Archive for June, 2012

Tommy DeVito


21 Jun

Sono buffo? Ti faccio ridere?

Sì, più passa il Tempo e più me “lo” spasso, vagando da un’Interzona a un “marcamento” a me stesso, “dribblato” di veloci serpentine col “serpentello“, luciferino, che m’incita a non “indur(ir)mi” troppo, per fomentar l’ira savia che si rassereni nel cheto “trastullarlo” fra gli schiamazzi di chi vorrebbe che stramazzassi, afflitto dalle sue puntuali chirurgie ai punti già “suturati” del mio non usurarmi mai.

Il Mondo l’afferro per le corna e “la” scorno senza sconti, incoronandomi Re da me, fra chi m’accuserà di “reati” inventati per arrestare la mia Bellezza “scontata” di meraviglioso “traspirarlo” sofficissimo e un altro invidioso pronto a descrivermi come, di consueto, “matto” o “rimbambito” per circuir altre bambolette con porco approccio da bab(uin)o suinissimo.

Sì, certa gente andrebbe stesa come i panni d’un Sole mai “tergente”, e detersa per torcer quelle menti invertite.

Conosco la vita meglio di voi, che ci “girate sempre intorno” e, torturandovi, vi torchiate a vicenda, fra toccatine e “scaloppine”, fra sandalini e “saldi” alla dignità che avete già venduto e all’anima che vi siete bevuti, imbevendola del sesso “fruttivendolo”, a sventolarvi “vincenti” con le vostre cenette.
Allegria!“.

Sì, quando giocavo a Calcio, tutti erano proiettati verso ambizioni speranzose, le grandi speranze dickensiane, e platealmente, con la “follia” in giubilo a “impallinarli” uno dietro l’altra, nella rete del loro stesso irretirsi d’autogoal.
Che “ingollamento”.

Avete mai più sentito parlare di questi soliti ignoti?
Ortisi, figlio di siculi che volevan per lui una carriera da Schillaci.
Giglioli, che non ha più l’età per “calciare”, e con Gigliola spera nel “quadrifoglio” all’ultimo minuto.
Villa A., figlio del “mitico”, un “fenomeno” che sognava d’essere il Ronaldo di turno e, invece, mi sa che si sarà sposato con Orlanda “la tornitrice”, una che si fumava l’erba in Olanda ed è ora una “lavandaia” dei panni sporchi del marito un po’ fuori dal “nido”. Sull’imputtanito “andatissimo lento“.

L’unico che ve l’ha insaccato sono io, che presto uscirò con la quarta opera letteraria, e di cui vi consiglio di leggere il “Dizionario dei film 2011”.
Vediamo se cambierete direzione e vi darete al gandhismo, cari i miei “ganzetti”.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  Quei bravi ragazzi (1990)
  2. Paradiso perduto (1997)
  3.  Ultimo minuto (1987)
  4.  The Fighter (2010)
  5.  I soliti ignoti (1958)

“Into the wild”


21 Jun

Recensione da incensare contro l'”opinione” d’un cesso

Giroviaggiando”, s’incrociano delinquenti che si spacciano, nel Mondo del Net, ove la “camuffa” è all’ordine del Giorno da “disordinare” e “smerdare” in urine “scrotali”, per “intellettuali”.
Di “risma”, con tanto di faccia carismatica nel “profilo”, “affilatissimo” da lombrosiani ergastolani.

Uno di tali malviventi, da qualche mese sta “opinionando” a man bassa (eh, certo, poteva enunciare alto? Uno che denuncia le persone libere, perché teme gli possan rubar la fighettina?) perfino sui film, “riciclando” la sua senile “gioventù” bruciatissima, che trascorse in cinismi “lieti” e “tizzoni ardenti”, da poseur per l’”applausometro” di qualche “ganza” che “gazzellerà”, da giraffina, fra i “coralli” del suo randagistico esser un cagnino col collarin del padrone.
A regalarle “collane” per “ingollarsela” di ruffian “corteggiamento” e “accolarsela” alle edoniste sue vogliettine tanto annodate. Sì, porgetegli un bavaglino, ché svaba dalla mattina alla sera, mangiando di “raffinata gustosità”.

Sì, sta assumendo le veci del peggior Moretti, dunque le sue “feci”, quando s’improvvisò “critico” di capolavori fuori dalla sua portata e dalla sua “portaerea” immobile da sinistroide senza il Piacer “asteroide” del Cinema sognante, “arieggiante” di cazzate per “stronzeggiare” in Aprile, quando prese di mira, da “mirabilissimo recensore”, i (secondo lui), censurabili Strange Days e Heat.

“Sostiene” che Into the wild di Sean Penn, gli è “piaciucchiato” ma non lo consacrerà mai a capolavoro.
Per le suddette ragioni “semantiche” da geriatria della “psicoanalisi” ai film, secondo cui dovremo intimorirci di “sudditanza psicologica” e “assetarci” alla sua fonte di “saggezza”.

Secondo lui, il protagonista è contradditorio perché scappa di casa ma vuole cercare un’altra dimora, quella nel “bosco”…, quindi la “trama” non ha senso…

Aggiungo io, forse la fuga potrebbe essere una metafora della rabbia giovane?
La ricerca ossessiva che “sbanda”, incerta, da una meta(fisica) all’altra?

Ecco, “calziamogli” questi dubbi…

Continua…, il nostro “illuminato”: secondo lui, il film soffre d’un approccio troppo cerebrale rispetto ai contenuti.
La “spiegazione” che ce ne fornisce è puramente soggettiva. Un tantino “masturbatoria”.

Poi, la “recensione”, scriteriata e molto irrispettosa, va avanti, si “sofferma” sulle troppe “pause” e i momenti “morti” dell’opera, che liquida superficialmente con un “sfiora la noia…”.
E rincara la dose, aggiungendo che i “deliri” del protagonista sono “mielosi“.

Poi, al posto del film di Penn, ci consiglia l’ultimo di Danny Boyle.

Ecco, a tale idiota, quando ascolta(va) Eddie Vedder, avrei chiesto: lo ascolti per il “tiramento?”.
Per “abbronzarti?”.

Hai mai jackato?
Hai mai zigoviaggiato, ritardato?

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  Into the Wild (2007)
  2. La promessa (2001)
  3.  127 ore (2010)

 

Gary Oldman contro gli atleti che fan gli “attori”


21 Jun

Ecco un filmato esilarante trasmesso dal Jimmy Kimmel Show, ove uno scatenato, “furibondo”, strepitoso Gary Oldman inveisce, senza mezzi termini, sboccatissimo contro quegli atleti che “rubano” il lavoro agli attori veri.

Da chi è stato pagato questo “spot?”.
Dal “sindacato” degli attori, come da sovraimpressione finale, eh eh.

(Stefano Falotico)

Walt Kowalski contro il diffamatore balbuziente e il fratello “violentatore”


20 Jun

Un altro sito ove attribuirsi gli “attributi”, ove “qualcuno” te la “tributerà”, e in tribuna del tribunale, di nuovo, confesserai le tue maldicenze

Il matto, il “maniac“, adesso s’è creato un blog, ove, in primo piano da ebete-strabico, campeggia con tanto di foto da mariuolo-“bravo ragazzo“. L'”uomo” che tutti noi conosciamo grazie a me, che l’ho ampiamente sputtanato ma che, a quanto pare, ancor si “diletta” nel “gusto” della “provocazione sanissima”, per quattro risate in compagnia e una campagnola nel letto ad “allettarlo” dopo tanto “lavoretto inappagabile”.

Eh già, ci sono gli “hobbit impazziti“, direi più troll da tro…, che girano per il Net, chissà quale altra “vittima” d’accusare di “schizofrenia”, da scegliere oculatamente per inculcargli l'”inculata” a base d’intimidazioni, password rubate, telefonate nel bel mezzo della Notte, “cenacoli” orgiastici e riti “sacrificali” alla sua “verginità” per un pasto luculiano da “vampiretti”.

Con l’amico d’infanzia, handicappato che gli regge il moccolo essendo un “mongolo”, il fratellino che continua a gridacchiare fra la racchia della madre, le tirate d’orecchie del padre, il “ricchione” a cui “lui” porge il “cetriolo” in segno di sfottò con frase, ad effetto, “Io ti fotto per il cul”, e qualche meretrice che s’è ben “meritato” nella sua vita “aristocratica” da chi “uccide” la gente, poi, grassa, borbotta di “bottarelle” e la celebrazione storpia su frase “sobrissima”: “Sono come Marlon Brando, però, dopo tutte le mie mafie, ho incontrato Al Pacino che m’ha fatto traslocare e spendere mezzo patrimonio davanti al giudice. Questo Al Pacino lo voglio vedere morto, e lo seppellirò vivo. Così, nel caso (molto probabile) che non dovessi riuscirci, mi chiederà un rimborso per il quale non potrò neppure comprare il latte al mio cagnolino, l’unico che ancora mi lecca…”.

Ricordate: mai mettersi con un Uomo dallo Sguardo di ghiaccio.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  Gran Torino (2008)
  2.  Il texano dagli occhi di ghiaccio (1975)
  3.  Il cavaliere pallido (1985)
  4.  Il padrino (1972)

Il cucù


20 Jun

 

Il loro consiglio, “nobile”, fu: se sei un vergine nubile, prendi una “donna” e “dalle” una botta, altrimenti ti picchierem di botte. Invece, la bomba esplose, sentite che botto!
Il cuculo è l’uccello che si “annida” per slegare i nodi…

Col passare degli anni, il mio volto asciutto si sta “prosciugando” in un “nicholsonando” sempre più somigliante al Jack, di pelle e giacchetta, più ribelle.
Oltre a una leggera, “lieta” stempiatura e sfibrati capelli, ex cotonati e ora “balsamici”, gli occhi, “torvamente”, si stan strabuzzando in una “pazza” espressione fra il commosso (cerebrale) e il “beato” malinconico con schizzi imprevisti d’euforico candore “comico” e sprizzante vitalità nel mio effervescentissimo frizzantino d’un cervello “bizantino” e una sessualità “fantina”.

Ah, avrei da raccontarvene sulle “istituzioni” psichiatriche, ove gli infermieri, di Notte, dopo aver sedato i pazienti che non hanno pazienza, “pazziano” nel “bucato” delle colleghe, “collegatissime”, pazzerelle, fra un orgasmo poco “mozzarella” e una zazzera spettinata, molto petting, “slanciato” nel petto, delle farfalline fra cosce e zanzare…

Sì, la mia storia è identica al “cuculo” McMurphy, un Uomo sanissimo ma (in)cosciamente “inculabile” perché non aveva un “ruolo” sociale, dunque facilmente “schedabile” per calmare la sua bile infervorata nei confronti d’un Mondo che non “lo” soddisfava e con “il quale”… “giogaron” a biliardo…

Così, fui “internato” perché non avevo neanche un lavoro interinale, e posso ora narrarvi, “dispiaciuto” da tutto ciò che vidi e, su cui, in ogni (det)taglio, non sarò affatto “affettato” né mansueto.

Vidi “medici” ordinare che “legassero” ai piedi del letto degli epilettici, solo perché la loro crisi era “scalmanata”, e poi manescamente, animalescamente, torturarli “a fin di bene”.
Vidi apprendiste “prenderlo” molto bene dal direttore della “clinica”, che ben “analizzò”, “a fondo”, tutta l'”igiene”.

Vidi gente minacciare il suicidio, venir somministrata d’una minestra “fredda”, e vidi geni accusati di “deformità genetica” solo perché la loro mente è sproporzionata rispetto alla demenza d’una società in cui, i “valori”, son farsi valere da “volenterosi”, volenti o nolenti, con la “violenza”.
Ove chi vince in questo schifo, è l'”uomo” con le palle da toro, che spacca il culo.
“Complimenti”.

Vidi analfabeti a capo(rali) dei “capi”, e “capoccioni” lobotomizzare i sognatori, perché “deniravano”.

Vidi questi psichiatri accoppiarsi fra un accoppare “una” e “coppe al gelato” di suzione mammaria al seno più “latteo”.

E, come McMurphy, io (e)levo un grido, e stimolo l’indiano a defenestrarli e a purificarli nel lavabo!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  Shining (1980)
  2.  Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975)
  3.  3 giorni per la verità (1995)

Qualcuno volò sul nido del cuculo – Wikipedia vi dà una mano a ribellarvi!


20 Jun

 

Sì, adesso, se vi sentite “istituzionalizzati” e venite trattati da “matti” da un Mondo ricattatorio e falso-fascista, pot(r)ete, voglio rendervi potenti, sì, sfogliate questo film capolavoro, assieme alla nostra enciclopedia online più famosa.

Qualcuno volò sul nido del cuculo (One Flew Over the Cuckoo’s Nest) è un film del 1975 diretto da Miloš Forman.

Ha segnato la storia del cinema nella trattazione innovativa di un argomento molto delicato come il disagio relativo agli ospedali psichiatrici, denunciando in maniera drammatica il trattamento inumano cui sono sottoposti i pazienti ospitati nelle strutture ospedaliere statali, verso cui vige un atteggiamento discriminatorio alimentato dalla paura dell’aggressività dell’alienato mentale.

È tratto dal romanzo omonimo di Ken Kesey, pubblicato nel 1962 e tradotto in italiano nel 1976 da Rizzoli Editore. L’autore scrisse il libro in seguito alla propria esperienza da volontario all’interno del Veterans Administration Hospital di Palo Alto, in California.

È uno dei pochi film nella storia del cinema (insieme a Accadde una notte di Frank Capra e Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme) ad aver vinto tutti e cinque gli Oscar principali (miglior film, miglior regista, miglior attore, miglior attrice, migliore sceneggiatura non originale).

Nel 1993 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.[1]

 

 

Il titolo

 

Il titolo è altamente simbolico, ma la traduzione italiana limita la comprensione effettiva del suo significato. Letteralmente riprende il verso di una filastrocca: Three geese in a flock, one flew East, one flew West, one flew over the cuckoo’s nest (“Uno stormo di tre oche, una volò ad est, una volò ad ovest, una volò sul nido del cuculo”). Il termine inglese “cuckoo” indica propriamente il cuculo, ma in senso traslato significa anche “pazzo” e quindi il titolo potrebbe essere tradotto con “qualcuno diventò pazzo”. Il cuculo non costruisce un proprio nido ed è solito deporre le sue uova in quelli altrui. I piccoli di cuculo, una volta venuti al mondo, spingono fuori dal nido i figli degli uccelli che lo hanno costruito. Questa prole adottiva viene poi nutrita dai nuovi genitori che, guidati dall’istinto, continuano ad accudire i nuovi nati come se fossero i loro. Un ulteriore significato può essere dato dal fatto che, il protagonista, giunto nell’ospedale psichiatrico, porta gli altri pazienti ad interpretare la loro permanenza all’interno della struttura in modo innovativo, fuori dai canoni infermieristici e cambiando abitudini, stravolgendo cioè “il nido” e le sue precedenti regole.

 

Trama

 

La vicenda si svolge all’interno dell’Ospedale Psichiatrico di Stato (State Mental Hospital) di Salem (Oregon). Lì giunge, da un campo di lavoro carcerario americano, un uomo di nome Randle Patrick McMurphy a colloquio con il primario. Il Dottor Spivey spiega a McMurphy che dovrà essere trattenuto nell’ospedale psichiatrico per essere vagliato, cioè per determinare se la sua malattia mentale sia reale o simulata.

Il signor McMurphy apparentemente aderisce, ma pur sapendo di essere sotto osservazione in reparto tiene un comportamento anticonformista nei confronti delle regole che rigidamente disciplinano la vita dei degenti. Tanto per incominciare fa il verso ad un nativo americano gigantesco, imitando una danza tribale indiana, poi non prende la medicina e la sputa in faccia ad un altro paziente. Quando non gli viene concesso di vedere la partita di baseball in TV, propone dapprima di sfondare la finestra con un pesante lavabo, ma non riesce a sollevarlo. Poi si improvvisa radiocronista di una immaginaria partita, e sobilla i degenti a fare rumore, mettendosi contro la caporeparto, Signora Ratched. Un’altra volta organizza una fuga riuscita e conduce i degenti a pescare in una gita su una barca rubata, spacciando sé e gli altri per un club di scienziati. Giocando a poker vince tutte le sigarette dei suoi compagni di malattia, così la caporeparto, Signora Ratched è costretta a razionarle. Ne nasce un violento parapiglia e invece di tenersi fuori, come fanno tutti ad eccezione di un altro paziente e del Capo indiano, si scaglia a pugni contro un infermiere e perciò finisce nel reparto agitati, dove è sottoposto ad elettroshock.

Sull’esempio di McMurphy, i degenti imparano ad essere persone e a esprimere liberamente le proprie necessità, contro l’austera disciplina imposta dalla caporeparto Signora Ratched, usando il principio della votazione a maggioranza, che lei stessa ha usato in passato per imporre le regole istituzionali, facendo leva sullo stato di inferiorità nella quale si trovavano gli ammalati mentali. McMurphy, instaurata un’amicizia con Billy Bibit, un ragazzo introverso e affetto da balbuzie, e con il “Grande Capo” Bromden (un nativo sordomuto di gigantesche dimensioni), capisce quella che lui chiama: “la disonestà di fondo di Mildred” e assieme ai degenti cerca di smontarla. I degenti si rendono conto che malgrado la propria malattia sono comunque persone rispettabili e ammirano McMurphy per le sue aspirazioni libertarie. Ma McMurphy finalmente capisce che l’ospedale psichiatrico non è un luogo adatto a lui e pensa di potersene andare alla scadenza della pena, ma, dopo 68 giorni, un inserviente gli fa notare che non è così. Lui, adesso che è considerato un ammalato psichiatrico, rimarrà lì, finché non verrà ritenuto guarito, finché vogliono loro, senza una data precisa in cui uscirà e senza limiti di tempo, e allora McMurphy decide di scappare.

McMurphy scopre poi che Bromden si è, da sempre, finto sordomuto per sbarcare il lunario in ospedale, decidono di scappare insieme in Canada ma prima, corrompendo il custode notturno, organizza una festicciola notturna d’addio per i compagni con la partecipazione di due giovani donne benevolenti, fatte entrare di soppiatto da una finestra. L’ubriachezza vanifica la fuga e, invece di scappare, McMurphy si addormenta insieme a tutti. La mattina successiva la Caposala Ratched trova il reparto sottosopra, sporcizia, bottiglie vuote di superalcolici, cicche e gli avanzi della baldoria, la serratura della finestra forzata. In questo disordine inconcepibile in un distinto e ben gestito, quasi modello, reparto come il suo, la Signora Ratched coglie molti degenti addormentati per terra e Bibit a letto con una delle ragazze. Billy, di fronte all’ennesima violenza mentale subita (la minaccia della caposala di denunciare il suo operato alla madre), è sgomento, ha paura, perde la testa e si suicida per la vergogna. Di fronte all’evidente responsabilità della Signora Ratched, McMurphy ha un attacco violento e aggressivo, così le salta addosso tentando di strangolarla, ma un inserviente lo stordisce. Di fronte a quest’ultimo episodio la commissione medica si convince che McMurphy è un ammalato pericoloso e che questa sua aggressività vada curata con una lobotomia. Mentre tutti i degenti si chiedono dove sia finito, una notte McMurphy appena operato, instupidito, viene ricondotto in reparto. L’indiano, Capo Bromden, quando lo vede in queste condizioni, senza più forza di volontà, decide di non abbandonarlo al suo destino: lo uccide, soffocandolo con un cuscino. Poi strappa da terra il pesante lavabo di marmo (quello che lo stesso McMurphy, all’inizio, aveva cercato invano di staccare), lo scaglia contro una finestra e fugge dalla breccia, correndo lontano verso la libertà in Canada.

 

Cast

 

Kirk Douglas aveva inizialmente destinato a se stesso il ruolo del personaggio protagonista fin da quando acquistò i diritti per la produzione del film. Suo figlio Michael, dopo che il padre gli ebbe ceduto la produzione, decise che Kirk era troppo vecchio per quella parte. Il ruolo di McMurphy venne inizialmente offerto a James Caan, che rifiutò. Si pensò anche a Marlon Brando e a Gene Hackman, prima di assegnare definitivamente la parte a Jack Nicholson.

Il ruolo della protagonista femminile venne rifiutato da cinque attrici (Anne Bancroft, Colleen Dewhurst, Geraldine Page, Ellen Burstyn e Angela Lansbury) finché Louise Fletcher l’accettò appena una settimana prima dell’inizio delle riprese.

Ellen Burstyn rifiutò il ruolo poiché all’epoca doveva prendersi cura del marito malato mentalmente. Il ruolo, cucito per la Burstyn, ha portato gli inesperti a confondersi con le due attrici (Fletcher e Burstyn) tanto da elogiare in prima persona Ellen Burstyn per una parte appunto non interpretata. La stessa Fletcher dichiarò che fece del suo meglio in uno dei ruoli di Ellen Burstyn, tuttavia la Fletcher riuscì magnificamente nella prova recitativa.

 

 

 

Colonna sonora

 

Jack Nitzsche compose la notevole colonna sonora del film, che gli valse una nomination all’Oscar, premio che poi si aggiudicò John Williams per la colonna sonora de Lo squalo, di Steven Spielberg.

  1. One Flew Over The Cuckoo’s Nest (Opening Theme)
  2. Medication Valse
  3. Bus Ride To Paradise
  4. Cruising
  5. Trolling
  6. Aloha Los Pescadores
  7. Charmaine
  8. Play The Game
  9. Last Dance
  10. Act Of Love
  11. Jingle Bells
  12. One Flew Over The Cuckoo’s Nest (Closing Theme)

Notevole brano d’epoca intramontabile, Charmaine (quello che fa arrabbiare McMurphy perché suonato a volume troppo alto) suonato nel 1951 dall’orchestra Mantovani. La musica del brano Charmaine fu scritta nel 1926 da Erno Rapee, e le parole da Lew Pollack e pubblicata nel 1927 a San Francisco da Sherman, Clay & Co. Suonata alla fisarmonica da Gorni Kramer e cantata da Jula De Palma nel 1953 e da Frank Sinatra nel 1962.

Critica

La pellicola ha continuato a vincere un totale di ventotto premi.

Da parte dei critici ha ottenuto recensioni contrastanti. Roger Ebert (che vincerà successivamente il premio Pulitzer) ha sostenuto che Qualcuno volò sul nido del cuculo «è una pellicola così buona in tante sue parti che c’è la tentazione di perdonarla quando va male, cioè nei momenti in cui insiste sul fare più grandi certi punti di quel che la storia realmente dovrebbe trasmettere, di modo che alla fine le qualità umane dei personaggi si perdono nel significato dell’insieme.

Malgrado ciò ci sono dei momenti di luminosità[2]». Ebert successivamente metterà la pellicola sulla sua “lista di grandi film”[3].

Attualmente, la pellicola è considerata come uno dei migliori film americani ed è al 33º posto sulla lista dell’American Film Institute; l’infermiera Ratched è al 5º posto sulla lista dei 50 grandi cattivi e il film si pone al 8º posto nell’Internet Movie Database[4].

Dal 1975 al 1987, per dodici anni, la pellicola è stata proiettata nei cinematografi svedesi, ottenendo un ulteriore record.

Malgrado il film sia per la maggior parte svolto nel dormitorio/soggiorno di un reparto psichiatrico, vengono dibattuti temi universali e fondamentali della vita, come la contestazione, i diritti dell’individuo, la violenza sessuale sui minori, i Nativi Americani, le intolleranze etnico culturali, la letteratura americana, il disagio psichico, la follia, l’handicap e la malattia mentale in rapporto con la società.

La gita di pesca nella Baia Depoe (Oregon), è stata aggiunta alla fine e inserita a metà, forse per interrompere la ripetitività della descrizione delle sedute di psicoterapia di gruppo. Malgrado il rischio di essere noiose, queste sedute di psicoterapia non sono monotone. Ogni componente viene descritto e rappresentato con molto realismo e i personaggi sono fedeli al loro stato di malattia in ogni momento. La conduttrice delle sedute di psicoterapia di gruppo, la Signora Ratched, esprime lei stessa la propria sofferenza psichica, cercando di prendere le distanze dalla malattia mentale, che pretende di chiarificare, sforzandosi di inquadrarla in un insieme di rigide regole, come se la malattia psichiatrica si potesse curare con un insieme di imposizioni. Così, la Signora Ratched finisce per usare in modo autoritario la sua funzione terapeutica, rendendosi antipatica e disumana. Le fa da contraltare un paziente, McMurphy, abituato a infischiarsene di qualsiasi regola.

Ci viene presentato un ospedale psichiatrico modello, con campo di basket e piscina, una sala per l’idromassaggio, adiacente al dormitorio. Gli ammalati sono suddivisi per gravità di malattia, per cui i meno gravi non devono sopportare la malattia dei più gravi. Gli ammalati meno gravi, sono relativamente liberi e vengono condotti in città con l’autobus. I medici si vedono poco, ci vengono mostrati solo nei propri studi a dare disparati giudizi sulla salute mentale e sulla pericolosità di McMurphy. Ci viene mostrata una seduta di terapia della malattia mentale grave negli anni cinquanta, l’elettroshock.

Molti critici hanno visto nel romanzo da cui è stato tratto il film una metafora della vita che anticipa il 1968, l’anno della contestazione giovanile. Il Signor McMurphy e la Signora Ratched sarebbero le due facce della stessa medaglia, come McMurphy rappresenta lo scontro violento contro l’autorità, così Ratched rappresenta quell’autorità al potere che non si può scalzare.

 

 

Firmato il Genius

Walt Kowalski versione “It” – L’incubo che tormenterà le adolescenze assassine


20 Jun

 

Un pagliaccio “ipocondriaco”, soffre ancora d’idiosincrasia contro la gente che “lo” odiò

Sì, stanno lì, appollaiati nel loro “reame” di squallor da “squali”, ora ben “equilibrati”, di quella ponderatezza che gioca sempre poco pulito in un “fair play” a “sgambettare” e sgallettare fra giulivissime molto “gioviali” col loro “giovarle” da “Don Giovanni” oratori di sodomie da “oratorio” di “medici” e ammalate.
Come “le” guariscono loro, neppure l’amico del giaguaro…

Dove pensano di fuggire tutti quanti, tali furfanti?
Gente “abituata” bene, sin dalla nascita d’un parto che io avrei abortito, perché costoro io li aborro!

Sì, la madre, una sicula, “sicura” di sé, che ha sempre vissuto un rapporto estremamente conflittuale col fratello, che “emigrò” a Roma per far “carriera”, sposandosi a una da cui pender dalle “labbra”, che, per “favorirlo”, serviva i “favorini” a chi poteva “avvantaggiarlo”. “Allettandola” con chi, in Rai, poteva “irraggiarlo”.
Sì, il marito è un fumettista, disegna dei suoi Soli spenti, trasfigurandoli per non pensare ai tradimenti della “nuziale” sua traviata, e cura i tagli, che la “consorte” gli infierisce, sollazzandosi con ritratti “colorati” delle sue notti bianchissime.
Sì, la sorella, la “matriarca”, studiò filosofia per “allentar” un po’ le “tensioni” del padre, una bestia che “la” immalinconì parecchio, a cui chiese poi perdono, “indirizzandola” a studi ove poté “potarsela” del tutto, “trasferendola” poi a Bologna, ove, in una festa de l’Unità, incontrò un comunista fascistone che ben “fasciò” le ferite “inflittele” da chi così tanto “la acculturò”.
La cosiddetta “protezione” del “signorotto” col pancione.

Dall’unione della supersfigatona e del “figo” delle “crescentine” per le “sartine”, nacquero i due figli.

Molto “colti” e “acuti”, che, per puro “diletto” scherzevole, presero di mira una persona che aveva scelto di vivere a modo suo.
Sì, vollero, con sevizie e torture sempre più viziose, nel loro ozio da “zii”, “svezzare” un ragazzo che reputarono da “sputtanare” perché troppo “viziato”.

Così, dopo innumerevoli assalti, saranno assediati a morte, da un Pennywise tornato e tormentante, “orribilmente” a fotterli in vita, per un “sogno” loro molto oppressivo.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

Walt Kowalski contro il denudato criminale che non sa più a quale Kurt Cobain, il “santo”, appellarsi, perché sarà spellato


20 Jun

La vendetta è un “pasto nudo” che va gustato freddo, “al caffè”

La famosa crème de la crème bolognese, di gente, gentilissima di calunnie e falsità sul conto altrui, che passa il Tempo a “cremare” gli “antipatici”, a “pulirli” et(n)icamente, e li vuol veder elidere e farli “crepare”, e, invece, stavolta hanno incontrato chi, “nutellescamente”, di (ma)scarpone, li divorerà come crêpe, slabbrandoli ispidamente nel “sotto i baffi” che farà nomi e cognomi.

Sì, con questi qua, bisogna usare le maniere forti, visto che, oltre a esser dei babbei, dunque dei ritardati, son innatamente, (in)naturalmente, anche tardi di comprendonio.

Il loro grado di ottusità si spinse talmente oltre da voler “accerchiare” una persona e “incendiarla”, poi “riderselo” da “ferinissimi” molto fieri della loro violenza induttiva al suicidio, e denunciare la stessa persona di “malattia mentale” quando questa “diede di matto” per la brutalissima aggressione, da tali impostori ritorta contro perché ritenuta “infondante” e “indimostrabile”.

Come no, le loro coscienze si svegliano di Notte e, dopo l’amplesso con la cretina, vomitan tutta la merdona.

Già, “giallo”, la verità viene sempre a galla e, alla prossima conferenza del mio libro, mi sa tanto che, platealmente, proprio letteralmente, prendetemi alla lettera in quanto letterato, soprattutto contro l’analfabetismo di queste poverissime “anime”, sarò io a pretendere il lauto, lecito, “leale” risarcimento, con tanto di firma in calce del mio calice.
Sì, tutti i nomi di tali omuncolissimi, così “muscolosi”, usciran fuori di bocca, proprio da quel buco che volevano ammutolire…

E le loro psichiatrie andran ancor più a puttane, quali improstituiti della loro carne improsciuttata già put(rid)a, col mio avvocato che non aspetta altro che un’altra mossa falsa da parte di quei “gestori” della radiolina cittadina che “ama”, per tiramento, “segnalarmi” di reati mai commessi, solo per intimidirmi di ricatti.

Così, anziché mettere su la loro musicaccia in quel pub da Sabato ser(r)ra, saranno “insederati” a cuccia, a mendicar da barboni con la reputazione macchiatissima.

Se lo sono andati a cercare.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  A History of Violence (2005)
    Stavolta, “amico”, volevi rapinare Tom Stall…
  2.  Gran Torino (2008)
    Forza, ammazzami, e altro che “processo per direttissima ed ergastolo a vita”, come dici tu, “simpaticamente”, quando sfotti e poi blandisci così chi pensi che non può farti nulla.Infatti, non lo toccheremo neppure con un dito, ci penseranno i poliziotti a “manganellarlo” in galera.
  3.  Ronin (1998)
    Che c’è dentro la valigetta?La vendetta che ti renderà molto “melanconico”.

    – Oh, ma son passati così tanti anni, e a questo qui non passa. Basta, ha rotto.
    – No, quelli rotti sarete voi, che pensavate di passarvela liscia con le “passerine”.

Walt Kowalski, il moralista innamorato del suo “moro”


20 Jun

Tante storie, la gente, inventa su di me e sul mio conto, perché sconti senza sconto il mio trascorso “eremitaggio”, come se dovessi approvare che, “provato”, ce l’ho ancora “privato”

Sono Walt Kowalski, di mattina, sofficemente, mischio il cucchiano nelle bevande alle “lavande”, gastriche, delle vostre gastriti, e me ne frego altissimamente, connettendomi su Sky e programmando la registrazione della maratona su Il Trono di Spade, e poi acquistando il “mattone” di migliaia di pagine su Ibs.it, con la clausola che sarà mio solo se il mio “sciabolone” sarà lucidato nel Medioevo più magico con una Donna romanticamente “bretone”, forse una bruttona. Mah.
Questa è una serie imperdibile, di combattimenti a fuoco, di cavalieri truci e “truzzi”, di capigliature improponibili, di nani malefici e figli di puttanissima, di bambine prostitute che fan danno, “dandola” a tutti e, “alzandoli-dondolandoli”, aizzano le maschie rivalità, fra altro muschio e “boschetti”, fra uccelli, rovi e un “gatta ci cova”, e un’altra scopata vicino al caminetto, con tanto di armature amatissime, “metallare” di “musica” tonante e “alitandole”.

Sì, per ora, questa qui è la migliore in assoluto, annettendola al film, in due “puntate”, su Jack Kevorkian, con un mefistofelico Pacino più “vecchio” del solito, e Boardwalk Empire, il Buscemi finalmente protagonista e cattivissimo che ti rende pink sparandoti nelle palle, di pallottole.

Sì, l’Italia rimane un “Paese” di puttanieri e zoccoline, Sara Tommasi, lascia fare…, si fa drogare” da Vincenzo ma, nel contempo, scrive, illetteratamente con calligrafia infantile, una lettera di denuncia per creare lo scandalo già annunciato da chi, pur di porno adesso, non è Suor Annunziata.

“The Master”, nuova clip “inquisitoria”


19 Jun

 

A scadenza calcolatissima, la Weinstein Company continua a distillarci nuove clip, sempre più misteriose, di The Master, capolavoro annunciato di Paul Thomas Anderson.

Finalmente, possiamo ammirare Philip Seymour Hoffman, inquietantissimo, “in azione”.

 

(Stefano Falotico)

 

 

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