia e io no. Ma sono più bravo di lui sia come critico che come uomo.

 

di Stefano Falotico

nicholson shining

Perché amo Stephen King?


02 Jan

A-adoro e non “addormo” ma(i) domo il mio orso Cujo (bi)polare in canottiera apolide in questi monopoli di polli: video ch’esplica la mia voce che fu muta e ora è mutevole

Che sia un felice anno non bisestile ma gioioso di seni elevati alla s(i)esta!

Quando l’alba, serena, già accudisce il mio Spirito guerriero d’un (im)personale solitario retrovia che giammai è ritrosia ma non atrofizzarmi nei trofei da troie, “eremitando” vado in me sgomitando, raggomitolato nel rannicchiar ischeletrito d’ansia cosmica che irride le buffe comicità irresistibili d’una società malsana, alle sue origini già (s)radicata nelle ebetudini “cortesie” del baciamano ruffiano per poi “calzarlo” in calze a rete, invero son degli irretiti ranto di “lauree” arredate quanto di (s)comode modalità al loro autoinganno sempre più incanalato nei canali di scolo ove, tra navigazioni di furbizia fangosa e laidona, porgeran le gaunciotte a un guanciale in cui guair con una sguaiata che fingerà d’esser una guaritrice dei loro stati alterati e bradi da branco tribale dei trambusti irosi del “tirarselo” poi quando (con)verrà il vento a bandiera di esibizioni onanistiche del più masturbatorio orgoglio che tanto profuma (?) di dignitoso “valore”, a mio avviso indecoroso e da “colorar” solo d’un savio sberleffo e tante appunto beffe di “buffetti” sui miei baffi affabulanti e d’arzigogolo peloso, ispido e nella loro sgradevolezza da violar su mio abito viola “impresentabile” ma a me appetibilissimo con risata fuorviante a tal furfanti.
Quanti farabutti, io ne son il buttafuori. Provarono a “svezzarmi” affinché mi “sfogassi” ma l’infiocchettai senza fiochezze, però con un bel fuoco.

Quanti ne abbiamo visti, noi figli della generazione metallica nell’arrugginirci di carne ossuta mai ossidata e sudata, spellata da raschiar senza dopobarba “glabro” di freschezza. Noi affrescammo il Mondo, murando vivi coloro che ci scolorirono. Fummo intimati ad affumicarci nell’arrostir il nostro fegato dietro i loro (in)dotti rimpianti, invece perseveriamo d’imperterrito inferocirci senza più questo circuir vanità nostra dal circo orrorifico sempre “trapezista” di fighe “calorifere”.

Io son il pestifero e legifererò a mio reddito senza il pro capite di questi capitalisti!
Voglio le loro teste. Prima testarne di tastazione le “castrazioni” con cui s’illusero che non c’allupassimo e quindi, di lupara, “palparli” quando parleranno, aprendo le loro bocche per “imboccare” di “palle”, “gustative”, fedifraghe compagn(i)e nelle campagne ove non è reato toccar “con mano” quelle a cui “ammainarlo”.

Io sono il marinaio, quando recito uso la mia modulazione di frequenza e non frequento chi potrebbe distorcere, d’interferenze psichiche, la dinamica di cui vi vengo-esplodendo con dinamite a inimicarmi il vostro ammiccar d’amichette.

Basta coi giochetti. Chi volle che io non volassi, adesso pagherà e, se non patirà, allora raggiungeremo un patto. S’aprirà la patta, sarà tagliato, mentre raglierà l’ugola del suo pasciuto godere, e poi nel seder lo “intaglierò”, fra un elastico suo dolorin e poi ancora di “taglierino”.
Fin a quando, in preda all’apice del “pisello” sul punto “svenevole” di collasso nel già prossimo, eternamente appisolato, per evitar altro dolore “insostenibilissimo”, afferrerà… una pistola con tanto d’ultima “botta”. Gratificante da graticola nel poi buttarlo alle ortiche. Lì, “smozzato”, “salamandresco” avrà gli ultimi sussulti “virili” del serpentin da me, appunto, di pene “appianato” nel torto ora (e)storto.

Da piccolo amavo il Cinema dei gladiatori, fui silence of the lambs ma ho scoperto che, anziché Vergine, nel calendario celtico, sono Toro vichingo. Dunque, non conchiglia da depresso ma “guglia” dei miei alla francese.

Sì, di lingua io languidamente annacquo chi criminale nacque, benedicendolo nel “darmelo” per poi gettarlo, e incuneandomi in ciò che vorrò.

Poiché l’erba voglio esiste solo nel giardino del Re.
E io sono tutti quelli di Roma. A volte, in questo florilegio di vostri luoghi comuni, credo che il mio praterello abbia sette vite.

Oggi gatto, domani t’abbaio.
Lascia stare il mio cantuccio altrimenti ti metto a cuccia.

Buona caccia.

Comunque, ieri sera ho assistito all’ennesima versione della “celeberrima”, cultissima “Maracaibo” del Calà Jerry.

L’unica volta che valse qualcosa è quando voleva scoparsi Sabrina Salerno, ma finì in mutande.
Adesso non ha più i capelli e neanche la faccia.

L’8 Gennaio presenterò a Roma “Noir Nightmare”.
Dopo doverose parole di rito, mi “ritirerò” così.
In tiro…

– Bravo, complimenti Falotico. Ci racconta adesso la sua storia?
– Sì, impazzii e ora ho fatto impazzire gli psicologi. Il mio primo analista fu ficcato nell’ano così. Lui mi chiese se andavo in chiesa e io risposi che confessai sua moglie.
– Davvero?
– Non lo so, ma lui sì.
Ecco, ne ho passate tante. Belle, soprattutto racchie. Ma ancor non gracchio, vuole grattarmelo, rimanendo in tema di “formaggi” e topi?
– Come? Come prego?
– Non amo le preghiere. Si piegherebbe?
– Si spieghi meglio.
– Ecco, ho pubblicato ed è una buona lettura. Ma, di lettiga, essendo Lei una bona“romana”, aromatizzerebbe il mio pelo pubico?
– Lei non pubblicherà più nulla.
– Si vedrà.
– Cosa?
– Quel che Lei vuol vedere. Si spogli. Qui, davanti al pubblico!

Applauso!

Guardate questo Faloticon’ nel San Silvestrone!

Silenzio! Parla il Comandante!
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Misery non deve morire (1990)
  2. L’ultima eclissi (1995)
  3. La zona morta (1983)
  4. Shining (1980)
  5. Stand by Me – Ricordo di un’estate (1986)
  6. Cuori in Atlantide (2001)
  7. Cujo (1983)
    Bau bau, son il Babau!

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)