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Il grande Jon Voight che non è solo il padre di Angelina Jolie e ogni scempiaggine internettiana su Nic Cage, Tom Cruise e forse su qualcun altro pazzo come un cavallo. Cavallo di che?


10 Apr

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Sì, dovete sapere che l’Italia è proverbiale nel distinguersi nello sport nazional-popolare, cioè il Calcio? No, nello sparlare delle presunte incompetenze altrui, bardandosi dietro una saccenteria che invero fa rima con bieca, pusillanime mancanza di galanteria, con grave scortesia, con scarsa signorilità, no, con pessima signoria, figlia dei pregiudizi facili della piccola catto-borghesia che, a sua volta, si sposa con massoneria, no, con pensiero generalista di massa qualunquista che fa il paio con millanteria da tuttologi invero fancazzisti. Anche fantozziani… Vale a dire la presunzione cafona che ben si appaia all’egomania e alla ridicola mitomania, col vantarsi di essere speciali in qualche ambito da queste stesse persone superbe, totalmente incoscienti della loro abissale ignoranza e della loro superficialità imbarazzante e tristemente disarmante, falsamente acclarato sulla base d’inutili attestati, anche solo di stima da parte di altrettanti idioti, che presumono sia la cartina tornasole della loro validità in materia per loro stessi insindacabile.

Ma ora, dopo questa sanissima prefazione giustamente poetica, pleonastica, retorica o soltanto polemica in maniera sacrosanta, spostiamo un attimo l’attenzione su uno dei più sottovalutati grandi attori degli ultimi cinquant’anni, il grandissimo Jon Voight, gigantesco anche di statura non solo recitativa, infatti è alto la bellezza di un metro e novanta ed è, ahinoi, dalle nuove generazioni a malapena conosciuto per essere solamente il padre di quell’esagerata bellezza sconfinata di Angelina Jolie, attrice forse leggermente sopravvalutata e ultimamente non poco dimagrita in maniera spiacevolmente poco confacente alla sua fama di femme fatale irresistibile per ogni bell’uomo alla Brad Pitt? No, per tutti gli uomini senz’eccezione alcuna, a prescindere dai gay, compreso quel “nano”, titano della recitazione, che è Danny DeVito. Il quale, ne L’uomo della pioggia, sembra quasi un detective dei casi umani alla Falotico, no, delle private investigazioni sulle sparizioni à la Raymond Chandler, dei casi giuridici assai contorti, no, alla Humphrey Bogart, no, alla Bob Hoskins di Chi ha incastrato Roger Rabbit che non poche volte sbianca, più che altro sbava paurosamente e grottescamente dinanzi a Jessica. Il quale però è più coniglio del protagonista cartoonizzato, amante di Jennifer Lopez, no, di Jessicona.

Film eccitato, no, succitato di Robert Zemeckis, miei pavidi uomini, oltre che coniglieschi bavosi delle conigliette di Playboy, perfino leoni da tastiera assai coglioni. Simili a quegli ominicchi e omuncoli stregati dalla donna di Maleficent, no, ipnotizzati dalla maga Circe, no, fottuti in ogni senso da colei che, di live action assai arrapante, interpretò la madre di Grendel ne La leggenda di Beowulf. Sì, Angelina Jolie. Un uomo la vede e grida: oh, madre di dio! Per la Madonna di nostro Signore del Cristo salvatore della Vergine santissima!

Credo in Cristo, no, credo che, miei poveri cristi, una così la vedrete col binocolo. Comunque, se pensate di vedergliela nei due film con lei appena sopra menzionativi, lasciate stare. Prima di fare gli esaltati, guardatevi allo specchio e rispettate un minuto di religioso silenzio. La Pietà di Michelangelo! Ah ah.

Vi do io una mano… se volete gustarvela desnuda, noleggiate Gia. Se volete ammirarle il lato b tatuato, sparatevi… Wanted. Ma dobbiamo arrivare… a Taking Lives per vederla quasi integralmente come la creò madre natura. Nel 2004, Ethan Hawke era ancora sposato a Uma Thurman? Ah, ora capisco perché Uma gli chiese il divorzio. Diciamo che Ethan, essendo un signor attore, s’immedesimò nella parte in modo molto sentito… con Angelina. Inutile che poi abbia fatto l’angioletto in First Reformed. Sì, infatti questo film di Paul Schrader, eh già, sapete bene come va a finire… Ethan Hawke non ha la faccia del prete, mentre Angelina ha la faccia di una interamente sfacciata. O no? Ebbene, spudoratamente e senza vergogne, no, svergognatamente vi dirò che il padre di Angelina Jolie fu un gigolò in Un uomo da marciapiede. E ho detto tutto…

Siamo sicuri che il titolo originale di questo film di John Schlesinger sia Midnight Cowboy? Diciamo anche Mezzanotte di Cowgirl. O no?

Dai, a parte gli scherzacci da preti maledetti, Jon Voight non è solo il padre di Maddalena, no, scusate, della Jolie. Eccitiamo, no, citiamo solamente alcuni dei suoi film come attore in cui dimostrò di saperci fare da pezzo da novanta… Un tranquillo weekend di paura di John Boorman, col quale poi avrebbe girato The GeneralIl campione, strappalacrime drammone di Franco Zeffirelli, Tornando a casa di Hal Ashby per cui vinse l’Oscar, A 30 secondi dalla fine (nomination meritatissima!), HeatMission: ImpossibleAlì!

Jon Voight, signore e signori, uno degli attori più unrated, no, underrated della Storia assieme a Jeff Bridges.

Magnifico nel su citato The Rainmaker. Si beccò la nomination ai Golden Globe. Perché non agli Oscar? E perché Danny DeVito non ricevette niente? Matt Damon è un grande attore, Nicolas Cage non è solo il nipote di Coppola e Tom Cruise, in Collateral, è il Padreterno. Se F. Frusciante dice che anche lui saprebbe recitare alla grandissima se diretto da Michael Mann, gli credo. Sì, come credo in dio, essendo io ateo.

Tutti, in questa società di uomini e donne vanagloriosi, vogliono essere Brad Pitt o Angelina Jolie. Okboomer. Perché invece non provate e recitare, davanti a una troupe, i monologhi di Al Pacino ne L’avvocato del diavolo? State sudando freddo, vero? Siete più bravi di Pitt? Certo, capisco. Peccato che non abbiate il physique du rôle per essere credibili nei panni di Brad o nelle mutande della sua ex, la Jolie? O no? La gente di oggi pensa che Nicolas Cage sia un “meme”. Ah ah. Ma come si veste? Ma che clown! Certamente… ah, certa gente così certa di non essere deficiente, ah, che pena mi fa. Di mio, non sono più sicuro di essere Forrest Gump.  Ecco, in un video su YouTube, un ragazzo chiese a Frusciante perché, secondo lui, Elvis Presley fu il padre dell’ex moglie di Tim Burton, cioè Lisa Marie, no, dell’ex sposa del nipote di Coppola, l’omonima LISA MARIE con l’aggiunta di un cognome un po’ pesantino da portarsi dietro, ovviamente PRESLEY. Perché era suo padre e basta. Non ci vuole un genio per saperlo o dobbiamo resuscitare Elvis e controllare i geni? Ecco, la domanda comunque posta a Frusciante non fu questa. Gli fu domandato perché Elvis sembrava figo. Frusciante fu molto onesto. Difatti, rispose, circa così: Elvis Presley piaceva alle donne così tanto solamente perché aveva una bella voce, semplicemente perché era il più bono di tutti.

Dunque, uomini, a meno che in banca non abbiate il patrimonio, non solo genetico di Elvis, se voleste farvi Angelina Jolie, la vedo molto dura e potrete essere duri quanto vorrete ma non verrete proprio a nulla con lei se non dietro uno schermo mentre state pure guardando Uma Thurman nella scena di sesso con Bob De Niro de Lo sbirro, il boss e la bionda.

Ora, molti mi accusano che dovrei farmi più il culo e che non possa stare con una donna così bella come la mia lei semplicemente perché mi dovrei vergognare di non fare un c… zo da mattina a sera. Be’, quello se lo fa lei. E io faccio molto di più, venditori di cazzate. Non è colpa mia se non sono Brad Pitt. Infatti, Brad alla mia lei non piace. Detto ciò, Dustin Hoffman è poco più alto di Danny DeVito ma è grande come Jon Voight. Sì, secondo me, sono grandi uguali. Dopo una vita, dopo essere stato spodestato di ogni “titolo”, decisi di ritornare sul ring come Voight in The Champ. Morirò oppure finirà come Alì? In effetti, a Muhammad Ali, la gente ignorante diceva di essere un gran pagliaccio. A un certo punto, ballava come Elvis e spiazzava ogni pronostico. Era troppo veloce. Sicuramente più veloce del falsi Bruce Lee di C’era una volta a… Hollywood. E ho detto tutto. Sì, la gente si comportò con me allo stesso modo di Voight con la figlia. Jon la definiva pazza e da manicomio. La verità è che Jon è un grande, ribadisco, lo perdoniamo. La verità è che sua figlia, in Changeling, non era da internare, il suo personaggio aveva ragione da vendere ed è stata un’attrice magnifica.

Finisco così: per molto tempo pensai di essere Dustin Hoffman di Papillon. Come nome, rispetto a Dustin, mi piace più Steve.

 

di Stefano Falotico

 

Non seguo più la cerimonia degli Oscar come un tempo, un tempo mi tiravo a lucido, quasi in smoking, e mi docciavo per essere al top durante la visione, neanche se fossi stato io il winner… o Peppino Lo Cicero


04 Mar

lo cicero servillo

Sono particolarmente legato al film 5 è il numero perfetto di Igort.

Lo vidi, in anteprima, al Festival di Venezia dell’edizione stravinta da Joker. Proiettato, peraltro, proprio in quegli stessi giorni.

Fu stroncato ma io l’amai subito. In quanto, l’incipit con Servillo dal naso adunco e posticcio, mi ricordò la caricatura di Bob De Niro in Ronin. Quest’ultimo, nel film di Frankenheimer, scendeva le scale di una scalinata (per forza, le scale fanno parte della scalinata, non credo della Scala di Milano, ah ah) di Parigi, passeggiando torvamente per poi addentrarsi in un bistrot frequentato da spie forse losche, forse bazzicato da Natasha McElhone. Diciamocela, una gran gnocca.

Inizialmente, De Niro fu corteggiato per la parte andata poi, dopo molte vicissitudini produttive, a Toni Servillo, definito il De Niro italiano. Ora, con buona pace di Toni, se lui è il De Niro italiano, io sono il Daniel Auteuil del bassifondi felsinei.

La vita va avanti, a volte va indietro. Credo che sia giusto così, in fondo…

Sì, credo che un tempo fossi una persona migliore con enormi ambizioni. Credevo fermamente che un giorno avrei vinto l’Oscar. Ma divenni un Toro scatenato. Infatti, nella domenica mattina della nottata a venire dell’edizione degli Oscar, che si tiene dopo la mezzanotte, ora italiana, entravo in ansia e mi lavavo imperterritamente per trovarmi in splendida forma spumeggiante, quasi schiumosa al Neutro Roberts, per tifare contro Julia Roberts, donna da me mai sopportata, sentendomi più che una celebrità, diciamocela, un uomo pulito e immacolato da disturbo ossessivo-compulsivo di natura maniacale-igienica tendente al carnato mio di pelle chiara, oserei dire candida e smaltata più d’una bella statuina dorata.

Mi ricordo comunque che non poco m’identificai col vincitore Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato. Ah ah. Ah, che annata. Vinse tutto Titanic, tralasciando Helen Hunt…

Qualcosa è cambiato è una vera, soprattutto realistica, storia d’amore, altro che il film di Cameron.

Non uccidetemi per questa mia affermazione: il Cinema di James Cameron è inferiore a quello di Mario Camerini. Comunque, Kate Winslet è più figa rispetto ad Helen Hunt.

Andiamo ora avanti. Non facciamo della dietrologia per queste mie asserzioni banali. Che volete? La banana?

Oggi come oggi, debbo ammettere di essere cambiato in qualcosa? No, quasi in tutto. A quindici anni fui Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo. Sì, fui preso per pazzo solamente perché disertai il liceo. Non mi pento di tale mia scelta. Gli altri facevano occupazione mentre i professori facevano un po’ i disoccupati. Quindi, io sono stato coerente.

Se non vi sta bene, denunciatemi al sindacato di Jimmy Hoffa di The Irishman, miei mafiosetti e ragazzine smorfiosette. Ho delle belle fossette, dunque più di tanto non mi affosserete.

Peppino Lo Cicero, Peppino De Filippo, Peppino Impastato e Carlo Buccirosso as Totò o’ macellaio. Di mio, preferisco Antonio de Curtis di 47 morto che parlaE ho detto tutto…

Suvvia, guaglioni, non fatemi una Smorfia, neppure napoletana. Non ho bisogno di interpretare i vostri sogni per giocarmeli al Lotto. Voi, dalla nascita, vi siete fottuti il cervello. Quindi, i vostri sogni sono aria fritta come quelli di Iaia Forte nei panni di Madonna. Scusatemi, compari, ma non era Veronica Ciccone la… Madonna?

State messi male. In Italia, pensano che Sergio Castellitto sia un grande attore e che sua moglie, Margaret Mazzantini, sia una grande scrittrice. Sì, la Mazzantini vinse il premio Strega. Siamo sicuri che fosse della letteratura?

Castellitto è un mediocre. Lo apprezzo solamente nel film di Vincenzo Terracciano dal titolo Tris di donne & abiti nuziali.

La sua faccia infatti mi puzza di stronzo. Basti vedere le sue scene vergognose ne La carne con Francesca Dellera e il suo metodo molto sentito con Claudia Gerini in Non ti muovere.

Invero, di notte registravo tutte le puntate di Playboy Late Night Show. Durante la giornata, leggevo più di Dennis Hopper di Una vita al massimo. A eccezione della Notte delle Stelle in cui, possedendo io solo un videoregistratore ai tempi delle VHS, non essendo tale apparecchio dotato della possibilità di registrazione multipla a più canali, per una notte non mi distraevo con Marliece Andrada, futura star di Baywatch, fingendo spudoratamente, anzi, con estrema pulizia e pudicizia da Academy Award, per l’appunto, di essere un topo, no, un tipo che necessitava di starsene buono e zitto, amando donne bastarde eppur di gran classe come Louise Fletcher. Infatti, la parte di Fletcher in C’era una volta in America co’ De Niro fu tagliata…

Devo esservi sincero, Jack Nicholson ha recitato con attrici bravissime. Fra cui Diane Keaton, Meryl Streep, Faye Dunaway e via dicendo. Ed è stato sposato per anni con un’attrice meravigliosa ma, indubbiamente, oggettivamente bruttissima, cioè Anjelica Huston.

Nel tempo libero, fra una lite e l’altra con Morticia Addams, a mo’ di 3 giorni per la verità del suo amico Sean Penn, autore di Lupo solitario, col quale Jack avrebbe recitato pure ne La promessa, pur conservando omertosamente, a mo’ di mafioso bugiardissimo, L’onore dei Prizzi e l’impeccabile reputazione della “famiglia” alla Marlon Brando de Il padrino, non aveva prezzo quando segretamente sfilava le calze col pizzo di Amber Smith. O no?

Come si suol dire, Wolf – La belva è fuori? No, il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Sì, Jack è sempre stato un vizioso e non è affatto vero il detto fariseo… l’ozio è il padre dei vizi.

Di mio, per esempio, ho sempre oziato eppur non soffro de Il vizietto con Ugo Tognazzi. Non sono omofobo, non so neanche se sia io un uomo. A volte, comunque, mangio le uova. Le donne ovulano e i maschi amano spesso le galline spennacchiate. Molti uomini sono dei galli cedroni. Be’, fatemi bere ‘na cedrata.

Per via dei miei innocui vizi pubici, no, pudici, fui accusato di essere uno sfigato come Ugo Fantozzi. Sì, i miei coetanei mi sfottevano a sangue. Si sa, erano e sono immaturi e strafottenti. Loro se ne fottevano…, ancora se ne fottono.

Io accettavo ogni presa per il culo senza battere ciglio? No, senza battere. Sì, molti adolescenti della mia età invece già battevano senza darlo a vedere…. Stavano sempre a cazzeggiare e a limonare in qualche pub(e). No, non erano delle prostitute di bassa lega. Meglio non fare una sega? No, farsene molte… Questi pubescenti venivano… foraggiati dai genitori d’alto bordo che li mantenevano agli studi di ogni lingua, straniera e non, scandinava, spagnola o semplicemente “poliglotta” affinché si sviluppassero… con qualche tamarra già molto “esperta”, sebbene prematura con scapp… mento a destra? No, maturanda presto laureanda bravissima agli orali… Molte di queste donne, ex universitarie da Conoscenza carnale di Mike Nichols, adesso sono diventate Anne Bancroft de Il laureato. Sì, per mantenere la facciata di brave signore moralmente integerrime, sono regolarmente sposate a un uomo laureatosi alla Bocconi, poi nel privato, forse solo nel club privé, amano un Piccolo grande uomo alla Dustin Hoffman da attrici “navigate” come Brenda James, Julia Ann, Brandi Love. Finito ciò, ritornano a fare le donne di casa da maionese Calvé. Attenti, mariuoli, queste vi rigirano come un calzino e vi fanno impazzire.

Sì, queste attrici da me appena menzionate, sono specializzate alla boc… hini ai ragazzini? Forse, diciamo, che non sono Jodie Foster di Sotto accusa e de Il silenzio degli innocenti? Direi di no.

Be’, diciamo che i tempi sono cambiati. Dobbiamo aggiornarci, non essere bigotti. Nel sessantotto, si combatté per la libertà sessuale, poi arrivò il 69, adesso le Anne Bancroft dei “tempi d’oro” sono diventate Jodie Foster di The Dangerous Lives of Altar Boys.

Essendo un po’ in là con gli anni, tifano per Ragazzi fuori, no, per ragazzi puri come Ethan Hawke di Paradiso perduto. Eh già. Che cazzo possono fare, d’altra parte? Come si suol dire, nemmeno Francesco Benigno se l’inc… a. Cioè, sono passate dal bramare John Lennon e Paul McCartney dei Beatles a parteggiare per il protagonista biondino de L’attimo fuggente.

Ah, per forza. Vecchie decrepite come sono, possono solo recitare la parte delle filantrope. Sono passate dal credersi Ava Gardner al ballare nel giardino delle loro great expetactions perdute per colpa della menopausa più cavalcante di un Cowgirl – Il nuovo sesso con l’ex di Hawke? Sì, Uma Thurman ma queste qui non “thurmano”, no, non mi turbano. Onestamente, sono già state fottute da parecchio. Che si fottano. Riguardassero Ethan Hawke in Prima dell’alba e poi, se ancora sentiranno qualcosa, rivedessero il loro Prima del tramonto?

Che volete farmi per queste battone, no, per queste mie battute? Sono nato nel ‘79 e, parafrasando il buon Eastwood con E.G. Marshall in Potere assoluto, sono troppo vecchio per raccontarvi puttanate.

Il nostro mondo ha perso. Meritava di vincere come quando fu candidato Al Pacino agli Oscar per …e giustizia per tutti ma Al fu battuto, ingiustamente, da Dustin Hoffman di Kramer contro Kramer.

Quest’anno, tiferò per Nomadland. Tanto per dimostrarvi che non sono misogino. Sì, ci sono ancora le grandi registe donne dopo Jane Campion.

Ma mi sorge, qui, spontanea ora una domanda. Come ca… è stato possibile che Gran Torino di Eastwood non sia stato candidato a nulla? È semplicemente uno dei tre quattro film per cui valga la pena di vivere. Vedo gente che litiga perché è in disaccordo su un film. Vedo uomini che ammazzano le loro donne solo perché hanno scoperto che esse amano Jodie Foster. Da quando nasci, t’insegnano che sei una brava persona se fai lo schiavo che lavora come un negro e vive di messe e compromessi. Mentendo sempre a sé stesso per avere tanti amici e tante stronze. A un certo punto però, in questo mondo che non crede a nulla ma crede che siano giuste le quarantene dovute al Covid, come dice Eastwood/Walt Kowalski, avete presente che di tanto in tanto si incontra un tizio che è meglio non far incazzare? Beh, quello sono io… Sì, mi spiace che, a fine maggio, Clint Eastwood compirà 91 anni. Non penso che girerà molti altri film. Come dicono a Napoli, cè pecchet’! Cioè, che peccato! I geni non devono morire mai, i geni non devono stare con la gente normale. La gente normale è formata da ladri, da bugiardi, da guappi, da cornuti e traditori, da gente che di mattina mangia un cornetto e poi prega col cornetto affinché tu possa morire d’un male impietoso. È gente che crede a dio, è superstiziosa. Pensate, molti credono pure al diavolo, uno con le corna in testa… Crede davvero che un attore sia meglio di un altro perché a differenza dell’altro ha vinto l’Oscar. Appena alla gente sputi in faccia la verità, ti dicono che sei delirante. Be’, non ho bisogno più dei figli di bottana. Poiché, come sostenne Nietzsche, l’uomo all’apparenza più debole è invece il più forte. Un tempo, inoltre, la Critica cinematografica era formata da uomini in gamba. Adesso, tengono banco Frusciante e victorlaszlo88. Il primo è uno che, nella sua monografia su Carpenter, sostiene che dovremmo lavorare un’ora al giorno, massimo, e goderci la vita. Parla, parla, parla ma sta sempre a fare un cazzo, chiede soldi per “lavorare” a mini-recensioni di 2 min. Il secondo, a furia di vedere film e non farsi una trombata con Valeria Golino, sta diventando Victor Frankenstein.

Come sosteneva Clint, il mondo si divide in due categorie. Quella degli umani e quella dei nani. Voi siete nani. Continuate con l’onanismo. Ciao ciao.

 

locandina 5 numero perfetto servillo

di Stefano Falotico

 

Adoro le storie da Dallas Buyers Club: Siniša Mihajlović docet, amo anche le stranger things miracolistiche e quant’è bella Maya Hawke


13 Jul

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ritorno al futuro dallas buyers club mcconaughey

Sì, abbiamo tutti noi, felsinei con gli striscioni sventolanti del Bologna Football Club, ovvero la squadra di serie A del capoluogo emiliano-romagnolo, appreso della spiacevolissima notizia comunicataci in maniera vivissima e umanissima da Sinisa. Scritto così senza accenti serbi e strani, eh eh.

Ero in macchina, al che accesi la radio e nel dì appena sorto dell’alba estiva di Bulåggna, sì, la mia città di nascita, nel dialetto locale così chiamata, appresi una notizia già di per sé poco promettente e assai poco entusiastica.

Quando si dice che il mattino ha l’oro in bocca, eh già, non sempre è vero.

Infatti, ascolto il comunicato radiofonico che, dopo le notizie meteorologiche dell’alluvionata Pescara e dintorni, all’improvviso mi spiazza e lascia interdetto.

Ovvero la news per la quale nel pomeriggio del giorno odierno, l’allenatore del blasonato Bologna, squadra quest’anno salvatasi dalla retrocessione con ammirevole, combattivo e grintoso onore, comunicherà in conferenza stampa ufficiale lo stato della sua malattia in fase avanzata.

Malattia?

Dunque, attendo la diretta della conferenza e poi me la rivedo su YouTube sul canale del Bologna.

Walter Sabatini presenta Sinisa…

Chi è Sabatini? Il padre con una b in più nel cognome di quella figa immensa che fu Gabriella Sabbatini?

Ah, Gabriella Sabbatini. In questo sabato forse sabbatico, rimembrai i tempi miei puberali nei quali patii godibilmente tutto il mio gomito da tennista. Quando, spaparanzato sul divano, ammiravo tutto il Grande Slam dei miei giochi balistici nell’adorare le fenomenali gambe di Gabriella. Gambe da competizione mondiale. Gambe belle quasi quanto quelle che furono della sua omonima, Gabriella, sì, ma Golia.

Io, dinanzi a loro ero Davide, un nano onanistico che giocava di rovescio e soprattutto di (d)ritto dinanzi a queste gigantesche femmine per cui avrei partecipato, sudando sette camicie, al Roland Garros per direttissima. Sì, avrei preso tutte e due le Gabrielle tanto belle e, sulla terra rossa del mio desiderio caldissimo come il sole a mezzogiorno nel deserto più cremisi, me le sarei sinceramente sbattute con tanto di racchetta d’alluminio. Quanta crema avrei spalmato su queste due donne verso le quali ero attratto di focosa biochimica calorosa come il fan più sfegatato e infoiato.

Di mio, diciamocela, ero iper-arrapato. Che la Sabbatini vincesse, sinceramente, me ne sbattevo il cazzo. Ah ah.

Ah, ero un ragazzo già emotivamente abbattuto che alleviava le continue partite perse con le ragazze mie coetanee, da me trasognate, spesso poco lambite eppur ambitissime, soprattutto fantasticate senz’abiti, in imperterriti breakpoint dalla vita quotidiana a cui offrivo scarsi punti vincenti e ficcanti.

Oggi, mi sono trasformato in una specie d’incrocio fra Keanu Reeves e Patrick Swayze di Point Break.

Eh, anche Patrick morì di Cancro.

Io spesso mi denudo scimmiesco come Anthony Kiedis dei Red Hot Chili Peppers. Sì, vi ricordate il suo cammeo in questo succitato storico capolavoro di Kathryn Bigelow?

Un’altra donna con gambe, all’epoca, davvero RED HOT. Che potevano battersela con le cosce di Jamie Lee Curtis di True Lies.

Jamie Lee Curtis, la protagonista di un altro ottimo film di Kathryn, ovvero Blue Steel – Bersaglio mortale.

E, come poc’anzi detto, splendida interprete assieme ad Arnold Terminator Schwarzenegger di uno degli spogliarelli più eccitanti e al contempo ridicoli della storia.

Uno spogliarello apoteotico capace di far affondare a mo’ del Titanic qualsiasi uomo anche megalomane come James Cameron.

Sì, vedi una donna così che arcua il bacino, che sinuosa e serpentesca sculetta velata soltanto da un piccolissimo reggiseno che sta su a stento, coperta minimamente soltanto da dei mini-slip nerissimi e piccanti, e non puoi, se sei eterosessuale, far altro che colare a picco…

L’unica donna bollente che riesce a freddarti come un enorme iceberg.

Ah ah

Cameron, bel coglione, altroché. Io, cazzo, la Bigelow me la sarei tenuta strettissima.

Uomini, ci giochiamo le palle che ho ragione io?

Invece James, a quanto pare, ama di più girare i sequel apocrifi di Pocahontas, cioè Avatar e i suoi seguiti bambineschi.

Suvvia, uomini, non fate i perbenisti, i puritani, i moralisti e, in particolar specie, ah ah, gli indiani.

Dinanzi alle due Gabrielle, a Jamie Lee e dirimpetto a Kathryn, va su eccome, a prua e a poppa, ogni albero di mezzana. Non fatemi la parte dei depressi in fase down perché non vi crede nessuno. Tantomeno la vostra pellerossa, peraltro brutta in modo disumano.

Sì, abbiamo perso James in The Abyss dei suoi mille, cervellotici Aliens… da multiforme esaltato.

Ma sì, visto che è estate, andate a pescarlo dalla sua villa con piscina, portatelo al largo e affogatelo.

Come uomo e come regista fa oramai acqua da tutte le parti. Sì. E ricordategli che il suo primo lungometraggio, Piraña paura, è quasi più brutto di Sharknado.

Qui c’è solo uno squalo, miei squallidi. E non è quello di Spielberg, bensì il sottoscritto, uomo che sovente se la squaglia sebbene qualche volta a talune lo scoli.

Sì, da quando lasciai la scuola in adolescenziale età, la gente pensò che soffrissi di qualche male impietoso e incurabile.

Da allora, quanti Strange Days che passai. Ma è tutto passato.

Invero, non è che vivessi molto di giorno, le mie erano notti assai poco dell’altro sesso ingorde in quanto essere metafisico come Franco Battiato, celebre autore dell’intramontabile Strani Giorni, appunto.

Adesso, a parte gli scherzi…

Sinisa mi ha commosso. Ho pure lasciato un commento molto sentito sotto al video della sua conferenza.

Queste le mie testuali parole:

l’audio è molto basso, però. Bisogna alzare il volume delle casse per riuscire a sentire bene. Forza Sinisa, non mollare. La leucemia, purtroppo, è una malattia molto grave. Quindi, bisogna essere ottimistici, sì, ma anche realisti. Varie persone di mia conoscenza non sono riuscite a sconfiggerla. Ma tu sei più forte, Sinisa. Ce la farai. E hai avuto, come sempre, un enorme coraggio a rivelare la tua malattia. Mi stupisce anche la tua calma con la quale, col tuo impeccabile stile, hai confessato senza paura la verità. Sei un grande, vincerai!

Io non sono disfattista né pessimista. Come sopra scritto, sono un realista. Ci sono vari stadi, non mi riferisco a quelli comunali come il Renato Dall’Ara, della leucemia. E può essere di diverso tipo.

Se è vero che la leucemia di Sinisa è in fase acuta e aggressiva, sarò tristemente sincero. La vedo molto dura.

È una delle peggiori malattie tumorali. Il suo clinico decorso è raramente reversibile e battibile nonostante tutte le terapie d’urto possibili.

Ovviamente, non equivocatemi, tifo per Sinisa.

Ma, ripeto, è una malattia che colpisce le cellule del sangue e si sviluppa in modo osseo.

Scusate se mi permetto questo gioco di parole. Non vorrei essere frainteso, come sempre. È insomma uno zoccolo tostissimo.

Ma Sinisa ce la farà.

Come ce la fece il grande Matthew McConaughey di Dallas Buyers Club contro l’AIDS.

Walter Sabatini è un DS, ho visto molti ragazzi ancora in forze (forza, su) crollare di fronte alle mille difficoltà economiche, cosicché si sono affidati all’AdS, ovvero all’amministratore di sostegno.

Ho visto anche tanti idioti insostenibili che non conoscono nemmeno l’ABC e vogliono dare lezioni di vita a me perché mi reputano un pirla e un idiota.

Ora, io non ho niente da nascondere. Al massimo, posso celare tre barrette di cioccolato nel frigorifero perché, se dovesse venire domani a pranzo mio cugino, so che se le papperebbe a sbafo.

Come molti di voi sapranno, a me fu fatta una diagnosi psichiatrica totalmente erronea.

Un errore diagnostico, un orrore di proporzioni cosmiche. Prendiamola a ridere, sono un tragicomico.

E questo scritto è malinconico e contemporaneamente sdrammatizzante alla miglior Woody Allen.

Per dimostrare che avevo ragione io, dovetti lottare molto di più di Matthew McConaughey.

Secondo voi, ecco, il punto è questo: avevo ragione io?

Certo.

Avevate dei dubbi?

Io sono uno, poveri stronzi, che ammirai Traning Day al Festival di Venezia quando voi ancora ciucciavate il seno di vostra madre. E vi garantisco che non era fantastico come quello di Uma Thurman.

Training Day uscì nel 2001 e in quel periodo Uma, vistosamente sovrappeso in passerella, sebbene sempre super passera, era incinta di Ethan Hawke.

Ma stavano aspettando Maya? Non so, anzi, no.

Maya Hawke è nata l’8 Luglio del 1998.

Comunque, Ethan e Uma stavano aspettando solo di finire di firmare gli autografi per rompersi i coglioni a vedere in Sala Grande un film del quale, essendo Ethan il co-protagonista, certamente avevano già visto le integrali anteprime mandate loro da Antoine Fuqua e dalla Warner Bros.

Maya Hawke!

È adesso una delle protagoniste di Stranger Things 3. La scena, nell’episodio 7, di lei e Steve nel bagno della multisala, ove stanno proiettando Ritorno al futuro, è veramente iper-romantica.

Lui è bello, lei di più.

Mi ha commosso. Così come m’ha commosso Sinisa.

Quindi, ora vi levate tutti da… ecco, ci siamo capiti.

Perché non sapete nulla della mia vita. E non vi permetterò mai più di fare i porcellini.

Comunque, con Maya un po’ maialino lo sarei.

Da cui il detto: Maya dire mai.

Ora, vado a mangiare del mais.

Detto ciò, finisco con questa. Maya ha 21 anni, compiuti pochissimi giorni fa.

Di mio, conosco molte ragazze perfino più belle di lei ma che nella vita non avranno mai la possibilità di recitare in una serie televisiva di successo.

Forse perché sono meno talentuose o forse perché non sono raccomandate?

La seconda che hai detto.

Ora, queste ventenni, che un tempo furono fighissime, dopo mille delusioni, hanno quarant’anni e hanno trovato come lavoro soltanto quello delle gelataie.

Dunque, quello che voglio dire è questo, amici. Se non mi siete amici, fa lo stesso. Il mondo è popolato da miliardi di persone.

Ecco, se uno viene emarginato per pregiudizi e stigmatizzazioni stupide da dei falsi amici, altri amici può farsene lo stesso.

Però deve affrettarsi perché, può anche aver sofferto del DOC, il disturbo ossessivo-compulsivo, ma è geniale ancora come Christopher Lloyd di Ritorno al futuro.

Chi ha visto Stranger Things 3 capirà tutte queste mie citazioni.

So che credete che vi racconti balle.

E vi chiedete: ma come hai fatto?

Io sono io. Però, non sono David Carradine di Kill Bill, vero? Anzi, assomigliai molto a Uma quando volli vendicarmi di tante porcate perpetratemi.

Ad esempio, ho incontrato un vero amico. Si chiama Massimiliano Sperduti. Lui mi considera un genio e ha voluto appurare, in attesa del nostro meeting a Firenze del 31 Luglio, se sono/sia capace di recitare un testo come dio comanda.

Ha caricato il video in cui recito un suo erotico racconto sovrannaturale sul suo canale YouTube. Metto qui quello da me caricato, non in elenco, nel mio.

Secondo voi, può andare bene? Ci siamo?

Perdonate solo per qualche rumore di fondo. Ma ci sta.

 

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di Stefano Falotico

Gelato artigianale tutto da leccare, la neve cadde sui cretini e scalderei Lady Gaga col mio ghiacciolo duro come la grandine


17 Dec

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CLICCA, FICCA!

Avete letto il famoso libro La neve cade sui cedri di David Guterson? Da cui, anni fa, fu tratta una trasposizione per la regia di Scott Hicks (Cuori in Atlantide, Shine) con un bravissimo Ethan Hawke?

Io l’ho letto. Io leggo molto. Sono come Dennis Hopper di Una vita al massimo…

Presto, uscirò con un mio nuovo libro. Spiazzante. So che infatti da me non ve lo sareste aspettato. È un thriller erotico, oserei dire satanico. A mio avviso, molto bello. Altrimenti non l’avrei scritto.

Una storia di stregoneria.

Attenzione, ho detto satanico, non satanista. Cioè un libro in cui il diavolo la farà da padrone assoluto.

In realtà, amici carissimi, in Kindle-Amazon è già in vendita da qualche giorno. Ma occorrerà un altro po’ di tempo prima che possa essere disponibile anche in cartaceo e normale eBook.

Per la copertina, mi sono avvalso della foto, concessami dietro legale liberatoria e contratto legittimissimo, di una ragazza stupenda che, ovviamente, io conosco e voi no…

Detto ciò, a Bologna ieri notte ha nevicato. Una coltre di neve da far invidia a La cosa di John Carpenter.

Molti mi definiscono iceman, cioè un uomo freddissimo. Questa è una grande stronzata! Nel mio cuore, invero, ribollono passioni sfrenate da stufa(to) in calore e, nonostante spesso il mio carattere indomabile si lasci assalire da ire spaventose e cada nei vizi dell’intemperanza più abominevole come lo Yeti, non sono certo Michael Shannon del film di Ariel Vromen. Che, secondo me, non è male, in fin dei conti.

La storia di un povero cristo, di un’anima buona che diventa un criminale spietato per amore della famiglia. È un film che mi ha perfino commosso.

Posso confidarvi, fratelli, che i miei ultimi anni di vita sono stati tremendi. Anni di una solitudine pazzesca da Gary Oldman del Dracula di Coppola.

In questi anni però, anziché addolcirmi e attenuare il mio spirito innatamente ribelle nei confronti di una società cinica e falsa, ho esperito una sempre maggiore presa di coscienza.

Il mondo in cui viviamo fa veramente schifo. Stamattina, dopo aver spalato la neve, ho preso la macchina e sono andato fuori città a cuccarmi un caffè. Sì, io faccio così, potrei prepararmi a casa il caffè e invece mi va d’inoltrarmi nel traffico cittadino, sviare per una via traversa, cari traviati, e trovare un bar ove posso/a gustarmi lo zucchero delle mie ansie.

Dopo aver semi-stroncato Roma, ieri sera ho visto, sempre su Netflix, un altro film adorato da tutti, ovvero The Witch. Secondo me, un’altra mezza bufala. Mi esprimerò a breve anche su questa pellicola.

Vi dico solo che, quando il bambino si perde nel bosco e dalla grotta esce la strega, ammaliante, giovane, pensavo fosse Angelina Jolie di Maleficent mista a Eva Green. Cioè, un bel puttanone. Invece, ho scoperto che l’attrice che l’interpreta non è un’attrice ma una modella di nome Sarah Stephens. Un gustoso pezzo di passerona, questa qui.

Eh sì, bando alle ciance. Questa Cappuccetto Rosso ti lascia entrare nella sua “spelonca”, ti fa inalberare nella sua “foresta” e diventi un lupo cattivo. Ululante nell’orgasmo stregonesco. A lume di candela come in un film di Dreyer.

Poi, scopriremo che costei è solo una vecchia maledetta, grinzosa, insomma… probabilmente è Emma Bonino. Sì, poteva essere bona e invece è la Bonino.

Ma son scherzi che si fanno ai bambini? Poi capisco perché, anziché amare la vita e il sesso, i giovani d’oggi vadano a zoccole.

di Stefano Falotico

I finali dei film di Schrader sono imbarazzanti: First Reformed vs Taxi Driver


03 Dec

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Ieri, sull’onda emotiva delle mie sensazioni del momento, mi son lasciato assalire, estremamente fascinatone, dalla bellezza ieratica di First Reformed, assegnandogli quattro stellette piene.

E, in loop, mi son rivisto il finale una marea di volte.

Francesco Alò, critico comunque da prendere con le pinze, estremamente sensibile e attento, scrupolosamente indagatore in molti casi e invece spaventosamente superficiale, caciarone e popolano in altri, lo definì un finale semplicemente idiota. Imbarazzante, da far accapponare la pelle.

Paul Schrader è sempre stato questo. È un finissimo sceneggiatore e regista dalla poetica talmente limpida da divenire, spesso e volentieri, insopportabile. E, a mio avviso, a eccezione di Taxi Driver, ove aveva indovinato tutto alla perfezione, un amalgama esemplare e perlaceo di Cinema indiscutibilmente intoccabile, non sa scrivere i finali dei film né dirigerli. Diciamo che, negli ultimi venti-15 minuti dei suoi film, affretta sempre esageratamente gli ingredienti della sua mistura, si lascia fagocitare dall’ansia e sciattamente diviene un “cazzaro” insostenibile. E sovente distrugge tutto quello che di straordinariamente buono aveva, con delicatissima cura e mano chirurgica, orchestrato prima. E alla fine l’intero film frana sotto le iperboli eccessive di un finale, appunto, orrendo, agghiacciante.

Schrader, insomma, è il guastafeste di sé stesso. Che, con calma olimpica, spiritualità papale per un’ora e mezza mantiene una classe sesquipedale e poi si sputtana nel finale bestiale.

Molti anni fa, illuminato forse dalla grazia della virginea Madonna santissima, in un momento di celestiale ispirazione apodittica, oserei dire apocalittica, per come quest’ispirazione, totalmente spontanea, scaturì per miracolo dalla mia mente fenomenale, protesa a un nichilismo ancestrale, coniai istintivamente questa frase per sigillare il Cinema di Schrader: un Cinema poco turbolento ma che turba, soprattutto sé stesso.

 

L’intera filmografia di Schrader, tranne forse qualche titolo, soprattutto dei più recenti, è praticamente l’ennesima, riciclata, rianalizzata sotto altri punti di vista, variazione sul tema di Taxi Driver.

Storie di uomini afflitti dalla solitudine più mortificante, persi nei loro deliri solipsistici, ad attraversare, permettetemi quest’urbanistica metafora, la metropoli gigantesca e dedalica dei loro tormenti e demoni interiori, sconnessamente viaggiando nelle alterate, umorali traiettorie emozionali di decumane neuronali assai pericolose, a metà strada tra la follia, il genio profetico, l’essere messianici angeli sterminatori, pazzi alla Don Chisciotte, santi beatificati da un’acquiescenza ascetica talmente potente da costringerli a volte a gesti insensati, a catarsi di tutta un’immane sofferenza psichica così tanto soffocata da essere paradossalmente l’unica via di salvezza. Sì, una follia lucida e sana che degenera in comportamenti malati e nel pervertimento più allucinante.

I personaggi di Schrader sono, per alcuni aspetti, degli “idioti” dostoevskijani, barricati nelle anguste paranoie della loro personalissima, bella o brutta che sia, visione del mondo.

Anche il suo Gesù de L’ultima tentazione di Cristo è così. Gesù è in verità, io vi dico, l’idiota per eccellenza. Colui che, più di chiunque altro, ha sacrificato ogni piacere fisico e carnale, ogni divertimento frivolo a favore di un’irraggiungibile, impossibile, inattingibile missione di redenzione dell’umanità. Una missione utopistica, delirante, da onnipotente illuso che ha la presunzione e l’imbecillità di voler educare il prossimo al fine di ripristinare l’armonia nell’entropia, a pacificazione di ogni conflitto, bellico o psicologico, un redentore malato di superbia e smaniosa, incredibile ambizione da manicomio. Uno spocchioso mai visto.

Infatti, si suole dire, anzi è così, che se una persona si crede il messia, è schizofrenica. E la si sbatte in cura.

Nel film di Scorsese, scritto dal nostro Schrader, Gesù/Dafoe alla fine abdica alla figa. Ah ah. Sì, non voglio passare per uno squallido arrapato-arrapaho da Ciro Ippolito, ma The Last Tempation è questo.

Gesù, dopo una vita di auto-castrazione, crolla dinanzi al desiderio, al sogno proibito di fottersi Maddalena.

Scorsese però, da genio qual è, è stato elegantissimo e ha nobilitato tal caduta di tono, anche di tonaca, in una messa in scena mastodontica e sanguignamente pugnace.

Così come aveva fatto in Taxi Driver. Travis, dopo la sparata, è il caso di dirlo, e la strage-tragedia, rivede la bella bionda nel suo tassì. E lei è molto cordiale e premurosa, tant’è che gli domanda come stia. E lo guarda, ammirata e al contempo sconcertata. Ancora attratta da quell’uomo tanto sfuggente e indubbiamente strano… alla fine, lui la fa scendere e lei nuovamente aspetta che Travis le chieda semmai di uscire. Ma Travis, testardo poiché ama “orgasmizzarsi”, le risponde che non le deve niente e prosegue a immergersi nella notte più lugubre e inarrestabile. Abbandonato al suo destino irrecuperabile.

Schrader aveva già peccato, a proposito di Cinema peccaminoso in ogni senso, con Lo spacciatore, inserendo delle scenette dolciastre che deturpavano la profondità enigmatica della storia e la disperazione angosciosa, sofferta della vicenda.

E, in Al di là della vita, aveva ben fatto di peggio. Col finale pietistico ove Cage si posa sul grembo dell’Arquette, da bambino che vuole le coccole. Ed elemosina compassione, probabilmente mendicando anche una tenera scopata per alleviare le sue mai cicatrizzate ferite.

Fortunatamente, ancora una volta Scorsese fu molto pudico e lieve nel filmare questa scena. E il film non soccombette dinanzi a tal finale buttato lì. Svaccato, diciamo.

Come dire, anche Cristo ha bisogno talvolta di un seno burroso come quello di Patricia. Perché domani è un altro giorno e ci sarà da sudarsela…

Mah, è un finale che mi ha sempre lasciato perplesso e interdetto. Sì, credo che io sia interdetto da quando lo vidi.

Con First Reformed, però Schrader ci ha dato dentro senza vergogna in maniera imperdonabile e non gli basterà recitare il mea culpa, discolpandosi coi rosari. Davvero.

Ora, spoilerizzo.

Ethan Hawke forse vuole farsi esplodere perché ha compreso che il mondo fa schifo e tutto andrà in rovina. Prima di entrare nella cappella, ove salterà in aria, sbircia dalla finestra coloro che parteciperanno all’anniversario della chiesa riformata e scorge Amanda.

A quel punto, capisce che n’è innamorato alla follia e forse ha anche un’erezione. E dunque non può ammazzarla. Lei che ha fatto di male?

E grida scandalizzato, si “crocefigge” come Cristo. Poi, pensa di avvelenarsi. Ma, proprio mentre sta per bere il liquido tossico, Amanda gli appare e avviene l’imponderabile miracolistico.

Lui, come se avesse visto appunto la Vergine, le va incontro tutto eccitato. E la bacia con la lingua senza esitare un istante, avvolgendola col suo calore.

E il film finisce. Un finale che mi tormenterà per molto, molto tempo. Insomma, Schrader che voleva dire? Che la carne è debole e, prima o poi, tutti siamo pastori protestanti che finiamo di protestare, ci riconciliamo con le nostre dolcezze perdute, facciamo pace con noi stessi e, detta come va detta, pasturiamo?

A me pare una grossa banalità. Da lui non me l’aspettavo.

 

Per finire, invece, vi dico questa.

Ieri sera, ho parlato con una donna.

Le ho raccontato dei miei travagli e dei miei patimenti. Lei, molto accondiscendente, mi ha ascoltato come un prete. O meglio una suora.

Poi, dopo avermi compatito per mezz’ora, mi ha chiesto:

 

– Stefano, hai bisogno di affetto? Vieni a trovarmi stasera… sono sola e la notte è lunga.

 

 

Le ho risposto che è una zoccola.

Ecco, questo invece da me dovevate aspettarvelo.

Io non tradisco mai le aspettative. Nemmeno quando le donne vogliono tradire il marito.

E su questo finale vi lascio riflettere. Probabilmente, mi darete del coglione o mi farete santo.

Posso chiedervi, per cortesia, soltanto di non arrivare a conclusioni affrettate?

 

In fede, anche in malafede,

Stefano Falotico

 

P.S.: ma a questo Falotico ha dato di volta il cervello e si è fritto l’uccello?

No, la risposta è molto più evidente, sotto gli occhi di tutti. Quella donna, che mi chiese di andare a trovarla, si sa, è una racchia.

E le donne troppo belle non sanno che farsene dei cazzi miei. Hanno già i loro per la testa e anche in mezzo alle gambe.

Ho detto tutto…

Scambiatevi un segno di pace.

 

 

di Stefano Falotico

Venezia 74, Downsizing, First Reformed, The Shape of Water


01 Sep

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“Paradiso perduto” – Recensione


22 Oct

Gli increspati sogni alter(ati), “Arte-(s)fatti” del fanciullismo spezzato

Ode a John Milton nella “traduzione” italiana di “ric(hi)amo”, il Diavolo assume le sembianze “grottesche” d’un De Niro con lo “scrigno” del “forziere”.
Sì, un (e)vaso “da” Notte che “forza” l’infanzia “fisher” di Finnegan Bell, bellissimo “mutante” poi in Ethan Hawke, bionde speranze dickensiane dell’attimo fuggente, forse che rifulgerà ancora. Un po’ turbato, “frastagliato”, “aggrappato” ad acque salate di come si ricorda questa storia, i suoi gemiti nell’Alfonso Cuarón che “vernicia” e “inquadra” di quadri fotogrammatici enigmatici nell’abisso “roteato” e poi rotto della melanconia giovanile “schiumata”, anche rabbiosamente innervata di docili “schizzi” del “vernissage“.

Nella “flora” marina della floreal ma plumbea Florida, un piccolo pescatore “pescò” il Male, il prigioniero Lustig, ancor “imprigionato” di catene, forse del Cuore, che non “spezza” né mai infrangerà. Che “sterza(no)” riemergendo dagli abissi “mortiferi” d’un incubo che “strozza” la bocca, “cucinandola” nell’Inferno già visto negli occhi “del” bambino. Della prematura “apnea” a interromper il “singhiozzo” dell’adolescenza, ch’é per sua Natura invaghita di celestialità pastellate d’amore anche immaginario, appunto nell'”acquario”, nel fluirsi torbidi, nell’infatuarsi d’un “infarto” al colpo di fulmine, per la Promessa eterna dell’amor perpetuo, da non sperperare nel “perno” delle facili, false ambizioni a incenerir il sentimento “annodandolo”, adombrandolo credendo d'”ambrarlo” e “aggrottandolo” nel perituro, mistificatorio, illusorio “benessere”. Abbellito di mondanità superficiali e tenerezze parventi mai romantiche di “vitrea”, pura languidezza, patti ipocriti al “placido”, monocorde “illiquidirsi” nella vanità dei soldi, del “liquido” frusciante e “abbagliantissimo” da lodi e “allodole”, forse solo estenuarci, sì “noi” tutti, nel dolore “morbido” di tal ingannevole ammorbarsi ma non essere innamorati davvero.

Così, “Finn” fa il grande passo, da squattrinato infante a fantin’ del suo destino. Però “pendente” e deluso. Perché la sua Estella non c’è più, sebbene Finn “brilli” di festa in festa.

La rintraccerà ostinato nei cunicoli della memoria, nella “grotta” d’una “strega” Bancroft delle nostalgiche passioni. Rammemorandosi e “perdendosi” ancora tra le foglie del Tempo riscoccato dall'”amnesia” dell'”amniotica” densità oscurata presto dal taglio inferto. Ferino nel neo-nerità di De Niro “rasato” con le lame “aguzze”.
Un pentito che si convertirà proprio nel suo benefattore, per ridonargli gli iridescenti bri(vid)i che gli “estorse”, (dis)torcendo gli incanti dell’età acerba, già da lui inconsapevolmente esacerbata, “erbissima cattiva” del lupo solo con tanta “fame”.

La favola incompresa di questo film attinge alle lunari lucentezze della giovinezza inafferrabile, così veloce che (non) scorre.

Produce Mitch Glazer, “weirdo” come sempre, virente e artefice di film “strani”. Un po’ molto belli, unici, e un po’ “inguardabili”.

 


(Stefano Falotico)

Genius-Pop

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