Posts Tagged ‘Excalibur’

Vi siete fottuti il cervello col Trono di Spade, dobbiamo ritornare al grande John Boorman di Excalibur e non solo. Ed evviva Stardust, Rocky, The Warriors e Captain Shakespeare


12 May


Bene, dal 18 Maggio finalmente potrò tornare a bere il cappuccino al bar. Zuccherando le mie labbra di schiuma anche offerta a una donna spumeggiante, non so se sobria. La quale, sbavata di rossetto dopo aver trangugiato caffè amaro ben miscelato in un sorrisetto beffardamente ammiccante, desidererà bersela tutta, slabbrandosela e infilandoselo.

Ingoiando anche la mancia, ubriacandosi di danze mellifluamente snocciolatemi in brodo di giuggiole su movimento basculante di ritmo allegro vivo sul mio esserle ficcante.

Ma sì, dovremmo tornare a essere cavalieri pugnaci. Finitela d’impugnarvelo e dunque puttaneggiare su Instagram come delle lucciole.

Al che, assistiamo a un peso massimo da lancio del giavellotto, il quale fa il piacione come Nicholas Clay, alias Lancillotto, di Excalibur. Ma, a guardarlo bene, sembra Nicolas Cage de Il ladro di orchidee.

Insomma, non è proprio, come si suol dire, il top del sex appeal. Sebbene sia simpatico come Carlo Verdone di Troppo forte.

Di mio, sono Un sacco bello e uso sempre il Borotalco prima d’indossare la bandana da Rambo e da Born in the Usa. Sì, l’album di Springsteen è antimilitarista come il film di Ted Kotcheff appena succitato con Stallone. Spinge… spacca di brutto. Fa il culo non soltanto ai moscerini e ai soldatini ma anche a sé stesso poiché esagera e viene dunque, giocoforza, dalla legge inculato. Si sa, il sistema  è sistematico, screma gli uomini più di un rasoio tagliente che ferisce le pelli delicate.

Comunque, a parte le dee bendate, le muse ispiratrici, le reginette di bellezza e quei buzzurri che commentano le foto delle modelle con immagini delle loro banane, no, con banalità del tipo… sei una dea, io sono il tuo pigmalione, forse solo un coglione, dobbiamo elevarlo, no, innalzarci ad anfitrioni dei sentimenti nobili e non pontificare da pseudo saccenti. Insomma, non dobbiamo sentenziare come questi tromboni che, non più trombando, fanno sinceramente solo girare i coglioni.

Ora, chi considera I guerrieri della notte un film solamente per adolescenti, ecco, è meglio che vada a coltivare le cicorie, provando a sedurre le suore.

Gli lascio tutto il Cinema “impegnato” di Ermanno Olmi, L’albero degli zoccoli e le sue ipocrisie da uomo che, pur essendo stato con molte zoccole, dice di essere dolce e cremoso come una zeppola.

Che poi… anche quel San Giuseppe… io non sono tanto sicuro che abbia regalato alla Vergine soltanto della crema pasticcera. Secondo me, in quella grotta di Betlemme, non solo il bue e l’asinello riscaldarono l’Immacolata. Giuseppe amò imboccare la sua donna, cioè la donna di Dio, col suo caldo bignè.

Dovette pur festeggiare, Cristo Santo, la nascita di un figlio, eh eh, so io di cosa…

Sì, la fava, no, la favola allegorica secondo cui la Madonna fu inseminata “artificialmente”, oserei dire in vitro tramite l’etere, mi parve eternamente una sconcezza peggiore del film Godsend con De Niro.

Quel Gesù lì, eh sì, deve aver avuto una doppia personalità da volpone.

Non voglio bestemmiare, sebbene abbia molte cos(c)e da recriminare.

Per esempio, a quel finto critico di Cinema degli stivali, diamogli una zappa poiché, camminando con lo zoppo, s’impara a zoppicare. Non ho voglia degli zoppi. E, a furia di ascoltare i suoi sproloqui sulla Settima Arte, finiremo tutti a fare i contadini. Sì, è un illetterato eppure se la tira da acculturato.

Sostanzialmente, è un frustrato. Dovrebbe darsi alla spremitura delle olive per oliarlo meglio non solo alle donne ma anche per sgrassare la sua vita oramai in bambola. Sì, lui possiede molte bamboline. Le ordina dal sito “erotico” di Gwyneth Paltrow. Non lo sapevate? Gwyneth, dopo essere stata con uno degli uomini più ambiti dal gentil sesso, ovvero Brad Pitt, non la diede ad Harvey Weinstein. Il quale, nonostante tutto, riuscì a far sì che lei intascasse l’Oscar. Sì, basta coi moralismi. Harvey Weinstein fu il vero Shakespeare in Love. Ah ah.

Non sto scherzando. Gli artisti sublimano la mancanza di scopate con sillogi liriche, sì, poetiche assai sofistiche al fine di spacciarsi almeno per grandi romantici della minchia.

Pensate a Leopardi. Non tolse mai il tanga-perizoma leopardato A Silvia. Al che, le dedicò una poesia del cazzo, peraltro celeberrima. Sapete perché sia una poesia così famosa?

Poiché molte donne che non assaggiarono mai il maschile membro, eh già, in modo tristissimo fanno le insegnanti d’italiano e obbligano i loro studenti a imparare a memoria il celebre verso…

Silvia, rimembri ancora

Quel tempo della tua vita mortale,

Quando beltà splendea

Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,

E tu, lieta e pensosa, il limitare

Di gioventù salivi?

Strofa davvero commovente, comunque, non adatta alle scrofe. Da me qui rielaborata in forma fallica, no, falotica e poco angelica(ta):

quel tempo della tua vita immorale,

quando qualcosa là stuzzicava,

negli occhi tuoi da irredenta così provocante che tutti i virili e vili membri divennero fuggenti,

e tu, non più eroticamente lauta, bensì pen(s)osa dopo pene a non finire,

limitata poiché solo l’avevi data,

di vecchiaia rimembrasti la trascorsa saliva lì scivolata?

Poiché ora sei annacquata, arrugginita e andata,

sconsolata nel mangiare l’insalata e più matta della protagonista de La meglio gioventù, una disastrata.

Insomma, sei stata da tanti trombata e ora, rammaricata, nostalgicamente,

ricordi con dolore il piacere da te in passato così tanto dato. Così generosamente elargito e non tanto flautato.

Ma tu sia sempre lodata, oh, mia donna che fosti molto figa e ora sei solo

inevitabilmente fottuta e ubriaca.

Strappa, no, stappa il Prosecco, oh, mia donna che tutti stregasti,

essendo stata tu una fata

ma adesso sei onestamente più brutta di Morgana.

Poi, davvero basta con Federico Fellini. La dolce vita è un film per rimbambiti. Un profluvio d’italianità provinciali spacciate per poesia. Col sopravvalutato Marco Bellocchio, no, belloccio che fu, Marcello Mastroianni, afflitto dal senso di colpa perché, a differenza di Bukowski, guardò Anita Ekberg e, non avendo avuto il coraggio di scimmiottare un po’ il re degli ignoranti, cioè Adriano Celentano col suo “cammeo di lusso”, le scoreggiò, no, la corteggiò da cavallo di Troia, no, da fintissimo cavaliere della Tavola Rotonda, girandoci intorno di panegirici sentimentalistici da fake mai visto.

Infatti, nella versione censurata de La dolce vita, Anita disse a Mastroianni…

Uccello, come here…

In realtà, dice questo (ascoltate con più attenzione) anche nella versione che va per la maggiorata, no, maggiore, essendo Anita una svedesona poco avvezza alla giusta dizione della nostra madrelingua di Belpaese di santi, poeti, navigatori e puttanoni. Comunque, Anita amò l’inguine, no, tutte le linguine allo scoglio offertele da Fellini. Non solo a pranzo, bensì anche a colazione dopo una ceretta, no, cenetta a lume di candela… di eia… e.

Sì, povere quelle donne purissime come Giulietta Masina. O accettano i tradimenti dei mariti o finiscono su La strada.

Anthony Quinn invece, in Revenge, non accettò che Kevin Costner scopasse sua moglie, incarnata da Madeleine Stowe. E lo rese mon(a)co.

Sì, il turismo sessuale, presso I vitelloni, cazzo, andò sempre alla grandissima in quest’IItalia da uomini da bar in cerca pure di polacche come in Radiofreccia.

Sì, Ligabue, più che vitellone, fu e rimarrà sempre un porcellone. Un cantante da bettole, vale a dire un povero cazzone. La finisse con la sua retorica da cosce e zanzare e certe notti… la macchina decide lei.

Luciano non guidò mai Christine di John Carpenter. Cazzo, una machine peggiore di Buick 8 di Stephen King.

Comunque, fra Alexandra Paul e Adrienne Barbeau, ex di Carpenter, io avrei preferito fare il bagnino da Baywatch con Nicole Eggert e Marliece Andrada. Due Barbie assai belline, diciamo due oche assai carine e sbarbine, buone per la super oca piccantina. Vero, cocchini?

Eppur io, ben sbarbato e rasato a zero, più che amare una donna lì depilata, divengo un pelato non tanto cagato da quelle che pensano solo al metodo Pilates.

Pamela Anderson, invece, fu ed è la versione (s)pompata di Anitona sovreccitata, no, succitata. Donna che tutti gli uomini di allora, eh sì, non poco eccitò, rincoglionendoli più di come, adesso, siano messi a pecora.

Con chi stette Pamela, la donna dalla super tette, dunque superdotata? Facciamo prima a dire che con me non prese neanche un aperitivo, no, manco per il cazzo. Con tutti gli altri uomini del mondo, non pigliò solo dei cocktail.

Sì, andò con Tommy Lee, Bret Michaels, annessi sex tapes relativi, pure con Stephen Dorff. Forse a Somewhere. Mostrando a Sofia Coppola la sua cap… a. E urlandole:

– Ecco, prendi il tuo Leone d’oro, vinto con questa porcata e ficcatelo ove dico io. Fu colpa del tuo sfigato ex, Quentin Tarantino. Che ti premiò tanto per soddisfarti. Povero, Quentin. Con te, Sofia, non gliela può fare manco Loris Batacchi/Andrea Roncato.

Pare, comunque, che Pamela sia stata anche con Donald Trump. Insomma con mezza America. Intesa non come Stati Uniti e basta, bensì geograficamente espansa, figurativamente parlando e lati b inclusi, sino al Messico. Per questo Donald vuol avere potere pure sulle brasiliane e non solo sulle californiane. E sulle spagnole? Diciamocela, Donald è forse il più grande puttaniere della storia.

Infatti, gli edonisti, cioè gli americani medi, lo votarono e ora Donald sta alla White House. Ove, peraltro, Bill Clinton puttaneggiò non poco con Monica Lewinsky. E ho detto tutto. Ecco perché sua moglie, Hilary, perse contro Donald.

Donald, in campagna elettorale, urlò al popolo:

– Chi potrebbe mai prendere sul serio una donna resa cornuta dal Presidente “orale” della stanza ovale?

– Sì, invece chi potrebbe mai prendere sul serio tua moglie, Melania, first lady della minchia, donna dalle marce ovaie, caro Donald da burro e caviale?  – rispose Hilary.

https://www.whosdatedwho.com/dating/pamela-anderson

Personalmente, m’arrangio, gigioneggiando a cazzo mio.

Sì, il mondo è generalmente un troiaio.

Un posto ove la gente cerca di fottersi a vicenda. Anche se qualche uccellino… mi disse che esistano molte vergini vere a Vicenza. Certamente, vergini nere, no.

Non sono razzista, sono realista. Infatti, i bianchi vanno con queste nere e, se non usano i preservativi, avranno dei figli dolci e amari come loro, perbenisti cioccolatini.

E poi basta coi luoghi comuni sulle casalinghe di Voghera. Mia zia di secondo grado, eh già, mise al mondo due figli, i miei cugini di secondo/terzo grado. Posso assicurarvi che, profilattici permettendo, a prescindere o a salire, suo marito, cioè lo zio di mio padre, non permise mai che lei si riducesse a fare la figa di legno in qualche scuola per tonti.

Sì, le donne insegnanti, ovvero le maestrine, sono le peggiori.

Ricollegandomi al discorso da me sopra (de)scrittovi, queste poco di buone assai poco bone, eh sì, vogliono educare i giovani, visto che nessuno oramai le “imbocca” come dio comanda/i. Ah ah.

Detto ciò… In passato, un idiota mi disse che assomigliai a Cochise de I guerrieri della notte. Cioè il “timidone” simpatico in stile pirla da Libero De Rienzo. Sì, a forza di frequentare gli storpi, stavo diventando anche muto, schizofrenico e più scemo delle loro madri. No, non ci fu e non c’è stato nessun cambiamento in me. Io fui, sono e sarò sempre questo. Soltanto che nessuno, dato l’ostracismo bigotto imperante in quest’Italia di ritardati, mi diede la possibilità di estrarre la spada…

Sì, comunque sia, rimango un puro. Ma puro non significa essere cretino, omosessuale come Captain Shakespeare di Stardust (peraltro, io non sono mica omofobo), bamboccione come Rocky prima dell’incontro con Apollo. Non significa neanche essere poco dotato/i.

Dunque, vedete di non farmi più incazzare. Sennò, come gli avversari di Rocky, eh sì, una volta che partirò a picchiare io, vi conviene quanto prima gettare la spugna. Finiamola pure con Ettore Scola. C’eravamo tanto amati? Sì, e ora invece? Vi siete ridotti come le amanti di Leopardi? Ahahah!

Fallo sta, no, fatto sta che non dovete credere a tutte le iperboli che uso. Sono un bugiardo impeccabile come Geoffrey Rush de Il sarto di Panama.

96852307_10216492177599824_1052210152217772032_oStardust Bluray

di Stefano Falotico

In tempi di coronavirus, è tempo di fare i seri e di parlarvi del compianto Rutger Hauer, uno dei più grandi attori del mondo


20 Mar

Rutger+Hauer+Beverly+Hills+Film+Festival+Opening+GCVDFTRVvk_l

https://www.imdb.com/name/nm0000442/

Parte spiritosa, anche spiritata. Oddio, comparve il mio fantasma durante una seduta spiritica da Suspiria…

Sì, incontrai uno psichiatra, uno di questi ingannatori dell’animo umano che spesso usano l’ipnosi per strizzarti il cervello e obbligarti a confessare, sotto sortilegio perpetratoti, falsità abominevoli.

Lui mi chiese:

– Falotico, crede nei fantasmi? Ha scritto pure dei libri sull’argomento.

– No, non vi credo.

– Allora perché, nei suoi libri, parla di fantasmi?

– La gente vi crede. Volli aumentare le vendite.

– Ah, bella battuta.

– Non è una battuta, è la verità. Caro dottore, la gente crede anche ai misteri di Fatima.

– Lei non vi crede?

– L’unica cosa in cui credo, onestamente, è che alla fine di tale seduta avrò 100 Euro in meno.

– Allora perché è venuto da me se doveva economizzare?

– Perché io sono il fantasma cattivo de Il racconto di Natale di Dickens. E lei è un povero taccagno come Scrooge.

 

Uomini e donne non abbiate paura di questo virus temibile che sta schiacciando l’umanità in una vita oscura da pipistrelli silenziosi, acquattati al buio delle loro abitazioni anguste. Soffocati come siamo, in clima di quarantena, da una catastrofe che eviteremo, combattendo indomitamente, superando questo male che, ahinoi, tanta gente uccise, altra sta affliggendo e per cui tanti bambini innocenti, a causa sua, stanno patendo pene dell’inferno.

Il Falò è un faro nella notte che, ribaldo, rifulge sopra ogni dolore e medica ogni ferita del corpo, dell’animo, del cuore e dello spirito santo, se credete da poveri cristi a Cristo, grazie alla forza immaginifica della sua taumaturgica forza metafisica da super uomo a volte sfigato, a volte inculato, soventemente evitato ma giammai evirato.

Mi accusano, ultimamente, di fare troppo il figo. Dunque, gufi più stronzi di quello che occhieggia malevolo, in Blade Runner, nella magione del Dr. Eldon Tyrell, il quale viene accecato da Roy Batty a mo’ di The Punisher/Jon Bernthal, vorrebbero catalizzarmi nelle loro invidie fatte, per l’appunto, di malocchio.

Varie fattucchiere, le quali sinceramente dovrebbero solamente acconciarsi meglio dalla parrucchiera, essendo parruccone, mi lanciano iettature poiché credono di detenere lo scettro della verità, celandosi da fate Morgana dietro una misera laurea in lettere. Che befane! E, non sopportando i miei poteri sensitivi da mago Merlino, vorrebbero pure suggestionarmi nel farmi credere di essere solo un merlo, cioè un cretino.

Estrassi, invero, Excalibur ancora prima di vedere l’omonimo capolavoro di John Boorman poiché, qualche anno prima, gustai La spada nella roccia della Disney ma tali donne infingarde mi diedero la patente di Superfantozzi.

Essendo io un enfant prodige, dunque un bambino “mostruoso”, fui perfino spacciato per Pietro Pacciani.

I miei coetanei mi gridarono che fossi un compagno di merende e che non sarei mai stato bello come Luc Merenda.

Io continuai a mangiare molte merendine mentre loro gustarono la marmellata, cioè la confettura di tante ragazzine che, nel loro futuro orrifico, avrebbero partorito immonde fatture poco fini e fighe. Sì, queste donne strafatte, oltre ad essere state delle streghe da adolescenti presto da qualche burino sverginate, si diplomarono a Ragioneria e si sistemarono subito. Rifilando a tutti delle pesanti bollette da pagare.

Meglio così, meglio essere bollato dapprincipio. Dio mi fulmini se m’innamorerò di tali bollite.

Tanto sanno solo tatuarsi, fingere di essere trasgressive, recitando la parte di fighe di legno un po’ dark, ché fa sempre donna misteriosa di ‘sto par de palle, ascoltando le peggiori lagne di Vasco Rossi.

Vogliono da ogni uomo la sua besciamella ma ho sempre preferito che non tutte le ciambelle, anche Clarabelle, vengano nel/col buco.

Sì, le donne hanno due buchi diametralmente opposti sotto la zona pelvica. Ma quale American Pie!

Di mio, persevero a vivere nell’inquietudine esistenziale del mio filosofeggiare con carisma magnetico da Rutger Hauer.

Fregandomene di ogni vescovo da Ladyhawke e di coloro che, gelosi della mia forza penetrativa dello sguardo che non deve chiedere mai, mi dicono che io facci, no, faccia loro tristezza.

Ah, per forza. Loro fanno ribrezzo. Stanno perennemente ad elemosinare amicizie false poiché si sentono soli e inscenano parti da disgraziati pur di trovare l’altra metà della mela, cioè una donna più marcia di loro che dolcifichi i loro fichi secchi.

Allora, chiariamoci subito, fringuelli. Molte donne sono ipocrite, va detto ancora e ribadito con stoica impavidità.

Leopardi scrisse… paventò la morte chi la vita abborria.

Di mio, rendendo transitivo a tiramento di culo il verbo paventare, scrivo… donne, cos’è tutto questo paventarsi di semplici avance che dichiarano la schiettezza di un uomo che forse mai lesse Cesare Pavese ma vuole con voi usare il Pavesino?

Siete forse delle bigotte moraliste figlie di qualche oscurantistico e superstizioso paesino?

Forza, campagnole. Venghino, direbbe Fantozzi, no, vengano a me le romagnole e anche le spagnole.

 

Va be’, facciamo veramente i seri. S’è fatta sera e quella ragazza, un tempo invece così spensieratamente allegra, ora è troppo seria

Di mio, per molto tempo fui serioso. Anzi, non fui un cazzo. Infatti, fui talmente invisibile che, paradossalmente, molte ragazze mi dissero che fossi un cazzone. Come poterono, anzi potessero constatare questa cazzata non lo so. Bisogna toccare con mano per sincerarsi dell’accrescitivo… Ora qui scrivo anche ma però. Ché si può dire poiché è rafforzativo. Scrivo anche… ah però, che pere poiché è vero.

L’attrice Elizabeth Olsen ha un viso da Lolita ma, in quanto a seno, ti fa arrivare subito alla frutta perché è meglio che tu sbucci un kiwi. Tanto sta ad Hollywood e non potrai offrirle la tua banana.

Leccati un tiramisù e non farti una pera per colpa della delusione.

Insomma, non fare il minchione.

 

Finalmente siamo arrivati al rutto, no, a Rutger

Esplichiamo il vero senza girarci attorno.

Nell’ultimo anno della mia vita da leggenda del santo bevitore, incontrai molti ubriaconi che pensarono di essere saggi e invece sono solo pazzi.

Sì, molte persone fanno ridere i polli. Cioè loro stessi. Poiché incapaci di confessare, dinanzi al proprio specchio, la limitatezza delle loro stesse ambizioni facete e ridicole, pagliaccesche.

Davanti alla loro immagine riflessa, scappano pure le stregone di Benevento!

Al che, abbiamo il trentacinquenne mantenuto dall’assistenza sociale poiché, essendo un fuggitivo della/dalla realtà, cioè un coniglio mai visto, nemmeno da ragazze che gli danno del cazzone, precocemente incassa i soldi della pensione. Poiché, accortosi dopo la maggiore età di non essere capace di far fronte alle asperità della vita adulta con tutte le sue annesse e connesse difficoltà, fa la parte del malato di mente. Dunque, in passato, si recò a un centro di salute mentale. E, per compassione, una psichiatra probabilmente più imbecille di lui, gli firmò un documento attestante la sua patologia da ipocondriaco incurabile.

Fin qua l’handicappato ci sta. Contento lui…

Peccato che vada in giro a pagare le Escort. Sì, quando gli tira, non è più invalido.

Inoltre, continua a dichiararsi poeta e musicista, fumettista perfino.

Spiace essere cinici o forse solo obiettivi. Costui obietta contro chi, in maniera oggettiva, lo ridimensiona.

Presentandogli il conto da pagare nella realtà quotidiana priva d’ogni fantasia da du’ soldi del mensile assegno statale.

In verità vi dico che dovrebbe ammettere che non ce la fece, non ce la fa e, al massimo, la sua vita è andata a zoccole.

Sì, a volte va con delle puttane niente male. Sì, fisicamente sono anche avvenenti. Nel cervello sono combinate peggio di lui. Sennò, a costo di morire di fame, non accetterebbero mai di fare sesso con uno che non vuole bene nemmeno a sé stesso.

Sì, in questi anni litigai con un sacco di gente.

Nel 2011, andai al cinema The Space Cinema di Bologna a vedere Il rito con Anthony Hopkins nella parte di Padre Lucas Trevant e Rutger Hauer nella parte di Istvan Kovak.

Fui accompagnato da un mio amico dell’epoca. Anzi, fui io ad accompagnare lui. Ora vi spiego perché.

Gli telefonai:

– Che ne pensi di andare a vedere questo film? – gli domandai io.

– Di che parla?

– I film non parlano. Comunque, è incentrato sull’esorcismo.

– Davvero? Grandioso. Sì, andiamo a vederlo.

 

Già scrissi qualcosa di simile, tempo addietro. Ecco, numerose volte mi recai a casa di questo qui. Spesso si sintonizzava sui programmi, a tarda sera, di Rai Tre. Molti di essi, vista l’ora proibitiva, parlavano… degli esorcismi di Padre Amorth. Peraltro, ora morto.

Quindi, gli chiesi:

– Sono curioso. Potresti gentilmente farmi leggere la diagnosi effettuatati dalla tua psichiatra?

– Ah, ma sono cazzate. Comunque, eccola qua. Non credere però a quello che v’è scritto.

– Bene bene. Qui c’è scritto… disturbo maniacale religioso, sintomatico di una depressione iniziata verso i vent’anni, aggravatasi in seguito al divorzio dei tuoi genitori. Sublimata in un fanatismo che, in maniera incosciente e autocompiaciuta, venera e idolatra la sua parte spirituale poiché non è sviluppata l’area cerebrale. Il soggetto, castano, virginale e dunque casto, non ha mai scopato e, a mo’ di compensazione-compenetrazione psicologica, ha somatizzato, nel suo essere somaro a livello sessuale condiviso, il suo essere a sé stesso in viso.

Sai, amico? Credo che la diagnosi sia esatta e che tu non abbia capito un cazzo del film con Hopkins e Hauer?

– Perché mai?

– Semplicemente perché lo leggesti e interpretasti a immagine e somiglianza, cioè in forma solipsistica, della tua turba mentale. E delle tue mancanze sociali e interpersonali.

– Ne sei sicuro?

– Sì.

– Perciò che dovrei fare per curarmi? I farmaci, a quanto pare, non bastano. Devo sottopormi a un esorcismo?

 

C.v.d., ovvero come volevasi dimostrare… costui, oltre a essere inconsapevole della sua malattia, non va neanche compatito. Poiché non è pazzo e non è neppure ritardato. Non è demente, nel senso di persona affetta da demenza, è solo scemo.

Edward James Olmos/Gaff, nel prefinale di Blade Runner, dice testualmente a Rick Deckard/Harrison Ford:

– Hai fatto un gran lavoro, signore. Ora hai finito, eh? Peccato però che lei non vivrà.

 

In originale è it’s too bad she won’t live. Dice dunque esattamente she.

Come sapete, il lei in inglese non esiste. Si usa sempre you anche in caso di terza persona maschile. Quindi Gaff fa riferimento a Rachael/Sean Young?

Guardate il final cut del film e poi ne riparliamo. Com’è che dei film e delle persone non capite mai nulla?

Ah, di me che posso dirvi? Sogno spesso non un unicorno, bensì me cornuto.

Avrei bisogno di un esorcista poiché sono il diavolo?

Oppure qualcuno m’impiantò non dei ricordi artificiali bensì due corna nei suoi sogni sulla mia persona?

E su quest’altro colpo di genio e, ovviamente, presa per il culo a ogni idiota che delira sul mio conto, vi lascio. Tanto siamo in “quarantena”.

State già impazzendo. Senza le vostre ruffianerie e i vostri sabati sera a far casino, cazzo, non gliela fate.

Siete dei nani. Vi capisco.

Avete sempre bisogno d’incularvi a vicenda.

Leggete di più, tonti.

Questo è un pezzo che usa vari tempi a genius mio, participio remoto e passato, presente, imperfetto sicuramente meno di te.

 

di Stefano Falotico

Il Falò, l’unico uomo che riesce a essere sia Tom Cruise che Dustin Hoffman di Rain Man, vedere per (non) credere: – Adesso abbiamo pure Rapide di Mahmood e Ultimo con Tutto questo sei tu…


31 Jan

rain man dustin hoffman

EXCALIBUR, Nigel Terry, 1981, (c) Orion

EXCALIBUR, Nigel Terry, 1981, (c) Orion

ultimo dei mohicani

…mentre nei cinema impazza ancora Zalone con tutti i suoi servili zoticoni, povera Italia da Mino Reitano, meglio Daniele Pino e Gaetano Rino.

Basta col servilismo, anche coi fanatici di Toni Servillo. Meglio Totò. Sapeva che la serva serve! Ah ah.

Sì, l’Italia non cambierà mai. Povero anche me che m’illusi di poter cambiare. Ancora rigettandomi a capofitto nella mischia. Ma incontrai donne volgari che scambiano il muschio del presepio con quello della loro grotta di Betlemme ove l’uomo marpione, non tanto lemme lemme, penetra di soppiatto, ansimando come un asinello da vero bue, il toro nostrano che, falsamente, celebra da fake santino le donne angelicate come la Vergine Maria, recitando la parte da San Giuseppe castissimo quando in verità vi dico che ama Oro, incenso e birra di Zucchero. Ah ah.

L’uomo italicus è un repellente, gretto homo eroticus alla Lando Buzzanca. Appunto, un cavernicolo troglodita che cela le sue voglie sessualmente più primitive dietro un sorriso da Gesù bambino.

Oh, signur’, oh mio dio che blasfemia! No, è il Ver(b)o fariseo di questo Belpaese di Re Magi ove tutti si professano buoni, elargitori di doni ma, sinceramente, sono tutti troioni.

Meglio me, bella statuina del presepe come il dormiglione che sonnecchia, vive in dormiveglia e, con l’occhio vigile nei momenti più lucidi, vaglia e poi, alle limonate, preferisce essere una sogliola.

No, non sono razzista e salviniano, non ce l’ho con gli extracomunitari anche perché io stesso sono un Clandestino come Manu Chao. Sono un cane tenero e mansueto come il Chow-Chow e, a Bella Ciao, canzone ipocrita dei partigiani, preferisco il Partigiano Reggiano. Non mi piace più il Calcio, odio il cacio sui maccheroni e l’inglese maccheronico di quest’Italia ove tutti, dopo aver sfogliato solamente una volta il libro The Grammar You Need, sotto le loro foto su Instagram, avvalendosi del traduttore di Google, scrivono cose così…

Il testo in italiano è una simpatica filastrocca dedicata a chissà quale bramata gnocca:

Mi ami ma quanto mi ami? Ti amai, ti amo e ti amerò e sempre così sarà il mio amore per te, moretta, durevole in qualcosa di più che amorevole.

Tradotto con… Do you love me but how much do you love me? I loved you, I love you and I will love you and always will be my love for you, brunette, lasting in something more than loving.

Ora, il gioco di assonanze del testo in italiano, nella traduzione, va bruttamente a farsi fottere, moretta diventa brunette e forse il politico Brunetta, a differenza di quello che si possa credere, ha molto da spartire con Nanni Moretti.

Entrambi infatti sono degli esaltati e Vittorio Sgarbi, fra loro due apparentemente agli antipodi, da cui i poli opposti si attraggono, fa da paciere urlatore con Aldo Busi che se la sghignazza, celebrando il cazzo duro da anti-leghista che un tempo fu solo fancazzista s(i)curo.

No, non sono razzista e il cantante Mahmood mi sta simpatico. Sembra la versione giovanissima, non ancora incattivita di Wes Studi de L’ultimo dei Mohicani.

La sua canzone Rapide è bella, indubbiamente. Ma, in alcuni momenti, Mahmood carica troppo, esagera coi vocalizzi lamentosi, mugola più del dovuto. E sembra pure Madeleine Stowe che, sotto le cascate, lo prende in culo, alla(r)gata, dal macho Daniel Day-Lewis.

Comunque, Mahmood è promosso.

Quello che non promuoviamo affatto è invece Ultimo (nomen omen, eh eh) con la patetica Tutto questo sei tu.

Una lagna interminabile ove, nel videoclip, tale borghese col pullover, cazzo, gigioneggia fra le pareti domestiche di una casa arredata con Ikea da spot del Mulino Bianco assieme a una donna che certamente amerà Maria De Filippi e Il segreto.

Lei, fra un inzuppare la brioche al mattino e il maritino che non le bagna oramai più il maritozzo con la panna montata nella zona bollente da caffè macchiato caldo, di notte scrive su WhatsApp ai mille amanti raccattati su Facebook che, annoiati e insonni come tale mentecatta frust(r)ata, elemosinano figa matura per tirarsela… da duri fottuti e, diciamocela, completamente andati.

Veramente, di questo posto di leccaculo non ne possiamo più. Abbiamo sempre Caterina Balivo, la pseudo attrice Sara Ricci che, invero, è solo una mannequin dalle belle cosce, belle quasi quanto quelle di Tiziana Panella. Ah Sara, non quella di Pino Silvestre, no, non Tiziana, cioè Titti di Gatto Silvestro, no, quella del Daniele Pino, la Ricci, il naso arricciando e ancora scopando come una ciccia, no, riccia, sventolandola, si vanta di essere stata bombata dall’ex Tom Cruise di no’ a(l)tri, Convertini Beppe.

Di mio, imito Tom Cruise, uno dei primi fautori del cul(to) delle milf. Tant’è che stette con la regina delle super tette, Mimi Rogers.

Ma, a essere onesti, me ne fotto bellamente. E, fra poche ore, mi giungerà a casa il Blu-ray di Joker.

Quindi, vedete di non scassare il cazzo e lasciatemi fare il “matto” a briglia sciolta. Basta con questa retorica al miele e con questi cantanti da strapazzo. Evviva invece il grande Pino Daniele e ovviamente Rino! Canzoni, le loro, semplici, sincere, melodiose, struggenti, quietamente malinconiche, canzoni schiettamente poetiche. Canzoni nient’affatto da due lire, bensì liriche! Oniriche! In una parola, stupende.

Ricordate: quando Arthur Fleck comincia a ballare, è uno spettacolo impressionante.

Il 9 Febbraio, Joaquin Phoenix vincerà l’Oscar. Poiché, giustamente, vede Leo DiCaprio e gli dice:

– Sono più bravo io. Prenditi il ciuccio e ciucciamelo.

 

Che vi piaccia o no, è così. E, che vi piaccia o meno, voglio fare il piacione. Se volete tagliarmelo, vi castro subito. Sì, molta gente pensa che io sia più pazzo di Linda Hamilton di Terminator 2. Infatti, non fu pazza manco per il cazzo. Altri, credono che sia Linda Hunt.

Uomini alla Mastro Lindo, cioè come Schwarzenegger, pensano che io via vada, nel cervello piccolo, ripulito. Alcune donne invece pensano che, piacevolmente, farebbero il bagno con me in maniera sporca. Sì, oggi per radio sentii una che disse che Otello soffrì di gelosia e invidia. Invero, quello fu Iago.

Ah, Iago proprio, come si suol dire, non mi soffre e regge, quindi, geloso a morte, ora per l’appunto soffre non tanto in modo soffice. Iago, anche se tu torni in splendida forma, continua a mettere il dito nella piaga e ti contesta anche la piega del cavallo dei pantaloni poiché è come una cavalletta. Non gli va giù che stai su, sempre più su e soprattutto, anche sotto di lei, sempre più lì, tutto ove è lilla, e non gli va a geniuspop che possiedi un colorito roseo, che non sei calvo e superasti brillantemente ogni calvario, che forte ora potresti veramente spaccargli la faccia oppure perdonarlo e offrirgli pure una focaccia.

Ficcandogliela in bocca. Con tanto di Boccaccio, no, di boccacce. Insomma, questo Iago calunniò ma è oramai incontrovertibile e non velabile che abbia rimediato una storica figuraccia.

Dicasi, la mia, una strepitosa, imbattibile faccia da schiaffi. Ora a Iago porgiamo un fazzoletto e uno strofinaccio ma qui, orsù, vi lascio perché, dopo essere stato emarginato, ora sono rimarginato e, fottutamente, Iago è rimasto con un palmo di naso, detta come va detta, inculato.

Questo si chiama (s)fortunato, culo sfacciato.

In completa sincerità, la mia vita va e domani la mia sfiga finisce, domani riparte e sarà, impeccabilmente, una trombata, un’inchiappettata.

Gli amici ti tradiscono e te lo ficcano là metaforicamente. Sono peggio le donne. Donne poi… a me paiono semplicemente delle oche. Ah ah. Loro, in entrambi i fori, lasciano che colui che ti cornifica, eh sì, in maniera orale faccia sì che esse sprigionino tutta l’arte oratoria in grida ecumeniche. Sì, gridano come delle indemoniate, pure il Papa le sente. Ah ah.

Ora, in questo pube, no, in questo pub, lasciatemi mangiare il mio hamburger e condite voi con della salsa queste patate fritte, cioè queste ballerine d’avanspettacolo.

Di mio, sono Arthur Fleck, dunque Re Artù. E non vado più giù. Oramai estrassi la spada nella roccia

So che Ginevra, stanotte, userà l’Excalibur di Lancillotto.

Ma è una mignotta e sapete che vi dico? Meglio mangiarsi una pagnotta.83297234_10215594725324078_8588912853640019968_o 84458979_10215595416941368_7637463372920782848_o

di Stefano Falotico

 

vanilla sky

Che fine ha fatto Filippo Timi? Ha finito un film con Greenaway? E invece il Falò ha fatto la fine del “bel Renè?”. No, non credo proprio, sentite, leggete e guardate per credere


24 Nov

doppia ora filippo timi

quando la notte timi pandolfitimi vallanzascaSì, quando divenne piuttosto famoso, anni fa, io all’unisono ne divenni un suo fan.

Sto parlando di Filippo Timi.

A mio avviso, uno degli attori migliori della sua generazione. Purtroppo, ahinoi, un po’ smarritosi ultimamente e riciclatosi, con esiti non del tutto entusiasmanti, nella serie I delitti del BarLume.

Scrutandolo attentamente, ravvisai immediatamente delle forti somiglianze fra lui e Al Pacino. Un Pacino con picchi devastanti da Gian Maria Volontè della situazione.

Il suo ruolo più famoso, a tutt’oggi, è quello di Benito Mussolini in Vincere di Marco Bellocchio.

Mi ricordo che, in quel periodo, mi trovai nella stessa situazione di Giovanna Mezzogiorno del film appena citatovi e anche praticamente “mezzo” andato come Filippo Timi stesso nel finale di tale pellicola. Nel ruolo di Benito Albino, cioè praticamente Arthur Fleck/Joker.

Come no? Se è vero com’è vero, come diceva Tonino Di Pietro, che Thomas Wayne, personaggio da Tangentopoli, non riconobbe la paternità di Arthur, sbattendo la madre in manicomio, è altresì incurabile, no, inconfutabile, stando al film di Bellocchio e agli atti, diciamo, storico-notarili della storia italiana, che sia nella vita reale che nella finzione, eh sì, Ida Dalser ebbe un figlio da Mussolini ma, essendo lei una disgraziata come Frances Conroy, una volta che Benito salì al potere, vergognandosi costui di affermare che ebbe una relazione più che platonica, invero molto carnale con Ida, tanto da figliare, dopo averla sbattuta a letto, la ficcò in quei posti orribili fortunatamente smantellati dalla legge Basaglia. Insomma, le mise il bavaglio e le appose la museruola, trattandola da cagna.

In realtà, i manicomi esistono ancora. Così come pullulano dappertutto le cliniche psichiatriche e i centri ove detengono, a mo’ di lager nazi-fascista, le persone reputate matte o forse solamente non tanto adatte…

Persone che non canteranno mai il celeberrimo ritornello di Gianni Morandi, fatti mandare dalla mamma a prendere il latte, poiché costoro adorano Essi vivono e non concepiscono l’ipocrisia del mondo e del porcile. Dunque, spesso se ne ribellano e la società vuole, in modo fariseo, privarli perfino della loro bellezza interiore. Scarnificandoli e costringendoli ad accettare un mondo ove le milf pornoattrici guadagnano più soldi dello stesso chirurgo plastico che rifà i loro seni e, semmai, fra un bisturi e l’altro, pure se le fa senza nemmeno palparle, no, pagarle.

Io non sono un moralista e ammetto, con sincera impudicizia, che Marco Bellocchio generalizzò parecchio con L’ora di religione poiché già ai tempi di catechismo, eh sì, io sapevo che Moana Pozzi se la faceva addirittura con Spadolini.

Dunque, qui in Italia andò sempre forte la Democrazia Cristiana, s’inneggiò ai partigiani e ai repubblicani ma in verità vi dico che anche oggi tutti quelli che stanno al governo sono delle gran puttane.

Ecco, se Filippo Timi, ragazzo che nell’adolescenza soffrì di atimia, erroneamente scambiata per timidezza, non avesse curato la sua balbuzie, dandosi con successo all’arte attoriale, insomma elevandosi un po’ dal troiaio generale, si sarebbe dato con tutta probabilità, come si suol dire, a una racchia? No, alla macchia.

Facendo l’eremita-saggio della montagna come in Quando la notte.

Peraltro, scelta di vita nient’affatto disprezzabile.

Lì, infatti incontrò una mula, una vacca come Claudia Pandolfi e ne fu allattato, no, allettato. Insomma, lui e lei finirono a letto e nel suddetto film vediamo Filippo che, dopo essersela sudata duramente, fa con lei dello spinto sesso sudato come Edoardo Gabriellini di Ovosodo.

Sì, adesso Claudia è un po’ imbruttita ma vecchia gallina fa buon brodo…

O forse Filippo si sarebbe dato al disturbo di personalità di natura borderlineLa doppia ora docet.

Pellicola di Giuseppe Capotondi ove Filippo, a prima vista, sembra un tonto ma invece anche qui scopa come un porco.

Invero, solo incula la Rappoport. Eppur non mi ricordo… è lei che, alla fine, fotte lui o è lui che glielo dà in quel posto in senso metaforico?

Ah, devo fare chiarezza su tutta questa (s)porca vicenda. Come vi dissi, ero confuso a quei tempi.

Comunque, Filippo era uguale ad Al Pacino di Seduzione pericolosa. Ah ah.

In Come Dio comanda, invece, Filippo è uno stronzo con un figlio problematico. Mentre suo figlio è soffocato dagli assistenti sociali, Filippo fa l’educatore, diciamo, sociale a quelle che gliela danno in maniera solidale. Forse delle commesse di qualche cooperativa…

Però poi si ravvede dopo aver visto tutte quelle della sua città.

In Vallanzasca – Gli angeli del male, interpreta la parte di Enzo, uno dei migliori amici di Renato/Kim Rossi Stuart.

Stavolta però è Kim a fare sesso senza vergogna né pudore con Valeria Solarino.

Valeria stava con Giovanni Veronesi (ci sta ancora? Mah), il regista della saga-sega Manuale d’amore.

Valeria, prima di girare la scena di sesso con Kim, chiese a Giovanni:

– Kim e io saremo nudi a letto. Per te, fa lo stesso?

– Sì, anche perché io troverò, per quell’ora tua di riprese, una bagascia come Laura Chiatti.

 

Ah, potrei raccontarvene tante, amici.

Ci fu un tempo in cui m’innamorai anche di una che amava Riccardo Scamarcio. Adesso capite perché finii sbattuto…

Mi ricordo che, quando fui ricoverato, mi trovai in stanza con un ragazzo molto simpatico. Lui mi confidò che era depresso da morire. E che, neanche a farlo apposta, nella stessa clinica in cui io e lui risiedemmo, diciamo “alloggiammo”, era entrata, diciamo pure internata, una ragazza sua amica.

In piena notte, mi disse:

– Stefano, vado da lei. Mi sento troppo giù. Spero che lei mi tiri su…

– Non mi avevi detto che tu e lei siete solo amici?

– Sì, ma anche lei è a pecora. Infatti, si trova qua. Sta assumendo molti farmaci. Quindi non capisce un cazzo. Colgo l’occasione al volo per conoscerla meglio.

Le offrirò qualcosa di dolce.

– Cosa? Il tiramisù, la camomilla o il Valium?

– Dai, su, quello che sai tu.

– Mi hai detto che lei ama Marco Mengoni. Va matta per la canzone Guerriero.

Mi raccomando, è una donna. Sii almeno con lei un cavaliere, non fare il minchione.

– Sarà fatto. Soprattutto, sarà fatta.

 

Ebbene, anzi malissimo…

Dopo 5 minuti, lui tornò in camera e io:

– Hai avuto un’eiaculazione precoce?

– No, lei era già impegnata, oserei dire impregnata in bagno con lo psichiatra che le stava facendo l’iniezione assieme all’infermiere.

– Ah, capisco. Non ci pensare. Stavo leggendo un libro di Banana Yoshimoto e gustando una pesca. Se vuoi, per consolarti, dopo guardiamo assieme Arancia meccanica.

– No, l’ho già visto. Riguardiamo semmai Shining.

– Va bene. Ora, posso fumare?

– Lo sai che non si può fumare in stanza.

– Hai ragione.

– Comunque, Stefano, non smettere mai di fumare. Ti è venuta una voce roca come quella di Filippo Timi, sai?

Hai mai pensato che potresti fare il doppiatore?

– Ma sai che ho sempre pensato di essere Arthur Fleck e invece potrei essere Re Artù?

D’altronde dovremmo recuperare, nella società cinica, anaffettiva e barbarica di oggi, il grande Cinema di John Boorman. Io adoro Excalibur poiché sono figlio della luna…

di Stefano Falotico

JOKER & la Critica snob


12 Sep

excalibur jokercritica joker

Ebbene, dopo tempo immemorabile, ho comprato di nuovo la nostra rivista FilmTv.

Su suggerimento di un mio amico, mi sono precipitato in edicola.

Gli ultimi numeri da me comprati son stati quelli riguardanti gli speciali dedicati all’immane John Carpenter.

Essendo io l’autore del libro John Carpenter – Prince of Darkness, non posso esimermi dall’essere inevitabilmente attratto da tutto ciò che riguarda il maestro. Compresa, ovviamente, la super-deluxe edizione di uno dei suoi massimi capolavori, rieditata in fastoso Blu-ray di prossima uscita. Vale a dire il 31 Ottobre. Che ve lo dico a fare? La notte di Halloween.

Sebbene, debbo esservi sincero, questa festa pagana, da noi importata abusivamente, essendo noi figli della cultura ellenica-saracena limitrofa a quella mitteleuropea, non appartiene al nostro background e m’ha sempre puzzato di esterofilia peggiore di quella di Alberto Sordi di Un americano a Roma.

Ora, vi domanderete voi, che c’entra Joker con questa colorita prefazione? È stato un preambolo che, a prima vista, parrebbe poco in linea col discorso che qui, in totale umiltà, m’appresto a stilarvi, distillarvi, oserei dire a impartirvi. Che vi sia di monito come il severo cartellino giallo di un arbitro. Ché, mettendo freno alle vostre alzate di testa, ai vostri giochi più che balistici, sì, da ballisti, possa avvisarvi e avvertirvi se ancora, a causa della vostra fallacità, ah ah, commetterete sbagli clamorosi. Amputando film più potenti del sinistro del grande Bonimba, ovvero Boninsegna.

Film imprendibili che cerca(s)te di parare. Dunque stroncare! Ma, con le vostre critiche lentissime, imbarazzanti, appari(s)te soltanto più rincoglioniti di quel buffone di Gigi Buffon. Uno che oramai ha la schiena a pezzi ma non se la sente di ritirarsi. Poiché, se lo fotografano assieme alla sua iper-scosciata Ilaria, deve ottemperare al ritratto del maschio di sana e robusta, fisica costituzione. Deve cioè apparire sempre figo poiché lei è figa. Capisc’?

Dunque, non vuole mollare la presa anche se non ne prende più una. Fu un portiere magnifico, grazie alle sue parate vincemmo il mondiale del 2006. Ma dovrebbe guardarsi adesso allo specchio e ammettere che i suoi riflessi non sono più quelli di una volta.

Inutile tirarsela… da maschione quando sei al massimo, oggigiorno, pur sempre un marcantonio ma anche un bel coglione.

Gigi, lascia perdere. Hai fatto il tuo tempo. Dedicati a una carriera da commentatore e da opinionista. Poiché, ora come ora, come portiere sei molto discutibile. E combini papere a tutt’andare.

Ecco, tale metafora lungamente calcistica voglio qui applicare a quei critici un po’ superati che, sul nuovo numero del cartaceo di FilmTv, con enorme, scandalosa supponenza liquidarono il capolavoro di Todd Phillips, appioppandogli voti alquanto bassini. Figli soltanto della loro mentalità assai retriva, per non dire leggermente cretina.

Non me ne vogliate. La mia stima nei vostri confronti non muta. Come cantava De Gregori, non è da un calcio di rigore che si giudica un giocatore, come sostenuto da Checco Zalone nei riguardi di quel matto di Cassano, invece, non è da uno sputo all’arbitro che si giudica se sei un signore. Ah ah.

Sì, Giulio, Giona e Luca, siete qui sul banco degli imputati. Si scherza, eh. Non arrabbiatevi mica.

Poiché voi, impuntandovi sul Cinema d’una volta, con i vostri voti assegnati a Joker, senz’offesa, in questa settimana vi siete un tantino sputtanati.

Voi assai celermente rifilate sgambetti scriteriati al Cinema forse troppo veloce, troppo avanti rispetto ai vostri difensivismi da coloro che, barricatisi nell’esegetica cinematografica passatista, adottano puntualmente il catenaccio più oltranzista, intollerante e, per l’appunto, troppo moderato ed equilibrista.

Stando appunto sulla difensiva, non esaltandovi più di tanto, anzi per niente, dinanzi a film che, spiazzando le vostre certezze, v’hanno colto in contropiede, mandandovi in fuorigioco.

Qui, io v’ammonisco affinché possiate seriamente meditare sul vostro sensazionale errore e tornare sui vostri passi.

Giona, dico a te, sei un critico di risma bravissimo ma, stavolta, ti sei approcciato a Joker con troppa imperdonabile superficialità. La tua erudizione non t’ha salvato dalla mia simpatica punizione. Hai peccato, insomma, di tua esaltata vanità in tal caso da trombone.

No, il tuo misero 5 manco per il cazzo ci sta. Che film hai visto? Poi, concludi la tua breve disamina, il tuo sintetico trafiletto, dicendo che è meglio Endgame.

Eh no, qui hai trollato di brutto, Giona, hai toppato.

Luca e Giulio, invece, ora dico a voi. Acclama(s)te Ad Astra, stronzata galattica, in quanto siete fidi scudieri di James Gray e mi sottovaluta(s)te con tal vostro prosopopeico fare fanfarone quest’opera immensa di Phillips?

Eh già, mi sa che dovete cambiare prospettiva. E vi dirò anche altro. Dove vsionaste questo film?

Al Festival di Venezia? Mah, a me viene il dubbio che, piratato, lo trafugaste da uno dei produttori della Warner Bros e l’abbiate perciò guardato su un televisore a dodici pollici in b/n degli anni sessanta, prima appunto dell’avvento della New Hollywood.

Se andate alla Comet, vi tirano dietro un tv al plasma della Philips. Con una sola L. Con 50 Euro in più, prendete comunque quello della Sony, è meglio. Fidatevi.

Ah ah.

Ma io vi perdono e qua vi dono l’assoluzione. Per questa volta, vi do da recitare cinquanta Ave Maria e tre Pater Noster più una sberla da Don Camillo.

Alla prossima, non passa. Non transigerò.

Parola di Arthur Fleck.

Un uomo che conosce il Cinema, la vita, anche la figa migliore poiché ne passò così tante che ora se ne fotte altamente.

Sì, ne vidi di tutti i colori. Ebbi sfortune tragicomiche ma sono ancora sveglio, in palla per sapere che Joker è veramente un capolavoro e Zazie Beetz una gnocca mai vista di colore. Zazie colora le notti più cupe, malinconiche e tenebrose grazie al delizioso, eccitante tocco del suo caliente, profumato splendore.

Dio mio, tenetemi fermo. Ah ah. Le voglio saltare addosso, non si può vedere da quando è figa.

Se mi venite a dire che non è così, vi siete rimbambiti come Murray Franklin/De Niro.

Eh già. Usiamo il passato remoto!

Chi vide Joker in anteprima mondiale a Venezia seppe che Arthur Fleck/Phoenix, dopo una vita in cui lo prese platealmente in culo, trovò il coraggio di ribellarsi con furia ai tre manigoldi stronzissimi e bulli in metropolitana.

Quindi, assalito da una forza miracolosa, si precipitò ad abbracciare la sua bellissima Zazie/Sophie Dumond. Non oso pensare a cosa successe, in quella sua notte da ingordo lupo scatenato, fra lui e Zazie.

Un amplesso più devastante della bomba di Hiroshima. Chiamalo scemo… ah ah.

Da quell’orgasmo rinascente, Arthur divenne come Re Artù.

Artù fu il re, Joker è il Principe.

E ora per nessuno ce n’è.

Al momento, nella mia vita affettiva, sentimentale, forse pure sessuale… qualcuna c’è. Una o due o tre? Chissà.

Ma ancora lei, la prescelta, non ha estratto la mia spada dalla roccia.

Vediamo se ce la farà…

Quanto devo aspettare? Sto impazzendo.

Ah ah.

 

Morale della fav(ol)a: Arthur, dopo quella notte, superò ogni sua lentezza, venendo… no, divenendo impetuoso e uno straordinario buffone irresistibile mentre Gigi Buffon, nonostante da anni scopi Ilaria D’Amico, diventa sempre più tristo e polentone.

 

di Stefano Falotico

Parla il Joker: il mio problema è sempre stato Excalibur di John Boorman e sua figlia Katrine


23 Nov

De Niro c900939267abe2bea33f9c00cf006df7

Sì, Travis Bickle/De Niro in Taxi Driver proietta sul candidato alle presidenziali Palantine tutte le sue rivalse verso la società. Una società che in verità non l’ha escluso, è stato lui a estromettersene. Perché così gli tirava. Gli tira per Cybill Shepherd ma poi fa il buon pastore, dopo averla portata a vedere un porno. Un bel tipo, davvero, un topo straordinario. Un essere che vive nei sotterranei delle sue ansie, respira la notte e dimagrisce a vista d’occhio. Catalizzando il suo malessere nel covo del pappone Keitel.

Io invece, dopo lunghe e inesauste riflessioni, addebito a Katrine Boorman di Excalibur l’inizio di ogni mio incurabile turbamento sessuale.

Era un pomeriggio assolato di millenni or sono, quando la mia vita giaceva ancora nell’infantile spensieratezza. Al che, mi ricordo che amavo molto La spada nella roccia. Lo confidai a mio zio. Che mi disse:

– Ragazzo, è ora di crescere. Devi guardare la versione più matura del mito di Artù.

 

Cosicché, mio zio andò a pescare la VHS di Excalibur, persa nel mare delle sue cianfrusaglie. E continuò col predicozzo:

– Ah, all’Istituto Tecnico per periti industriali io non perii nei calcoli trigonometrici ma vivificavo la mia fantasia, leggendo Materia di Bretagna. Sì, quei bei romanzoni bretoni che poi, una volta che sarei morto, avrebbero preso a modello per Il trono di spade. Un giorno lassù, dall’alto dei cieli, quando iddio mi avrà perdonato per aver lasciato mia moglie e mio figlio (cioè mio cugino), mi gusterò questi cappa e spada, assolto da ogni mio infimo e turpe peccato. Brindando di baccanali e festini pagani come Uther Pendragon e il Duca. Intanto, mi bevo la Sambuca!

Sì, ora Stefano ti mostro una scena che sarà d’iniziazione propiziatoria, forse anche masturbatoria, per la tua pubertà in erba. Lo so, lo vedo dal tuo viso un po’ brufoloso, scalpiti per conoscere ciò che c’è oltre le favole della Disney.

Allora ti mostrerò la fava di Gabriel Byrne, coperta dall’armatura che, grazie al bieco sortilegio di Merlino, si conficcò violenta in quella figa stupenda d’Igrayne. Che ficcata! Che figata!

– Ehi zio, che cazzo stai facendo? Non sono pronto per queste porcate.

– Lo sei eccome. Beccati questa scena. Stai vedendo? Ecco che Gabriel Byrne entra di soppiatto nell’antro del Duca e, mentre il Duca vien conficcato, appunto, dai nemici in guerra, Byrne lo ficca alla sua bella, grufolando maialescamente in modo ignominioso… vieni Igrayne, argh, argh.

– Zio, questo mi sembra un porno camuffato da film d’autore storico-fiabesco. Ma, soprattutto, perché Uther voleva che Igrayne venisse subito? Non è meglio tardare il più possibile l’orgasmo?

– E che ne sai tu dei porno? E degli orgasmi?

– Io sono Morgana.

 

Ecco, dopo questa stronzata, sì, credo comunque che quella scena così spudoratamente abietta nei confronti della povera Katrine, usata a mo’ di statuina stuprata, una scena girata da suo padre (!) John, altro che Dario Argento e sua figlia Asia, mi abbia sconvolto a livello inconscio. Non era ancora l’età giusta per saper che un uomo infingardo e malevolo potesse incunearsi nelle cosce di una donna tanto angelica con far spregevole e irruentemente spingente.

Ciò provocò un precoce invogliamento scombussolato dei miei ormoni impazziti. E compresi, da solo, il potere magico della masturbazione.

Sì, tornato che fui a casa, senza genitori che mi rompessero le palle, cominciai a emulare Uther sul divano, strofinandomi bellamente su quella morbida e carezzevole pelle, immaginando che fosse la magnifica Katrine. Lo strofinamento durò sinché il mio coso duro non facesse sì che emettessi un gemito profondo. Sì, eiettò solo questo. Perché ancor non ero puberale e nessun liquido fuoriuscì dopo tal atto impuro. Meglio così. Non mi ero munito di fazzoletti e lo schizzo prepotente avrebbe rovinato il “vestiario” partorito dal mio gesto da “dromedario”.

Ma capii benissimo che quell’affare che avevo fra le gambe non serviva solo per pisciare.

Da allora, molte cos(c)e son cambiate.

Posso altresì però affermare questo: credo che il sito Celebrity Movie Archive abbia fatto una fortuna con tutti i soldi che spendevo d’adolescente a scaricarmi quei tocchi d’Ubalda.

 

Sì, devo dirvi proprio la verità. La gente pensava fossi un ragazzo purissimo, invece credo che già allora simboleggiassi l’innocenza del diavolo.

Di mio, posso anche rivelarvi che non ho mai sofferto di nessuna schizofrenia che più volte, nel corso del tempo, mi è stata imputata.

Di solito, le persone che soffrono di questa malattia metafisica, ne son affette per colpa di gravi delusioni affettive e si ammalano di paranoie di vario genere.

Sì, il novanta per cento della gente che vedete per strada è malata di mente. Solo che non lo sa.

C’è chi si crede un grand’uomo perché fa il direttore d’azienda ma in verità non ha mai visto un film di Krzysztof Kieślowski, chi si crede Bukowski e invece è solo la versione tragicomica e purtroppo reale del grande Lebowski, ci son le donne che amano i cristalli Svarovski e sostanzialmente son peggio dello YouTuber Matioski, e chi, come Harvey Keitel di Taxi Driver, ha un amante formato matriosca.

 

Di mio, son solo Re per una notte!

 

– Zio, c’è un bullo che mi prende per il culo.

– Ah sì? Bene. Mi stavo annoiando. Ora che scende la notte divento Bruce Willis di Unbreakable e gliele suoniamo di santa ragione.

 

 

In parole povere, che minchia volete da me? Oltre a questa che ho fra le gambe non posso incularvi con cazzi che non mi riguardano.

Vedete di non rompere i coglioni.

Per finire, vi racconto quanto segue.

Considerato che fui da molti “schizofrenico”, mi consigliarono Daredevil, la storia di un cieco che in realtà ha una vista migliore, metaforicamente parlando, dei comuni mortali.

Vi svelo un’altra verità: tornando al mio discorso precedente, cioè quello sulla gente malata che non sa di esserlo, Daredevil è un fumetto per gente abbastanza maniaca che ha sempre sognato di essere The Punisher.

Ma solo io lo sono davvero. Ah ah.

Ci tengo alla mia anima springsteeniana da Frank Castle. Lascio agli idioti i Ramones.

Lo dimostra il fatto inequivocabile che io son sempre più bello, grande e grosso, gli altri sempre più brutti, marci e possibilmente anche paraculi.

Io a breve esco con un altro libro, tu invece esci sempre con quel cesso…

Morale della fav(ol)a: mai tirare mai conclusioni affrettate sul prossimo. Potrebbe essere Re Artù.

 

di Stefano Falotico

Vi siete mai sentiti dei cani? O un Ca(rlo Verdo)ne?


28 Apr

Foto-0010

Molte volte, nella mia vita da estremo “peccatore”, tal dubbio mi ha perseguitato e solo ora che, “canuto” giovincello gagliardo, mi appropinquo alla linea d’ombra adult(er)a, posso affermare, con (di)sprezzo, che da un pezzo mi son emancipato da tale condizione bastarda, urlando a me stes(s)o un lancinante, furibondo “Basta!”. Sì, furon sofferenze (da) cane, in un’adolescenza tritata, tribolata, macerata dalla mia incognita ché della mia (r)esistenza fu angosciata da perenni dilemmi nel camminar lemme lemme, con lo strozzato diaframma nella (ri)posata, spossante flemma. Catarsi, e l’adulto crebbe, “svezzatamente” viziato e ancor vizioso, ché l’ozio è sol il padre degli zii volgari da batt(ut)one nelle bettole, e rinnego gli amori tristi con le acerbe zie come Berta che filava di Rin(ghi)o (Gaet)ano, donnacce di brutta razz(i)a che fuman l’erba e ti radon al s(u)olo dopo averti consumato come delle usuraie del temp(e)rato maschio sulla “rampicante” di “laccio emostatico” del tuo “svilupparlo” da (s)fumato, ancor (non) figliol prodigo della Madonna, quasi drogato, sbronzo, “orso” spelacchiato, uomo non sapiens fino in fondo(schiena).

Ancor mi (sov)viene… se di “cor” spompato ricordo la prima (s)volta in cui me “lo” menai di mano a manetta. Fu sulla figlia di John Boorman in Excalibur, non “scalai” in “retromarcia” e andò (d)ritto a “sbattermi” nella sventola, come Pendragon del mio “draghino” sviscerato di “spada nella roccia” e di f(u)ori come in Un sacco bello. Da cui il detto e il “dato” del “butta fuori tutto quello che hai” e “crescerà” nel Borotalco. Periodo, “sappiatelo” e stappatelo”, di “purezza”, da “mani pulite” senza prender la “tangente” del volerle davvero carnalmente “tangere”, ah ah, che goduria, quei tanga dei tuoi 18 an(n)i son irripetibile (o)nanismo d’una età né carne, “appunt(it)o, né “pesce”. Poi, sarebbe “venuto” il cervello e poco l’uccello, cast(rat)o nel lavorar “duro”. Castigato e quasi sempre in casa, “uscendo” po(r)co nel desinarti un sabato sera maccheronico, nel senso di “facciamoci du’ spaghi” e forse impicchiamoci con “tensione” di cor(da). Non “verrà” più “didietro”, bisogna però guardar “avanti” e proprio nel “balconcino” da cui gettarsi giù, saltandosi “addosso” nella “cagona” che ti lascerà con un due di “picchio”. All’impiccato, sì, ho sempre preferito il “down” in picchiata. Datele delle botte, suvvia, è una bottana e non merita un sano marito, bensì il “martellino”.

Quanta malinconia, quanta noia, quante in bianco notti, mi consolo “suonandomelo” di assolo un po’ asino e poco di “ca(va)llo”. Vi do questo con(s)iglio, amici, “stringetemela”. È “bagnata”, lo so, facil(ment)e… eccitabile.

Non abbiate rabbia, non abbaiate, al buio siate ba(u)bau.

Un altro gir(in)o in macchina e prenderlo nel “posteriore”, preferibilmente “reclinabile” altrimenti non entra “a folle” ma a freno d’una “cintura” da metterla in cinta. Se è gaio, siate Gallo cedrone.

Di “mio”, sono un pastore tedesco, monaco ortodosso rimasto senz’ossa e senza “quel” muscolo, ma posso spos(s)sarmele, me “lo” (per)mette la mia “religione” da “manifesto” luteriano molto sul lombrosiano e quasi labradoriano.

“Dorato”. Di “carrozzeria ingabbiato…”. Meglio, forse, i gabbiani.

Carlo Verdone

 

di Stefano Falotico

cane

Ebenezer Scrooge, già è (ri)cominciato Il cantico di Natale


27 Nov

di Stefano Falotico

Mi rispecchio e vedo sempre i miei warriors..., demoni insistenti che, danzando spettrali a mio malessere, m’assediano notturni in mio sonn(ambul)o eterno

Talvolta, “intavolo” me stesso, non so se nella Tavola Rotonda anche se, come Artù, estrassi la mia Excalibur, spada della mia roccia, tanto dura che mi sgretolai in una notte indigesta fra le indigene più amanti del Cinema indie, insomma, quell’harem di donne arabe che, però, non parlavano arabo ma volevano solo la Mokarabia del mio (s)cremarle, essendo io selettivo e ricercatore da Indiana Jones, “tendente” all’eunuco con schiuma di rabbia misogina, anche cremoso nella dolcezza (im)potente d’un uomo cazz(ut)o, viaggiante tra fantasie brade, spesso superomista come Conan il barbaro, alle volte noioso eppur, miei barbosi, ricordate di non toccarmi la barba, perché solo l’uomo barbuto può “raderle” di affascinante noia, da cui le mille e una notte.

Questa si chiama stronzata del Falotico, uomo “cespuglioso”, crepuscolare, pensatore libero se non me lo scassano, altrimenti “vengo” una rottura io stesso di palle e, da (im)pallin(at)o, una sex machine zuccherosa del “distribuirlo” automa(tico), “colante” cioccolato caldo sulle natiche e pertanto anche tè freddo di acidità (insosteni)bile, come dire “Ehi, donne, scioglietevi queste zolle da zoccole e digeritevelo senza poi chiedere il resto di getto(ne)”.

Invero, sì, “schizzo” ma spesso scherzo. Di “spessore”, in quanto RE di sesso e la p sta per puttana.

Sì, le puttane, dette anche concubine, mi concupiscono, i maschi (non) mi capiscono e, in questo scompisciarsi di cagate, c’è sempre chi in testa ti piscia. Sì, questione di testicoli. Da queste “che du’ palle”, sgorgano ettolitri di frustrazioni. Alcune mi frustano, eppur rimangono delle frust(r)ate con la r moscia fra parent(es)i. Sì, m’apparento con queste ma i miei genitori non amano tal mio genitale “pompante”, al che chiamano gli zii affinché m’ammoscino e mi rendan cadaverico, di latte e non tette, mi sbiancano come un poppante.

Eppur lo “appioppo”, tutte le accalappio e mi gridano che m’impiccheranno. Voglian appiccarmelo di “fuoco” ma va sempre fuori, dunque dentro, e su queste ci (s)piove. Che (s)chiappe, come m’inchiappetto io questa vita “a culo” fra le l(i)ane, neanche tuo frate(llo), freddissimo, che recita la sua re(li)gione fottuta a Cheeta, pregando la scimmia più “alta”, un Dio dei cazzi cristiani. Pover cristi, s’inalberano sempre talmente da diventar poi buddisti perché hanno raggiunto il “nirvana” del troppo scazzarsi. Sì, svuotati/e, sono “elevati” e, spompati, cos’altro rimane lor da vivere se non “reincarnarsi” in un uomo nella speranza che la prossima vita sia (dis)umana?

Comunque, ho perso il filo.

Il titolo è su Dickens, ok, ho sonno, ne parliamo domani miei Twist.

E ricordate, però, prima di dormire: ogni Oliver ha le olive sue.

Evviva “Braccio di Ferro” e Olivia stesse con Bruto.

 

Artù vs Ginevra


19 Feb

Quesito serale: la città Ginevra è secondo voi meglio dell’omonima moglie di re Artù che, peggio di quelle di Praga, scopava la “spada” di Lancillotto con Percival a regger il moccolo del Sacro Graal nel cul’?

Lungo preambolo, “fuori tema”, per arrivar “lì”…

Detta fra noi: Ginevra, la città, è più piena di zoccole della medesima da “Tavola Rotonda”

Quello che leggerete è il mio sfogo dopo l’ennesima sua corna.

Il gigante nella vostra valle di lacrime, il ritratto per voi angosciante di un’attanagliante realtà sociale a cui porgo le condoglianze e un sorriso di marc(i)arlo in maniera non futile bensì funebre…, a me il “Sole” felice…

Il gigante nella vostra valle di lacrime, il ritratto per voi angosciante di un’attanagliante realtà sociale a cui porgo le condoglianze e un sorriso di marc(i)arlo in maniera non futile bensì funebre…, a me il “Sole” felice…
… assediato dal vostro turpe, laido, barbarico scioglimento in carni alla brace, che vi dimesticate ad addomesticare pudicamente, com’è cosa buona e giusta, ma poi bruciate nella solita, diabolica, perseverante, sempre a voi ficcata, in modo (indele)bile e dolentissima, (s)fighetta del seder vicendevole di cene da criceti cretini, a mandibole sbrananti l’anima che oramai, persa e imputridita, v’affannerete inutilmente a raccattare dal pozzo nerissimo della vostra lercia immondizia sudicissima, bisunta e cosparsa soltanto d’una morte all’esservela perpetrata nel smarrir l’essenza più vera, posso superbamente elevarmi in t(r)ono a predicatore di tal non avallar più le (bis)lacche sporche della vostra “brillantina” assai a me ormai nauseante per effetto dell’esagerata, artefatta carineria. Sì, alla cremeria, io lecco i gelati che siete, succhiando il limone di tanto sempre vostro acidulo retrogusto amaro. E gustosamente vi sgranocchio per inorgoglir maggiormente il mio mangiarvi di “biscotto”.

Trastullandomi poi, con occhi permeati di malinconia sana, a giudicar voi stravaccati in mie eleganti gambe accavallate. Odo i vostri reflussi gastrici che irriteranno, reiterando d’altro cannibalismo di voi frivoli divoratori sterili, i fegati già marci dell’aver “golosamente”, per (rac)capriccio di troppa fame sconcia e d’indecenza losca da bugiardi però con la b(r)ava alla bocca di “fragola” su pettinatura “impeccabile” come si confà alla vostra fanfaronaggine del farvele in (cioccola)teschi abit(udinar)i dei tuorli d’uomo nell’uovo delle strapazzate, una visione che, tetra, vi sta intristendo quanto rallegrando gioiosamente.

V’avvertii a cosa sareste andati incontro. Soltanto a chat d’incontri virtuali che vi sfamano quanto una sega mentale. Ma vorreste sedar me per tapparmi nell’illusione impossibile di potermi rimpicciolire a vostra ridicola immagine e somiglianza da (n)ani.

Al che, spalancandomi al vostro “amabilissimo” mondo, dall’alto del mio pulpito da saggio del monte, che ride nel (non) costernarsi di rilevare a quanto ammontano i danni delle vostre mentalità da sociali “montatori”, afferro per le corna un daino e da cerbiatto scopo i Bambi…, non radendomi la barba ma piluccando le Barbie al fine di (s)fotterle per pura sfacciataggine stronza, su ritmo del digradar nelle vostre valli da (in)validi.

E, valicando le vostre “erbette”, sradico a pelo irto e da orso, le donzellette delle campagne su giochi erotici d’apnea in stile libero, anche a dorso e sempre principe contro le rane a miei birbanti (ran)occhi, cari rachitici e allocchi.
Oggi, siamo afflitti dai nerd, razza che va estirpata perché vorrebbero addebitarci, peggio degli strozzini più impuniti, duri e ostinati, la lor concezione sfigata.

Essi adattano il mondo alle proprie (in)capacità, chiudendosi a ricci per contemplare Guardians of the Galaxy.

Io so solo che ho sempre preferito annusar le gatte al film Gattaca.

Rimango comunque non adatto. Però m’allattano. Da quei capezzoli rigogliosi, “inalbero” il mio furore, che voi vorrete spegnere da Fuhrer, nel vivandare e vivere come Nosferatu, (soddi)sfatto dei vostri funerali.
Ecco lo stuf(at)o.

Ora, Ginevra, estrai “Excalibur” e ficcatela rocciosa.

A voi sembra una regina degna di cotanto primo cavaliere?

No, è una zoccola.

Iron Man & il suo Braccio di ferro, la pip(p)a nel Popeye, cioè Sguardo warholiano voyeur, (rid)ondante sulle bionde


18 Jun

 

Aladino è birichino nel culino…

Sono il rivelatore dei misteri dell’umanità. Questa massa di scimmie “sapienti” che sbandano da un solipsismo all’altro in cerca di consolazione, che dimagriscono con l’insalata e son salati nel pruriginoso del “gradirla“, fra una grattata e brughiere assieme al “droghiere”, fra “erbe” da esacerbare e trebbiatrici da “mietere” fra una meteora e la notte di San Lorenzo.

Sì, me ne fotto di tutti, sono il prescelto in mezzo a questa putredine che vorrebbe incutermi timore affinché tremassi, e son “oscurantisti” con l’incudine e gli aculei, “dimenati” fra un cul e un altro “cavolo” per “fermarmi”, o peggio, rendermi “infermo”.

Stamattina ho assistito alla mia corsa in pigiama lungo i vicoli bolognesi, fra omosessuali che sculettavano, appunto, per me, e donne che “smadonnavano”, “smaialando” col burino e il burro.

Sì, in mezzo a loro, ballo, “occhieggiando” fra le oche, mentre mi coprono d’ortaggi, boccheggiano impotenti, e io, in segno di sfida, modulando un “figo” senza vergogne, ancheggio, nell’echeggiare i grandi poeti russi e le “spade” cavalleresche.

Sono un genio, il “mio” non è misurabile col righello, “alzandosi” spesso sopra le righe e la lettiga.

Prendo di mira uno che beve troppa birra, e gli massaggio il pancino perché “lo” svegli da Al Pacino, “addomesticando” il suo ombelico dilatato senza i vasi dilatatori da “allattatore” d’una Donna materna che, come tutti sappiamo, fiuta, poi “alletta”, e poi, di “liuto”, se lo” fischia fra una compera e un “tiriamolo” a campare.

Sì, sono il “terrore” un po’ terrone, ma, fra questi terragni, “sale” in alto, (e)levato al top fra le top(p)e.

E, in tutta esibizione di me, rammento agli stolti che furono intontiti, e rubo la torta a chi coltiva solo il suo or(t)o.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

    1.  Ronin (1998)
      E tu cosa ne sai della vita degli altri?
      Ebetuccio d’un Sean Bean balbuziente?
    2.  Excalibur (1981)
      Colpo di scena, volevano “strapparmelo” ma “lo” estrassi.
      E, ora, stanno zitti, perché comando io, banchettando fra le rotondità dell'”intavolarle”.
    3.  1997: Fuga da New York (1981)
      Lo sapevo che eri una “merda”.
      Io l’ho sempre saputo.

 

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)