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Caro diario à la Moretti, Ladyhawke


12 May

Ladyhawke Hauer

Sì, la mia vita è sempre stata segnata impunemente da una maledizione. Come Rutger Hauer in questo film bellissimo, in questa favola senza tempo, appena scocca qualcosa di luccicante e rifulgente nella mia vita, ecco che vengo intrappolato e obliato dal mio stesso buio esistenziale, e allora divento dark, scrivendo libri noir, e accomodandomi a una malinconia imperitura, duratura, ferente e affliggente. E mi sfuggono le bionde suadenti alla Michelle Pfeiffer in questa spettrale rifrangenza, cosicché addebito la colpa sempre a sfortunate circostanze, a lapidari, estemporanei brutti frangenti.

E mi perdo nella dimenticanza dei miei stessi abbandoni, lascivo lascio trafiggermi dalle asce di un tempo sfuggente e, come Hauer in Blade Runner, quasi ogni sera prima di prender sonno rammemoro il famoso, finale suo monologo, dissipandomi nella sconsolazione, e osservando la colomba bianca dell’aquilotto che sono in mezzo a un mondo di tontoloni e pecoroni. Poi, al mattino dopo, mi risveglio perché ancor non son morto, e faccio lauta colazione, deglutendo un morbido cappuccino che è cremoso quanto un bacio pugnace alla Pfeiffer da me sempre bramata, perché solo nella fantasticheria più romantica l’uomo è davvero grande e respira l’odore della vita pura e dorata, non ancor intorpidita dalle corruzioni adulte, dai tradimenti adulteri, dalle invidie e dai pettegolezzi, da quest’imperioso obbligo che è il borghese, impiegatizio lavoro. Sì, son sempre stato io quello grande, in mezzo a un’umanità ruffiana di leccaculo, di donnette che trascorrono otto ore in ufficio, sette delle quali le occupano a bere caffè, a leggere riviste “scandalistiche”, a girarsi i pollici, smaltandosi le unghie, ad accavallar con malizia le gambe per ottenere promozioni, a chattare su Facebook, a sognare un divo di Hollywood che le porti via dall’orrenda lor esistenza pigra e putrescente.

Nella mia vita per la mia radicalità, per non esser mai sceso a compromessi con nessuno, mi son beccato le patenti più abbruttenti, infamanti e calunniose. Da adolescente, un idiota mi apostrofò con impertinenti allusioni davvero riprovevoli.

 

– Sai che assomigli a Erasmo da Rotterdam? Mente fervida e fantasiosa, ma fu diagnosticato pazzo.

 

Ah ah, che ridere, quante bazzecole e immonde maldicenze ho dovuto sopportare, oh, che tedio e che angoscia resistere alle crudeli congetture falsissime sulla mia persona, grazie alla mia elevata signorilità smentirle. Quando si è troppo signori, si vien presi per coglioni o peggio per buffoni, ma che altro puoi fare dirimpetto a tanta superficiale arroganza se non sbuffare, fumare e aspettar che ogni lercia bugia, allo sciogliersi della verità della tua anima autenticamente sincera, sfumi e si sghiacci come neve al Sole?

Oh, mio Sole. Sì, adoro le donne, ne vado matto, a proposito di pazzia…

E perché mai dovrei andare a vedere il film Manuel quando posso immaginare notti d’amore succose con la Sylvia Kristel di Emmanuelle? Sì, Kristel, sono un povero Cristo, nelle tue gambe perdutamente cristallizzami, verrà… lo sgocciolio del mio duro cuore in te incarnato, incastonato, incanalato, infilato e compenetrato, ma presto ancor mi rizzerò per nuove, prelibate effusioni sanguigne nell’erigerti tutto il mio giammai spossato ardore.

Sì, vado da una psichiatra e lui ride di me come Jeremy Irons con De Niro in Mission…

– Dottore, perché ride? La sua risata è una derisione.

– Rido, perché vedo di che ridere…

 

Sì, Irons rivolge a quel De Niro inconsolabile le testuali parole, riguardate il film.

E lo psichiatra rise, rise di gusto, e poi mi disse:

– Rido perché non sai chi sei o, se lo sai, sei un mentitore della tua grandezza per far felici i mediocri. Così i mediocri potranno dire… ah, ora è contento, ha un lavoretto, una ragazza con cui “scalda” le sue tristezze momentanee, e dunque è normale. Tu non hai bisogno di essere normalizzato. Lasciamo il concetto di normalità ai poveri imbecilli. Nessuno può offrirti soluzioni curative, perché tu non soffri di niente, se non dell’immensità della tua anima che, per sua natura inquieta e tormentata, è giusto che talora, a tali ore, talvolta o anche a tavola, si spezzi, si dilani, si arrabbi e polemizzi, è giusto che viva perché sei vividamente vivo. Nessuno può offrirti garanzie pedagogiche perché l’educatore sei tu in mezzo a questi pagliacci edonistici, a queste persone doppie e ipocrite, potresti illuminarli sul Cinema, sulla poesia, sulla Letteratura che l’imbarbarimento odierno sta spazzando via, e nessuno può offrirti “sanazioni” progettuali, perché tu sei il progetto di te stesso. Lascia ai palazzinari e agli ingegneri arricchitisi i loro castelli di cartapesta. Dedicati alla tua anima, innaffiala ogni giorno, non spegnerla né irreggimentarla in basamenti fallaci dell’ego, non “sovrastrutturarla”, ma sguinzagliala con obiettiva ponderatezza, e poi con energica destrezza.

Hai capito quello che ti ho detto?

Non combinar malestri ma sii, eccome, ambidestro, sfodera colpi mancini agli stronzi e ai bugiardi, e con lesta prontezza usa un gancio destro di genialità, sferrato agli uomini di scarsa attendibilità.

 

Oh, conosco invero io la realtà più di tanti uomini di finta volontà.

E voglio raccontarvi questo. Nel 2005, se non erro, io che errante son appunto errabondo ma non cagasotto come Don Abbondio, erroneamente a una ragazza mi posi ma alla fin fine non glielo porsi. Porsi, passato remoto di porgere, non porgetti, ma quali progetti! Presi il treno e andai ancora a Roma. Lei mi aspettò alla stazione e io mi presentai indubbiamente fuori forma, con una discreta pancia e un alito da birra. Ma lei fu molto graziosa e non mi offese, anzi, mi fece entrare… in macchina, dicendomi di affrettar le cos(c)e perché doveva poi andar a goder della Notte Bianca.

Ho detto tutto.

– Scusa, tu ti sei fatto tutti questi chilometri solo per scopare?

– Sostanzialmente sì. Ma ora che t’ho visto dal vivo credo che andrò a dormire…

Perché io dormo sempre, anche quando sono più sveglio di tutti.

Sai, adesso potremmo davvero scopare. Poi tu potresti innamorarti, al che t’ingelosirai e mi perseguiterai come Glenn Close di Attrazione fatale, e questo splendido momento fatato sarà orribilmente deturpato e sciupato.

 

Sì, più i miei coetanei invecchiano e più diventano brutti, soprattutto nell’anima. Io più invecchio e più ringiovanisco, soprattutto nell’uccello. Uccello libero, un falco, non un falso, uno come Lincoln Hawk.

 

di Stefano Falotico

 

 

Stallone Over the Top

Attimi di poesia, tutto il resto è noia e sesso avvilente


18 Feb

Over the Top

Oggi è domenica 18 Febbraio e ho riposato bene.

Mi son svegliato particolarmente ringiovanito, maggiormente rincuorato, più alla vita ancorato, anche accorato.

Al che, ho riletto una mail che ho inviato a una donna, l’altro giorno. Sì, penso che lei sia una donna, anche se credo che lei nutra dei dubbi se io sia un uomo. Un uomo alquanto bizzarro, che danza ballerino fra mille umori scostanti, e s’interrompe, riparte, gioca, piange, pagliaccesco cazzeggia.

Avete sentito Gattuso? Ha detto al suo pupillo di trovarsi una ragazza e fare l’amore. Schietto, ruspante, nel suo stile “ringhiante”; che incita a sentimenti semplici ma veri.

Mah, non so, mi ricordo che, dopo la prima volta, ero tutto inzaccherato e con le mani lerce, sì, non so come feci a sporcarmele in quel groviglio frenetico e singhiozzante, e cercai un bagno. Ma era notte fonda, i bar erano chiusi ma trovai un albergo e con faccia tosta, di cazzo appunto, entrai e sgattaiolai nella toilette. L’uomo della reception mi guardò male. Ma io mi pulii e tornai a casa con un sorriso idiota.

Devo dirvi la verità. Io non rimpiango mai il tempo ben utilizzato e nemmeno quello sprecato. E morirò con ancora tanti sogni mai realizzati, sepolti nel cassetto o solo gettati nel cassonetto.

Per due anni, andavo sempre dal mio amico cinese e mi sentivo uno di famiglia. Portava sempre la moglie e i suoi due bellissimi bambini in quel locale. E respiravo un’aria familiare che non avevo mai sentito. In mezzo a persone di un’altra cultura, calma, pacifica, contemplativa, come un libro di Mishima. Poi, all’improvviso, una brutta mattina il bar chiuse. E non so che fine hanno, o abbiano, fatto Ma conserverò nel mio cuore quei bellissimi momenti di pace e tranquillità.

No, non sono un vincente, sono un mezzo matto, e sbaglio sempre i toni, calco la mano sui soliti argomenti e potrei aiutare Paul Schrader in tante sceneggiature cristologiche, pietistiche, afflittive, fra deliri di onnipotenza, malinconie leggere e anche leggiadre, e poi istanti di estrema felicità, bambinesca.

Sì, nonostante tutto, io sono rimasto infantile. Si dice che i bambini siano i più grandi poeti del mondo, perché trasfigurano la realtà e sono lontani dallo squallore della quotidianità mendace e affaristica, pettegola e stupida. Sono candidi. No, non sono bambino da quando ho otto anni e sapevo che quel finale di Over the Top racchiude molte verità. No, non è un grande film, è ingenuo, sciocco e una volta che sei grande ci ridi sopra. Ma Lincoln Hawk è uno sconfitto, uno che è stato preso a calci nel culo, eppure non gioca mai di vittimismo, guida il suo camion e sogna di vincere un campionato di braccio di ferro. E quando cambia “marcia” e piega Bull Harley la commozione è molta.

Molti mi chiedono se guardo il Festival di Sanremo. No, ma la canzone di Barbarossa è di una delicatezza unica. Possiamo dirlo? È un capolavoro.

Ognuno ha la sua vita, e ognuno ha le sue spine, le sue rose, le sue ambizioni fallite e attimi di poesia.

Gran Torino

 

 

di Stefano Falotico

La legge(nda) di Lincoln Hawk, detto anche Falco, anche falò delle vanità


05 Dec

Over the Top

 

Indagine sulla mia morte, il r(itr)atto di un artista di strada, dalla vita distratto, umanamente “ineccepibile”, probabilmente un vivente metafisico in mezzo ai mor(t)i, bevo, non da benevole, le b(i)on(d)e nel giovial San Francesco che parla al suo “uccello” e gli dà da ma(ngia)re… spaccandoti il braccio della morte… do lor(d)o botte!

Essi vivono!

La mia “fame” per la vita è “terribile”, da malaria, d’appestato, calpestatissimo, (im)modestamente (an)dato, d’offese inondatissimo, insultato in mo(n)do inusitato, abusato, picchiato, massacrato, sbertucciato, scheggiato, evitato e finanche da me stes(s)o “evirato”, amputato, slabbrato, odiato, “uccellato”, saccheggiato, bevuto, vivo mangiato, mannaggia, non mangio e tutti se “le” magnano mentre, dopo aver conquistato ogni re(gn)o di tal società infamona di ragni, non mi resta altro che (non) essere un av(ar)o, son in trappola, al tapp(et)o, Ave Maria e Padre nostro datemi il buon riposo, non son uno che sta in posa, vivo soltanto di fini prose e vera poesia, non mi sposerò con nessuna e a te, maschio, darò spin(tarell)e e non ros(s)e, la vita mi spossa, mi spacca, mi rompe, in poche parole e nessuna prole, sì, m’ha devastato il cazzo.

E ora ti sarò devastante!

Un senso insensato di me troppo assennato mi sta facendo andar fuori da tutti i sen(s)i logici. Sì, schivo le donne che mi voglion (ar)render schiavo, son delle “ciucciatrici” e non voglio “allacciarlo” a lor “allattanti”, alcune m’allettano ma non è, in fin dei “coiti”, un gran letto, non hanno dei didietro “affabili”, codeste, non destissime ma tardone, sono delle galline da coccodè, meglio me, il gallone mai tard(iv)o, affabulatore di fav(ol)a per il cazzo suo sveglissimo, da “Pifferaio magico” che fa schiantar tutte le top(p)e, (di)struggendole nel burro(ne), io, uccellin’ mi(g)ratore sempre desto e vado diritto, fantasioso-fanatico-fantoccio-non faccio nulla, vi(b)rante a v(i)olar sulle urlatrici e “urinatrici” pervertite, da invertito giusto, ridatemi il Paradiso di (in)g(i)usto, e dove sta BeatriceNietzsche che diceBo, ma quale Bologna, città di Asinelli e di donnette poco danti, meglio Zucchero e Dante sulla Garisenda rispetto a tal pendenti dalle labbra…, che Asinelli, somma-mente, in modo som(m)ar(i)o, son da prender a pedate, ma quali testate… giornalistiche, sbatti… il mostro nella sua “mo(st)ra” a pet(t)i in “f(i)ori”, meglio Mario e il mio “pennuto”, nido del cu(cu)lo in cui risiedo eppur mi voglion sedare, non sto seduto né sedato, vado rasserenato, e debbo, fortissimamente “volano”, volli… suonarvi la mia serenata nel seder mio da severo. Da tal umanità porcellesca, io son avulso, scevro da tutti i servi. E mi dovete servire! Io, “servendovelo”, non amo tal ma(ia)li da “assorbenti”. Te lo (a)stringono, (re)spingono, (st)tirano ma io son nato con la camicia ed estraggo la coniglietta dal cilindro, tutto dentro… striscia da serpente, “viscido” va di “liscio”, sul vel(lut)o son uomo fatto per ogni lupa (s)porca. Quindi, da volpe, bevo la “sborra”, “aromatizzandola” con del luppolo, imbiondandomi di… a tutte birre. Ma che sbavate? Sbevacchiate mentre io, fra tante (co)r(n)acchie, da becchino metto il “bocchino”, e tu, o(r)mone, non (o)metter’ il becco. Altrimenti, picc(hi)o! Vai azzittita, zietta, tu, zitella, beccati questa zoccoletta e basta coi buo(n)i(smi) da zollette! Vai ad arare e lavoratelo/a.

Amor, non esi(s)ti, f(o)u, fotti(ti), zoccola. “Inzollatela” e poi recati, ma quale uomo di Recanati, leopardate, non meritate Leopardi, a far dei “girini” a zonzo, lasciando il marchio da Zorro. Zotica, che cazzo vuoi? Beccatelo e sta zitta! Un altro segno, vado… se(g)nato.

Ecco la “sberla” del mio bel ribelle, io di pelo, io di “palle” nel concimarmi fra le comari. Guarda Omar quant’è bello, ispira tanto “sentimento!”. Nessuna inseminazione, evviva il mio Totò a “darvele” nel popò.

Evviva Pomarico, paese di uomini contadini molto amari, tutti a mostrar le chiappe chiare a Metaponto, località balneare di putrida maretta e di cassa-integrati disintegrati (a)socialmente, che “Sole”, che sola, che soli, tutti a cantar, di vasche da viali, le canzoni di quel viados di Rossi Vasco, ma quale chiara come l’alba! Si chiama siccità di star all’“asciutto”, non arriva mai l’acqua e, alla gol(os)a, puntan gli “appuntati” nel “venerarle” il culetto solido da “stella” di “latte”. Tutti “sceriffi”, ma che brutti ceff(on)i. Le donne ingrassan come delle vacche, quelli al bar svaccano, e allor evviva io, uomo che bivacca e se “la” beve a tracolla.

Questo si chiama tracollo, non saltatemi al “colon”. Il mio fe(ga)to è già un “fottio” di troppe prese per il culo, basta (s)fottere. Non bucherellatemi, (b)ricconi, son ubriaco di “viltà”, che (s)figa, ma vai a darlo via da “cazzo” di vita di mer(da).

Poi, mi scende… “quello” alle ginocchia, vuole succhiarmelo ma è meglio che prenda la sua “lingua” e impari altre lingue. È un analfabeta del mio “tirato” a “lucido”, poliglotta, andiam a vivere in una g(r)ot)ta ridente-annerente, di Grottole. Lì, scimmiotti, da scimmie non s(c)eme, potremo grattarcelo senza tope.

Che s(c)eme(nza) della follia, mia folle!

Grat(icol)a del mio (for)maggio, meglio Novembre e Natale, uomo che odia Pasqua(le)!

Ora, giro il Cappell(ai)o, matti che non siete altr(u)i, ed evviva i camionisti!

Almeno, non sono ipocriti. E, oltre a m(en)are, sì, evviva i miei fan, proprio male quando s’incazzano, fanno in mo(n)do oceanico e titanico! Nettuno è sopra il mio esser Nessuno!

Dammi Atlant(id)e e ti dirò in quale (lo)culo abiti. Nessuna abi(li)tazione, vai sommerso. Andrai poi (ri)scoperto in Pandora di vas(ett)i scoperchiati, mio visetto. Ecco il mio vis(t)o. Stai in vis(i)ta.

Fatemi il “piacere”.

Over ogni top(o) di fog(n)a, vaffanculo a tutti!

E ora leccatemelo!

Game over!

 

 

 

di Stefano Falotico

 

Il Cobra-Falco è tornato (Lady)Hawk(e), veste come Batman ed è un pipistrello che usa il rastrello nei testicoli dei testardi


06 Dec

Casting by Falotico: bislacchi attori in film “anomali”, salvo esser “consacrati” dall’Oscar della sagra del “Tartufone” di Denzel Washington in tenuta subacquea. Sì, il nero ama comprovare che è una piovra nel petrolio

Vengo contattato da un alto produttore hollywoodiano, un tycoon semi Hugh Hefner, pieno di zoccolazze che gli gravitano attorno, seminandogli il panico e anche d’inseminato nel “suo” inamidatissimo un po’ spelacchiato. Il lupo perde il pelo ma le vizia. Egli è zio.
Non è un granché, veste cashmere di sera e pagliaccio all’una di Notte. Il suo sorriso simpatico alla Bill Murray lo salva, ma possiede un’espressione, in fondo “in fondo”, assai puttanesca alla Nic Cage, interprete “di razza”, però peperone-paperon’ e pappone conclamato su denti da castoro “incastonati” nell’anellaccio “uccellante” al dito medio, dunque anulare nelle complanari del suo impianto-parrucchino di braccio muscoloso “stempiato” su volto storpio da oliva ascolana. Sì, anche ad Ascoli Piceno, Nic va di piccioncine e, nel pascolo, è onomatopeico di tal “poetica del fanciullino” mentre stantuffa le sue “pargolette”. Egli è anche stuntman che si butta a capofitto in tutte le figuzze, non badando se la carrozzeria è arrugginita o è una vecchia. Egli “ammacca” di tamarro, “imbastardendo” di performance che passan da Scorsese a un’altra passerottina drive angry. Dicesi attore di merda, parimenti “bravo” come il nostrano “fior all’occhiello”, Siffredi Rocco, il quale, mentre l’Italia si suicida, “lui” infila nella “penetteria”, fornicando di “lievito” aromatico su ogni “stufa a legno”.
Egli, sì, nel forno attizza e “spruzza”, spupazza mentre i disoccupati vengon scambiati per pazzi, e la crisi economica impazza. Rocco sempre strapazzerà. Occupando tutti i posti liberi…
Egli s’è garantito uno stipendio fisso, sempre lì, lì nel mezzo, finché ce n’è va bene, più che Ligabue è un bovaro che soffre d’avarizia con le liquirizie in bocca. Dà tanto a sé, e “gliele” danno di “buon sedere”, “miliardeggiando” nel maialando. La polizia combina un’altra porcata, arresta una professoressa di latino solo perché non sa ballare quelli latini. E, oltre alla condanna, in prigione le dan da bere del latte, pretendo che allatti i carcerati di “seno” materno istruttivo verso i minorenni da “svezzare”.

In questa schifezza generale, ove Stephen Dorff girò con la Coppola e “sfumò” la cappella con Lela Star, l’unica stella sono io.

Nel cazzeggio dei “caporali”, io mi elevo di bernoccolone e ti faccio il “paliatone”, detto anche meridionalmente “Té spacc’ la chep! Capron’, crep’!“.

E stilo queste “strane coppie” di film (st)Rambo.

1) Tua sorella è bella…  tanto belante nel prostituendosi che, annuendo, da “tutti” (di)pen-d.e… 

Trama “ridotta all’osso”: Bob De Niro in coppia accoppante con Harvey Keitel, trent’anni dopo. Fra le mean streets ove la legge che conta è quella del “Taglione”, tradotto: “Se tu inculi una ragazzina, sarai inculato dai ragazzoni goodfellas. Vai in chiesa Domenica a messa e confessati, se non vuoi esser spedito all’Inferno prima di domani, cioè Lunedì. Abbiamo la Luna di traverso, invertito. Ci giran storte e a te non tirerà”.

2) Django è maestro dell’arte d’arrangiarsi e adesso se li magna di “pummarola al dente”

Plot di botte: basta, il troppo “stroppia”, stropiccia, ti strappo.
Due neri ne han le palle piene di questo Leonardo. E, in combutta, assalgon di Waltz-er al suo “gallo”. Evviva le diligenze, basta essere diligenti di schiavitù!

3) Grudge Match acrobatico-senile di Cobretti nel LaMotta rimontante

Dubbio lecito: ma davvero le riprese di tale “masterpiece” sono imminenti?
Certo. Agli Oscar 2013, vinceranno sia Rocky che Toro scatenato.

4) Sei un fascista e ti sfascio

Cobra: Vedi di calmarti amico. Vuoi parlare… e parliamo, io vado pazzo per la conversazione.
Criminale: Non voglio parlare con te! Fa’ venire le telecamere o sparo! E guarda che non scherzo.
Cobra: Non posso farlo.
Criminale: Perché!?
Cobra: Non tratto con i maniaci… Li metto al sicuro.

5) Cop Land fra un ex Corleone coppoliano ora pentito e uno “sveglio” che non vuole perdonare:

Io non so come fa sceriffo, dico… a tenere in riga questi mercenari, tutti blu, tutti armati, tutti in una volta. Abitano uno accanto all’altro con le mogli che si prestano lo zucchero, è come essere lo sbirro di sbirrolandia.

6) Over nella topolona, previo il “felino” del marito coi canini nel tuo istinto da mammifero per le mammelle:

– Sono il Top, e tu sei mia. Si può parlare con una Donna graziosa, a cui verserei un po’ di maionese per farla impazzire?
– Mi sembri un commesso dei grandi magazzini, come Renato Pozzetto.
– Sì, c’è un cane che abbaia, io vorrei “ulularti”.
– Allora, si “accomodi”.
– Eh, ma c’è il cane, eh?
– Non si preoccupi, è castrato.
– Non ho mica paura che m’inculi.
– Ah no? E di cosa ha paura? Che morda?
– No, che tuo marito potrebbe farmelo. Il cane è lui.

Il Falò è qui, e picchia come Roberto Durán.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Over the Top (1987)
  2. Cobra (1986)
  3. Cop Land (1997)
  4. Ladyhawke (1985)

Genius-Pop

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