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Lars von Trier non è un genio, Brian De Palma, sì, anche questo Starman…


02 Mar

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Ecco, come sappiamo è uscito ieri, in tutte le sale italiane, La casa di Jack di Lars von Trier.

E, sempre ieri, io mi son pronunciato in merito a questa “boiata pazzesca”. Geniale “nefandezza”, genialità pura o tronfia, manieristica immoralità sconcia spacciata per adamantina Arte assoluta?

È sempre la domanda che ci si pone dinanzi a un’opera di Lars.

Che, personalmente, non reputo un genio. No, non gli sono severo e impietoso come Paolo Mereghetti che, nel suo Dizionario dei Film, eccezion fatta per un paio di film, lo stronca puntualmente a man bassa, come in uno slasher movie, martoriandolo di offese forse un po’ troppo tagliate con l’accetta, definendo boiate i suoi film, sì, ma nel senso di cagate. A proposito di fantozziane sparate e La corazzata Potemkin

Eisenstein non era Einstein, per fortuna. Ché i geni troppo raziocinanti e matematici mi han sempre stufato e dato allo stomaco. Sì, Einstein ha inventato la teoria della relatività. Un’intuizione a dir poco sovrumana. Ma cosa ce ne facciamo della teoria se, in pratica, ancora non abbiamo messo piede su Marte?

Allora, meglio i geni veri come De Palma. Che ci hanno illuminato di viaggi nel tempo oniricamente cinematografici, citazionisti, omaggiando il capolavoro di Eisenstein nel suo magnifico Gli intoccabili.

No, non ho ancora visto il film di von Trier e credo, sinceramente, che non lo guarderò in sala. Perché la vedo dura… sorbirmi due ore e trentadue minuti di un film così, bello, stupendo o orribile che sia, assieme a spettatori schizzinosi, facili alle grida scandalizzate da piccolo-borghesi spastici, i quali potrebbero mal influenzarmi con le loro inopportune risatine più sadiche del sadismo del macellaio Jack.

Penso piuttosto che lo aspetterò in home video, per gustarmelo, lodarlo o aspramente criticarlo dopo averlo visionato, con estrema calma, nell’intimità delle mie mura domestiche, a mo’ di Sean Connery/Malone.

Ma comunque, premesso ciò, no, credo indissolubilmente, irrevocabilmente che Lars non sia un genio.

I geni sono altri. Lars è, tutt’al più, come ha scritto The Telegraph, uno che adora provocare, squartando la vita e il Cinema a volte indubbiamente in maniera fortemente perturbante che colpisce nel segno. Altre volte, invece, in modo gratuitamente sciocco e “idiota”.

Ho visto alcune clip e già queste comunque non mi hanno convinto. Poi, ovviamente, dovrei appunto vedere il film nella sua interezza e contestualizzarle all’amalgama. Sanguinaria, sanguigna od oscenamente anti-perbenistica che sia.

Jack ci dice che è un ingegnere che voleva fare l’architetto. Perché gli architetti sono artisti, gli ingegneri no. E c’è per lui una profonda, importantissima differenza fra chi fa musica e chi legge la musica…

Quindi, ci dice che lui i problemi li ha sempre avuti. E che ha sofferto e soffre ancora del DOC, ovvero di un grave, debilitante, “asociale” disturbo ossessivo-compulsivo. E che questa sua chiusura sarebbe stata già l’anticamera delle sue sepolture.

Prima banalità. Ahia, Lars. Anche Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato, secondo questo balzano assunto, sarebbe un potenziale omicida della povera Helen Hunt?

Poi, chiariamoci. Perché, visto che non sapete un cazzo di “malattie psichiche”, fate molta confusione tra l’hitleriana psicopatia e la junghiana psicosi.

Di solito, lo psicopatico, qual è Jack, è una persona altamente menefreghista, senza coscienza, a cui non sbatte un cazzo degli altri. E fa male per il piacere di farlo e trarne momentaneo giovamento. Uccidendo, esorcizza il suo incurabile mal di vivere. E continua ad ammazzare, secondo la classica, metodica procedura di un serial killer, nelle stesse pressoché identiche modalità perché, quando ammazza, per un po’ placa i suoi demoni interiori. Poi, ritorna ad ammazzare quando la sua ansia e i suoi disagi incontrollabilmente aumentano.

Lo psicotico, invece, fa esattamente il contrario. Soffre talmente tanto da uccidere sé stesso. E, ogni volta che sta “male”, si fa del male.

Allora, può succedere che, per colpa di un mondo superficiale, cafone, ignorantone, si becchi anche un gravissimo, irreversibile TSO.

L’aberrazione del TSO

Ebbene in Italia vi è davvero poca informazione su tutto. Soprattutto su argomenti scottanti che, ancor ammantati di vivida scabrosità, suscitano pruriginosi pensieri scherzosi e tristemente demonizzanti presso i benpensanti.

Quante volte, ad esempio, sentiamo per radio o alla tv, dinanzi a una persona evidentemente eccentrica, semmai stralunata o sopra le righe, speaker o commentatori che, in modo certamente burlesco o spiritoso, cialtronescamente canzonatorio, si rivolgono con toni irridenti verso questa persona, a volte usando epiteti strafottenti o semplicemente goliardici, lanciandole contro frasi come… be’, fratello e amico carissimo, non ti hanno ancora prescritto un TSO? Guarda, se fossi in te chiamerei la neuro, oppure, io direi di farti vedere da uno bravo o ancora ah, ma tu sei matto da legare.

Questa brutta usanza e questo bieco modo di dire sempre abbastanza in voga, alquanto infamante anche se pronunciato con toni chiaramente, oserei dire, scaramantici o vaporosamente dolci, lo reputo davvero orripilante. Innanzitutto perché, pur dietro una esorcizzante risata diciamo spensieratamente allegrona e sbeffeggiante, si cela uno spauracchio assai potente della nostra società. Cioè l’ombra della temuta, schivata pazzia che potrebbe colpire chiunque. Dunque questo modo di dire, apparentemente innocuo, suona più che altro come un monito scacciapensieri rispetto a qualcosa che, ancora, terribilmente spaventa e inquieta le coscienze borghesi, rimbomba tetramente come uno spettro aleggiante e albergante nelle nostre viscere profonde di esseri umani, perciò anche di persone, come tutti, emotivamente fragili e perennemente preoccupate del contorto, difficile futuro, così com’è infausto il terrore sibillino, inconscio e beffeggiato che un giorno il morbo o il seme della follia possa piombarci giù dal cielo, contagiarci e condurci appunto alla follia più nera.

Ecco, io non scherzerei più su certi argomenti con tanta superficiale faciloneria, nemmeno con tanta spensierata ilarità.

Perché, purtroppo, il TSO è qualcosa di veramente nefasto e orrendamente deprimente.

Che cos’è un TSO? Forse lo sapete ma è meglio puntualizzare con precisione. Il TSO non è altro che la sigla di trattamento sanitario obbligatorio.

Cioè tutta quella serie di disposizioni che vengono prese urgentemente nei confronti della persona a cui è stato, appunto, rifilato il TSO stesso, al fine che, in seguito a suoi comportamenti palesemente lesivi dell’incolumità personale sua o del prossimo suo, non possa più essere di cagione e danno alcuno verso i suoi simili.

La persona spesso, in seguito al generarsi e degenerarsi di una crisi psicotica, viene quindi fermata con la forza e trascinata in ricovero coatto. A intervenire sovente sono addirittura le forze dell’ordine che, allertate del possibile pericolo già avvenuto o messo in atto dalla persona che ha manifestato una psicosi, giungono violentemente a casa sua, nei casi più gravi, e coercitivamente la conducono in clinica o in un ospedale psichiatrico.

Fin qui, seguitemi bene, tutto ciò non avrebbe, almeno in linea teorica e propedeutica per la tutela del bene della nostra comunità sociale, niente di allarmante. Mi pare infatti alquanto normale che, se una persona si mostri aggressiva nei suoi stessi riguardi o nociva nei confronti degli altri, s’intervenga il prima possibile per evitare degenerazioni nella medesima e per frenare, con prontezza, lo scatenarsi di altre azioni gravemente dannose.

Ora, che cosa può aver ingenerato una crisi psicotica in una persona? Be’, le ragioni sono molteplici e disparate. Una persona può crollare e rompersi, fratturarsi nella psiche se è stata vittima, in tempi recenti, di particolari e problematiche, difficoltose condizioni di stress protrattosi troppo a lungo. Una persona può “ammalarsi” se, che ne so, è stata licenziata arbitrariamente e senza una giusta causa dal suo lavoro e di conseguenza, disperata e in preda al più tremebondo e furibondo panico, non ha retto all’accaduto e rovinosamente si è psicologicamente schiantata. Se una persona, in seguito a un lutto inaspettato quanto scioccante, è rimasta devastata e dunque, squassata nell’animo distrutto, è precipitata in qualche agitata, preoccupante crisi.

Oppure se una persona, dopo una fortissima delusione affettiva, non avendo saputo gestire le sue turbolente e confuse emozioni, si è spaccata in due. Tanto affranta da non resistere all’urto tonante e devastante indottogli in modo prorompente dalla delusione da lui vissuta in maniera, paradossalmente, sin troppo umana e tanto senziente da portarla a uno sfogo clamorosamente allucinante.

Ok, sin qui ci siamo. E, ribadisco, non vi è nulla di anomalo.

È il dopo che è veramente osceno, un obbrobrio.

Alla persona a cui è stato prescritto il TSO spesso si fa una diagnosi. Che, nel novantanove per cento dei casi, è pressoché schiacciante e impietosa. Ma soprattutto altamente discriminatoria perché l’analisi psichiatrica del soggetto viene eseguita in un momento di enorme sua criticità psicologica. La persona, infatti, come da me già evidenziato, secondo voi in che stato psicologico può trovarsi se ha avuto una psicosi? Certamente, non en pleine forme. Intensamente turbata e alterata.

Quindi, la diagnosi che la persona riceve potrebbe essere (uso il condizionale perché, ahinoi, non è raro che sia invece sbagliata e distorsiva) tutto sommato anche giusta.

Spesso invece, attenzione, è una diagnosi affrettata, senza criterio, molto grossolana e approssimativa che valuta solo e soltanto la condizione patologica del soggetto preso in esame nelle ore e nei momenti susseguenti la crisi da lui manifestata o che, in modo del tutto sbrigativo, ha la presunzione di voler inquadrare un quadro clinico psicologico sulla base di confessate reminiscenze del soggetto stesso (come detto, già profondamente alterato, dunque assai poco lucido), addivenendo a facili, lapidarie conclusioni molto indelicate e soprattutto fallaci.

Non è mia intenzione generalizzare e, a volte, ancor prima di un TSO, è stata eseguita la diagnosi. Se la persona aveva già accennato a qualcosa di pericolosamente minaccioso.

Evidenziato ciò, passiamo oltre.

Quello che non molti sanno, anzi quasi nessuno, vista la diffusa disinformazione e ignoranza in materia, è che una persona che si è presa un TSO; ahinoi, quasi sempre, per non dire sempre, è segnata a vita. Intrappolata dalla diagnosi che ha ricevuto e obbligata, giocoforza, a tutto un martirizzante, abbruttente, penoso e demoralizzante percorso di fantomatica “cura”. Cura che, anziché essere cura nell’accezione positiva del significato della sua parola, diventa più che altro uno sfiancante, svilente, angosciante percorso pseudo-terapeutico spesso ingannevole quanto, se non inutile, sicuramente evitabile e soffocantemente infinito.

La persona, paralizzata e bloccata nell’autodeterminazione, coattamente ricattata nell’obbedire a belluine prescrizioni farmacologiche, anziché riprendersi dal suo momento critico e negativo, viene per così dire “zombificata”.

Lentamente ma progressivamente, spietatamente viene erosa nell’animo, spenta e smorzata nella volontà, spogliata della sua intima, pulsante identità, spersonalizzata, psicologicamente oppressa da dittatoriali, ulteriori obblighi agghiaccianti, repressa chimicamente, oltremodo danneggiata, inibita scelleratamente attraverso l’uso di neurolettici o tranquillanti assai cagionevoli e debilitanti a livello psichico e cognitivo.

E costretta a un calvario mortificante eterno quanto stigmatizzante, fatto d’infermieri impreparati che sono a loro volta il più delle volte dei robotici burocrati, insensibili mandanti di ordini medici autoritari e dispotici. Cosicché, comandati da chi sta sopra di loro, imboccano meccanicamente i pazienti “malati” nel rilasciar loro assunzioni di farmaci dei quali, forse, in molti casi, non conoscono nemmanco essi stessi gli effetti.

Perché si attengono solamente alle disposizioni ricevute loro dai superiori e i pazienti, ai loro occhi, divengono compassionevolmente, soltanto dei casi umani da “laboratori” biologico-chimici. A cui dare e rifilare “medicine”.

Nel caso in cui infermieri e/o operatori sanitari siano invece molto preparati, non hanno comunque facoltà decisionali e, sine qua non, devono agire secondo imperiosi, irrinunciabili ordini impartiti loro.

Come se non bastasse questo abominevole, fascistico “sistema”, aggiungiamoci anche l’altrettanto “anormale” (a proposito di normalità e immaginaria, assurda “sanità”) corollario di educatori poco professionali e di assistenti sociali più “penosi” dei “malati” o presunti tali.

E potete presto immaginare il patibolare percorso di “terapia” falsa, vergognosa e avvilente a cui è sottoposta, senza che possa benché minimamente ribellarsi, una persona che ha avuto solo la sfortuna di essere momentaneamente “impazzita”.

È stata marchiata e annichilita a vita.

Ora perché, nel 2019, accade ancora questo sconcertante orrore?

La risposta è molto semplice quanto molto sconfortante.

Se la persona affetta dalla patologia per cui spesso si è emessa contro una diagnosi sfavorevole venisse liberata, permettetemi di dire scarcerata, da quest’opprimente schiavismo psicologico a cui è stata costretta ad abdicare, gli psichiatri (non tutti per fortuna nostra) credono invero che questa stessa persona, prima o poi, tornata alla sua piena, fluida e non raffrenata coscienza, ripristinata nelle sue efficienti funzioni psicomotorie, a causa dei sintomi e delle “debolezze” di cui ha già sofferto in passato, possa ricommettere un “crimine” per sé stessa o a danno degli altri.

Insomma, siamo dalle parti della più stupefacente, mostruosa fantascienza da Minority Report. Una persona viene “curata” a vita in quanto colpevolizzata di un suo “errore” trascorso, già semmai ampiamente superato da tempo immemorabile, perché si pensa che il “crimine” possa commetterlo nuovamente.

E in virtù di questo debba essere continuamente controllata a vita, anzi, a vista. Sorvegliata permanentemente.

Tutto quello che ho appena scritto corrisponde al vero? Sì, certamente, anzi, mi sono limitato a una panoramica ben più rosea della vera e ancor più terrificante realtà.

Perché permettiamo che nel 2019 esista ancora il TSO? E soprattutto per quale motivo lo si continua ad applicare attraverso questi termini disumani?

È scandaloso che tutti stiano zitti, è quanto mai raccapricciante che nessuno muova un dito per cambiare le cose.

E invece si persevera nell’omertà, questa sì, pericolosissima, bugiarda. Nell’ipocrisia più sleale e mendace.

 

DETTO QUESTO…

A Lars piace scherzare su argomenti delicati e fare il citazionista di William Blake.

E la gente abbocca a ogni sua superficialità perché, semmai, snocciolataci con riprese a mano che fanno “arty”, con spargimenti di sangue che fanno “figo”, con tutta una serie di barocchismi ed esagerazioni che fanno gridare al capolavoro mai visto!

Poveri idioti!

Riguardate i primi film di Dario Argento, i migliori film di Carpenter e soprattutto Vestito per uccidere, Blow Out e Omicidio a luci rosse.

Brian De Palma, un genio vero.

Mica uno da chiacchiere e distintivo!

Ora, riguardate la scena degli Intoccabili quando gli stronzi trucidano Malone.

E poi ditemi se non vi siete commossi.

Questo è grande Cinema, non quello di Lars.

Mi spiace.

E qui c’è tutta la vita di un genio, sulle note di Morricone.

An extraordinary genius… able to transform himself…

 

STARMAN

di Stefano Falotico

13 Settembre, domani, buon compleanno a un uomo unico, magico: parafrasando Mario Brega, prima ce sto io, poi ce sta De Niro, spending my time da Angel Heart


12 Sep

Angel Heart Rourke

Eh sì, domani sarà il compleanno del sottoscritto, indubbiamente una delle più grandi teste di cazzo che l’umanità abbia mai avuto.

Ma fortunatamente anche uno che delle regole piccolo-borghesi se n’è altamente fottuto, vivendo a modo suo. Ché gli obblighi, le prescrizioni, i falsi precetti moralistici, le reprimende, il pensar comune, le ideologie fasciste non mi sono mai piaciute, e sempre le disdegnerò, boicotterò, le fuorvierò, incanalandomi nei meandri sognanti delle mie magiche, sublime perdizioni. Perderò tutto ma ne sarà valsa la pena…

Ripescando dalle memoria lo stupendo Angel Heart di Alan Parker. Che poesia in questo film. L’incontro, al crepuscolo, fra Mickey Rourke/Johnny Favorite e De Niro/Louis Cyphre profuma di nostalgica immensità. Ambientato in un palazzo semi-diroccato, fatiscente, ove la notte si tinge di satanica bellezza, come uno dei migliori, perlacei libri dell’orrore. E un signore vestito di nero, ghignante, sardonico, con la faccia di un Bob d’antologia, sussurra a Mickey che ha un conto in sospeso con Johnny.

Cinema di un’altra epoca, della mia generazioni, non le cagate platinate e furbette di oggi.

Johnny, Johnny il bello, come me.

A cui la malignità e l’ipocrisia ha voluto combinare tanti scherzetti e farmi credere, con ipnosi subliminali, che dovevo dimenticare la mia anima, ripudiarla, azzerare tutto e iniziare tutto, riprendendo studi scolastici da quattro soldi.

Non siamo mica in Siberia, come affermava lungimirante il mio alter ego di Carmelo Bene. Sfacciato, impudico, irriverente, cattivo, strafottente, come solo i geni possono essere e permetterselo.

Io non ho bisogno di lauree, di titoletti formali, la mia anima è la poesia fattasi carne metafisica. E viaggerò eternamente sulle onde emozionali dei miei battiti cardiaci.

Prendetela voi la donna politically correct, laureatasi in Scienze della Formazioni e altre stronzate caramellose, buone alle smancerie falsissime di una vita impostata, noiosa, che devi avere paura anche di prenderla da dietro come Michael Douglas di Basic Instinct con Jeanne Tripplehorn (che fondoschiena nudamente maestoso, forse controfigura di una patonza ancora più gnocca di Jeanne) ché poi potrebbe denunciarti e farti il lavaggio del cervello, anche dell’uccello soprattutto, educandoti a leggere un libro Harmony e ballando con lei, al plenilunio, su una canzone dei Thegiornalisti. Appunto, andasse a dar via il culo, ché di banalotte così non sa che cazzo farmene.

Non sono misogino ma una donna deve profumare di donna perfino troia e ardertelo, attizzartelo, non deve piluccare una penna stilografica… e non sgridarti se sbagli un congiuntivo. Che palle!

Ci sono quelli che si laureano in Medicina. Sì, quando mi dovrò curare da un’eventuale appendicite, andrò a farmi operare. Ma conoscere l’anatomia del corpo umano non m’interessa tanto, mi attrae molto di più la dinamica esistenzialista dei cori, non la vivisezione dei corpi.

Avevamo anche i teenagers che si eccitavano con quel frocio di Eddie Vedder e avevano l’orgasmo quando, su MTV, guardavano il video di Jeremy. Giocando al game Diablo. Meglio Pelù con El Diablo! E sognavano di farsi fare un pompino da una tonta il sabato sera quando, finalmente, i loro genitori cattolicamente repressivi li lasciavano puttaneggiare, dopo aver svolto il loro “bravo” dovere da studentelli imbecilli e schiappe.

Ma che è Footloose? Quel reverendo Shaw Moore/John Lithgow dovrebbe farsi una trombata con la moglie, fidatevi. Ché l’unico Lithgow che adoro è quello un po’ stronzo e pazzo di Doppia personalità.

Puro genio il De Palma che, come mio padre, è nato l’11 Settembre. Ora, chiariamoci. Quasi tutto De Palma è magnifico, quasi tutti i suoi film sono capolavori. Ma, se vogliamo stilare classifiche, i suoi veri capolavori sono Carrie, Vestito per uccidere, Scarface, Omicidio a luci rosse, The Untouchables, Carlito’s Way.

Al che l’idiota di turno:

– Sei capolavori sono pochi per poterlo definire un genio.

– Ah sì? E quanti ne doveva girare? Cinquemila? Vedi tu, piuttosto, di non girarti i pollici, coglioncello.

 

Oggi, nella maggior parte d’Italia, sono iniziate le scuole. Mamma mia, poveretti questi ragazzi. Saranno rincoglioniti nei loro anni migliori con pappardelle, latino e greco (non siamo più nella Roma imperiale e ad Atene, e comunque meglio Spartacus di Sparta), storie di guerre dei cent’anni e partigiane resistenze.

Non lamentatevi poi se un uomo, a trent’anni, conosce il giorno esatto in cui è morto Napoleone ma non sa che la sua ragazza si scopa uno più basso del Bonaparte. Un uomo formalmente impeccabile ma carnalmente andato a puttane…

Un mio amico ha letto il mio penultimo libro, Dopo la morte e, col cuore, quello che molti di voi hanno oramai perduto irrecuperabilmente, vi ha scritto una recensione estremamente calzante, l’unica possibile:

Dopo la morte, la vita.

Una vita sempre condita dal tipico delirio falotichese, quello che ti inebria di ricamate ridondanze (da lui stesso annuite) e si autobiografa con tutto l’ardore che può tracimare dal suo voluttuoso amarsi, fisico e cerebrale.

Il suo perenne bilico, tra il soccombere e l’esaltarsi, veleggia spedito per tutto il libro, accompagna e sostiene una vita controcorrente, in sgarbo alle convenzioni, alle ipocrisie, alle rabbie convulse, alle impotenze di fronte ad un mondo malmostoso, nano e misero.

Una “recalcitrante riluttanza” lo mette contro il mondo intero, anche se poi saranno due categorie che personalmente aborro (e che non sarò io a rivelarvi), ad emanciparlo contro le brutture, a vaccinarlo verso le mostruosità.

Quasi quarant’anni di apnea mentale: un concentrato di esplosioni represse, di eruttazioni sofistiche, che dall’alto dei miei quasi sessanta (di armi ormai deposte), comprendo proprio in virtù della rivoluzione che mi attese, frenetica e scomposta, al varco, superata quella fatidica soglia.

Falotico la sta per varcare ma – paradossalmente – rinasce ora a vita vergine, un “dopo la morte” che già lo (ri)anima e lo rende ribelle per antonomasia come in un’improvvisa (e falsa) bonaccia metereo(il)logica.

Il mio confrontarmi con lui è puerile, perché io vagai nel buio fino a quei quaranta, mentre egli imbracciava mille lance contro i molteplici mulini dello scempio umano.

Ferito dal cinismo, magicamente intriso di libri e cinema, era già un “rumble fish” ferito e ruspante, rispetto al mio vagare in acque protettivamente ovattate.

Per questo nutro fascino e rispetto verso le vite sfilacciate e dissolute, ed il loro aggrapparsi feroce, il “deflorarsi” quasi inconscio, quel rodersi di rabbia implosa, l’ambire ad una “sopravvenuta leggiadria armonica” in realtà sempre e solo sfiorata ed a margine di un costante “putiferio emotivo” che sconquassa sogno e desiderio.


La vita, dopo la morte di un‘esistenza che si agghinda e spaccia spesso a “turbinosa e dissennata”, ma ancor più volentieri – nelle corde sensibili di Stefano – non può far a meno di apparire lirica, come “foglia screpolata nel vento”.

Ma lo attendo ora (io lo so), ad una guerra ancor più folle, se possibile.

 

I Roxette hanno fatto tante canzoncine buone solo per bimbette col “bagno facile” fra le mutande, ma questa è bellissima:

 

 

di Stefano Falotico

 

Lazzaro felice: anch’io rimembro i tempi olmiani del mio uomo “semplice” depalmiano


14 May

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Mi giunge voce, anzi, mi giungono voci attendibili che questa pellicola della Alba Rohrwacher sia ottima da “socmel che filmone”, ah, la Alba, come dicono a Bologna, sì, davanti a un nome proprio, soprattutto femminile, i felsinei usano l’articolo determinativo o la preposizione articolata, tanto per personalizzare persone che invero spersonalizzano.

Mi ricordo la mia insegnante delle medie, di nome faceva “la” Delfina, sì, come il mammifero col più alto quoziente intellettivo dei mari anche se lei si sposò alla Geologia e ha mai saputo placare i suoi terremoti emotivi. Udivo dei litigi sconquassanti tutto il palazzo fra lei, il marito e i figli. Codesta donna instabile abita nel mio stabile e ogni volta che c’incrociamo lei finge di non vedermi, perché tradii le aspettative che serbava nei miei riguardi. Sì, lei m’indusse a iscrivermi al Liceo Scientifico ma la matematica, in verità, poco tutt’ora si addice alla mia anima umanista. E così, anziché prendere l’ascensore, resto appiedato. La storia della mia vita.

Sì, peraltro sono anche un impressionante impressionista, un espressionista molto espressivo, un cubista che adora i culi delle cubiste, ché disegnano fantasie proibite sghembe, desiderose di entrar nelle loro da me ambite, poco lambite gambe, à la Picasso di smanioso ca… o schizzante come un pennello di van Gogh, un futurista amante di Miami Vice, anche della versione con Colin Farrell, un realista, un surrealista, un simbolista, in passato un fancazzista, domani chi lo sa… forse ancora un nobile d’animo ma povero come un contadino troppo passatista, retrogrado e però alienista. L’alienista non è un alienato, informatevi, bensì uno psichiatra che cura le vostre malattie mentali. Sì, vedo molti malati in giro, malati di boria, di arroganza, soprattutto di panza. Gente che pensa di vincere le palme d’Oro filmando il didietro di Giorgia Palmas come lo vedrebbe Michael Caine di Vestito per uccidere di Brian De Palma. Sì, dei maniaci guardoni ch’eppur ti squadrano come una sequenza al cardiopalmo de Gli intoccabili. E ti considerano sfigato e si toccano. Ora, ne vogliamo parlare dell’omaggio depalmiano de La corazzata Potëmkin, miei fantozziani che sparate sul prossimo delle cagate pazzesche? Ho scritto cardiopalmo, sì, si può dire, è maschile quanto cardiopalma che ha una “desinenza” come quella delle donne in menopausa, di a finale aspirata, “svenevole”, sì, (av)viene quando la scena è “bollente” come una vampata da ex zoccola. E la tachicardia aumenta all’unisono fra un Andy Garcia con la pistola in mano e un Costner che non sa che cazzo fare. Capolavoro!

Sì, un tempo fui un lazzarone, poi risorsi come Lazzaro, miei poveri cristi.

Ma ancor vago per le campagne anche in Campania e so campanare non ascoltando più le “buone” campane. Ma scopandomi perfino, forse non finemente ma finalmente, quelle calabri. Come un colibrì volteggio di qua e di là, inafferrabile e inchiappettante con far da stupido andante, da rincoglionito “tonante”, ma so “suonarle” con occhio strabico da pesce lesso in mezzo a questi bolognesi di s come sci (de)ragliante. SCEI andato al mare? No, sei andato a valle. Ah ah.

In fondo sono irresistibile, infatti talmente non resisto a me stesso che non esisto. Eppur non esito…

E fra un’inculata pazzesca e una botta dritta me ne fotto.

Sono un uomo difficile più dei dolly di Brian. Però quante dolls! A te questa vita dolse? A me non duole, lei ne vuole. E “alto” vola”.

 

 

di Stefano Falotico

The Disaster Artist od Orson Welles-Ed Wood deniriano: la mia performance in Euridice nel tempo di un attimo, vedere questo “reperto” per credere


12 Feb

Femme Publique

 

Sì, quanti anni son passati e, da allora, il mio cervello visse attimi che non raccomando a nessuno. Eppure quella purezza di allora è incontrovertibile. Vi mostro un video che ho caricato proprio oggi, non in elenco, estratto dal canale ufficiale YouTube del suo autore. Lo posto io perché, si sa, le cose altrui potrebbero cancellarsi e dunque mi piace conservarle nel mio archivio, anche dei ricordi, delle piacevoli bizzarrie personali, di quei trascorsi irrimediabilmente ingenui da lasciare comunque il segno.

Credo fosse l’anno 2005, circa, giù di lì. E sicuramente fu un anno per me miracolistico, oserei dire. Dopo un periodo immemorabile di buio, di ansietà immani, di notti scambiate per giorno, di vampiristiche depressioni allucinanti ma giammai comunque allucinatorie, eccomi a ridanzar nella vita, con esuberanza quasi cafona e spigliata armonia di superate “fissità” del mio adolescente ancor burrascoso, inquieto e talvolta inquietante, strano, lunatico ma romanticamente lindo nell’anima come potrebbe esser chi, nuovamente catapultato nella realtà giornaliera, rivede ancor il mondo nella sua fresca giovialità, disancorandosi da tante indubbie melanconie glaciali di un me, ripeto, maestro dell’atimia, ringalluzzitosi in maniera ruspante, come lo spumante tenuto in frigorifero che ribolle effervescente, schizzando… dappertutto, bagnando di euforia contagiosa anime, come la mia, empaticamente fervide di emozioni.

Ora, riguardiamo questo “film”. Vi racconterò il dietro le quinte, e di aneddoti romanzerò quel mio balenar baluginante in tanta spontaneità innocente, quasi patetica. Ah, candori irripetibili, che rimpiango nella mesta consapevolezza del mio presente così farlocco, ancor balzano, saltellante di qua e di là con far però mai da furfante ma da (ele)fantino sempre dirompente nella sua sincerità magniloquente e alle volte indisponente. Il Sole, in questo video, tramonta a levante o a ponente? Mah.

Sì, conobbi il Romano grazie ai miei scritti, pubblicati su FilmTv.it. Lui, affascinato dalla mia prosa folle ma saggia, cercò il mio contatto telefonico e m’invitò a casa sua. Presi su la macchina e c’incontrammo al casello di Padova. Poi, mi disse di seguirlo e mi ospitò nella sua magione. Sì, ricordo che indossava un maglione. O era Estate? Qui il mio rimembrar sfarfalla…

Da buoni amici, ci frequentammo puntualmente, e lui veniva a trovare me e io andavo da lui. Parlavamo dei nostri “dissenna(n)ti” progetti. Quindi, un bel giorno si comprò una videocamera e decise di girare un cortometraggio. Nelle ore precedenti, anche se forse fu prima, perdonate l’incertezza della mia labile memoria, mi fece il lavaggio del cervello col Cinema di Andrzej Żuławski e mi costrinse a rivedere, pur avendolo io già visto, Amour braque – Amore balordo. Sì, era ossessionato, alla pari della sua ammirazione maniacale per Brian De Palma, da questo regista. Tant’è vero che il suo nickname era Lucas Kesling, ben memore de La femme publique. Peraltro, rimanga fra noi, non credo si offenderà se qui gli rammento che l’idolo imbattibile e non “sbattuto” delle sue fantasie erotiche, proprio Valérie Kaprisky, lo consumava in onanismi “normalissimi”. Spesso “vulcanici” e incontenibili!

Ebbene, mi obbligò a studiare la parte, e non dormii la notte, si fa per dire… Il giorno dopo andai sul set…,
cioè il mini-ambulatorio casalingo del padre. Nelle ore antecedenti avevamo “filmato” scorci paesaggistici a base di steppa, campagna, arbusti, rovi e qualche inquadratura sghemba parimenti “distorta” come le nostri menti bislacche.

Il resto è quello che vedete. La mia recitazione, possiamo dircelo in tutta onestà, è acerba, per non dire pessima, anche se, nonostante il lungo bulbo crespo e già sfiorente, è “ravvisabile” un certo carisma alla Bob De Niro che c’è, indubitabilmente, eh eh, e sono da annotare anche alcune mie “speciali” inflessioni emiliano-meridionali fra il Totò più verace e un ragazzotto che si capisce è cresciuto con tagliatelle al ragù e la “panna montata” dei suoi neuroni intrecciati come tortellini raffinati. No, dico, riguardiamo il min 3 e 46 quando Falotico, cioè il qui presente-assente, con sfacciata sfrontatezza e faccia tostissima afferra il coltello e orgogliosamente inveisce sul “maledetto”. Cult istantaneo! Ah ah.

E perché mai la ragazza si spoglia e rimane in costume da bagno? Sì, invero il Romano morbosamente desiderava “ardentemente” un nudo integrale, ma lei si negò e la nudità fu parziale, assolutamente casta.

Quindi, il Romano, nel finale ha voluto fare qualcosa di “geniale”, giocando col tema del doppio, dell’occhio registico che guarda, “pugnala” lo spettatore, che è al contempo amante e voyeur. Demoni…

 

Insomma, perché poi nel piano sequenza a tre si vedono le mutande del mio antagonista?

Su questo dubbio, la vita va!

Cantore, villico, falso!

Eh, si capisce…

 

di Stefano Falotico

 

Disastro a Hollywood, Harvey Weinstein non è Art Linson


11 Oct

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What Just Happened, film discreto, di buon piglio ma che è una satira abbastanza scontata e all’acqua di rose del sottobosco hollywoodiano, apprezzabile per l’impegno di De Niro, misurato e “in sordina”, per un Bruce Willis cafone che non vuole tagliarsi la barba, per uno Sean Penn languidamente energico prima che gli sparino, uccidendo anche il cane, oggetto della contesa fra la “contessa” Catherine Keener e il “corvo” Michael Wincott. C’è una scenetta alquanto disgustosa e disturbante nel bagnetto, ove un’attricetta alle “prime armi”, vorrebbe fare un pompino al personaggio del produttore interpretato da un De Niro sorpreso. Un “lavoretto” oscuro che sia un lasciapassare, però che passera, per il s(ucc)esso hollywoodiano. Egli, con classe e gentilezza, pur con l’amaro in bocca e senza fra i suoi denti la lingua “succhiante”, declina l’offerta. Un film prodotto da Art Linson, che sta co-producendo con la Weinstein Company la serie televisiva Yellowstone con Kevin Costner. Vedi i ca… della vita? Strane coincidenze. Adesso scoppia lo scandalo di un Weinstein che si scopre, eccome se ne scoprì, che troppo scopa. E la vicenda diverrà un remake dei film prodotti da Linson, Gli intoccabili, Fight Club, Paradiso perduto, Black Dahlia. Potete giurarci.

Insomma, il mondo si divide in due categorie, quelli che hanno culo e quelli che “la” prendono a culo. Ah ah.

 

di Stefano Falotico03540036

Santo Stefano, ultimo martire, io vivo invece a Marte mentre voi contemplate il mare


26 Dec

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Santo Stefano patì e molta gente vorrebbe che io parimenti patissi. Invece, con grande creanza, alla faccia del lor mal di panza, pubblico libri e m’inietto felicità “misantropica” ricordando le sagge parole di Jack Lucas/Jeff Bridges ne La leggenda del re pescatore: pensare è molto importante. Ci distingue dalle lenticchie e da quelli che leggono libri come La canzone dell’amore.

Sì, sebbene io incarni l’amore e la bontà suprema che perdona le vostre invidie e i ricatti psicologici a cui vorreste m’annettessi, non credo alle frasi “ti amo” e ad altre corbellerie sentimentali da Baci Perugina. La mia vita, pur non soffrendo, rimembra a me stes(s)o la sofferenza patibolare dell’uomo che non deve chiedere mai e amanza macilento, talvolta però con la pancetta anche nel panino, nel fatiscente mondo ipocrita, fasullo e vuoto. Coltivo la speranza che tanto l’umanità peggiorerà e ne rido mansueto sapendo che ho estrema ragione. Vedo gente accapigliarsi per un lavoro da un Euro in più e vedo extracomunitari fare a botte per una bottana bianca. Di mio, “lo” trastullo, leggendo filosofia orientale e ascoltando la canzone del mio cervello. Alla faccia dei cazzoni come Michael Bay, io sto nella mia baia, e abbaio. Talvolta mi abbagliano, ma sono cos(c)e da segare. Alcuni, anche a Santo Stefano, stanno al mare sotto le palme. Meglio un De Palma.

 

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Left to right: Director/Executive Producer Michael Bay and Isabela Moner on the set of TRANSFORMERS: THE LAST KNIGHT, from Paramount Pictures.

Left to right: Director/Executive Producer Michael Bay and Isabela Moner on the set of TRANSFORMERS: THE LAST KNIGHT, from Paramount Pictures.

“Noir Nightmare” su Bookshelf e 10Libri


13 Feb

Un genio inconfutabile su videointervista televisiva ché la vita è come un “omicidio in diretta” contro chi complottò, e io, voyeuristico, capto ipnotico e da gatto li catturai, dunque…

 “Inguatto” i guitti!

Film del “Buongiorno” a Mezzanotte e dintorni: Omicidio in diretta di Brian De Palma che ringrazia Iddio ad Atlantic City, mangiandosi, nel “Mannaggia”, uno snack food a base di vapori nei ravioli d’una “viola”

Il mio amico Frusciante, come ogni dì, ci solleticò su Facebook, deliziandoci del trailer alla Snake Eyes. Ma osò azzardare di Nicola Coppola, senza timor reverenziale, dunque sfilò la “nuziale” Gugino Carla, donna sempre in zona “sifilide”, e la spalmò sul “ring” dell’incontro al buio “truccato”, urlando, durante l’acme dell’amplesso, “Ecco che arriva il dolore!”.

Invero, trattasi di “cagata pazzesca” ma ottima, con un Cage, a dispetto dei santi e delle sue puttane, non male. Come si dice in gergo, “Non malvagio”. Anche se non sai, dalle prime inquadrature, se è un cattivo stronzo o smidollato con le anelle al mignolo di cafone m(in)uscolo.

Insomma, parte tamarro che sbraita nell’adrenalinico incontenibile su rilascio d’endorfine erotiche alla rossa in prima fila, la fulva vulvona Fulton, sua ex moglie che lo indebitò dopo averglielo succhiato con tanto di “figlioccio”, poi si calma, si tira su il bavero, si pulisce dalla bava, sebbene osservi la Gugino per “sfondarla” fra i cuscin(ett)i, controlla i nostri schermi (tele)visivi, quindi pensa che non si sia trattato d’uno scherzo ma d’un mastodontico complotto con tanto di spolverino-polvere da sparo nel Gary Sinise che soffre un po’ di sinusite. Infatti, assoldato come guardia del corpo, è già corrotto e infettato, non più curabile. Cage “annusa” col suo nasone, e perciò vuole “ingollarglielo” ma viene distratto da Carla, “tanto bona e cara(ti)”, da perdere la bussola e perfino le palle s-quadratissime su camiciona floreale.

Ci son molti de-trattori che non amano questo film, bensì, già alla sua uscita (di sicurezza…),vollero raderlo da mietitrici, pensando che il mentore Brian si fosse indementito nel troppo “guardone”.

A ben vedere, invece, la pellicola funziona ed è efficacissima di manierismo esagerato. Fin dall’inizio, ri-montato in pianissimo… sequenza senza molto senso ma fluttuante nei seni delle spettatrici, poi oscillante e adamantino con tanto di “rubino” finale.

Invero, il final cut prevedeva un’end “rubinetto” turbinante contro i turlupinanti.

Un’onda anomala, causa uragano, doveva travolgere il casino/ò e “insabbiare” tutti i colpevoli.

Cage che, per tutte le due ore meno mezza, starnazza e non ci capisce un cazz’, si salva la faccia con un gesto eroico da poliziotto coi controcoglioni.
Tanto che rischia perfino di “raschiarlo” dentro Carlona, la gran ficona.

Voto a questa depalmiata: 3 palmette senza Palma a Cannes.

Picchi… di genialità “genitale” male(in)fica

Da quando risbocciai, amo anch’io le boccione, prima prendevo in giro i bocciati, spedendoli di bowling alla bocciofila. Ah, quei fifoni meritavan solo il mio fischietto con tanto d’infiacchirli per mangiarmi le pere… del fisico d’una “melina”. La melina è la classica “tarantella” fra un pollo nel mezzo e chi lo “gioga” attorno. La storia della mia s-figa.

A un certo punto del mio cammin di “rotta” vita, sviai nel vicolo dei “ratti”. Nel vicoletto, puoi scovare una cat per pelo “allisciabile” con tanto di “raccattarla”. Mica come gli accattoni che, quatti quatti, fan i signori e poi son ignoranti anche con le mignotte.

Il ratto, di suo, è “scarpetta” conclamata come gli zitoni della Barilla, per una mollica che non molla, anche se poi scoreggia con del vino rosé ad arrossare gli altri astanti. Si credon aitanti e di cotanto sdegno nei dentini stuzzicanti. So, per certo, che la loro è una cena da cretini. Quindi, meglio un criceto.
Costa poco e puoi coccolarlo, a differenza delle zoccole… Quelle voglion solo un lupetto impettito con lo stomaco villoso da fegato alla Vasco Rossi.

Non posso negarmi alla Natura, che m’ha voluto cerbiatto e anche volpe Antichrist che urla “Il caos regna!”. Sì, miei ragni, in quest’esistenza, arrangiatevi!

Vi profumate nel deodorante che adora il maschio d’addome sull’idioma, sudato-ascellato, da idioti puri senza von Trier che tenga. Voi, omaccioni, andate matti per il tanga, e la vostra lei, intanto-“nel ventre”, balla il tango con un Orango. Quando voi siete assenti, “giustificati” nel punire la segretaria, lei vi dà “pen” per focaccia e si svende al figone con tanto di “borraccia…” nel “Pigliamola in compagnia”. Beviamocela a collo con tanto di tracolla e lei che collasserà.

In questa società d’imbecilli e di bellimbusti, di fustini da lavatrice, solo un Uomo può “darvelo” nel dirvela: tua moglie fu mia quando ancora ascoltava Mina, adesso canta forever mine con le mine del generale vagante e vacantissimo.
Aspettando i funerali dei figli, di cui non vede l’ora di levarseli dalle palle.
Eh sì, il femminismo ha prodotto “donne” con gli attributi, castratrici come po(r)che.

Dopo aver trombato tutta l’azienda, oggi han trovato la consolazione che fa al “cazzo” loro: Facebook.

In quel bordello di massa e “massime” estrapolate da scrittori minimalisti, esse animaleggiano di sculettate, fra chi tifa Juve per lo Scudetto e chi Bukowski per altri etti di bovaro, con video “supposta” di Ligabue, lo spronante zotico che si crede Springsteen ma a cui, invece, schitarrerò di catarro.
Avare, quindi, van a teatro per ipocondriache vis(i)oni da Molière mule nei mulini a vento col ventaglio, millantando d’aver recitato nella parte della protagonista agnostica fra le ostriche dell’oste, cioè la maschera migliore della messa, quello che strappa il biglietto e pure le mutande, tanto se lo licenziano, non può perdere la faccia. Sì, interpreta Arlecchino, quindi non ci sarà Pirandello a renderlo Pulcinella, né “coccinelle” a farglielo nero. Egli è mille colori e ne vuole un milione ad appannaggio di un appannarlo nel dietro le quinte di terzetto-triangolo con le ballerine sulle punte nel seno di seconda al medio. E, mentre s-monta baracche, vacche e burattini, fra il burro e Balanzone, grida “Vai in Mona Lisa!”.

L’altro pomeriggio, un “contatto” m’ha cancellato. Chiesi spiegazioni:

– Scusa Elena, perché mi hai alienato?
– Sei lento. Non dovevi allentare la tensione.
– Ti stavo am-mirando e basta.
– Ecco, tu contempli e io, nel contempo, suono il mio “pianoforte” col dottor Bontempi.
– Eh. Sei un’angioletta da “Botticelli”, c’è sempre un Boncompagni che ti venera. Attenta, poi rimani delusa…
– A parte “tutto”. Puntavi solo su “quello”. Cercavo una relazione di testa. Non sono come Angiolini Ambra.
– E una tastazione di “tosto”, no? Per, resistente, rendermelo ombra in te diavoletta?
– Cioè?
– Ecco, datti al rotocalco. In copertina, c’è Massimo Vincente, fratello dell’Interrante, che è terrone quanto tu sei terragna. Però, tifa per il Milan. Dovresti saperlo, è berlusconiano, infatti, per accaparrarsi i tuoi voti, compra Balotelli, detto il cedrone-limone delle “belline” che belano col suo uccellone tricolore ma importazione di rigore.
– Che dici?
– Io non dico. Io do, a te no.

E ricorda, puttana: Stan Laurel fa Stanlio perché l’umanità è pasciuta nell’Hard-y che mi par troppo grasso per me. Sai, stupido è, chi lo stupido fa.

– Sei Forrest Gump?

– No, con me, la “tua” foresta non sarà bosco di glup!

– Sei un rospo!

– Sputa su un “altro”. E vedi di lavare il pavimento. Troppi tuoi dementi han dimenticato d’esser s-venuti senza pulirti.

Storie di ripicche infantili d’un pachiderma, malato di mente d’epidermide e odio a pelle, che si massaggia d’olio nella sua esecrabilissima vita da cocco su noce moscata del suo roditore con c-rapa

Nel quartiere, sono uno smargiasso e, se qualcuno rompe il…, lo sedo e lo “rassereno” subito, ficcandogli una lobotomia sapor non attenuato, ma “tenerissimo” di carta igienica a smerdarlo da Tenderly.

Ah, quanti ne abbiamo. In questo Mondo di “tenori”, ove tutti voglion far valere la propria vocina (stesera inizia Sanremo, ce risemo cogli scemi), alzando la cresta, mangiano i Teneroni e pretendono poi, perlopiù-meno a meno(a)marti, con tanto di pet(t)o scatologico, di scassarti e “gelatinizzarti” come la Simmenthal, appollaiati al porcile ove sgallettan per il pollo da far arrosto.

Ho sempre disprezzato costoro e, ciò che mi rende semplicemente geniale, è il “fallo” senza fair play. Sì, il mio (com)portamento è corpulento su dinamiche dinamitarde. Quando bombardano, io, con un bombolone “cremoso” su zucchero (af)filato, rifletto se bombarmi la loro moglie, spalamndole il Nutellone quando mi è nuda e umida nelle papille. Ci medito ma non mi (con)“viene”. Donnetta di malaffare da confettini, preferisco altre confetture, affettando i maiali di parimenti “affetto” alla lor boria affettata.

Prendiamo, ad esempio, una famiglia di morti di fame.

Ne abbiam già discusso, anche in sedi più opportune, cfr. tribunale causa oltraggi al mio pudore vigliaccamente “vilipeso” ché agognaron d’appendermi ma furon sgozzati e da me(nte), con delle lenticchie “portafortuna”, conditi a rosolarli come lo zampone di San Silvestro.

Sì, sono Titti, non lo sapete? Canarino tanto “carinuccio” che tira fuori gli artigli da canini. Di mio, non ho mai tollerato Audrey Hepburn e le colazioni da Tiffany. Ho sempre prediletto, senza preti a disfarmi i letti, “tuffarlo” nell’ano. Per un pasto nutriente e notturno di mia brioche ad allattarmi-immerso su dimensioni immense.
Basta con la mensa e i brodini! Messalina, mettiti a novanta e sbrodola!

Afferrando poi uno con una “risata da zafferano” e suonargliele di zampogna.
Lo sfianco mentre sfiato nei fianchi della sua “suina”, tanto asinina, da bue del presepino nel riscaldarla dal freddo e dal gelo, e “scende dalle stelle”, senza Mulino Bianco ma bianchissimo mentre “la” rabbonisco da stallone nella stalla.

Dopo questa digressione a regredirli e a erudirli, tornerei, toro-sverginatissimo, sulla famiglia tanto “tornita” quanto presto, nuovamente (eh sì, li rimetteremo a nuovo, son delle uova marce da soldatini in marcia nel “marchiare” così come ora marcati a brace, senz’abbracci), a torcer il loro braccio “violento”.

La madre, sicula rinnegata da un padre manesco che la riempiva di “miele” a smaltarla, “ammaliante”, nell’incesto smielato, da pedofila pentita divenne una “professoressa” compunta/ina troiettona a introiettarli di lezioncine per farli crescere da piccini a grandoni in lei aggradata e ben vezzeggiata.
Dalla Sicilia emigrò a Bologna e, dopo un paio d’altri “calzoni”, sposò un trombone da “tromba di culo e sanità di corpo”. Brevemente, glielo “allungava” al fin di salvarla con “salive” eccitanti quanto Calcutta, poco cicuta, simil Madre Teresa in uno “teso” sulla sua cute ad “accudirla” nella fog-n-a. Le lezioni orali del labiale ac-cul-turato nel cinturarla su erezione uguale alla minzione del suo panzon. Eh, il recinto delle pecorine.
Da tale accoppiamento forzato, nacquero due gemelli, ibridi fra i lombrichi e i vermi schiacciati perfino dalle lumache più “cammelle”.

Indirizzati alle Guido Reni, già allora il pater gliele spaccava, congestionando la loro minchia al Minghetti, liceo di bambagie a capo d’insegnatucoli barbogi e barbosi.
Presto, invecchiarono precocemente secondo il teorema ribaltato di Nietzsche: “Ciò che non ammazza, rende più forti”.

Sì, dal romanticismo candido dell’infanzia al cinismo in-dotto(rino) dopo tante tirate d’orecchie. Ah, se “lo” tirano, fra un onanismo fantasioso d’una diva americana da cui pendon dalle labbra e un dar del lebbroso alle lepri, razza a cui m’annetto senz’ammanettarmi a questa stirpe di sterco già innevato. Io, tali inetti, li inietto e li aborro. Che aborto! Ci voleva il cesareo di congiura a non dar al Mondo quel che non è umano. I miei nervi son aguzzi, e corro fra le praterie, indossando un ermellino comprato a Prato, capoluogo toscano ove John Malkovich mi regalò un cappotto di cashmere, fibra tessile delle loro industrie soffici per il mio “caprone” sbattuto in faccione a questi Al Capone, contro i quali mi scornai, e che sconteranno senza saldi una solo pelliccia: la penicillina di quando, in carcere, saran spelati. Spolpateli! Inneggiavano ai baci profumo pompelmo e, invece, saran spremuta!

Sì, se incontro dei fascisti, fascio le loro bocche. Non metteranno più becco al mio dire e ardimentoso indurirmi per indebolirli. Chiameranno psichiatri con la pipa ma mi siederò sul loro divanetto di pelle, sparandomi una pippa mentre leggo le avventure di Pippo.

E poi saltando addosso allo sciacallo delle anime, inveendogli così: “Ah, credevi fossi un Topolino, invece ho visto Full Metal Jacket e sono un Joker. Quindi, vedi d’addolcire la paziente che si spazientisce se non le fai il “depot” di somministrazione, “somma”, intramuscolare nella sua vagina, e lascia stare Edgar Allan Poe. Altrimenti, dementone, te lo piazzo io di terrore. Non darmi caramelline e torroncini. Torrido sarai da me inorridito”.

Chiara l’antifona? Se non v’è stata illuminante, il “luminare” andrà al solito con le lucciole e gli spengeremo anche lo “spinterogeno”.

Che volete farmi? Bruciarmi la casa? Non si può, è maledetta.
E lontana dai maldicenti. Al bisogno, son un bisonte di bis(cotto).

Son io che dico, son io che t’addito e te lo infilo:

 

– Stefano, non ti cambia neppure Gesù Cristo, sei incorreggibile.
– Certo, è ovvio.
– Come mai?
– Cristo sono io. A volte, quando soffro d’onnipotenza, le do al mio Creatore, ne assumo le sembianze, divento Dio e scaccio il Diavolo a botte di calci.
– Finirai all’Inferno.
– Meglio di questo “Paradiso” in terra. L’umanità non s’è evoluta da Adamo ed Eva. Adamo è rimasto uno che voleva solo fottersela, ed Eva lo condannò a e-spiare Lucifero, mentre si lucidava le unghie con un ungulato “grosso”.

Ho detto tutto.

Ora, silenzio!

Anzi no. Alcuni, ascoltando la mia voce, mi han paragonato a Fausto Paravidino. Di mio, so che non sono un tipo da Daria Bignardi, ma gioco a Calcio vicino a Villa Pallavicini, ove le stendo, nel campetto-erbetta, queste micine vicinissime.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Faust (2010)
  2. Videodrome (1983)
  3. La zona morta (1983)
  4. Scanners (1980)
  5. 15 minuti. Follia omicida a New York (2000)
  6. Crash (1996)
  7. Omicidio in diretta (1998)

Pacino & De Palma, new reunion


17 Jan

La notizia, come da “Deadline”, ha dell’incredibile.

 

By MIKE FLEMING JR | Wednesday January 16, 2013 @ 5:24pm EST

 

EXCLUSIVE: The Scarface team of director Brian De Palma and Al Pacino are re-teaming for Happy Valley, the working title of a film that will tell the story of Penn State head football coach Joe Paterno. Paterno’s legend was undone by revelations he and others in the football program were aware that former defensive coordinator Jerry Sandusky was molesting children, and did little to stop it, supposedly fearing bad publicity for the powerhouse gridiron program they presided over. Wall Street producer Edward R. Pressman has optioned the bestselling book Paterno by Joe Posnanski. Dave McKenna (American History X and Blow) is making a deal to write the script. The Edward R. Pressman Film Corporation is backing the project.

 

Pacino became attached to play Paterno when a package including the book was shopped by ICM last fall. Pressman will produce with Pacino’s manager, Rick Nicita, who was part of that original package. They are keeping a somewhat low profile on the focus of the film for now. “Happy Valley reunites the Scarface and Carlito’s Way team of De Palma & Pacino for the third time and I can’t think of a better duo to tell this story of a complex, intensely righteous man who was brought down by his own tragic flaw,” said Pressman in confirming the deal to Deadline.

 

 

Paterno’s fall from grace was Shakespearean and when he died shortly after his firing, many felt it was from a broken heart as much as cancer. He was in the twilight of a coaching career that left him the winningest coach in college football history, an iconic and beloved campus figure. Until his former defensive coordinator Sandusky was revealed to be a prolific pedophile, something that Paterno had been told about. While he informed an administrator, they did not call police, even after a graduate assistant and future assistant coach witnessed Sandusky in an encounter that looked like an act of sodomy with a child in the locker room showers.

An investigation led the university to abruptly fire Paterno, and his cherished football program was crushed. Penn State is reeling after unprecedented sanctions dropped by the NCAA. The university tore down a fabled statue of Paterno, and the NCAA stripped the coach’s wins going back to the coverup. Posthumously, he is no longer the winniningest college coach in history. More importantly, Sandusky was found guilty on 45 counts of sexual abuse against young boys and is expected to spend the rest of his life in prison.

 

 

There are so many themes to deal with here, from Paterno’s rise and his loyalty to a football program he spent his life building, to the obvious question of how a molder of young men could possibly have stood silently by when told that one of his former coaches started a charity for underprivileged kids and used it as a way to ingratiate himself into vulnerable young fatherless boys for sexual encounters,? The failure of Paterno and university officials to act allowed Sandusky to continue molesting boys for years, which was borne out in court testimony leading to his conviction and incarceration. Posnanski was working on a book about Paterno and was well into it when the scandal broke. The book is as much about what made Paterno tick as anything else, and capturing complex characters is something Pacino does well. He played a conflicted pro football coach in Any Given Sunday, and Jack Kevorkian in the HBO film You Don’t Know Jack.

De Palma most recently directed Passion, the Rachel McAdams/Noomi Rapace-starrer that premiered at the Venice Film Festival. Pressman’s COO Jon Katz will be exec producer and Posnanski co-producer. De Palma is repped by ICM, Pacino by CAA and Nicita, McKenna by Paradigm and Mosaic.

 

Un coach leggendario che ne ha passato delle brutte. Malato di Cancro, salvato a rotta di collo, poi accusato di pedofilia, e incarcerato.

 

Materiale che scotta!

 

Intanto, rimanendo in tema di personaggio “biografici”, ecco sempre la spettrale voce di Al Pacino nel teaser misteriosissimo del Phil Spector di David Mamet.

Come da post di ieri.

 

(Stefano Falotico)

Le “iraconde” lezioni agli “studentelli” dell’anaconda falotica – Io impongo la mia Legge e, quando scrivo sulla lavagna, son lavico


20 Oct

 

Sono un Fonzie, e mi lecco le dita

Un mio amico, l’altro Giorno, s’è “adolescentizzato”, regredendo in un Liceo “Classicuccio” ove le ragazzine “imparano” a pappardella le loro “ballerine” suonate di pessimo rock “strizzaorecchie” e di tamarri con voglie “formose” di scibile “sibilante” alla compagn(i)a dei “branchi” con “dolce merendeggiar” per una “culturella” mnemonica da “sviare” nel Sabato sera “imbottigliato” coi drink “montanti” su pub(i) ancor in zona “infantile” e “brillanti” alterigie “sensuali” c(i)occolati nei “bei”-belati scosciamenti al “pogo” e il “Pongo” del pompin’ nel bagnetto tutto tutto “bagnatina”.

Il mio amico gestisce una videoteca carpenteriana, ove “smista” il traffico dei Dvd a “famelici” piccolo borghesi con “proletaria” a carico, ai teppisti della zona lmitrofa malfamata e “insudiciata” nelle vite di merda, ma anche agli eletti che non guardan le tribune elettorali, se non quando la conduttrice accavalla l’ormone dei loro “intellettuali”, “aggiustando” la “mira” del cinefilo che, repentino, diventa “cinofilo” e per “Lei” tutto filante-“filantropo” con zucchero di “canna”.

Su Facebook, ho ironizzato sulla sua incursione nelle “escursioni termiche” di tal gioventù bruciata, e ho “arguito” di “commenti” alle sue foto, che lo vedono giganteggiare fra nani da imboccare, con tanto di biondine a “pender dalle labbra” di “quello” accanto alle loro gonnelle-“margheritine” da “gomme” su seno già “al gommone”. Nella “comunella” che “sgomita” per il maschietto più “belloccio” d'”accartocciar” nella loro “saccoccia”.

Mi son catapultato sulle sue foto e ho (supp)post-scritto: “Qui, Federico insegna a questi bonaccioni il Goodfellas, qui invece mima il gesto rotondo-rotolino del Tinto Brass, alzando il dito medio in segno di ditalino. Infine, su maglietta sdrucita, elargisce Rob Zombie di metallo inkazzato”.

Lui ha riso, e ora ne “faccio” le “veci”, ereditando la sua “discesa” in quell'”inferno” chiamato “scuola”.

Mi presento in aula, come un gonzo. Con la patta aperta e la cintura Levi Strauss da Jerry Lewis di smorfie.
Quindi, esigo subito il silenzio. E inizio la lezione, salutando “all’inglese” del mio “good morning” formato filastrocca “sollazzante-solare”:

oggi, l’alba è desta e l’uccell’ di sera non s’arresta. Quando cala il tramonto, l’Uomo senza dopobarba usa e abus(s)a della sua temperatura di profumo Fahrenheit, con scarmigliata rasatura nelle aiuole da spelar-spellar’, pizzicandole come le corde vocali dei gridolini femminili su chitarrina del mandolino.
Dunque, come si suol fare, strimpella di pelo e pialla di palle
.

La classe scatta nel primo adorante applauso!

Al che, il più “colto” studente alza la mano.
– Sì, mi dica.
– Lei è un ciarlatano. Non conosce Seneca. Le sue son solo ridondanti frasi sentenziose.
– Sì, è vero. E tu uno che “semina” di seghe. Osserva ora la moretta vicino a te, “strabuzzala” d’occhi languidi, e si “scioglierà” nelle mutande di melodici “Roxette” su rossetto sbavato. Ora, lasciami andare avanti, pisel’ mio pischello.

Il più grande regista del Mondo è Scorsese Martin, e chi obietterà sarà un abietto.

– Io obietto. Lei non è obiettivo. Il più grande è Coppola.
– Sì, di tua sorella. Una che con Sofia “la” vedo bene nel prossimo film di tal “figliaccia”: Lo snob padrino della sicula insicura.

Dunque, vado a parare su Lynch.
E il solito “secchione” mi contraddice:

– Lei distorce David. I suoi capolavori non appartengono al suo delirio.
– Ah sì? Le vedi le “gambe” della cattedra? Si posson “estorcer'” e ficcare a mo’ di paletto nel tuo Cuore “selvaggio“.
Oppure, ti torco il braccio, strappandoti il “lobo” come Michael Madsen de Le iene in zona Velluto blu.

Per metter fine al “contenzioso”, la più gnocca, “disgustata” dalla mia prosopopea, si “solleva” e mi sputa in viso quest’insulto:

– Lei è un mostro!
– Sì, e non hai visto ancora “niente”. Secondo te, perché sono entrato qui dentro con la patta aperta?

Applausone!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Vampires (1998)
  2. Happy Days – La banda dei fiori di pesco (1974)
  3. The Elephant Man (1980)
  4. Casinò (1995)
  5. Somewhere (2010)
  6. Anaconda (1997)
  7. Il falò delle vanità (1990)

Com’è cambiata la società – “Evoluzione”, da James Dean a James Deen, il pornoattore


13 Oct

Eh sì, inutile fare delle “dietrologie”, il Mondo “progredisce”, abominevolmente indietro, in una corsa all'”oro” (spermatico) che disgusta, di seme virtuale “sente” ed è sempre meno senziente. Gli scemi…
Dal “bruciato“, vividissimo James Dean, “icona” innanzitutto dei pugnaci valori puri giovanili, a tutti i scardinati “tabù” di un “Net” al WC

Oramai siamo “sovrappopolati” d’immagini davvero “soffici”, di “cum” e videocamerine piazzate nelle zone “proibite”, poi “mandate in onda” nella diretta del web.

Impazza, come dico io, la follia, e ti “sbattono” in faccia un’immondizia di carne “macellata”, nell’esibizionismo ove anche il più primitivo omuncolo può vantare il suo spazio di “celebrità”, Perché “accontentarsi” di 15 minutes alla Andy Warhol, quando può “dilatarli” e “soddisfarla” a “30” in versione hard?

Come siamo arrivati a tutto ciò?
Grazie al conformismo dell’idiozia di massa.
A un certo punto, (c’)inventano questo “bel” strumento e la “connessione” del “Tube” catodico e scatologico.

Così, da “semplice” mezzo informativo, il “sistema” si propaga “capillarmente” di capillari “venosi”, di pene eretto, di donne denudate… che basta un “click” su “Enter” per confermare che hai la maggiore età, senza neppure “accedere” con la credit card. Quindi, “puoi guardare ma (non) toccare” (versione avvocato del diavolo di monologo pacinesco da “diabolico” delirio “onanista”) quel “croccante”. La patata di Siffredi va “salata”. Perché le sue “donne” sono “modelle” da “insalate”.
Sì, oltre il “piccante”, oltre i limiti dell'”umanità”. Anche Rocco ha la sua età, e ha ancor più “gatte da pelare”…
Fino a una ventina d’an(n)i fa, questo c’appariva improponibile, tanto che le pellicole “normali” venivano censurate solo perché mostravano un ardito “semiculo” nel “semi(nar)duro”.

Bertolucci fu “ritirato” solo per il “burro”, nell’ipocrisia terribile di un’Italia tremenda, che “arse” i suoi ultimi tanghi.

Che “fango” sulla pelle. Che “ritocco” a ringiovanire…, che vecchiume!

Oggi, c’è davvero di che ridere.

Killer Joe viene al solito sforbiciato per un “pompino” effettuato col “pollo”, quando poi tutti han il “permesso” di “sbizzarrirlo” nell’youporn e più porky’s.
In quest’Italietta ove tutti van ad “amare” e ad “acclamare” il “capolavoro”, così da me “nominato” (“ispirandomi ai “glandi fratelli delle “sorelle” alla Marcuzzi di “orgasmi” alla “Moto Guzzi”), L’Innominato benedì Lucia col “martelletto (opera imprescindibile d’ogni moralista cristiano), in quelle poltroncine il “poltrone” mangia il suo “sandwich” con le “salsine”, detto “famoso” (underhot dog, “paninaro” farcito con quella “crauta” della sua cruda “fidanzata”, tamarra alla “maionese” nei suoi fast food di “sveltine” con un altro durante la “pausa pubblicitaria” fra un Tempo e “chi più ne ha, più ne metta!”.

Così, senza neppure accorgercene, siam “arrivati” dal grande James Dean “venendo” a Deen James, magrolino d’occhio strabico e strabuzzato, sempre “accompagnato” da Escort che “caldeggiano” la sua “gioventù” bella che “fottuta”. Bellissima, una “gnocca della Madonna”.
Praticamente una “segretaria” che va con l’avvocato degli appalti edili, ove l’avvocato “ribalterà” l'”appartamento” con “lei” di “lento”, mentre l’operaio da tarantella “stuccherà” d'”imbiancatura” coi “pennelli”, uno a “dipingere” e l’altro a (s)tingere.
Dai la “cera” e togli la cer(nier)a…

In edicola, ripropongono Gran Torino a soli 9 Euro.
Compratelo!

E non “scass(in)ate” la minchia!

Ché Vito Catozzo, al secolo Faletti Giorgio, sapeva già tutto di Harvey Keitel e del suo cattivo tenente…

Ho detto tutto…

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Gioventù bruciata (1955)
  2. La meglio gioventù (2003)
  3. Redacted (2007)
  4. Porky College: un duro per amico (2002)
  5. Scent of a Woman – Profumo di donna (1992)
    Visto che “sparata?“.
    “Tale e quale” all’eiaculazione dei mignottoni!

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