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PULP FICTION – Ora vi racconto una storia da C’era una volta a… Hollywood


21 Feb

pitt una volta hollywood

 

Capitolo1
L’adolescenza per molti non finisce mai poiché giammai iniziò

Su uno di questi giornaletti del cazzo, uscì un articolo celebrativo di Cobain, Kurt Cobain. Da molti della mia (ex) generazione, denominata x, forse i greca, insomma quella che anticipò il millennio e ora, spaesata, delusa dalle aspettative utopistiche propugnate falsamente dai loro genitori ipocriti, post-sessantottini, adoratori del Cinema mieloso e retorico di Muccino, quei vecchietti passatisti che elevarono in gloria Fellini, coloro che venerarono i cosiddetti maestri ma, invero, amarono solamente addolcire le loro amarezze con le peggiori schifezze nostalgiche e fintamente ciniche di quel tenerone di Pupi Avati, ecco, per molti figli di questi papà, Cobain divenne un’ancora di salvataggio millenaristica. Perfino quando Kurt si suicidò, lo beatificarono e ancora di più santificarono. Proiettando in lui, da terragni amanti della new age dell’aldilà, le loro aspirazioni fustigate, i loro desideri castigati da genitoriali dettami castranti.

Sì, anziché pregare l’Onnipotente, riascoltarono continuamente perfino le canzoni di Kurt più tremende.

In preda al Giubileo, no, in grida di giubilo da schizofrenici forse pure ebefrenici, s’identificarono in questo santone non più vivente. A lui affidandosi nel momento del bisogno.

Sì, molti di questa generazione di merda/e, anziché passare delle estatiche estati a ballare in riva al mare, selezionando dal jukebox un tormentone di Bob Marley, si (di)strussero nel curare i loro mal di pancia, pari a quelli di Kurt, sofferente infatti spesso di forti crampi allo stomaco e al basso addome, stuprandosi le meningi e le trombe di Eustachio con musica senza ritmo. Alcuni, col mustacchio, tanto per darsi un tono da pirati Barbanera, anziché pensare allo sticchio, leccarono solo il gelato al pistacchio.

Di mio, posso dirvi che L’ultima volta che mi sono suicidato… è un buon film.

Se Cobain, il frontman dei Nirvana, idolatrato più di Buddha, fosse ancora in vita, mi dedicherebbe la copertina dell’album rimasterizzato Nevermind. Sì, il bebè che fluttua nei fondali marini, in mezzo al plancton, ancora puro e senza (rim)pianti, altri non è che il JOKER MARINO, ovvero il sottoscritto.

Ovvero, un feto, non so se fetido o semplicemente fetente, che galleggia in mezzo a una realtà annacquata ferma a una visione da cavernicoli. Sì, degli ominidi monolitici che, come nell’incipit parodia di 2001: Odissea nello spazio, vale a dire La pazza storia del mondo di Mel Brooks, cazzeggiano a tutto spiano di pollici opponibili. Uso un’espressione, diciamo, meno animalesca per essere eufemistico. Se vogliamo invece essere volgari, in una prosaica parola sinceri, si fanno le seghe. Comunque, sono preferibili i trogloditi agli effeminati. Fidatevi.

Di mio, sono un uomo che, riciclando una pessima, vecchia battuta da spogliatoi calcistici, lesse soltanto Ventimila seghe sotto i mari.

Sì, precocemente m’inabissai in una follia da Christopher Lloyd sia di Qualcuno solò sul nido del cuculo che di Ritorno al futuro. Infatti, amante dello splendido romanzo d’avventura e di formazione di Jules Verne, detto italianamente Giulio, Un capitano di quindici anni, andai matto pure per Il giro del mondo in 80 giorni, malgrado conducessi una vita molto appartata, anzi, dentro il mio appartamento-stagno compartimento, da Leggenda del pianista sull’oceano.

Lloyd, in Back to the Future di Zemeckis, viene chiamato simpaticamente Doc dal personaggio interpretato da Michael J. Fox. Il quale, da molti anni, è malato del morbo di Parkinson. Ho detto tutto…

Di mio, per molto tempo soffrii del d.o.c., acronimo, cioè sigla del disturbo ossessivo-compulsivo.

La mia vita emotiva si fermo lì. Vari psichiatri tentarono di farmi girare dei sequel, persino apocrifi, della mia storia assai originale.

Sì, molte persone cercarono addirittura d’imitarmi ma sono tutte versione non autorizzate dal sottoscritto.

Sì, io sono il capostipite invincibile della mia vita invivibile, sono peggiore dei più noiosi film invedibili, non commercialmente vendibili, non adatti alla massa formata da uomini e donne imbevibili.

Comunque, vi bevete anche il fatto che C’era una volta a… Hollywood sia un capolavoro.

Idioti come voi sono facilmente, alla pari di Harvey Keitel de Le iene, fottibili.

Sì, sono uguale a Tim Roth/Mr. Orange. La mia vita fu un’Arancia meccanica. Molti ragazzi, per allentare la noia dell’adolescenza, ecco, ascoltarono Cobain. Altri, come Alex/Malcolm McDowell, Beethoven.

Molti si credettero delle rockstar. Di mio, alla stessa maniera di Franco Battiato di Bandiera bianca, fui l’incarnazione del ritornello… a Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata.

Non mi drogai mai. La gente si bevve e ancora beve tutto. Di mio, al massimo bevo un White Russian come il grande Lebowski. Alternato a qualche aranciata.

Ma quali limonate.

E ora dovete sciropparmi. Basta pure coi succhiotti. Meglio un sano succo di frutta. Se vi scappa un rutto, ci sta. Tanto, ricordate, è meglio un rutto piuttosto che dare un bacio con la lingua e molta cannuccia a una ragazza ciuccia e assai brutta.

Sì, fui Jack Nicholson. Del menzionatovi capolavoro di Milos Forman? No, di Qualcosa è cambiato di James L. Brooks.

Vissi da misantropo capace di tenerezze da romanzetti Harmony.

Di mio, sin dalla pubertà, odiai Questo piccolo grande amore di Claudio Baglioni. Sì, le donne impazziscono pure adesso per Raoul Bova. Di mio, mi masturbai due/tre volte su Barbara Snellenburg di Piccolo grande amore. Nonostante vivessi da principessa. Forse sul pisello.

Ancora oggi, dopo che smentii ogni diagnosi psichiatrica, scrivendo perfino il libro Dopo la morte nel quale distrussi totalmente ogni certezza di Freud, narrando di pazzi manicomiali, no, allestendo pezzi altamente encomiabili, sì, poetici e degni delle cabale più sognanti di Jung, ancora vivo in Purgatorio. Sì, una vita da mediano e non esiste, amici, la via di mezzo. Ricordatelo. Se pensate che io porti sfiga, siete toccati. E non toccatevi. Ah ah.

A tarda notte, mi reco al Royal Bar, ubicato in uno sperduto entroterra periferico di Bologna. Ove ordino un caffè che zucchero con della canna, ridendo sulle vostre quotidiane amarezze e ingoiando un tramezzino.

Sì, molti adolescenti che si fecero molte canne, eh già, in effetti s’identificarono col leader dei Nirvana. Solamente perché non ebbero le palle per ribellarsi a un’esistenza caudina come il protagonista di Elephant di Gus Van Sant. Regista, fra l’altro, di Last Days.

Di mio, sono multiforme. Sono sia Will Hunting che Sean Connery di Scoprendo Forrester. A differenza di Robin Williams, non mi suiciderò. Se tu invece, cazzo, pensi di essere un bel novizio come Christian Slater de Il nome della rosa e stai scrivendo un libro romantico-fanciullesco, figlio del tuo amore (im)purissimo, intitolato… Scopando una selvaggia come Valentina Vargas, tagliati subito la verga, leggi I Malavoglia e fatti monaco.

Sì, la gente non mi sopporta. Ama essere leccata e presa, per l’appunto, per il culo.

Io sono un verista. E vi garantisco che Cobain non valse un cazzo.

Comunque la sua ex moglie, Courtney Love, credo che abbia preso più uccelli delle pornoattrici Brianna Love e Brandi Love.

Sì, lei prosciugò l’uccellino canterino di Kurt. Infatti, Kurt le dedicò la canzone Come as You Are.

La dedicò a lei, sbaglio? O un’altra puttana? Mah, non lo so, ah ah.

Invero, io mi ammazzai molti anni fa quando, a contatto con ragazzine amanti dei Backstreet Boys, le quali si strapparono le mutande, ascoltando nella loro cameretta l’intramontabile hit più sciocca di sempre, I Want It That Way, compresi, essendo molto avanti, che non avrei mai avuto un rapporto sessuale come quello avvenuto, venuto al top e in topona, svenevole, svenato e tutto pompato-eiaculato-ficcato fra Erik Everhard e Penny Flame nel cult per arrapati e amanti dei culi, intitolato per l’appunto Penny’s Flame Out of Control.

Altro che i Chemical Brothers!

Film ancora rinvenibile in dvd, scaricatelo subito. Ah ah.

Di mio, ce l’ho tutto sigillato, non ancora scartato. Ah ah. Sì, un “oggetto prezioso” che proteggo dai batteri di una società mefitica che pensa solo alla figa.

Ho spesso una faccia così anonima da sembrare uno spermatozoo e sono imbarazzante. Al che, m’incappuccio con un profilattico gigantesco ordinato su misura della mia enorme testa di cazzo.

Comunque, un consiglio per tutti i giovani ritardati. Non datevi al grunge. Siate come il Grinch.

Come già vi dissi, mi sverginai nel 2003. Ecco, sopra vi eccitai, no, vi citai una scena pornografica niente male.

Assolutamente però non paragonabile a quello… che lei mai avrebbe immaginato.

Sì, credo che questa ragazza, prima di morire reciterà al prete che le darà l’estrema unzione, eh sì, ho visto una cosa che lei non potrebbe mai immaginare.

Il prete le risponderà: – Ragazza, anch’io sto morendo. Non vidi mai Blade Runner. Me la faresti vedere?

– Prete, forse voleva dire… lo guardiamo assieme?

– No, voglio guardarla solo io. Tanto manco solo io alla cappella, no, all’appello.

 

Sì, appena costei si accorse che fui meglio di Mark Wahlberg di Boogie Nights, mi violentò come stette per fare Demi Moore con Michael Douglas in Rivelazioni.

Ebbene, uno dei miei film preferiti della primissima adolescenza fu il Robin Hood con Kevin Costner. In cui lo stregone Morgan Freeman, scambiato per ciarlatano, distrugge la strega cattiva.

Adoro Excalibur di John Boorman e impazzisco… sempre quando Mago Merlino combatte contro Morgana.

Un mio ex amico, invece, epilettico e in passato in cura presso un medico, non scherzo, dallo stesso cognome della donna responsabile dell’omicidio di Cogne, ebbe spesso l’abitudine di trattare come femminucce chi non ascoltò, a differenza di lui, Kurt Cobain.

Per lui, furono e sono tutti malati di mente.

E diede addosso, che ne so, a Francesco che amò Ornella Vanoni e Renato Zero, a Marcella che si toccò con Lenny Kravitz.

Pure a me. Dicendomi che Robert De Niro è un coglione.

Sì, soprattutto nei panni di Vito Andolini.

Vero?

 

Capitolo 2

 

Scrivetelo voi, se vi riesce.

Anzi, c’è.

Vari idioti, capeggiati da un mitomane alla Charles Manson, pensarono di fare il festone a una bimba piagnucolosa.

Però, si trovarono di fronte un minchione. Ovvero Cliff Booth. Una sorta di Killer Joe/Matthew McConaughey. Guardone, pervertito.

Come è un uomo e non un falso.

Ora, polli miei pazzi, attaccatevi al cazzo.

La prossima volta, andate a prendere per il culo quella troia di vostra madre.

 

di Stefano Falotico

 

La semantica dell’immane disagio moderno esemplificata dalle archetipiche vite delle rockstar, scolpita nella faccia di marmo di Clint Eastwood e in quella da schiaffi di John Belushi


04 Jul

eastwood swank

 

freddura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ora, questo è uno dei miei scritti più seri e argomentati degli ultimi tempi.

Però ha il finale da Scemo & più scemo.

Una volta Freud scrisse questa frase molto discutibile:

“Il momento in cui un uomo si interroga sul significato e sul valore della vita, egli è malato, dato che oggettivamente non esiste nessuna delle due cose; col porre questa domanda, uno sta semplicemente ammettendo di avere una riserva di libido insoddisfatta provocata da qualcos’altro, una specie di fermentazione che ha condotto alla tristezza e alla depressione”.

Mah, frase alquanto opinabile. Che da un analista introspettivo non mi sarei mai aspettato.

D’altronde, Freud era già morto da un pezzo quando uscì Blade Runner.

Comunque, per certi versi vera…

Ehi tu, donna, sei verissima, cala la sera e rosso di sera bel tempo fra noi si spera, ah ah.

So che vi faccio divertire con le mie smodate imitazioni falotiche dei personaggi di Mel Brooks e di John Belushi. A e me piace perché ritengo sia Mel che John dei geni assoluti.

Quindi, il mio processo d’identificazione è piacevole, empatico, oserei dire simbiotico. Godibile e goduto. Bevetelo.

D’altronde, nonostante i pochissimi film da lui interpretati, come si può confutare la frase lapidaria, irremovibilmente schietta secondo cui John Belushi sia stato un genio indiscutibile?

Basterebbe la scena di The Blues Brothers in cui, perso in un sotterraneo assieme a Dan Aykroyd, tenta di sfuggire alla caccia della polizia ma viene fermato a sorpresa dalla sua vendicativa ex, interpretata da Carrie Fisher.

Lei è convintissima di volerlo ammazzare poiché lui l’ha abbandonata a un misero, lugubre, amaro destino da donna inconsolabile. Mollandola misteriosamente proprio il giorno delle concordate nozze.

Al che lui, a passo felpato, le si avvicina dolcemente, le s’inginocchia, implorandole perdono e le recita, fingendosi colpevolmente disperato, altresì innocentemente mortificato, un pezzo storico:

non ti ho tradito. Dico sul serio. Ero rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C’era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C’è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio!

Lei è già crollata, come si suol dire, si è sciolta. Ancora però ha qualche dubbio e il suo sguardo è leggermente arcigno.

Al che John le pone uno sguardo infantile con tanto di velocissima alzata sopraccigliare.

E la stende.

Insomma, in meno di trenta secondi, John è riuscito incredibilmente a esprimere una gamma emotiva così sfaccettata da premio Oscar soltanto con la sua imbattibile faccia da schiaffi impagabile.

Super Genius mai visto!

Quindi, io volontariamente mi do al demenziale perché, come c’insegnano i grandi comici, dietro anche la più spensierata e spontanea, vivandata, sbandierata ilarità esagerata, v’è un velo di profonda, incurabile malinconia infinita.

I pagliacci infatti hanno il trucco col rimmel che sgocciola come se fosse una lacrima stampigliata nella variopinta, caleidoscopica vastità imperscrutabile delle loro insondabili emozioni vulcaniche, tatuate nell’immobilità di un’espressione impassibile da Buster Keaton.

Questa è una società, insomma, che non sai come prenderla. Se la prendi in giro così come fa Belushi con la compianta Fisher, pigli per il culo forse solamente la tua vigliaccheria, non sai di conseguenza se accettarla coi suoi giochi crudeli, se buttarla in vacca, se alienartene, soffrendo però come un cane la tua mancanza di rapporti sociali, oppure se cedere arrendevolmente alle lusinghe del folle carnaio generale e diventare il prodotto robotico di un mondo basato sull’animalità più meschina, tribale e triviale.

Un mondo retto dal concetto di Eros più mortifero. Sì, in questo senso, invero in tutto il mio 6th sense, sono freudiano.

Credo che un uomo e una donna si spengano se sono carenti di Eros.

Attenzione, l’Eros non è semplicisticamente e semplicemente (eh già qui v’è una sfumatura non da poco) il sesso nella sua accezione più letteralmente burina, oserei dire, prostituzionale e mercantilistica, edonistica del significato della sua parola.

Cioè il sesso inteso come accoppiamento carnale di due corpi. Come copulazione, fornicazione o solo come attrattiva sessuale, come sex appeal, come carica erotica e sensualità a pelle, diciamo.

Bensì per Eros intendo il suo variegato, multiforme significante in senso (a)lato. L’Eros è la fame di vita, non la fame da morti di figa, attenzione. Eh eh.

La volontà vitalistica, il piacere di alzarsi la mattina e godere anche dei raggi solari dell’estate dopo una primavera tetra e piovigginosa. Il piacere di prendere la macchina, accendere l’autoradio e ascoltare le note melodiose di una canzone meravigliosa. Che, prodigiosa, sana ogni tua interiore ferita e ferma tutte le fitte, placa le piaghe, cicatrizza i dolori esistenziali dopo tante stigmate.

L’Eros non è soltanto il godimento (im)puramente, squallidamente lussurioso. Godereccio e pecoreccio, istintivamente animalesco e porcellesco.

È quel desiderio propulsivo che ci spinge a emozionarsi della vita con naturalezza fighissima. Nonostante le sue enormi, strane e tortuose complicatezze, le sue vie traverse e oserei dire perfino traviate, per cavalcare a voglia e la soddisfazione di esserci.

Anche nel bagliore di un istante fuggevole e irripetibile.

Non sono stato (dal)lo psichiatra di Kurt Cobain, ad esempio, e non abitavo neppure nella sua testa per sapere perché si uccise e come la sua testa deflagrò.

Ma da quel poco che la mia vita da “demente” può capire, comprendo intimamente le ragioni incoscientemente (il)logiche che devono averlo portato irreversibilmente a un gesto estremo così fatale e autodistruttivo.

Aveva fatto i soldi, era in quel momento celebrato come una delle più grandi rockstar sulla scena, era amato, onorato e glorificato. E non cornificato!

Sua moglie Courtney Love lo venerava come un dio e quelli della sua band pensavano davvero che lui fosse l’incarnazione umana del Nirvana…

Perciò, apparentemente cosa c’era che non andava? A prima vista, niente.

Non sono omosessuale ma ammetto addirittura, appunto, che Kurt fosse molto sexy.

Credo, in cuor mio, che niente gli dava però più piacere. Forse rimandò perfino il suicidio perché non volle abbandonare suo figlio.

Insomma, per una legge non scritta ma umanamente condivisibile, per sua stessa ammissione da lui detta espressamente in molte interviste, non provava più empatia.

Non tanto verso il prossimo quanto per la sua vita prossima. Per il suo futuro venturo.

Vide il buio totale, invincibile e, nell’oscurità, si tuffò senza sprezzo del pericolo. A capofitto. Anche a testa fritta, spappolata.

Maggiore fu in quell’attimo la gloria, maggiore fu il dolore intercostale della sua anima da lui stesso danneggiata in maniera implacabilmente esiziale e dannata.

Mick Jagger invece ancora simboleggia tutto il contrario di quel che fu Cobain.

Jagger gode proprio a vivere di sé. A dimenarsi come una scimmia alla veneranda, suonatissima età di 75 primavere. A brevissimo, settantasei. Compirà infatti 76 anni il 26 Luglio.

Elvis Presley divenne, ahinoi, invece un burattino nelle mani di squali approfittatori della sua romantica purezza. Che l’imbottirono di droghe e farmaci affinché potesse essere sempre al top. Tanto al top che purtroppo scoppiò.

Elvis è stato il più grande.

Elvis è come Clint Eastwood di Million Dollar Baby.

L’eutanasia è proibita ma è l’unico che, in piena notte, ha il coraggio mostruoso e inaudito di staccare il respiratore a Margaret/Hilary Swank, poi le inietta una dose letale per ucciderla.

Perché Clint è un romantico.

E sa che così non si poteva andare avanti.

 

Morale: il mondo è pieno di bugiardi. Prima sbagliano immondamente, scherzando sulla fiducia e i sentimenti del prossimo, storpiandolo non solo psicologicamente.

Poi, pare che siano rinsaviti dai loro sacrilegi e gli chiedono umilmente perdono. Ma è una finta, una sceneggiata, l’ennesima burla gravissima.

Certa gente non cambia. Riconosce i propri errori solo per la paura inconscia (ci ricolleghiamo a Freud) di ritorsioni e per svignarsela.

Prendiamo l’italiano medio. Ha l’indole mafiosa. Il mafioso è notissimo che, non solo a Noto in Sicilia, cerca sempre di galleggiare nel mondo, di non sprofondare economicamente e al livello di quella che lui chiama dignità e reputazione sociale. Al che, come si suol dire, si barcamena e impara il nuoto. E finché la barca va la lascia andare. Quindi, sta per annegare e se n’inventa, con la sua tristissima arte di arrangiarsi, qualcuna per riuscire, come ogni anno, ad avere i soldi per recarsi a Rimini.

Si salva sempre per il rotto della cuffia. Prima la combina sporca, poi recita l’Atto di dolore ogni domenica mattina nella sua farisea pantomima vergognosa.

Finge insomma di pentirsi ma in verità io vi dico che chi nasce stronzo rimane una merda a vita.

Le merde galleggiano.

I grandi uomini, purtroppo, conoscono il mondo in quanto lupi di mare.

Altro che lupi solitari.

C’è dunque chi, come Kurt Cobain, la chiude prima di distruggersi non solo il fegato, chi continua a rudere e ballare come Mick Jagger, comunque sia un grande, chi s’immalinconisce, chi esagera come Jim Morrison e il cielo è sempre più blu…

Rino Gateano docet. Anche i rinoceronti, miei pachidermi.

Io non ho nulla da insegnare al prossimo mio, non sono Gesù e non sono il Papa.

Il Genius-Pop non docet ma eccovi servita la mia ennesima doccia fredda.

Adesso, vi assolvo e che la Madonna vi accompagni.

Tanto so che stasera andrete a passeggiare con Maddalena, celeberrima assistente sociale delle vostre idiozie.

Leccando il gelato al limone.

 

Concluderei con questa…

una donna magnifica, praticamente miss Universo, mi ferma per strada:

– Ciao. Fermati un attimo, dammi solo dieci secondi. Avvicinati. Voglio vederti meglio. Sai, stavi attraversando la strada e non mi hai dato il tempo di fissarti attentamente negli occhi.

Scusa, però. Dove stai guardando? Ti sto parlando.

– Niente, lascia stare. Stavo osservando quel gatto all’angolo.

– Il gatto? Che c’entra il gatto?

Va be’. Comunque, sì, ora ti vedo chiarissimamente. Devo ammettere che… insomma, stasera sei libero? Verresti a cena con me? Offro tutto io.

– Sì, va bene, ti dico domani, ok?

E ho continuato a camminare.

Lei, anziché scoppiare a ridere fragorosamente, è rimasta immobile, scioccata. Per mezz’ora è restata impalata con lo sguardo vuoto, chiedendosi fra sé e sé:

ma questo è cretino, frocio o pazzo?

 

Sì, sono fatto così.

Io non appartengo a nessuna categoria. Ci sono gli sfigati che trepidano per attimi sessualmente roventi, i machi deficienti, i maniaci sessuali e basta, i guardoni, le ninfomani e le frigide, gli idioti e i geni, i cantanti che riempiono gli stadi e i begli uomini che riempiono qualcos’altro. Io ogni giorno spero di morire ma trovo sempre una ragione per continuare a vivere.

Anche solo per inventare questa barzelletta da me creata in codesto dì.

Una di queste agghiaccianti baby squillo, apparentate con Jodie Foster di Taxi Driver, mi contatta su Instagram:

– Ehi, guaglione. Questa sono io. Se ti piaccio, mandami anche tu foto hot. Piccantine, diciamo.

 

Gliele mando subito. Lei le riceve, poi euforica mi scrive:

– Che coglione che sei! Ora ti sputtano e ti ricatto. Le mostrerò a tutti. Se non vuoi rimediare una figura da puttaniere, devi mandarmi ora 100 Euro su PayPal all’indirizzo coccobella@libero.it. Anzi, mandale al mio pappone. È lui che gestisce gli affari. Io prendo poi una percentuale. La sua mail PayPal è piglialaconfilosofia@libero.it.

Forza.

– Scusa, ma tu che hai in mano per chiedermi cento euro? Hai in mano un cazzo. Mi sbaglio?

– Sì, appunto.

– Il cellulare però da cui ti ho mandato queste foto non è il mio.

– E di chi è?

– Della polizia. Dunque, abbiamo scoperto che sei una prostituta minorenne sfruttata da un criminale.

Tu non finirai in carcere. Sei appunto minorenne. Il tuo capo, sì, invece.

– Con questo che vorresti dire?

– Sai, com’è. Oggi va di moda dire che dagli psichiatri vadano solo quelli che non hanno altri cazzi per la testa.

Se lavorassero e trombassero, la smetterebbero di avere paturnie. Questo è il luogo comune di questo popolo italico di analfabeti.

Insomma, è diventata una società di troie.

– E quindi?

– Quindi, ragazza, cambia lavoro subito. Non sono un moralista ma ti troverai a 45 anni drogata marcia.

Ti guarderai indietro e vedrai solo il vuoto.

. Che bacchettone che sei. Evviva il sesso! Godere, suvvia!

– Il sesso non è brutto. È l’anima che va a farsi fottere.

– Ma smettila, idiota!

– Va bene… Ci sto. Ti scrivo fra trent’anni. Sei sicura che però sarai ancora viva?

– Certo, fallito di merda! Ma sparati, va!

– Posso farti una domanda.

– Ok, ma che sia l’ultima. D’accordo?!

– Che fai stasera?

– Ah, che vuoi che faccia= La solita vita.

– Cioè lo prendi in culo. Andrà sempre così? Opto per il sì. Tu che dici? Buonanotte.

– Ehi, io ti denuncio! Che volevi dire?

– Quello che ho detto.

 

 

di Stefano Falotico

 

Attori bolliti: Christopher Lambert, fisico atletico e il suo congenito strabismo di Venere


15 Jul

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Sì, è arrivato il turno di Christopher Lambert. E, se dovesse leggere questo post, nelle sue navigazioni internettiane, dovrebbe essere perfino orgoglioso che l’ho definito attore e l’ho annesso quindi a una pregiata categoria. Perché io sin dapprincipio ho sempre nutrito forti dubbi rispetto a costui. Attore significa molte cose, essere arista, interprete, istrione, ma Lambert non combacia a nessuna definizione possibile, se non quella in tempi remotissimi e oramai smarritisi nella notte dei tempi di essere stato un fugace divo, una discreta star per qualche anno miracoloso di grazia scesa dal cielo.

A differenza di ciò che potrebbe suggerire il suo cognome, Christopher non è francese, ma è nato negli Stati Uniti, a Great Neck, Long Island, nello stato di New York il 29 Marzo del 1957, e il suo vero, completo nome all’anagrafe è Christophe Guy Denis Lambert. A soli due anni la sua famiglia si trasferisce dapprima in Svizzera (e Lambert studia a Ginevra), e successivamente nella città della Torre Eiffel, ovvero la magica Parigi. Risiedendo lì, è stato dunque naturalizzato francese.

Dopo una serie di particine in film insignificanti, Lambert compie il suo primo passo verso la mondiale popolarità, interpretando Greystoke – La leggenda di Tarzan, il signore delle scimmie di Hugh Hudson. Quindi, arrivano subito dopo Subway di Luc Besson e Highlander, ove recita al fianco di Sean Connery, e il pubblico, soprattutto femminile, impazzisce per lui. Lambert ha presenza scenica, un bel fisico atletico e in particolar modo il suo congenito strabismo di Venere gli conferisce un perverso sex appeal per cui le donne vanno matte. E infatti in quel periodo la sua compagna è Diane Lane, una delle donne all’epoca più avvenenti del jet set, e i due reciteranno assieme nell’abominevole Scacco mortale.

Ma facciamo un doveroso passo indietro. Come dicevamo, anche solo per una manciata d’anni, Lambert diventa improvvisamente qualcuno. Al che Michael Cimino lo vuole per Il siciliano, ma il film si rivela un fallimento su tutti i fronti.

E peraltro questo film segna immediatamente ma “meritatamente” la fine della sua carriera. Orbene, invero Lambert continua a recitare senza mai fermarsi un secondo, e di pellicole ne ha interpretate tantissime, ma quando dico carriera intendo la sua filmografia “seria” e di valore.

Sì, perché da allora in poi gira solo schifezze, con l’eccezione forse di Nirvana di Salvatores (film comunque sopravvalutato) e credo che verrà ricordato soltanto per la sua bollente relazione con Alba Parietti, quando il loro caldo flirt era sulla bocca di tutti. Sulla bocca di Alba più che altro.

Eh sì, come dimenticare le sue performance successive, il suo ruolo “magnetico” di Lord Raiden in Mortal Kombat, i suoi occhi ipnotici in Druids e 2013 – La fortezza, film ignobile che vale la visione forse solo per una scena di sesso abbastanza spinta del nostro “eroe” con la bellissima Loryn Locklin.

Ah sì, vero, Lambert è comparso anche nel seguito di Ghost Rider con Nicolas Cage e in Ave, Cesare dei fratelli Coen.

E queste sue comparsate bastano per credere, come molti credettero agli inizi della sua carriera, che Lambert fosse e sia il nuovo Alain Delon? Ma per cortesia!

Lambert è un attore? È questa la domanda che dobbiamo porci.attori-bolliti-christopher-lambert-03 attori-bolliti-christopher-lambert-01 attori-bolliti-christopher-lambert-04

 

di Stefano Falotico

Ebenezer Scrooge, già è (ri)cominciato Il cantico di Natale


27 Nov

di Stefano Falotico

Mi rispecchio e vedo sempre i miei warriors..., demoni insistenti che, danzando spettrali a mio malessere, m’assediano notturni in mio sonn(ambul)o eterno

Talvolta, “intavolo” me stesso, non so se nella Tavola Rotonda anche se, come Artù, estrassi la mia Excalibur, spada della mia roccia, tanto dura che mi sgretolai in una notte indigesta fra le indigene più amanti del Cinema indie, insomma, quell’harem di donne arabe che, però, non parlavano arabo ma volevano solo la Mokarabia del mio (s)cremarle, essendo io selettivo e ricercatore da Indiana Jones, “tendente” all’eunuco con schiuma di rabbia misogina, anche cremoso nella dolcezza (im)potente d’un uomo cazz(ut)o, viaggiante tra fantasie brade, spesso superomista come Conan il barbaro, alle volte noioso eppur, miei barbosi, ricordate di non toccarmi la barba, perché solo l’uomo barbuto può “raderle” di affascinante noia, da cui le mille e una notte.

Questa si chiama stronzata del Falotico, uomo “cespuglioso”, crepuscolare, pensatore libero se non me lo scassano, altrimenti “vengo” una rottura io stesso di palle e, da (im)pallin(at)o, una sex machine zuccherosa del “distribuirlo” automa(tico), “colante” cioccolato caldo sulle natiche e pertanto anche tè freddo di acidità (insosteni)bile, come dire “Ehi, donne, scioglietevi queste zolle da zoccole e digeritevelo senza poi chiedere il resto di getto(ne)”.

Invero, sì, “schizzo” ma spesso scherzo. Di “spessore”, in quanto RE di sesso e la p sta per puttana.

Sì, le puttane, dette anche concubine, mi concupiscono, i maschi (non) mi capiscono e, in questo scompisciarsi di cagate, c’è sempre chi in testa ti piscia. Sì, questione di testicoli. Da queste “che du’ palle”, sgorgano ettolitri di frustrazioni. Alcune mi frustano, eppur rimangono delle frust(r)ate con la r moscia fra parent(es)i. Sì, m’apparento con queste ma i miei genitori non amano tal mio genitale “pompante”, al che chiamano gli zii affinché m’ammoscino e mi rendan cadaverico, di latte e non tette, mi sbiancano come un poppante.

Eppur lo “appioppo”, tutte le accalappio e mi gridano che m’impiccheranno. Voglian appiccarmelo di “fuoco” ma va sempre fuori, dunque dentro, e su queste ci (s)piove. Che (s)chiappe, come m’inchiappetto io questa vita “a culo” fra le l(i)ane, neanche tuo frate(llo), freddissimo, che recita la sua re(li)gione fottuta a Cheeta, pregando la scimmia più “alta”, un Dio dei cazzi cristiani. Pover cristi, s’inalberano sempre talmente da diventar poi buddisti perché hanno raggiunto il “nirvana” del troppo scazzarsi. Sì, svuotati/e, sono “elevati” e, spompati, cos’altro rimane lor da vivere se non “reincarnarsi” in un uomo nella speranza che la prossima vita sia (dis)umana?

Comunque, ho perso il filo.

Il titolo è su Dickens, ok, ho sonno, ne parliamo domani miei Twist.

E ricordate, però, prima di dormire: ogni Oliver ha le olive sue.

Evviva “Braccio di Ferro” e Olivia stesse con Bruto.

 

Kurt Cobain amava Clint Eastwood


05 Apr

Kurt Cobain: a vent’anni dalla sua mortacci tua, Falotico vi racconta l’ultima volta che assieme si suicidarono…

Vent’anni fa e un giorno, moriva Kurt Cobain, la domanda è: era un grande o un montato? E soprattutto chi è stata la più grande rockstar? Jim Morrison

Non ho mai nutrito troppa simpatia per Kurt. Mi ha sempre dato l’impressione, cantando in quel modo, di essere uno di quei maialini scannati al macello così come “grungeiando” mugolava il suo “dolore”, soffertissimo, ah ah, esistenziale da uno che prima s’era fottuto bellamente, con tanto di lor belate “belline”, cento groupie al ritmo di “come as you are” di pecorina. Ma ammansiva il vostro gregge da valle inconsolabile di lacrime “arrabbiate”. Un ipocrita, insomma, osannato dalla società anni ’90 in cerca della sua pulp fiction musicale. Sì, prima le ammucchiate e poi l’ira da Mucchio selvaggio alla Peckinpah perché s’era rotto il cazzo dopo l’indigestione di “basso”.

Per questa mia, speditemi in manicomio e ballerò il lento… “sciolto” sul… light my fire del Morrison mentre sarò picchiato da spranghe “dure” a friabile adattarmi ai vostri gusti. Sì, a tutti piace(va) Cobain, di mio ho sempre preferito il sigaro cubano di Al Pacino di Scarface e a Michelle Pfeiffer, perfettina e incazzosa se le si rompon le unghie, due cubiste cubane con Fidel Castro nella vostra baia dei porci a cui faccio guerra. Abbaiamo! Non abbassiamoci!

Questo sono io, l’irriverenza guascona come può essere la smorfia alla Max Cady di De Niro, uno che ha il coraggio di sputtanare questa borghesia falsa. Prima educa i figli alla mansuetudine senza marijuana e poi critica uno come Max che veste camicie hawaiane. Con tanto di tatuaggi da marinaio, essendo stato in galera per colpa delle omissioni “peccatorum” dell’avvocato bugiardo perfino a sua moglie, a cui non confida il suo tradimento “galeotto”.

Sì, in utero…

Passano gli anni, oggi abbiamo le magic mielose di Chris Martin, ieri John Legend col suo basculante addome da negro “latino”, domani tornerà di moda il jazz del cazz’.

E si fa di tutta una banda un fascio… di nervi, tanto esploderete in “fuoco” artificiale, dopo il ”glande” freddo”, da sagre paesane dei vostri fintissimi idoli, ben peggiori dei santi patroni meridionali.

Di mio, ficco in autoradio i miei strange days, per il resto potete suicidarvi.

Se non vi piaccio, in quella tavola “calda” servono il prosciutto della tua donna sgelata dopo tanta carne in scatola della sua mente da “imbottigliata”. Offrono gratis la “salsa” con le patatine di lambada…, alcune però non sono “originali”, son abbronzate di lampada(rio). E vai di mossa, di mousse, di musetto e attenti alle scosse!

Fidatevi, meglio un pneumatico come me di uno come il Cobain. Che sfruttava il vostro “teenagerismo” nichilista e “turbolento” per poi scrivere nei suoi diari che non provava empatia.

Però con quelle che gli sudavano sopra… sì.

E Bruce Springsteen? Fino a “Nebraska” ci s(t)iamo, poi ha sbandato.

Ma in fondo fa bene. Tanto “Sulla strada” non lo legge più nessuno.

Oggi, la gente preferisce le hit “toste” col culo parato da sparlatori dietro le pareti insonorizzate della falsità ancor più “assordante”. E voglion tutti vincere la classifica stando in pantofole.

Per quanto mi concerne, so che la cerniera serve per far uscir l’uccello.

E non tarpategli le ali, mie polle, sono le parti migliori assieme alle vostre cosce… si spera non troppo “cotte”, altrimenti poi mi chiederete gli alimenti. Di mio, voglio solo che aumenti di volume, tu puoi “volumizzarlo”, alimentandolo con qualche toccatina… di pepe e molto sale. Il punto saliente del gradimento.

Di petto son stopposo, di patta c’è, di patti non puoi prendermi sul serio.

Pattuiamo questo: io pattino, ti sbatto e non spiattellarmi la morale da tiro al piattello.

Cosa voglio dire? Sono criptico? No, di mio vivo nella cripta e basta.

È già troppo farti ascoltar la musica vera, spaccarti i timpani e tamponarti.

Ma, pur essendo già morto, vesto più nudo dei tuoi scheletri nell’armadio.

Ora, basta con le tue melodie e dì a tua moglie che me la dia!

Suvvia! Via e poi giù!

Finale col botto… in faccia

Una scrive su Facebook che, dalla fretta, si è mal rasata le ascelle e chiede alle sue “amiche” se credono sia eroticamente, per il sabato sera “pompante” in discoteca ritmata di musica “incazzata”, affascinante il semi-pelo per il maschio “intravedente”, e se questo “stratagemma” può aiutarla a rendersi più piacente per la penetrazione lenta e non troppo scimmiesca.

Intervengo a sproposito nello spazio commenti e le scrivo che a me piace King Kong. Anzi, che io e King ci siamo sposati da un anno e aspettiamo Cita in formato gigante. Non abbiamo però i soldi per mantenerla e neanche quelli per la balia. L’affideremo a Tarzan, di “adozione” africana-leggendaria da libro della giungla…

Lei non capisce e chiede se sto provocando per puro gusto (s)fottente, alludendo che mi piacerebbe leccargliela su far lo spiritoso animalesco prima della bestialità ancor più (s)fottuta.

Al che, “controbatto” e le scrivo che sono in verità solo un barbone in cerca di pelliccia per la notte. Ma da cacciatore potrei pelargliela come la favoletta di Cappuccetto con un unico finale possibile. La polizia becca il mio Jack lo squartatore e io me lo do ad altre gambe. Tu la dai, dondolante va ergendosi come la quercia in mezzo alla foresta, colante me lo trancerai se non vorrò disboscarlo prima della pioggia equatoriale, accaldato-irrequieto di battermi il petto perché tu me lo estrai, tagliandomelo evirante.

Ecco, penso che Kurt Cobain fosse romantico a suo modo. Io, a mio “mondo”, sono un leone, domani un elefante, ieri più pachidermico di un imprenditore che sfrutta i dipendenti, in un’altra era sono quel che sono.

O ti vado bene, o evviva le foche. Se non accetti lo zoo, posso fare il delfino.

Se hanno chiuso le piscine, posso almeno pisciare?

Ora, mi chiederai: non puoi perché non ce l’hai più dopo l’evirazione. C’è sempre il pappagallo artificiale.

Sì, diciamocela. Cobain era un uccello in gabbia. Compreso che Courtney Love era carina, sì, ma voleva troppi altrui ca(na)rini, si sparò evitando che gli strappasse anche il “grunge” dello “sdrucito” pantalone urlante.

Detta pene al (di)vino. E non voglio sentir altri cazzi.
Jim Morrison è il più grande perché comprese the end prima dei titoli di “coda”… dopo che Marlon Brando disse la verità di questa società che fa orrore.

Punto e a capo?

No, da Coppola in testa.

E ora “spariamocele”.

– Come va?

– Non funziona un cazzo. Comunque, lo riparerò. Uno ne ho, eppur son bipede.

Comunque, per finire del tutto, vi racconto questa.

An(n)i fa, una tizia di Roma volle per forza, “di brutto”, incontrarmi con la scusa che era affascinata dalla mia mente.

Scendo dal treno, lei mi fissa, allaga tutta la stazione e, per far sì… che non chiamassero soccorso a causa dell’allagamento della Termini, mi salta addosso e me lo evira con un morso netto.

Risolto l’allagamento, sì, dopò si asciugò in fretta, dicasi “ritiro dopo che volle tirarmelo”, mi vide catatonico, immobile e mi disse: “Stefano, non starmi così, non ti manca niente”…

Insomma, Cobain doveva andare a farselo attaccare varie volte dopo gli innumerevoli strappi da isteriche.

Alla fine, optò per la soluzione che taglia i “testicoli” al toro.

Si ruppe proprio il cazzo. Completamente.

Una pistola e basta coi grilletti.
Insomma, non so se Cobain fosse un genio. Ma d’altronde non lo era Dostoevskij, non lo era Mozart, non lo era Einstein e non lo sei tu. Non lo è nessuno. Diciamo che esistono persone che fanno della loro particolarità un modus creativo. Canalizzano la loro predisposizione a essere quel che sono (in)nati.

Ma poi succede inevitabilmente questo. Cobain andava, come un comune mortale, come tutti, al bar. E la barista, anziché chiedergli “Cosa vuole?”, gli ordinava “Dammelo”.

Lui aveva bisogno solo di un digestivo.

E, nauseato, si sparò in bocca.

Fine della storia.

Comunque, domani, ricordatevelo, non si scappa. Anche se stasera avete scopato, dandovi una visione euforica della vita, diciamo una momentanea “botta”, a meno che non siate crepati per overdose, ah, ben vi sta, eccessivi, vi toccherà la solita merda.

In senso figurato della condizione umana?

No, nel senso stavolta proprio di merda. A meno che domani non caghiate il cazzo.

Non so voi, di mio cago regolarmente.

I problemi nascono con le stitichezze della società rivoltante.

Insomma, cagano storto e pisciano fuori dal vaso, cioè me lo rompono.

E che puoi fare?

Adesso, apro il mio sogno nel “cassetto”. Ed estraggo il fucile.

Sì, sono Walt Kowalski, altro che Cobain.

 

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