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The Score: i vostri patetici omaggi e attacchi a Bertolucci, sono Marlon Brando/Kurtz


27 Nov

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Credo che, ieri, dopo la morte di Bertolucci, abbiate toccato davvero il fondo.

Innanzitutto, partiamo da quelli che si atteggiano a intellettuali. Penosi, ridicoli. Cosa vuoi che ne sappiamo questi babbei, laureatisi al DAMS, ove si sono esibiti davanti al professorino, recitando pappardelle a memoria, apprese su Bignami del Cinema per neonati.

Ecco allora che abbiamo il critico in erba, che si crede rinomato, che riempie e infarcisce la sua bacheca di Facebook con tutti gli omaggi di altrettanti critici, più vecchi di lui ma che sono rimbambiti, rispetto a questo giovinastro già rincoglionito, almeno per colpa di aver vissuto davvero le “rivoluzioni”.

Dunque, il suddetto omuncolo, copia-incolla le parole di Emanuela Martini. Sì, un’eterna strega di Benevento dai capelli vermigli che ha leccato il culo a chiunque nella sua carriera “giornalistica”, osannando a destra e a manca. Il cui regista preferito è Scorsese, il quale però non la chiamerebbe neppure nei panni di Vera Farmiga, una rossa di fuoco, fra cinquant’anni. Sì, se Scorsese dovesse campare ancora, oppure dall’alto dei cieli volesse filmare assieme a Dio un altro film arrabbiato e intendesse realizzare il sequel del suo film più brutto, ahinoi, oscarizzato, quello di The Departed con la Farmiga oramai imputridita da una senile apparenza mostruosa, sì, forse potrebbe scegliere Emanuela Martini. Dandole il contentino di apparizione terrificante. Con Mark Wahlberg però che, dopo cinque minuti dall’inizio di questo sequel “paradisiaco”, ammazzerebbe la Martini, silenziando ogni altra sua ruffianeria omicida.

Queste le sue testuali parole, direttamente dal Torino Film Festival:

un visionario, un intellettuale, soprattutto un sognatore. Bernardo Bertolucci, dopo la rivoluzione, ha fatto il cinema come non immaginavamo più di farlo: più grande della vita, e per questo capace di restituirci tutta la vita, e la Storia, e la memoria, e il futuro, nella loro profondità.

 

Sì, la caccia alle streghe nel Medioevo è stata un’atrocità quasi quanto i lager nazisti, ma con la Martini io sono un inquisitore che l’arderebbe al rogo. Hai stufato! Ecco, or ti ficco nella stufa!

Sì, la Martini, colei che, anziché scrivere critiche, fa apologie elegiache su tutti i “grandi”. Per una retorica peggiore di Vincenzo Mollica.

Alla Martini, si accoda quell’altro demente di Roberto Benigni. Uno che ha esordito col fratello di Bernardo, Giuseppe. Berlinguer ti voglio bene. Un “mostro” che ha evitato il manicomio perché la RAI lo pagava per fare il clown da circo. Un altro che si è sempre professato di Sinistra e per un’ospitata, appunto, in tv ove recita Dante Alighieri, mischiandolo a battutine da Littizzetto, si cucca 5 milioni di Euro al minuto. Per dati Auditel di un’Italietta che applaude. Perché in Italia tutti pensano che Berlusconi sia un maiale come Liam Neeson de La ballata di Buster Scruggs, ma in fin dei conti sperano di farsi pubblicare dalla Mondadori. Vedi Daria Bignardi…

Che invasioni barbariche! Ma sono uomini e donne da Risorse umane. Infatti, qua da noi va forte un altro cazzaro, Paolo Virzì. Uno il quale afferma che chi oggi vota 5 Stelle è uno che fa così per rivalersi di esser stato un asino a scuola. E intanto piazza quell’analfabeta di sua moglie, Micaela Ramazzotti, in tutti i film perché Micaela mica è stata scema. Ha trovato il fesso a cui piace la sua gnocchina per diventare ricotta, no, ricca.

Come se non bastasse, addirittura abbiamo il delirio vaginale e uterino di una super frustrata, tale Ilaria Dondi, una che su un giornale femminista da MeToo si permette di scrivere una porcata immonda di tal livello:

 

nessuna parola può togliere nulla alla caratura artistica e all’arte di Bernardo Bertolucci, però, per favore, spendiamone una per dare valore alle priorità o usiamo la coerenza di non parlare più, indignati, di violenza contro le donne. (Già, di per sé, una frase che grammaticamente e sintatticamente sta in piedi a stento).

 

Perché nessuna pretesa artistica e nessun mostro sacro possono giustificare una scena di violenza reale su una donna. Perché la vittima non è – come è accaduto anche in questo caso, tanto per cambiare – solo un effetto collaterale.

Qualcuno spenda una parola per Maria Schneider, perché negare, nonostante le parole dell’attrice, che ci sia una responsabilità precisa nelle nevrosi, nelle crisi psichiatriche, nelle scelte autodistruttive di questa donna – peraltro in seguito licenziata da un altro set perché si rifiutò di girare scene di nudo -, significa ancora una volta sminuire la vittima o, peggio, non crederle o ritenere la sua la reazione esagerata di un donna in preda all’isteria.

Se oggi qualcuno ha Ultimo tango a Parigi da acclamare e da guardarsi non è grazie al genio artistico di un regista e di un attore. La realtà è che abbiamo il nostro capolavoro perturbatore e sovversivo perché è stato girato sulla pelle di una donna, che oggi in molti tendono a dimenticare.

 

Ecco, il povero Bernardo, in poche righe, si è preso la patente di stupratore, pervertito, misogino e “sciupafemmine”.

Ma andate a dar via, appunto, il culo, e usate anche il burro. I problemi psicologi della compianta Maria non credo proprio siano addebitabili a Bertolucci e Brando.

In fondo, non sono tante, anzi nessuna, le donne che potevano vantarsi di averla data pubblicamente all’uomo più desiderato del mondo, ovvero Marlon.

Se fossi stata in lei, altro che crisi depressive. Mi sarei sentita la donna più figa di tutti i tempi.

Quindi, smettetela!

Ilaria Dondi. Una che si presenta così, secondo voi, è credibile come donna? Scrivere delle storie degli altri è un modo per raccontarsi restando nascosti.

 

Innanzitutto, prima del gerundio ci vuole sempre la virgola. Regola basica dell’Italiano. In molti articoli e libri non compare, ma sbagliano. Tanto in Italia ce ne si fotte della “lingua”. Siete tutti “intellettuali”, sì, con la parlata da Christian De Sica fra una porchetta e l’altra.

Poi, cos’è questa: una guardona? Storie degli altri… per raccontarsi, restando nascosti.

Ora, mi segno la stronzata.

Perciò, la smettesse, costei… di farsi i cazzi altrui.

Sì, questa qui è invero Debra Winger, Una donna pericolosa.

Ah ah, ora vi racconto una delle mie.

Quando avevo quattordici e, in piena fase post-puberale, mi tirava come un cavallo, essendo forse l’anno 1993, registrai la prima visione televisiva de Il tè nel deserto.

E me lo sparai. Anzi, me ne sparai tante. Debra Winger, in questo film, è una donna enorme. Un culo stratosferico. Delle gambe magnifiche. E John Malkovich, in mezzo alla sabbia, che fa tanto orgasmo ruvido, gliele palpa in maniera deliziosa. Tanto che quella scena mi spappolò le palle negli an(n)i a “venire”… in modo sfizioso.

Grande passerona, la Winger. Una da mille e una notte, anzi, da Novecento… posizioni. Altro che quella scema di Liv Tyler in Io ballo da sola. E quelle ragazzine eccitate che pendevano dalle labbra di Vasco Rossi nella sua “parodia erotica” del succitato, succinto, ah ah, video di Rewind.

Sì, voi della mia vita non avete mai saputo un cazzo. Quindi, finitela di emanare giudizi moralistici così come, ieri, vi lanciaste in disamine ignorantissime su Bernardo.

Un tempo, allora, in cui ero minorenne e non potevo noleggiare un porno. Internet non esisteva. Le uniche maniere per tirarsi un segone erano due: o corrompevi l’edicolante affinché, “illegalmente”, ti elargisse una rivista con qualche scosciata stimolante, semmai pagandola… il doppio, oppure ti registravi i film con le scene “proibite”.

Che figa divina, la Winger.

E comunque, voi, sessantottini e anche sessantenni finto-trasgressivi avete creato un mondo peggiore di quello che volevate combattere.

Avete per anni, solo manifestando come dei pappagalli, esecrato la borghesia perché da voi, giustamente, demonizzata, in quanto nemica di ogni libertà, soprattutto giovanile.

E i giovani d’oggi sono tutti “malati di mente”.

Ma meglio di voi. Grassi, lardosi, porci e troioni. Unti e bisunti, rancorosi, lendinosi, forse solo lebbrosi.

 

Comunque, voglio buttarla a ridere.

di Stefano Falotico

Nella mia vita, ho recitato anche con Marlon Brando e De Niro in The Score, vedere per credere


26 Nov

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Sì, racconto spesso stronzate inaudite che danno un tocco di vivacità a questo mondo spento e anchilosatosi in pregiudizi cattivelli.

E questa che vi racconto è indubbiamente una stronzata.

Quando invece vi parlo di come sozzamente mi sverginai, di come m’infilai in selve oscure, assaporandone ogni olezzo piccante, non mento. Ancor patisco gli strazi di quella notte a lei ingorda che, di mia deflorazione sconcia, mi rese di sperma lordo.

Quando vi dico che andrò a ritirare un attestato perché ho vinto un concorso letterario, non dico panzane. Vedrete la mia cornice poiché son scrittore modernista che ama l’antiquariato e i sapori antichi del mio letterario sperimentalismo già molto avanti. Tanto avanti che, alla fine di ogni libro, devo regredire di cinquemila anni, altrimenti m’internerebbero per avervi rivelato troppe verità che, io so, vivrete di malavoglia. Sì, dietro un cambiamento vi è sempre sofferenza.

Quando vi racconto delle mie disavventure, delle cimici che ronzano nella mia stanza e delle sette camicie che mi fan sudare per schiacciarle, narro il vero.

Ma passiamo invece a una geniale falsità che rende l’esistenza più sognante.

Sì, nel 2000 recitai con Marlon Brando e De Niro in The Score. Quello che pensate sia Edward Norton, invece, sono io.

Come attestato dalla locandina del nuovo Blu-ray, dal 17 Gennaio 2019 in vendita su Amazon.

Imperdibile.

Il finale del film è però quello alternativo. Norton non si fa inculare da Bob ma, bevendosi un bourbon, glielo piazza dritto con tanto di deriderlo come un mentecatto barbon’! Ah ah.

Eh sì, sono veramente un Genius-Pop.

 

di Stefano Falotico

Il fumo causa ictus e disabilità? I film dolciastri provocano il Cancro al cervello e anche a qualcos’altro, è morto Bertolucci!


26 Nov

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È morto Bernardo, uno a cui piaceva la “Bernarda”. Eh sì, Maria Schneider lui denudò e Marlon Brando col burro bellamente nel cul la ficcò, senza moralismi di “sorca”, quindi Bernardo, anche se perdendo già le rotelle, e forse votando come sindaco di Roma l’allora piacione Rutelli, spogliò quella passerona di Eva Green, regalandoci uno dei seni più immensi delle nostre fantasie erotiche da Dreamers.

E, in Novecento, Stefania Casini tirò proprio gli uccellini di Bob De Niro e Depardieu. Due amici per la pelle, ah, più pelle di così, due con le palle che però vengono da ambienti diversi. Diversi non nel senso… di omosessuali ma di estrazione sociale. E si perderanno per strada perché uno, diventato grande dopo tutto quel pimpante glande, voterà Salvini e invece l’altro Di Maio.

Sì, l’Italia è sempre stata un casino! Un luogo catto-borghese insopportabile. Ove tutti si professano professori ma hanno solo comprato i pezzi di carta, ominicchi sani e santi ma in realtà io vi dico che sono dei puttanieri tremendi. E Bernardo, uomo troppo elevato per stare in mezzo ai campagnoli bugiardi e alle zoccolone da Berlusconi, girò L’ultimo imperatore.

Tutto quel sesso trasgressivo gli diede alla testa e ai testicoli, e dunque ascese al buddismo con Il piccolo Buddha.

Uno dei suoi grandi sogni era realizzare un film intitolato Paradiso e Inferno ma forse, Bernardo, dantescamente, finirà in Purgatorio. Fra gli scomunicati perché morì in contumacia della Chiesa cristiana. Responsabile, con patti lateranensi traditi a piacimento, di aver censurato Ultimo tango a Parigi.

Eh sì, Bernardo aveva du’ coglioni così. Diceva la verità su questo mondo ipocrita e sessuofobo.

Spingeva!

E anche io dico la mia.

Io fumo tre pacchetti di sigarette al giorno. Anche di più. E me ne frego dei vostri salutismi del cazzo.

Non sopporto i film smancerosi e i luoghi comuni. Chi ascolta Zucchero non ha il diabete alle orecchie e, vi posso garantire, che se uno ama Bryan Adams non significa che sia un ricchione.

Non amo, insomma, le romanticherie e le falsità, poiché come Bernardo io sono un grande romantico.

E, come Marlon, incontro una donna. Lei, per far colpo su di me, mi dice di avere tre lauree e di chiamarsi Laura.

Io le rispondo che non voglio sapere nulla della sua “aura”, delle sue credenziali e dei suoi attestati. Non è da un titolo di studio che si giudica una donna.

Una donna la si giudica in maniera “innominabile”. Se è generosa e appetitosa e non rompe i marroni con moralismi morbosi.

Forza, succhia.

 

 

di Stefano Falotico

Il Genius è Don Juan De Marco: un infinito leopardiano, un clown strepitoso, super video in cui recita il vostro pessimismo cosmico, io sono in formissima, voi no


02 Oct
ROCKY III, Carl Weathers, Sylvester Stallone, 1982, © United Artists/MGM

ROCKY III, Carl Weathers, Sylvester Stallone, 1982, © United Artists/MGM

Depp Don Juan


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L’infinito di Giacomo Leopardi

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Non tutti nascono Tom Hardy, molti si danno all’hard, i più al lardo


24 Apr

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Eh sì, “spinge” questo Tom di Venom. Anche se il regista non mi convince, Ruben Fleischer.

E non mi convince neanche Adriano Giannini come doppiatore italiano dell’Hardy. La sua voce, presa in prestito dal padre, e ringiovanita per differenza sua anagrafica, è crespa, pare quella di un Rust Cohle strizzato per le palle, e si ostinano ad affibbiargli Hardy che non gli appartiene.

Sì, Hardy piace tantissimo ai giovani. È tosto, cazzuto, un mezzo uomo borderline, un orso buono, probabilmente uno che, se vede un’hostess in minigonna, sa come farla “volare alto” senza bisogno di citarle qualche filosofo russo. Hardy incarna tutto ciò che un nerd medio non potrà mai essere. Il nerd è acculturatissimo, ogni giorno sbanda cervelloticamente di qua e di là ma poi, come Yotobi, sta sempre in pantofole con un’espressione fantozziana degna di una sorte migliore. Quella che i suoi genitori speravano avesse. Perché lo volevano pezzo grosso dell’alta società, e invece lo vedono “smanettare” giorno e notte sui Blu-ray e sui giochi della Playstation. E non sanno darsi pace. Ma come? Era un ragazzo così intelligente, doveva avere un futuro migliore, più soddisfacente. Più puttanazzone. Sì, poteva essere amico di Berlusconi, e invece ora è un mezzo sinistroide anarchico che non vota Salvini perché fascista, non votò Renzi perché pinocchiesco, e neppure 5 Stelle perché non nutre rivendicazioni sociali, sì, è mezzo disoccupato ma gli va benissimo così. I suoi coetanei son belli che sistemati, con un gruzzoletto mica male in banca, invece nostro figlio sta sperperando i migliori della sua vita a celebrare videoludiche virtualità, senza esperire neanche la materia prima che rende l’uomo “decoroso”. Cioè la figa. Sì, nostro figlio dovrebbe scopare più spesso, invece nella sua camera abbiamo rinvenuto dei film con Brandi Love, oh mio Dio, che vergogna! Anche onanista amante delle Milf, che schifo! È un degenerato, un pusillanime verso noi che gli abbiamo dato il nostro cuore e lui invece ci ha traditi con la più squallida stronza perché a lui così tira il culo… roba da matti! Sì, portiamolo da uno psichiatra, va corretto prima che sia troppo tardi, indirizzato alla rettitudine morale, e presto deve trovarsi un lavoro che faccia onore al nostro casato. Non può, è inammissibile, starsene sempre incassato, così soltanto umiliazioni incasserà. Quanto ci fa incazzare! Noi non lo capiamo. Deve svegliarsi e darsi una mossa! Ma non può stare con quelli della sua età a ubriacarsi, a fottersi qualche scema, insomma, non può godersela? Ci pare Victor Frankenstein della versione di Kenneth Branagh. Dove pensa di arrivare? Povero illuso. Che pena!

Eh sì, cari nerd, Tom Hardy è un warrior che rappresenta tutto quello che avete sempre sognato di essere e invece non sarete mai. Però tifate per lui, vi emoziona da morire questo mad max furioso, questo “badass” che sa il fatto suo. Sì, ruvido, grezzo, che non sai mai se ha la pancetta da birra o addominali troppo sviluppati. Sì, che look sbarazzino, da figlio di quella gran troia. Vai Tom, sei un mito! Gigante!

Di mio, non sono né Tom Hardy né uno da hard. Con voi, come lo sono sempre stato, devo essere schietto. Sì, qualche “filmetto” non propriamente da Oscar sulla mensola sta. Materiale “duro” che può sempre far comodo quando la depressione è talmente profonda e sei talmente moralmente integerrimo che non vuoi nessuna zoccola fra le palle, ma “tirartela” un po’… non farà crescere la tua autostima eppur ti darà 30 secondi orgasmici di “felicità”.

Invero, sono come Marlon Brando/Moreau. Esco di casa e benedico l’umanità di scimmie.

Perché io non lecco nessuno, non desidero bastarde leccatine, e me ne sto per i cazzi miei.

Poi la gente parla alle (s)palle. Me ne fotto! Hanno il prosciutto sugli occhi oltre che fra i denti. Insomma, il genio non si batte. Tu sarai pure ingegnere ma ogni lunedì sera guardi Montalbano. Sai che vita…

Molto meglio la mia, che mangia le banane. Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Se Servillo sarà Berlusconi, io sono un Divo, e voglio narrarvi questa storia


11 Jun

La storia, da non confondere con Troia, sebbene i canti omerici nell’Iliade parlarono di cavalli con dentro uomini con la grinta di un toro…

Mattina altera, forse alterata, di me come sempre affabile nel traffico cittadino, poco pingue perché poche macchine vidi, sebbene un extracomunitario, cantandosela, vendeva il Resto del Carlino a un semaforo di colore… rosso come la sua pelle, al verde come il suo stipendio, giallo come i peggiori film di Dario Argento. Argenteo, poi mi diressi verso il solito bar, ove trangugiai una colazione “raffinata” a base di brioche salata parimenti proporzionale alla mia “dolcezza”, e di un cappuccino più “pio” dei monaci francescani. Riprendendo quindi a girare. Sapete, spesso mi girano e divengo in quegli attimi fatali come Attila, flagellando il mio (D)io a base di ire sgommanti come i tir della Domenica. Quindi, in un altro bar, allo “scader” di un caffè amaro come il mare d’inverno di una canzone rifatta più volte come Silvio, meditai su questo film, Loro, ove l’accento va posto nel modo più consono alla ricchezza italica della nostra Lingua vorace, forse solo verace come le cozze napoletane nella gola “profonda” di un uomo non partenopeo che tifa Milan. Sì, rincasai e mi “posizionai” appunto nella mia cas(c)ina, ove, quando sono triste, masturbatorio mi do al cul(t)o dell’osservanza di belle coscine. Facendo su e giù in stato “down” della mia dignità. La dignità! Da quando il Capitale ha preso podere, no, potere nelle testicolari teste di cazzo degli italiani, il lavoro “utile”, non umile, è divenuto una priorità. L’uomo invece deve venire e darsi alla creatività, altrimenti diviene svenevole. Donne, venite a me, urlava Berlusconi, uno che ne circuì parecchie, per il suo uccello liftato che ne gioiva, giovava, erano molto giovani. Io mi arrangio, arranco, non seguo il branco, sebbene abbia molto amato Marlon Brando. Sono un selvaggio, cari bulli e pupe.

Sono un ricco nell’anima, povero in canna, ma non fumo neanche le canne. Berlusconi, invece, a ottanta “ani” tira ancora di brutto, ma si crede bello.

di Stefano Falotico

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Andò in branco, in bianco non in branda e neppur fu Marlon Brando


30 Aug

Nella mia vita di peccatore, anche di vista acuta di gran culo, conobbi molti uomini rozzi che apostrofavano le donne con far troppo rude, volgare e sbrigativo, cercando subito il triangolo:

 

– Donna, voglio leccartela prima che cali il tramonto, prima che coli, di colla, di monta.

– Maiale, ti smonto, tu non monterai proprio nessuna.

– Sei una montata, chi credi di essere? Ah, vado a continuare a pascere le pecorine. Io sono un montone.

 

E, col passamontagna, non ottenne la passera.

 

di Stefano Falotico

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Marlon Brando è Falotico


01 Oct

Al Pacino at Massey, Toronto Film Festival


14 Sep

Al Pacino e i suoi “No” ad “Apocalypse Now”, “Die Hard”, “Star Wars”


04 Jun

He may be 73 now, and all his best-loved film performances are from the last century, but there’s no denying Al Pacino’s drawing power. He packed out the London Palladium last night for An Evening With Pacino – a curious one-off event in which he was interviewed by Emma Freud as clips from his best-known movies were shown, and genially answered questions from an adoring audience.

Most people left the theatre buzzing, seemingly happy they’d got their money’s worth. Not a negligible achievement, given that tickets ranged from £60 to £250. But for this event, which felt like a fan convention at times, Pacino was halfway home merely by having shown up.

In baggy all-black clothes, he ambled onstage and ran both hands through his hair all night as he talked. Emma Freud lobbed easy questions for Pacino to hit out of the park, and set the tone with her first comment: “Would it be all right if I said I wanted to lick your face?” Friendly grilling, then, rather than Freudian analysis.

Still, Pacino had interesting anecdotes. He’d enjoyed making Scarface (clearly the favourite film of many in the crowd), but found the Godfather trilogy “a long, awful, tiring story.” The studio was apparently poised to dump him from the first one, his first major film, in which he played Michael Corleone, because he seemed to be contributing little. Then director Francis Ford Coppola shuffled the shooting schedule, moving forward a scene in which Michael shoots rival mobsters in a restaurant. The studio suits saw the rushes and concluded Pacino was OK.

There were some decent revelations when he disclosed film roles he had turned down: Richard Gere’s in Pretty Woman (now that would have made it a different movie); Lenny (the role of Lenny Bruce went to Dustin Hoffman); Harrison Ford’s in Star Wars (“it was mine for the taking but I didn’t understand the script,” he quipped); and both Marlon Brando’s and Martin Sheen’s parts in Apocalypse Now.

The clips were exemplary: The Godfather and Scarface, of course, but also the great Dog Day Afternoon and his deliciously over-the-top crescendo of a monologue in Any Given Sunday, with Pacino as a football coach. We also saw a snatch of Scent of a Woman – far from his best movie, but the one that finally won him an Oscar for playing a blind, retired military officer. Asked by an audience member to say his character’s recurring phrase, Pacino obliged: “Whoo-yah.” The crowd went wild.

 

Still, they stayed politely attentive even when Pacino turned precious, discussing the theory of his craft and talking about an actor’s “instrument.” This was a crowd-pleasing evening, yet there was a cerebral edge to it: Pacino aired his grievances about why Americans find Shakespeare hard to get their heads around; he introduced a clip from his latest film, the art-house Wilde Salome, in which he stars with Jessica Chastain; and he concluded the night by reading an ee cummings poem and reciting part of Oscar Wilde’s The Ballad of Reading Gaol.

A few celebrities were sprinkled throughout the crowd: Paul O’Grady; singer Beverly Knight and Linda Henry from EastEnders, both looking smart – and, incongruously, ex-Spurs legend Ossie Ardiles. Also, inevitably, a gaggle of not-quite-recognisable D-listers, there primarily to flaunt themselves before photographers. For someone of Pacino’s stature, the list of invited guests should have been more impressive.

Still, an agreeable if eccentric evening. The thought occurred afterwards that Pacino’s performance was a subtle sleight of hand – giving the impression of sharing long-withheld secrets without revealing anything inadvertently. You can call him Al, but you don’t really know him at all.

Genius-Pop

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