Posts Tagged ‘San Silvestro’

Anno nuovo, vita nuova: I due Papi è un film meraviglioso, mi spiace per voi se siete cinici e miscredenti della vostra vita, soprattutto


02 Jan

80437620_10215335863172686_9218677358427373568_o

Prima parte: corrosivo come al solito, sprezzante e strafottente ma non dovete credere alle mie burlesche rabbie

Be’, non ho da confessare nessun Atto di dolore né da redimermi di alcunché.

Scorrendo, tramite il mio promemoria, all’interno del mio passato spesso ingrato e inglorioso, ammetto perfino indigesto e nervoso, anzi emozionalmente nevoso, specie per me stesso, posso altresì constatare d’aver turbato chiunque parecchio, facendo (in)giustamente lo stronzo odioso. Oppure apparendo tale, il che è un po’ inquietante.

Sì, debbo ammettere, inginocchiandomi dinanzi alla mia stessa genuflessione da uomo spesso introverso e deflesso, anche fesso e basta, che non mi si potesse dichiarare né sfigato né ritardato.

Il che rende la faccenda ancora più tremenda e al contempo strabiliante.

Sì, lo sfigato è il classico tipo-“topo” che fa di tutto per sembrare piacente e piacevole ma nessuno lo prende in considerazione. Al che, si macera nell’autocommiserazione e nel piangersi pateticamente addosso. E nel frattempo è bavoso e rosica.

Il ritardato invece certamente non è uno che conosce molti libri di Biologia a memoria. Non credete?

Dunque, chi sono? Ma soprattutto chi cazzo fui?

La risposta è che non c’è risposta. Questo potrebbe essere il nuovo mistero di Fatima ma anche l’ultimo misero con la sua satira. Non lo so. Scegliete voi. La seconda che ho detto? Optiamo per la terza possibilità?

Sì, io mai capii questa storia della seconda chance. Non c’è due senza tre, come si suol dire. Dunque, io opterei per la quarta. Mi pare una misura giusta. Sì, non è né troppo abbondante e maggiorata né troppo piccola. Sì, una quarta ci sta. Non so se una di prima. Anche perché non ci starei io.

Sì, se dirimpetto a me si presentasse Margaret Qualley di C’era una volta a… Hollywood e mi dicesse che non sono un cesso, anzi, che con molto piacere mi farebbe il servizietto in bagno o direttamente mentre tengo il volante, la manderei a fare in culo, bloccandola col servosterzo, seduta stante.

Non sono Brad Pitt ma devo conservare una certa morale. Insomma, le direi:

– Ehi tu, zoccoletta, se credi che finirò in manette perché vuoi farmi un pomp(in)o con la tua manina, sgommando di brutto con la lingua a manetta, chiamo subito i Manetti Brothers e ti faccio assumere come streghetta nel loro prossimo film intitolato Ove va la gatta al lardo ci lascia lo zampillo, no, volevo dire lo zampone, no, lo Stregatto, no, il coglione stregato e fregato. Diciamo anche sfregiato.

Dunque, coccolina, non fare la precoce Cicciolina. Adesso, ti regalo un Cicciobello e succhiagli pure i polpastrelli, mia pollastrella.

 

Vorreste mettermi sulla croce, miei ladroni?

No, vissi come volli e ove, nelle mie fantasie colorate, soventemente da me stesso infamate, sebbene immerse in giorni pallidi, irrequieti e scoloriti, volai. Insistendo ad oltranza, spesso e volentieri, nel mio eremitico stile di vita certamente mitico e dai poveretti assai ambito. Talvolta da codesti lambito eppur mai pienamente capito, anzi, perennemente respinto e guardato sia con invidia che con sospettosa, inquisitoria burbanza schifosamente melliflua.

Che è poi la stessa cosa. Poiché, quando si vuol indagare nell’animo e nelle emozioni altrui, con la superbia tipica di chi si crede redentore, no, ah ah, detentore dello scettro e dell’assoluto, dogmatico, scappellabile, no, inappellabile e, in particolar modo, anzi a proprio solipsistico mondo, Credo incontrovertibile, parimenti credo io stesso che si patisca un calvario infernale da gente tracotante e infinitamente infida, cioè miserrima. Penso che si viva cioè tormentati dal credersi felici, appagati e certi delle proprie stesse credenze e certezze al fine unicamente di mentire spudoratamente, in modo vile e assai poco virile, celandosi per l’appunto nel più retorico, moralistico, ortodosso scibile fintamente nozionistico e istruttivo, solamente per negare agli altri, in primis allo specchio, la verità nuda e cruda. La verità meschina chiamata ipocrisia. Ché è una e trina, ubiqua e spesso pure obliqua in quanto viscida e serpentesca come il linguino del verme Lucifero. Il quale, appunto, baldo e apparentemente molto bello, si bardò di una maschera seducente per rovinare ogni altrui purezza e innocenza, concupendole e quindi incupendole tristissimamente soltanto perché geloso delle loro, queste sì, immani, interiori bellezze e soavi, dolci libertà con tutte le loro annesse, eh già, trasgressive, magnifiche spericolatezze e il loro vivido, misterioso sentore, il loro profumo avvolto nella soffice ebrezza vellutata d’una forte venustà lontana dalla fandonie, dai carri dei cosiddetti vincitori falsi, animaleschi, bugiardi e carnascialeschi. Remotamente distanti dall’abisso della perdizione degli uomini ottusi malati di cancro nel cervello dei propri cor(p)i disturbati da idioti e da unti-bisunti untori o solamente calunniatori.

Cosicché, ancora soventemente, su Facebook e altrove, profili senza identità, vale a dire spregevoli anonimi, mi attaccano, offendendomi senza un briciolo di amore.

Gente per cui m’è difficile provare compassione e perdonare, restaurandola a brillante lindore. Ma, essendo costoro delle disgraziate persone, cioè persone non ancora toccate dall’armoniosa aurora della consapevolezza della propria imbarazzante umanità spenta e scevra d’ogni senziente ardore, quindi fredda e incolore da suscitare solo fetore e spettrale pallore, terrore e aridità nel comunicare tetraggine e plastificato candore, in quanto addirittura tali persone vorrebbero spacciarsi per operose, volenterose e inviolabilmente amorose, ecco… dicevo… posso biasimarle, possono indurmi a volere loro bene in quanto ignoranti della propria squallida, disumana, agghiacciante condizione da persone gelose e più brutte nell’animo di un babau da film raccapricciante dell’orrore.

Ma mi tocca una donna, no, ah ah, mi tocca benedirli e, con un segno di fratellanza, di pace ecumenica, prenderle ancora un pochino per il culino. Contro gl’irredimibili dementi si può fare ben poco se non assecondarli per lasciarli (in)felici e (s)contenti. Tanto non scoperanno, no, non scoppieranno, no, giammai scopriranno di essere scemi neanche in punto di morte. Se credono nel dio cristallino, no, cristiano, davanti al prete per la Sacra Unzione, diranno che peccarono solamente di avere amato troppo il mondo. Io direi troppo la farfallina, cari farfalloni.

Sì, nemmeno allora, anzi al giungere ultimo e definitivo, senza via di possibile ritorno della propria ora, confesseranno di essere dispiaciuti di essere stati superiori. Loro affermeranno di essere stati non solo alle superiori in quanto ora laureati alla Bocconi.

Sì, mi facessero un bocchino. Ah, le università sono piene di dottoresse. Sanno misurare bene la pressione.

Ecco, ora sono maggiorenni e quindi, se mi violenteranno psicologicamente e sessualmente, chiaverò, no, chiamerò subito Michael Douglas di Rivelazioni.

Assieme, intenteremo una causa contro queste donne virago che stuprano la virilità con la ricotta, no, coi ricatti.

Se perderemo la causa, forse anche la casa, io e Michael metteremo su Striptease e ci spareremo. No, ce la spareremo. Non c’importerà una sega, come si suol dire.

Ah ah.

Insomma, gente di poco conto ma di molti coiti. Fanno venire la colite. Gentaglia da quattro suore, no, soldi.

Persone che si celano, dunque si congelano, dietro le referenze e i titoli nobiliari ma in verità vi dico che, se fossi stato in Cristo, avrei resuscitato Mosè per affogarli nel mar Rosso. Nefertiti doveva divorziare dal faraone del cazzo e accoppiarsi con Cleopatra. Sarebbe venuta fuori Liz Taylor. Una che sposò cinquemila volte Richard Burton, il quale fu bisex.

Nel tempo libero, la mummia Liz si fece imbiancare la “piramide” da Michael Jackson, un nero che desiderò da sempre non una bianca, bensì diventare bianco. Sì, per anni, durante l’apartheid, anche forse negli appartamenti di Harlem, i neri sognarono di diventare bianchi per fare l’amore con la moglie del personaggio di Martin Scorsese di Taxi Driver. Mentre Robert De Niro ebbe quasi solo amanti di colore. Bella questa, questa è bellissima, ah ah.

Di mio, perciò, posso dirvi che giammai desiderai la donna d’altri. Perché seppi che sarebbero stati cazzi. Sì, quasi tutte le donne sono fedifraghe. Quindi, oltre al marito cornuto che m’avrebbe mazziato, avrei dovuto vedermela anche con altre teste di minchia, a loro volta desiderose di fottermi.

Di mio, oh dio mio, me ne fotto.

Ieri, durante il mio viaggio di ritorno da Monaco di Baviera, dopo aver preso l’aereo, sopraggiunto che fui (anche ebbi) in treno, in carrozza fui affiancato alla mia sinistra da una donna cinese e alla mia destra da un carabiniere di Napoli. Cosicché, ascoltai la conversazione del napoletano che, ad alta voce, riferì dei cazzi suoi. Ed è per questo che venni a conoscenza del suo lavoro, il carabiniere del tricolore.

Gli chiesi:

– Scusi, dopo aver festeggiato la notte di San Silvestro, sta tornando a Bologna dove lavora, vero?

– Sì, perché?

– Ah, il viaggio è lungo, mancano ancora due ore all’arrivo in stazione. Devo far passare il tempo. È una domanda come un’altra.

– Ah, capisco. Le interessa qualcos’altro della mia vita personale, affettiva e lavorativa?

– No.

– Come mai? N’è sicuro? Non è curioso?

– No, anche perché so già tutto. Da mezz’ora, lei è al telefono con Nunzia. Tutta la carrozza sa che Nunzia ama gli scrittori giapponesi. Ama anche i babilonesi?

 

Al che, si alzò, imbestialita, la donna cinese seduta alla mia sinistra:

– Sono meglio i cinesi!

– Io dico che sono meglio i milanesi – intervenne uno a sproposito.

– Non è vero. Sono meglio le tedesche. Hanno un grande culo – replicò un francese con a fianco una con un seno così enorme da far senso o farci solo una spagnola dopo aver mangiato lo zabaione o forse dopo un bel piatto di maccheroni.

 

Si creò un russo, no, una rissa, un parapiglia. Si svegliò anche un mitomane che russò. Il quale urlò che finì a letto con Carmen Russo.

Di mio, per uscire dal casino, andai nella toilette e me ne lavai le mani.

Di me, la gente continua a non capire un cazzo. È meglio, fidatevi. Furono cazzi loro. Che poi… anche questa storia del… ti fai o no i cazzi tuoi da dove viene? Solitamente, un uomo ne ha solo uno. Secondo me, furono le donne a coniare quest’espressione.

Il che attesta, C.V.D., ovvero come volevasi dimostrare, che l’umanità sia fottuta.

O forse no. Qui divento armonico, fui daltonico, cioè vidi la vita in bianco e nero, fui scremato pure dai gialli ma passo al semaforo solo col verde.

 

Parte seconda: nella notte di San Silvestro, mi commossi eppur non si mosse nonostante la mossa, al che leccai una mousse

In tutta la mia vita, vi giuro sulla Madonna che mai vidi una folla del genere.

Anche se, in passato, come già dissi, vidi molte volte la mia follia.

Attimi, ragazzi, che non raccomando nemmeno a Hitler. Sì, caddi per molto tempo in stato catatonico e feci fatica a spiccicare parola. Chiuso, segregato nel mutismo, io compresi sempre la verità ma la mia mente fu imprigionata nell’impotenza d’una patologica timidezza.

Mah, più che timidezza, fu apatia.

Oh, apatia, voglio più bene a te che a mia zia. Ora mia zia è zitella ma prepara benissimo gli ziti.

State zitti!

Al che molta gente superficiale credette, pur non credendo a niente, che fossi impotente.

Diciamo che m’arrangiai alla bell’è meglio. Qualche volta me la tirai ma poi, credetemi, riposi tutto nel fazzoletto, disinfettandomi con una salvietta e pulendomi con la saponetta.

Anche se, a dire il vero, avrei voluto sporcarmi solo con Silvietta.

A parte gli schizzi, no, gli scherzi, ebbi una vita di merda, quasi insalvabile. Anche senza molti soldi nel salvadanaio. Va detto e confessato senz’alcun pudore. Ah ah.

Va sputtanato/a con scostumata, oserei dire svergognata morbida candidezza stupenda.

Comunque, dall’essere monaco, andai a Monaco con un mio amico. All’andata e pure al ritorno, guarda un po’ che coincidenza, a pochi metri da me si sedette una coppia assai balzana e indubbiamente male assortita. Insomma, una schifezza…

Lui, il quale avrà avuto su per giù circa cinquantacinque primavere, mi fissò con sguardo dapprima cattivo e poi, ridendo sotto i baffi, mi pose un’occhiataccia malevola da pervertito.

Sì, la mia autostima spesso è talmente Alitalia, no, alta che, appena uno mi guarda per più di cinque secondi di fila, penso che mi stia fissando a sua volta pensando che io sia matto.

No, devo esservi sincero. Non è affatto vero che fui matto né lo sono. Anzi.

Sono il più sano e santo. Diciamocela tutta. Non regge la storia di Brad Pitt che rifiuta la ragazzina.

Con me reggerebbe benissimo.

Sì, lei mi chiederebbe:

– Scusa, ma dove pensi di trovarti? In un film di Tarantino? La devi finire con le puttanate. Nessun uomo mi direbbe di no.

– Infatti, io non sono un uomo.

– Ah sì? E cosa sei?

– Non lo so. So che comunque tu non sei una donna.

– Anagraficamente, no. Ma lo sono. Sono molto di più se vuoi saperlo.

– Lo so già.

– Cioè? Dimmi, che sai di me?

– Che sei una Escort minorenne.

– Ma io ti spacco la faccia!

– Ah, fai pure. Tanto non è il massimo. Non sono Brad Pitt.

 

Non perdiamoci in stronze e stronzette, in stronzate e minchiate. Torniamo al troione…

Questo qui mi guardò inizialmente indispettito per farmi dispetto e poi “perdonandomi” perché fui l’unico passeggero che si accorse che la donna al suo fianco non era sua moglie, bensì la sua amante giovanissima.

Moglie probabilmente tradita nella notte di San Silvestro da costui, il quale con molta probabilità disse alla moglie che sarebbe dovuto andare a Monaco per questioni “professionali”…

Fatto sta che io e quest’uomo ci guardammo negli occhi e lui capì al volo, eh sì, sorvolammo le Alpi Bavaresi proprio in quell’istante, dunque fummo a molti chilometri sopra il livello del mare, ecco, lui comprese che non lo giudicai. Allora si aprì a un sorriso benevolo.

Ah, che nottata, in piazza quanta gente. Non so se fosse gente pazza ma chi se ne frega.

E anche questa è andata.

Forse rigenerata. Non so se trombata.

Ora, m’aspetta la solita vita incasinata e tribolata, da alcuni mal adocchiata, da altri amata, da altri ancora sinceramente, nell’indifferenza, non cagata.

Ma questa è la vita.

A stento riuscii, ieri sera, a prendere il treno. Feci una corsa da affaticato, da rincoglionito, da maledetto insuperato.

La vita! Mi pare sacrosanto che la comprendiate subito senza ostinarvi a credervi dei messia o a pendere, miei pendolari, dalle labbra dei santoni e di chicchessia, non prestate fede alla psichiatria e ad altre porcate che vi condurranno solo nel reparto di geriatria.

Fidatevi, è meglio la gelateria…

Oggi va bene, domani arriverà un’altra botta in senso alato, poi moriremo e chissà dove ancora eternamente saremo e risorgeremo. Io sono un bugiardo conclamato, poco chiavato, va detto. Una persona sconclusionata, disastrata eppure non ancora della vita disamoratasi. Anzi, in questo periodo sono innamorato, non solo della vita. Si era capito?  Eh, abbastanza. Basta che guardiate bene con profondità i miei occhi.

Sono gli occhi di un innamorato. Sì, peccato che lei, intanto, forse stia peccando con un altro. No, non credo, almeno spero di no.

Sono bugiardo perché sono un attore da premio Oscar. Faccio credere a tutti di essere felicissimo. A volte lo sono, ovviamente. Tante altre volte Joker è un dilettante in confronto a me.

In tal caso, sono d’accordo con Francesco Alò.

Sì, il sottoscritto Falò è su un Concorde, no, concorda con Francesco…

Joaquin Phoenix merita l’Oscar e I due Papi è un grande film.

Immagino un dialogo inventato fra Ratzinger/Hopkins e Bergoglio/Pryce:

– Lei lo sa del mio passato? Non è stato facile.

– Nemmeno il mio.

 

I due Papi è un capolavoro. Ah, per la cronaca finale. Non è vero che sono timido. Sono rispettoso anche dei cretini. Che è una cosa diversa. Sono un intellettuale e un uccello libero. Ma finirei con questa: molti uomini diventano intellettuali poiché, giocoforza, adoperano solo il cervello. E ho detto tutto.

A forza di volare solo alto/i, qualcosa è sempre più moscio. Non atterra, è solo a terra. Sì, in mezzo agli altri spiccano e non colano mai a picco. Ma, in parole povere, non decolla, non cola, non incula. Il mio augurio, perciò, per questo nuovo an(n)o è: fottetevi.

Ora s’è fatto tardi ed è già il 3 Gennaio.

Insomma, non capirò mai quelli che, dopo la mezzanotte del 31 dicembre, si fanno gli auguri.

E dopo ventiquattro ore sono già stanchi della vita.

Non devono buttarsi giù. Non è ancora finita. Quindi, si rialzassero anche perché cascheranno di nuovo.
Sì, fanno sempre i cascamorti.

Alcuni mi chiedono:

– Ma tu sei felice a realizzare video su YouTube con una media di sole 100 visualizzazioni?

Io rispondo:

– Sì, se fossero visualizzati da centomila persone, dovrei leccare il culo a tutti gli iscritti. Andassero a leccare Margaret Qualley.

di Stefano falotico

 

Auguri di buon Natale nel recitarvi L’infinito di Giacomo Leopardi


24 Dec

the fog

Ecco a voi i miei auguri parrocchiali, no, particolari, oh, miei parrucconi, da uomo ermetico che divenne eremitico e poi, mitico, s’insinuò ancora nel giorno con far baldanzoso da sapido pagliaccio ammiratore dell’immenso suo imperturbabile e imperscrutabile come il suo profondo sguardo che scruta le interiorità sue e del mondo con prospettive abissali senza pari.

Lo sguardo di un Joker che non abbisogna di scolastici scrutini e di lezioni di vita cretine poiché, al di sopra della media degli stolti e dei babbei, è forse Kurt Russell di Qualcuno salvi il Natale. Ovvero un giocoso Babbo Natale delizioso.

Il Joker visse notti infinite e inesauste da Jena Plissken e si bendò un occhio per non spalancare la vista all’orrore del mondo così infausto e immondo. Un mondo ove chiunque, pur di avere un soldo in più, venderebbe l’anima al demonio, eh sì, Faust!

Il Joker invece, vivendo da semi-cieco, d’apparente scemo e in uno stato di strafottente dormiveglia da principe nel suo castello di vetro, cioè il suo bellissimo eremo, sa ancora guardare lucidamente il cielo e non è giunto quindi il tempo di accendergli un cero.

Nella Fog della sua anima obnubilata, il Joker si corrose nella melanconia tetra e poco giovialmente rise con spontaneità sincera. Anzi, fu apertamente deriso e scambiato per una strega. Ma ora, con far arridente, non si può ancora dire che sia un uomo sorridente ma certamente è, rispetto alla maggior parte della gente, vale a dire i deficienti, un uomo sapiente che, anche nel dolce far niente, sa ammaliare, mai più di tristezza ammalandosi.

Il Joker fluttua candido anche se non fa affatto caldo o forse sì. Poiché, nella durezza di tal rigido inverno, sullo sfondo di tale società oramai irredimibile e bruciata all’inferno, il Joker riprende (in)fermo donne con le gambe accavallate che coprono le loro grazie sotto provocanti, oserei dire piccanti e anche fragranti jeans attillati e caviglie sensualmente basculanti che stimolano ardori sopiti eppur segretamente incandescenti. Che s’innevarono, sepolti sotto una coltre di soave pudore e letiziosa purezza non fremente il piacere più bollente, ma finì il tempo nevoso, no, nervoso e nebbioso e la vita, in tutti i sensi, è nuovamente armoniosa, solare e cremosa.

Come disse Jack Burton, basta adesso.

Il Joker non è né pazzo né triste.

Diciamocela, è solamente un grande.

Il Joker, in quanto jolly, viene corteggiato dai signori di corte più importanti e concupito, spesso anche non capito, dalle donne più sexy, conturbanti e seducenti.

Poiché non sono tanti coloro che possono giustamente vantarsi di aver scritto, a soli quarant’anni, circa cento romanzi e un importante saggio monografico su John Carpenter.

E questo è quanto.

Auguri e figli maschi. Auguri per un felice Natale ed evviva la notte di San Silvetro.

La notte interminabile in cui Silvestro cercò di fottere Titti, donna che mai lesse una sola poesia del Leopardi di Recanati in quanto modella soltanto da Isole Canarie.

E, in quella sterminata notte fonda, Joker/Silvestro non vide la sua bionda, bensì bevve solo una birra, suonando l’ocarina alle donne carine ma oche e suonandole a tutti i somarini poiché invincibile Joker Marino.

 

di Stefano Falotico

Discorso di fine anno del Falotico, evviva lo scontro tra Francesco Alò e Federico Frusciante, e io sorseggio il vino allegro-frizzante in quanto son come Dante


31 Dec

ah01

"Rocky Balboa" (2006)Sylvester Stallone and Milo VentimigliaPhoto Credit: Metro-Goldwyn-Mayer

“Rocky Balboa” (2006)Sylvester Stallone and Milo VentimigliaPhoto Credit: Metro-Goldwyn-Mayer

 

Son come Dante e alle donne, non sempre dandolo, mi piace vezzeggiarmi sul dondolo, apparendo tonto eppur ammirando tutti i lor culi magnificamente tondi. Ah, che dolci forme da clavicembalo ha Alessandra, l’amerei qui, seduta stante, anche solo sulla sedia cavalcandola.

Ah ah.

Ebbene, son stato a Torino. Tutto registrato nel mio account Instagram.

Sì, son uomo dal pallore allucinante, un po’ pavone e anche pieno di trascorsi pavori. Ma non mi aggrazio mai nessun favore con ruffianerie di poco cuore. Ho ancor nell’animo molto calore, alle volte timidamente arrossisco eppur in me vibra un focoso, vivo ardore.

Impavidamente, alcuni direbbero incoscientemente, girovago di città in città, seminando il Genius mio di qualità. Elargendo pillole di felicità agli uomini pigri affranti da una vita d’indubbie, tristi castità.

Amo le donne e forse vorrei amarle di più. Ma non è sempre facile (im)beccare quella giusta. Molte donne, castrandoti nei tuoi impeti veraci e pugnaci, vogliono a lor aggiustarti. Rendendoti schiavo dei loro desideri frustrati.

Io non sono né schiavo né uomo libero. Sono, come tutti, gioiosamente castigato in questo mondo spesso annacquato. Mi arrangio, scrivo di Cinema e dovete leggervi questa mia opinione su John Malkovich, un uomo che stimo e un uomo a cui, di alcune espressioni del viso, son molto affine. Un uomo finissimo, John, affatto finito.

Bene, preamboli or finiti, passiamo alla disamina di questo mio video bellissimamente infinito.

Auguri anche ad Alò, critico col quale non sono quasi mai d’accordo ma che mi dà gusto vedere nelle sue sparate.

E auguri ovviamente a voi tutti, soprattutto al Falò.

E ora balliamo. Un lento? Ok, signora lenticchia, ma preferisco ballare con quell’altra. Ha delle gambe più sexy e più magre. Scusi, eh, per chi mi ha scambiato? Per il mostriciattolo de La forma dell’acqua?

Cara Sally Hawkins, non me ne volere, tanto c’è lui, appunto, che ti vuole. Non offenderti se ti dico che pretenderei un po’ di meglio.

Basta con le invidie e le rivalità.

E cuccatevi anche questo eBook. Prestissimo in cartaceo. Leggete con cura il mio estratto. Un estratto che solo un Genius può scrivere.

Evviva San Silvestro. Un uomo che pare addormentato nei suoi cupi vespri, non guida la Vespa ma è ancor vispo.

E alle donne regala le ginestre, portando i bambini alle giostre.
Ah ah.

 

 

di Stefano Falotico

Buon anno, nonostante i detrattori, e anche i “trattori”, continua la mia avventura, anche le mie sventole, no sventure


30 Dec

ashby_16

Ebbene, con un giorno d’anticipo rispetto a San Silvestro, non so se Stallone, voglio felicitarmi con voi dell’anno a venire, non so se per i botti sverrete o per le troppe bott(an)e. So che siete volponi e adocchiate le donne con far marpione senza poi farvele, se non sotto, comunque sia io ho da “raccontarvene”. Donne di varia fattura, alcune strafatte, altre non strafighe, l’importante è che siano sfatte. Sì, le donne consumate possono levigarvi in più acu(mina)ta “lievitazione” e il pane, no il pene, potrete infornare con “dolce” dimestichezza della farina della vostra sacca. Sì, la volgarità talvolta s’impossessa di me e devo domarla, cari sadomaso, evitando che mi evirino. Passiamo a cosce serie, no a cose meno facete. Eppur fatevele di favella. Mi son di nuovo rasato a zero, e il mio cranio accarezzo con nobile “dimestichezza” delle mie mani che afferrano i vacanti peli piliferi con “masturbante” indolenza di tremolii neuronali lisci come andar sul velluto di una di quelle. Mano che tocca, che fa il ritocco, che solletica il bulbo e sa come tirar di pugnette, no di pugni come Balboa. L’an(n)o è andato e non so quanti ani ancor vedrete in questo infernale, languido sbaciucchiarvi buonista che (per)dona e “lo” dà a vedere. Avvedetevi, e voi, svegli, addormentatelo talvolta. Per il cenone, io mangerò le lenticchie col cotechino, “insanguinato” di purè perché non son uno del Perù e non mi faccio mancare niente, neppure il dolce nel mio “vederla” malizioso. Non sono un maligno, ma sono spesso una malalingua. Malandrini, non fate i maialini, ma mangiate lo zampone. E questa è la miglior canzone di questo final di stagione.

Vago nella città, talvolta qualche filosofo cito e faccio Cita in mezzo a voi, tarzaniani, e spingo, eccome se spinge.

 

di Stefano Falotico

cop13

 

Auguri per un Santo Silvestro, a domani per il video di mio faccione


30 Dec

Fratelli della congrega, qui riuniti in ameno raccoglimento, eccomi presente nuovamente e “riammodernato” in carne e ossa. Pelle di frassino su lentiggini rosse col ciuffo sbarazzino dell’Uomo che ruba il tuo mazzolin di rose

A molte donne, codesto esemplare di maschio affascina, ne vengon… turbate nonostante i loro conturbanti, iniziali rifiuti. Sì, mi fiutano e poi me ne fiocco, come la neve disciolta su venti cioccolateschi di un’atmosfera languida.

Dopo il Buon Natale, voglio dunque augurarvi Buon Anno. Ché sia clemente di “clementine” e non arancia meccanica di sorrisi finti, finemente “a mandorla”, fieri eppur amari da chi è già spremuto come un pompelmo senza le “mandarine”.

A voi, posso dire che quest’anno l’ho trascorso incappucciato nella mia interzona, sempre erogena d’erosione e rotta dentro seppur sia ancor “desto” d’erezioni…

Non mi sono aggiornato molto riguardo a-i fatti accaduti di quest’Italia ormai (de)caduta, accendo poco il telecomando e quindi vedo-non vedo la Tv. Elettrodomestico che addomestica le coscienze, perlopiù “abitato” da donne scosciate. “Abilitate”, ah erano allibate…
Questi programmini di sgabelli, sgambetti e politici ebeti poco m’attizzano. Preferirò sempre un piatto di spaghetti conditi con l’aglio della Luna vampira. Sì, sono l’incarnazione di Dracula, mai morirò poiché più di Dio “durerò”.
La mia testa è tosta e, dopo queste forchettate, m’aspetta un toast. Da sgranocchiare nelle vostre briciole.
Cari nemici, vi mostro, essendo voi mostri, la mia mic(c)ia. Io m’inimicherò anche il miglior amico perché, dopo averlo sodomizzato, egli non vuol ammicar’.
Dunque, va affumicato.

Per l’ultimo Giorno di questo 2012, prevedo di fare il botto. Sì, sbotterò, sbottonando i puttanieri e rimproverando i carabinieri.

Stapperò un brindisi color acqua di quarzo e, con la febbre a 40, mi lancerò giù dal balcone con salto carpiato a novanta gradi nel balzar in gola a una da inculare.
Mi sbatteran in galera ma, prima, avrò assaggiato il piacer “galeotto”.

Sì, “galleggiare” in Lei è da galli.

Io ho le ali e volo. Tu no, e hai un colorito pallido tendente al viola.

Sono l’Uomo arcobaleno che ti frega poiché, quando pensi d’acchiapparmelo, spunto come una piovra e t’accalappio, in quanto in un baleno son ballerino come Moby Dick, bianca balena che t’inabissa, pretendendo il bis d’oceanica grandezza.

Buon Anno, io vi benedico.
Voi siete il Male.

Odo lo squittio del fuoco delle femmine che inceneriste per volgare “allattarle” a virilità mansuete di corna fratricide, matricidi e incesti, ragazzini che incespicano (Aida Yéspica!) per colpa di genitori “fenomenali” a evirar le loro sessualità sul nascere, puberali evirati perciò da ogni intima voglia del capriccio ch’è savio amor alla vita, alle donne che saranno, quando sfodereranno tutto il loro calore (seder?), infrangendo i tabù omertosi coi loro tanga attillati, lì ad attingere nei vostri sogni “proibiti” che nascondete dietro facce “appesantite” da un trucco stantio di “cravatta sobria” con l’odore del torrido da seppellire, dunque spolpare, nella terra ove covate i fantasmi dei vostri corpi lussuriosi, e tale è giustezza, quanto così ipocriti, ipocriti (!) a lubrificarvi solo dietro uno schermo al plasma su cui plasmerete orgasmi di “cartapesta” e sangue avvilito nelle plastiche “chirurgiche” a visi(ni) tanto a modo. Lo so, dentro di voi sussurra la vocina del “Mia ficona voglio montarti di panna levigata nell’addome mio indomabile”, e invece porgete un sorriso affettuoso di cazzo bifronte nella doppia personalità “casalinga” dell’inguine vostro reciso di (rim)pianto sul divano impantanato.
Poi, pianterete altre bombe, e regalerete ai vostri figli una bomboniera “femminuccia” per pedagogie al “curativo” già modellarlo a immagine del plagiarlo nella statuina di cera.
Un Giorno, dietro cagione di tal “educazione”, si ribellerà e la sua pelle ribollirà.
Perché accerterà che poteva ma fu un “Non c’è”. E la sua cerniera, aperta di masturbazioni mentali appaiate a palle sempre dimezzate, mozzicherà un lascivo lasciar che tutto vada.
Dietro cerebrali “amicizie” ruffiane per arrivismi podistici e solipsismo crasso alla grassezza che farà dell’arroganza un simbolo di prestigio.
Anche le donne, ch’erano innocenti, pudiche nella loro moralità, accavalleranno per richiami carnali del “cavallo” e, specchiandosi nell’invecchiamento genetico inevitabile, si rammaricheranno per aver perso il “pezzo forte”. Così, d’invidie reciproche, si mischieranno anch’esse al porcile, mentre io, Ulisse, sconfiggerò i proci perché nessuno mi può dar del lercio.
Anche se, roco, amo la mia rocca e le mie rocce durissime in mezzo a voi che vi lamentate di goccia come il cipresso mortifero a santificar la vostra disillusione, crocifiggendovi alla condizione disumana della prostituzione di massa e delle suzioni al seno solo rifatto, dunque silicone del vostro vuoto pneumatico, a base di reumatismi, ematomi e mancanza d’empatia.

Buon “ano”.

Io, invece, a San Silvestro sarò Stallone Sylvester con la canarina Titti. Una che, a tette, sta messa senza messe, ma tettonica del tuo “muscolo” oliato nel vostro “rimetterci”.
Perché io lo emetto e Lei ama coloro che non sono ometti ma “matti” di mio matador su sua arena dorata di mito, come me, epico e poeta senza pie zie, senza tristi pini, senza pinne ma “appianando” negli altopiani delle sue colline fisiche, ove germoglio mentre voi bevete dalla fiasca, vi sciroppate una ch’è fiacca e neppur coi fianchi e, siamo franchi, le pagate il fisco però, non di patata, tanto “fischiettate”.
Ah, solo un ritornello da castrati “stornelli”.
E poi a lavar un altro fornello che vi sfiamma di backdraft assassino nei cui tinelli siete tontarelli e non come me, il “torello”.
Da cuocere alla piastra, senza piastre(lle) ma radiografia della figa.

La verità? Siete una società malata. Di sesso, di cazzi, di troioni.
E adesso m’avete spappolato i coglioni!

War!

All’origine d’un trauma, c’è sempre il teorema sbagliato del delirio di chi ne ha generato l’atavica “sparatoria”.

Tre esempi lampanti:

Memento

Mente che si spezza, si “disaccor(d)a”, s’attorciglia nel ritorno che mente a se stesso, si sbaglia ogni 15 minuti di “non celebrità”, celere a riprendersi e poi a fermarsi, incastrato dal suo cervello rotto di nuovo, come nuovo.

Shutter Island

Pazzia d’una moglie che assassina i figli di un onesto lavoratore.
E se ne propaga nella sua anima, distruggendogliela nell’isola del faro illuminato della Notte più nera e (im)perscrutabile.

The Irishman

Vocazione sentimentale, necessità di vita. Criminale per “induzione”, vizio che diventa omicidi.

Una mia peculiarità è il cambiamento che attuo, di metamorfosi nel corpo rimanendo identico nell’anima.
Molta gente ottusa volle combattermi, “credulona” che sarei mutato “crescendo”.
Errore madornale d’idiozia totale.
Perché più passa il Tempo e più mi rafforzo nella convinzione che il sistema sia matto alla radice e, da questo scempio originario, parte tutto il resto da arrestare.

Sì, viviamo di politicamente corretti e poi tutti scoreggiano al cinema. Professandosi moralmente giusti. Giusti di che? So io cos’è la giustizia.
Prendere quell’Oscar di Nicolas Cage e ficcarglielo nella coppola.
Con tanto di Via da le fighes.

Basta, la dovete smettere d’ascoltare musica che dà il voltastomaco di ribrezzo. Prima di tutto, non tingetevi i capelli se son brizzolati, poi verranno a spazzola.
Va da sé che finirete spazzini.

Quindi, ora raccattate la vostra immondizia e facciam le pulizie.

Fuori dal balcone, defenestrato, il detersivo di chi vuol la mia mente.
Da me, riceverà solo la sua faccia spalmata nelle incrostazioni del suo “sciacquone”.

Applauso!

Mi congedo con quest’ultima disamina agli animali.
An(n)i fa, incontrai una gattina mentecatta che, dopo aver letto il mio primo romanzo, voleva “aiutarmi” dietro concessione del mio corpo. Detta come va detta, voleva che la trombassi.
Perché mi considerava un puro appetibile.
Ora, di mio già il sesso comunemente in-teso mi fa (tu ti fai?) alquanto schifo, figurarsi s-figurarmelo con tali losche figurine, dette da me fighelle.
Quindi, dal sottoscritto, nonostante i miei scritti, ricevette papale papale-episcopale senza scoparmela, una pugnetta e anche un pugno in faccia.
Per tale gesto sconsiderato, non mi considerò più. Anzi, inveì d’offese orribili al telefono di tal razza, direi “tazza”: “Non posso stimare un poeta che non s’adatta”.
Risposta: “E io non posso accettarlo in una che a letto allatta tutti”.
Chiamò la sua “guardia”, ma anche lui era un venduto, e io appunto non sono il “primo venuto”.
Al che, arrivò l’ambulanza perché gli rubai l’anello del fidanzamento già fottuto. Fu soccorso ma ce l’aveva rosso quasi ingialllito. Con verdognola escrescenza ritirata.

Il resto è storia.
Se finirò barbone, meglio che con le barbose barboncine.

Su tale “tristezza” mi rallegro in quanto ergo sum. E non cum.

Comunque Lisa alliscia. E tua madre ama il topo della toppa traditrice.

Fra l’altro, la torta gelato del frigo non si sghiaccia e non posso spezzettarla.
Me la mangerò tutta.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Mona Lisa (1986)
  2. Dolce… calda Lisa (1980)
  3. Gli angeli di Lisa (2008)
  4. Gatto nero gatto bianco (1998)

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)