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Rita Rusic è cavall(eri)a rusticana


12 Sep

Salve, sono il rustico, mi sfamo ruspante con le ruspe, di rosse arzigogolo il pel di Rita Rusic, previo penicillina piangente su mio compitino da (com)pianti alla Montalcini…, ché pianga!

Sì, così giro da Gian Burrasca senza giacca e cravatta, imburrando le donne a me “melodiose” in briosi “scioglimenti” del nervo più “al dente”. Che lor afferraron ferine per poi infilarlo ché mai il “mio” s’affievolirà. Fuoco spalmante, dardo scheggiante a mirar qui a Miami la “beniamina” Rusic Rita marina, donnaccia di gran bocce sul bikini atomico nell’atollo d’abbronzate cosce tornite in costumino sodo come la Lemonsoda. Scostumato, le son “paparazzo” vicinissimo, scatto il mio “zoom” appunto ravvicinato e “appuntisco” la lingua cotta a puntino. Su cremosità del suo fondoschiena a me liscio d’erettive vene, simil placido incunearlo acuminante nella sua “Grotta Azzurra” al cavernoso mio flusso delle arteriose… Navigo liscio come l’olio, “idraulico” di leva scoppiante in motor che scopa di Notte anche sullo yacht frizzante come il Chinò.
Lei, sotto la Luna piena, s’inchina perché la riempia, Rusic Rita accompagna il mio “barboncino” nel raschiarla sulla “depilata”, allenata dai pilates, per yoga gustoso come un frappè allo yogurt… appunto burr(asc)oso. Rusic guarda, mentre “screma” illiquidita, gli altrui maschi gelosi, in compagnia solitaria non “assolandola” di caldo nelle sue bollicine schizzanti il mio rosicchiante e quelli rosicanti, per farli bollir di rabbia. Asciuga la “rasatura” nell’arrossarmelo tutto bello che rizzante, erta in gridolini su sbavante suo rossetto che, sbrodolandomelo, beve il liquor in lei iniettante a mio nettare entrandole.

Così, in questa calura americana con tal toscana accalorata come le negre sudafricane, la mia “canna” è a pesce della sua esca di vasche. Sì, la vacca passeggia col suo “cagnolino”, cioè il sottoscritto sottomesso e anche sopra che glielo immette, tirandosela a far(se)li adirati. Loro non godono e lei lo sa, il mio con Rita sale e, a Mezzanotte, quando le sue “acque” son già gelide dopo la (termo)dinamica tramontante della Rusic in tutto avvilupparmelo “sciolta”, sorbirselo di Sorbetto e spomparla in mezzo ai suoi pompelmi, rincara la dose… dosando movimenti di “bacini” nell’apnea soffocante della marea “lievitante”. Come una piovra, me lo immerge al buio, nella nera n’è (p)orca, squaglia il mio “squalo” e nel cul vien ridotta a irta mia “quaglia” sulla “piastra”, cioè abbrustolito il mio va ancor infornandola per cuocerla di “microonde” integralmente temprandomelo a vertiginose temperature immoderate della sua bagnata come un’ubriaca sbronza di (r)osé svenevole, tale e qual al venirle “dolce” di rosa e appunto rosso di sera si sper(on)a in cucina e piastrelle con imbiancatura seppur annerita. La nostra Rita!

Rita arrostisce, Rita è il mio nitrito, Rita il mio fa sì… che strisci, la “evidenzi” di “segno” (in)visibile poiché con me non ha due pezzi ma la mostra ignuda di pezzo a spezzatini.

Vicendevoli di cena, di schiene che s’inclinano. E il mio “declina” bestemmie nella femmina bestiale.

Insomma, una puttana da calci nel sedere.

Comunque, diciamocela. Rita ha ancora un tiro. Vien chiamata la stiratrice. Colei che, per Ercole toy boy (bar)col(l)ante, a balconcino suo ne fa entrar cinquanta. Sì, roba da band banged.

  1. Il rito (2011)
  2. Gilda (1946)
  3. Rita da Cascia (2004)
  4. Rita, Sue e Bob in più (1986)

Venezia 2013, “Gravity”


28 Aug

Il Festival di Venezia inizia sotto i migliori auspici: viene rinvenuta in Sala Grande la mia “salma” che “gravita” di orecchio mozzato alla Velluto blu dipinto di Modugno, e Clooney diventa Dennis Hopper asmatico:

Apertura, sbotta il clap clap e qualcuna apre la patta!

Il film Gravity riscuote applausi a scena aperta, le fan dell’attempato Georgino s’accapigliano per estorcergli un sorrisetto da incollare a mo’ di “liquidità”. Sì, attingon dal miliardario tinto di brizzolato nell’illusione “volatile”, a mo’ di sospensione incredula-fluttuante di fighine in calor ad orbitar su sogni del volar “basse-base contatta le polle in Apollo pallose”, immaginando una vita più avvenente di “quella” poco avveniristica mansarda da mostriciattole seguite dall’assistenza sociale. Son partite in quinta da puberali, poi il seno s’afflosciò nella depressione del vuoto cosmico.
Clooney elargisce loro un “Vaffanculo cretine!” studiato di “galanteria”, dietro autografi vergati ad annoiato smoking nel parterre d’“apertore” della cerimonia. Le ragazze son lì a pender dalla penna delle sue labbra, glielo vorrebbero prendere, sospirando a George un “Fra qualche anno non sarai più bon’ piacione, ti stai rammollendo nell’ingrigito ma, al momento, apriremmo ancora le cerniere delle gonnelle per te a sdrucirti e sbavar di rossetto pindarico su arcobaleno indaco”.
Colan… gli applausi, la Bullock veste in vestaglia, lunga di cosce e di seno un po’ moscio nello svolazzar’ rossiccia. Di semi-spacco visibile solo a poltroncina.
Sì, è dimagrita causa mancanza dell’ossigeno. Non solo perse il cuor di Reynolds Ryan ma adesso è protagonista di Alfonso Cuarón Orozco. Diciamola. Il suo “cinema” è aria fritta, resta bloccato in catena di “montaggio”.
Infatti, Alfonso è anche montatore del suo naso furbo a NASA ferma in pilotar le masse che io invece subito annusai.
Meglio mia nonna e Oronzo Canà a questo messicano quaquaraqua.
Salvo solo il suo Paradiso perduto. Per due ragioni. Bob De Niro vale sempre il Cape Fear e Gwyneth Paltrow era ribaltabile di “tela”. Fa bene “lì” Ethan Hawke ad “affrescarla” con pennellate ammiranti nudità non tanto “mano morta”. Ethan toccò la Thurman Uma, poi ritornò versione attimo fuggente, quale è rimasto deficiente in viso da “nababbo” cotto al baccalà. Tornasse a far il pescator’.
Oggi, gira film futuristi, ma il vero “dark” stava in mezzo alle gambe. Altro che fanghiglie e detriti da attor “sporco”. Inutile “ricrearsi” e girarci attorno. Ethan ha la faccia pulita. In versione truce, è meglio Willis Bruce.

Gravity viene molto apprezzato, ma io sono più calorosamente metafisico di primo piano a sequenze interminabili di seghe spaziali. Si chiama galattico guardarla da un’altra prospettiva, cioè sbirciar i buchi dal catodico. Nell’emissione gastrointestinale a rampa di lancio che vorrebbe spezzarlo alla sua attrice preferita, non Sandra ma Mia Sara di Timecop. Sarà tua e tu abbaierai. Sì, Mia Sara fu “spaccata” da Van Damme.
Dopo lungo cazzeggiare, mi ritrovo perduto in Sala Grande. Fra borghesi arricchiti da “giornalisti” dell’imbalsamata stampa e pompini a vicenda nelle cortesie più ruffiane tra arruffati per fotografar George e signora nell’istante topico in cui Clooney di forbita lingua pensa alla Notte veneziana dell’incunearlo stellare alla topina Stacy, raccattata fra una zoccola e l’altra.
Mah, i canali di scolo delle calli. Stacy ha il callo, ama i cavalli come le sue gambone.
Ma, nel bel mezzo del “parapiglia”, tutti lo piglian in culo. Assistendo a una visione inaspettata. Sì, c’è uno spettatore che spacca il muro delle leccate.

E appare pian piano incarnandosi per gridar poi loro “Siete incancreniti!”.

George sta per accomiatarsi dalla sala, Barbera gli regge la barbetta al cravattino eppur, fatalmente, qualcosa (ac)cade di “linguorino” ambiguo.
Un orecchio, di natura preistorica, viene calpestato da George. Che urla terrorizzato un “L’orecchio del Falotico. Mi hai spiato sin qui!”.
Il paparazzo se n’accorge, coglie i begli occhi di George nell’allucinazione più lynchiana. Immortalandolo su volto da far paura ogni regista futuro…
Al che lo ricatta, con tutta la Sala Grande a chiedere maggior riscatto e altri scatti per la foto che vale la sua intera stronzata come “uomo” (re)attivo. Finalmente, George è stato scoperto con lo sguardo “brache calate e strabuzzato impressionante”. Avete notato? Sta sempre in posa, anche quando fa la parte dello stronzo.

George dice “No!” e sviene, travolto dal Falotico intanto elevatosi sul podio in tutta carne cronenberghiana.

Effetto videodrome, velluto blu dell’imprevisto. Ora mi vedi, domani scompaio, probabilmente ti ho già scopato.
E poi spazzato. Tu, Sandra, spazzerai da pazzerella a Terra.
Torna coi piedi nella monnezza.

Sì, sono Lynch David a duo geniale.
Il resto è una cagata micidial, come Gravity.

Lo ridimensionerete a breve. A mani(er)a di vostro uccello.

E ricordate: non c’è un sol cazzone che non la vede a tirarsela. Perché tu, prima o poi, uomo “serio” cadrai dalle nubi. Ma non ti sei provvisto di paracadute. Tutt’al più di un going down.

Ciao.
Anzi no, devo chiosare.
In questa vita non son mai nato eppur non m’ammaino.

Ad Armstrong preferisco l’hard dello stronger, sarà un fottuto allunaggio ma almeno le mangio di crateri. Ho un brutto carattere, eppur lo piazzo. Alzabandierina.
Tale e quale a questo “capolavoro” che apre le danze, cioè il solito festivalino, analino, di puttan(at)e.
Sì, io sono il nautico dell’esistenzialismo, ciondolo da una star all’altra nel firmamento ma non voglio nessuna famosa firma. Sono Dio sceso da lassù per ficcarti giù, quindi posso stare nello spazio. Fra una parola e l’altra… e una via crucis con un punirti di freccette e un Erode ché non rosico il Verbo. Neppure quella della bellina Bullock.
Più che un bullet, sono sballato.
Dai, Sandra, balliamo. Ti farò veder la Luna, tu sei Venere e io il “fisico”, scienziato a te (in)volante di aeroplanino che, se apri le cosciotte, planerà fortino a fornicazione. Sì, ove mi barrico sulla difensiva. Quindi attacco di action.
Meglio difendersi. La miglior figa è la fuga, la miglior fava è sfanculare. Non fa rima eppur il ritmo c’è.
Tutto dentro, spinge “ballerino”. Di “Lambada”. Sì, Sandra sei abbronzata.
Sono le tue lampade artificiali. “Pirotecniche”. Sì, guardo il tuo poster(iore) in cartolina “Polaroid” e, nella mia onanistica depressione bipolare, mi faccio… volare. Che vita “solarissima” eh? Mah, meglio Solaris.

Sono rimasto solo. Eppure, come Woody Allen, ho sempre qualche compagno che mi ama. Me stesso di autoerotismo. Più che in testa, da batoste.
Eh sì, sono tostissimo. Mi pieghi ma non mi spezzi. Si può scendere a un compromesso? Inchinati da brava bambina come a messa ti prostri. Ah, le massaie. Son tanto timorate eppure voglion (s)tirare… E te lo guardan dall’altare.
Me la dai e te lo spiego. Basta che non me lo pieghi. Ce l’ho fragile anche quando al massimo della “durezza”.
Quindi, attenta a come tocchi, altrimenti se me lo spezzi… che fa?
Non posso far nulla. C’è solo da pregar’.

Sì, ricordate: la vita è ora et labora. Di “mio”, prescindo da entrambe queste regole. Si definisce scissione e tu finisci scisso.
Ricevo molte tegole. Ma i tegami li lava lei.
Anche perché le urlo sempre “Levati. Le palle son mie e le gestisco ad astronauta delle natiche che so(g)no!”.

Se non hai capito l’antifona, sei sordo oltre che cieco. All’Amplifon amplificheranno la tua tromba da Eustachio.
Per forza… se non trombi hai perso colpi. E anche i fianchi. Oltre all’udito.

Beccati quest’ultrasuono. Sogni d’oro. Tu sudami dorata.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Gravity (2013)
    Meglio Battiato. Anche quella con la permanente. Almeno te lo stabilizza di (l)acca.
  2. 2001. Odissea nello spazio (1968)
    So che siamo nel 2013 solo perché hanno deciso così.
  3. Dead Man (1995)
    Meglio Blake della Bullock e dei bellocci.
    Meglio il coyote. Si chiama Willy.
  4. Free Willy. Un amico da salvare (1993)
    Il mio delfino trilla fra le donne di onde.
  5. Morte a Venezia (1971)
    Possiamo dircela? Andate gettati in mare.
  6. Otello (1965)
    Meglio un piatto di tagliatelle.
  7. Il mercante di Venezia (2004)
    Il mio Pacino è questo.

Ferragosto e aragoste, il gusto della vita


15 Aug

Un altro Ferragosto senz’aragosta eppur sono un “fenomeno” nell’amplesso, sproporzionato per quanto riguarda le dimensioni di “cesso”, ove ti masturbi tu di “sasso”

Il malessere serpeggiante della mia “proboscide” tonante: scritto di “verga” a elefantiasi poderosa del pachiderma nella società dei “fanghi”, ove lui sta(g)na

Oh, la stalla e gli stalloni della fattoria degli animali.
Qui, Falotico l’intrepido, unicorno che scortica e incorna le vostre cieche cornee, a cavalcarle di peli bianchi per albeggiar “albino” ma eppur volpino dopo notti ululanti e quasi quasi latranti anche di Sesso animalesco nella latrina, “letargico”, mai spossato delle s-posate ma fraudolente nel mio “lento” che  incita le muliebri horses con “orzo” di amari cavallerizzi nel ritto aggrovigliato, poi abbandonar le sverginate a strofinarsi in nervosi (ah, la nevrosi) dolori di pelli ancor innamorate, eppur dello scudisciarlo-sciacquarla per altro scuoiar’ fra cuoi capelluti in nuovi capezzoli drizzissimi, roventi e “asciugacapelli” al sapor balsamico d’un profumato “inondare” d’“affogato” lindor, di fighe vellutate come pantaloni a caval Donato che non si guarda in bocca ma si pompa. Totoiano, affondo di ani annuali nel bisestile allungarlo e, quando Febbraio è quattro stagioni di “birra” prolungata, mi par giusto tirarmela con una di s(i)esta. Estiva? Tirami su, dessert!
Sì, l’incito ma non metto incinta, causa Estathé finito, immettendolo con furia del West, di cintura di castità son la chiave campestre, d’estro sblocco la timida e d’uva premo di “vendemmia”. A zoccoli di cowgirl fra puledre “mordaci” e insaziabili, salandole nel salir di salive e “disboscando” il frutto prelibato. D’appetito ingordo fra voi porci mischiati alle zoccole. Sono la salsiccia in questa “ciocca”. Anche nelle sciocche. Buona albicocca. Basta che sia gnocca.
Sprona la castigata a “castigo” del mai castrarsi perché in vena sua so che, sebben frigida, vuol venire, lo intuisco dai suoi occhi svenevoli e tanto desiderosi d’acchiapparmelo fra libidinose, liquide già chiappe. Lo stappo, gliela strappo, mi “sventra” e lo sventola. Ma domani altre sventole. A novanta e anche ad “alimento”.
Oh, son il cavalleggero dei venti leggeri, leggiadro la defloro in parsimonie di Lei smaniosa che corteggio prima di mimose e poi ad “arrossirla” di spine fragorose. Che fragolina da coglier in “fallo”, quando il languido tramonto s’eleva… a gaudio di me il Gallo l’alla(r)gante e di lingua nell’inguine aleatoria. Sì, bretone come i racconti medioevali di Artù, sfodero la spada fra i delinquenti, smalto le unghie d’avvinghiarle su girandola in ormonal ghiandola, e la forgio tergente nel detergerla acquosa con effervescenza di metallo pesante a pesce sgusciato. Premendo anche alla santa, che m’inquisirà ma, maledetto, altre inietterò da “Lancillotto”. Amante imbattibile che ruba Ginevra al suo miglior amico, scevro d’ogni fedeltà coniugale per mirar di “tiro” appunt(it)o su Ginevra d’arco sfrecciante. Ficcantissimo di bersaglio con Lei che, godendo tra la foresta di sveltina e il suo sbrogliato cespuglio, si spoglia di tutti i bavagli mentre l’arciere la cinge, lo intinge, l’abbraccia di bracieri caldi e lo “estingue” quando nitrisce sempre Ginevra di culo fatto a strisce nel ragliar’ come la Fata Morgana che si china a mo’ di Turchina nelle storie tese d’inchini a Lancillotto, figlio di puttana traditore e gran di nason da Pinocchio inculato alle ottiche di Balanzone. Ché Lancillotto è uccello picchio, orologio a cucù t’incul’.
Elio, Dio del vento, preferisco le Eolie, isole felici ove le spiaggianti puoi spalmare d’olio, ergendo il tuo Bronzo di Riace nel Ricino rancoroso dei fegati fottuti d’ancore (eh sì, quanti rancori) att(r)accate e daglielo ancora. Io pretendo… l’oro e non gli argenti. Berlusconi è passato da Arcore ai ferri corti.
All’Argentario schizza  il “bagnino” che nuota come un gabbiano a salutar i vostri frustrati dromedari “sollazzati”.
Io do aria di scirocco anche fra l’Antartide su eschimesi donne “a mandorla” che di glup dentro l’iglù aizzan la mia “gru” d’orso polare nel riscaldarle dai raffreddori e dai mariti “surgelati” mentre sgranocchio culi di mandolino fra i vostri spergiuri da mandarmi a fanculo.  Eh sì, mandarini. Ove infatti sto. Benissimo di pene.
Infernale t’infiammo, mentre tu ti lamenti da tanta carne senz’arrosto e già fosti nel fumo dei tutti infornati furono sul mio fornicante. Ah, rosichi di formicolio. Pigliatevi i formaggi, miei topolini, io lo sforno e Lei gode a lievitarmelo di “sformato”. Ecco la formica che scopa anche Vera Farmiga, ribaltandola  di scrivania e divano sul Departed del mio cazzo “partito” a razzo fra gli spari. Di ruzzole son lazo nei rodei rotanti del mio matto cavallin’ appunto matador anche di corrida incornante.
Tutte io domo, tranne le vecchiette scaramantiche che m’ammoniscon di cornetti e “coroncine”. Son acide e non più aromatiche. Bestemmiano Dio e la Madonna! Eh, si sa, se nessun uomo te lo dona, allora sii pentita e dalle labbra pendi del Papa.
Di tutto Cor’ scorrazzerò a incoraggiarlo d’amido e “ammoniaca”, Demonio e anche “cagnolino” sguinzagliato a Crudelia De Monattrazione fatale d’una Glenn Close niente male. Sì, molto buona ancora di atipica femminilità cattiva da invero gattona.
Glenn sembra un Uomo eppur le tette son sempre state il suo pezzo di figa anomala.
Androgina vaginona un po’ milf e un po’ cagna d’attrice sopravvalutata e soprattutto deve stare dentro con Lei sotto.
Perché penetrando entra appunt(it)o nell’antro e avanti un’altra.

Un Ferragosto come un altro, né più né meno, manco un pompino, sono chiuse anche le pompe di benzina

Giro per la città, rincaso e son ancora le undici di mattina quando a Rimini stan tutti di culo all’aria nel “nudismo” dopo un’an(n)o davvero “duro” e “lavorativo”. Sì, non fanno un cazzo eppur guadagnano.
Prendi quel “direttore”. Sta lì nell’ufficio del (tele)comando, controlla di monitor gli impiegati mentre passa il Tempo fra uno spiegazzar i quotidiani e una sotto il tavolo che glielo morde ma non lo piega, perché chi sta su è sempre a inferiore che “spacca”.
Poi, feroce aggredisce gli impiegati al mobbing del “Se non tornano i conti, licenziamento in tronco… comunque quell’inserviente potrebbe tornar all’utile del modello 740 su 90-60-90 con dichiarazione senza redditi su suo reggipetto formato va rifatta di fotocopia sul desk al(la) top(a)”.
Già, il direttore del cazzo non indossa mai pantaloni con le toppe. Se la macchiolin cade lì, poi è “evidenziatore”. il bianchetto?
Meglio il velluto, è nato con la camicia. Vai tu quadro inquadrato a righe! Attento alla ruga!
Verso Mezzogiorno, come “alti” son orientati quelli… a Riccione fra le riccissime umide in calore, “spellate” di protezione “solare” nel dopobarba del “topo” da spiaggia, appunto, il mio telefono squilla.
No, nessuna squillo floreale. Un depresso come me che vorrebbe lo aiutassi a pubblicare un libro sulla fauna e sulle “farfalle”.
Provo a spingerlo… ma la butta sul paesaggistico. Già, lo sfondo aiuta se non (la) sfondi.
Comunque, in questo Ferragosto “che caldo fa e la Luna è un girarrosto”…, più che altro né Domenica né mica tanto di minchia, solo du’ palle (s)gonfiate a “materassino” di “menarmelo” annoiato-annodatissimo-loffio e di “cuffiette” casalinghe, meditai su come far l’amore con una “tedesca” buttandola sull’approccio da trecce bionde. Musichetta. Sono oca!
Ottenni una “tresca”, una mora che mi uccise solo con la morra cinese di sfottò sulla mia mano morta, ma il quiz è “ammorbidente”, tendente al sereno variabile previo “precipitazioni”. Sì, prevedo grandine e nessuna “granita” intesa in lato “seno” e neppur B ma solo “a sfera” di BIC. Caz’.
1) Un ragazzo, dinanzi a te, scoppia e la voglia di assonanze del verbo “orale” fan presto a sboccar di volgarità “sicula”. Che limoni? Vedo solo che monti uno che spruzza sui tuoi pompelmi. Mah, solita merda. Meglio la mia melma. Almeno, la marmellata “fatta in casa” è scontata e non devi pagarle l’aranciata.
2) Insicuro lo fui, adesso fumo per affievolire le infamie delle mie (s)fighe. Talvolta, ho fame per secchezza di bocca(le). E poco appunto sbocco. Scopo a terra come metodo rilassante del misurarla nei miei centimetri non andati a taglia di una da baciar di pizzetto al mio trancio. Mi pulisco i baffetti. Dammi un buffetto. Sono buffo per pasticcini da buffet?
3) Tranciami, se vuoi questo. Oggi son bontà a te apparecchiata di gourmet da gatto, domani sparviero e con le forbici per recidere il polsino da tennista sballato, gasato e completamente di fusa ad affusolato solo per un “rovescio vincente”. Quindi, il piatto scotta, i piselli non son cotti al prosciutto, potrei raffreddarmi e tu non sei da brodini, bavette, pappette e amanti col pannolino d’imboccarli nel liofilizzato. Aizza la forchetta nella panna, sii dolce e delicata, punta dritto al Cuore e mangialo a voluttà. Chi più ci dà, chi più è assetato. Speriamo in tovaglioli di seta.
4) Davanti a una bionda come te, dimentico le birre nel frigo e ti offro un vino del Chianti, famoso luogo ove Depardieu è chef alla francesina. Sì, quello francese è meglio. Più elegante nonostante il Bergerac e la panza. Gli italiani non sanno corteggiare. In Francia, c’è più Spagna di zuppa inglese. Fidati. Anche se i liquori, a malincuore del languor da guru troppo bagnato di mio ghiro, sanno che lo zabaione è scaduto. Facciamo un altro gir(in)o come Richard Gere. Tu sei, come dico io, una che, prima di gustartela, vuoi i panegirici e i ghirigori.
Sei da Giorgio Gori. Meglio Cecchi Pa(v)one. Se devi scegliere un idiota, meglio optare per uno più scemo. Che aquile di aquiloni!
5) Qual è il tuo attore preferito? Dimmi che sono io e muterò camaleontico come De Niro per interpretare la parte che più si confà all’adattamento. Bussa alla mia porticina, lasciami lasciva il copione. Senti che scie di “ripassatina”. Che passerino…
6) Sono Woody Allen? Sì, ho sempre preferito l’originale Zelig ai cabaret con Vanessa Incontrada. Anche se m’eclisserei sul suo seno vulcanico. Pentendomi di essere stato timido e non averlo mostrato per ciò che avrebbe voluto sapere ma non osai chiederla di osé. Forza, fai come Vanessa. Acqua e sapone. Il rossetto ci sta però. Sbavo per le tue pere.
7) Amo le donne, ma tu sei molto di più. Quindi, passo ora dall’amore all’odiarmi.
8) Otto più uno quanto fa? La prova del nove? Meglio sette per sette fa 69? No, fa venti in meno, quelli che dimostro anche se il mio cervello è pari ad Einstein nei 33 da povero Cristo. Come la vedi? Saranno cazzi.
Come i trentini che andarono a Trento trotterellando e sotto la panca la capra crepa.
9) Hai figli? Sì. Mi faranno il culo.
Ho imparato a giocare alla Playstation da quattro anni, loro saran più avanti di me a piazzarmelo. Fidati. Le nuove generazioni sono nel nostro didietro. La vita è un videogame. Se non la programmi subito, come puoi chiedere un lavoro da programmatore? Oggi, se non sai programmare, diventa un ologramma. E il genital organo dove cazzo va? In televisione, assieme alle ochette nel balletto che tutti applaudono.
Sì, la Tv condiziona ma poi si fan quelli loro. Meglio se “reali” nel Garko di fiction.
10) Sei bellissima. Tutto qua. Il resto è una cazzata. Ma dovevo dirtela.
Anche se dartelo mi pare bruttissimo. Suona diretto, suonerebbe magnifico se sfilassi la tua gonna attillatissima. Faccio schifo? No, solo da quando sono nato.
Bacio. Andiamo in gelateria?
Io lecco quello crema e nocciola, tu quello dello yogurtiere. Sì, fa più “stracciatella”.
Comunque, secondo me quel cioccolato è un merdoso. E poi non è neanche nero.
Poteva venir buono alle “bone”. Come Denzel Washington. Recita ottimamente, soprattutto con Eva Mendes di Training Day. Salutami tua sorella.
Sì, un altro Ferragosto in pantofole. A guardare un film del cazzo.

Un sacco bello e sacchi di merda

Qui, Verdone spacca. Aiuta l’amico culatone a prenderlo nel culo in senso metaforico a mo’ di Sorpasso perché lo spinge troppo e l’amico non impazzisce, si sfinisce perché è passato col semaforo sul verde per troppi an(n)i.

Sì, gli amici servono nel momento del bisogno. Ad esempio, un mio amico bisonte fa sempre i suoi bisogni all’aria aperta e di “aiuole” piscia in testa da sessualità pornografica. Ce la diciamo? Più che pervertito, è un invertebrato. Quelle su cui piscia sono le tartarughe dei suoi addominali palestrati in senso asimmetrico al cervello bacato, con “tendenza” all’edonismo onanista nel “marsupio” delle palle rinforzate con del cotine…
idrofilo.
Comunque infila… se stesso, ed è un gran filantropo. Viene da me e mi dice “Sei solo un figlio di puttana come tutti. Sappi che ogni madre è stata con uno come te da zucchero filato”.

Rimango di stucco, penso che sia meglio il più analfabeta muratore di tal “a cul… scultoreo”.
Acculturatissimo, quasi “fine”. Tanto che mi vuol affinare.

“Quella è una troia. Ne sei innamorato. Fidati, ti tradisce con me… nelle mie fantasie, quindi so cosa vuole dalla vita. Proprio un cazzo”.

Capisco che gli amici sono gelosi anche quando lecchi un gelato. Sì, c’è sempre qualcuno che è montato e pensa di succhiarti a immagine del suo stecchino.

Di mio, posso garantire un co(r) Algida e semmai Sammontana. Tu credo invece sia stato sormontato.

E dire che volevi fare il mio bene. Io ho fatto il tuo pene e ora siamo fottuti come tutti.

Sì, la società oggi ficca te, domani me no.

Anche perché non ci sono. Sono dietro nell’avanti-alt-o.
Ciao…
Comunque, è meglio un Ferragosto a Viareggio che una maschera che vaneggia.
Io non ho questo problema. Sono il carro funebre.
Ho perso un altro contatto su Facebook. Lo chiamavo “L’origano dell’organo un po’ indeciso se entrare o farsi penetrare”. Lui si dichiara poeta. Di mio, credo sia un pio. Anche se ama sotto i pini.
Più che gaio lo fa anche nella ghiaia.

Sì, la gente è ipocrita. E io generalizzo da comandante… Gli omosessuali fanno i raffinati ma poi sono i primi appunto a sbattertelo là, senza eccezione (di) alcuna. Hanno delle lacune da riempire. Le donne citano i poeti russi, poi tu scrivi loro una poesia da reduce della guerra in Bosnia e ti scrivono “Addio, non voglio un uomo indurito, mi bastavo uno duro”.

Al che, penso a Chris Walken de Il Cacciatore. E sparo in testa a Bob De Niro. Urlandogli: “Ecco la roulette russa. Dammi Meryl Streep e non indurmi al suicidio”.

Diciamocelo. Walken è meglio di De Niro. Anche a letto.
Basta vedere come balla. Da quelle movenze di bacino, capisci che non dà bacini alla Innamorarsi ma maledetto a uccello sfibrarsi. Che poi (si o ti) ammazzi, non son cazzi che ti (ri)guardano.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Il sorpasso (1962)
  2. Ferie d’agosto (1996)
  3. Un sacco bello (1980)
  4. Agosto, donne mie non vi conosco (1959)

Tania Cagnotto è bona!


25 Jul

 

© Piergiorgio Pirrone - LaPresse 16-09-2014 Roma Ritratti esclusivi di Tania Cagnotto per Arena nella foto:  Tania Cagnotto

© Piergiorgio Pirrone – LaPresse
16-09-2014 Roma
Ritratti esclusivi di Tania Cagnotto per Arena
nella foto: Tania Cagnotto

 

Cari drughi pretendo sincerità e durezza di clockwork lemon. Tania Cagnotto è bona! Keanu Reeves lo fu!

La profetica rivelazione del “pasoliniano” Stanley Kubrick s’è avverata, e vivete nello scontento un tanto al “culo”. Ché io smaltisco chili e non m’appesantisco di vostra pedante etic(hett)a

Sì, per essere “accettati” da questa società di bestie, incominciamo a utilizzare la stessa strategia “carnale”, ché a viver carnascialeschi se le (s)passan tutte. Sì, uccidiamo ogni sen(s)o fiabesco e imbarbariamoci per le “barboncine”, utilizziamo la stessa p(r)osa volgare e otterremo una “fornace” senza “lavaggi mentali”. Andiam in giro a cantar come Biancaneve col “nano” più pornografico, viviamo “felici e contenti”, ché la vita è una e di fighe ce ne son a iosa. Non far lo sfigato e il permaloso, fai il lecchino e di smancerie sii maniaco.
Ché se non sei maniaco, ti sciacqueran con ammoniaca, prima l’ammonimento, poi l’espulsione con tanto di “rosso” a timbro della radiazione anche al PH puro per dissanguarti a viscere delle loro brame.
Puttanieri e zoccole, chi è fra voi il più bel “tipo” del reame? Quello che non sbaglia un “colpo”, va “dritto” e sa come farsi… valere. Se una donna toppa, la prendete per il popò, se un topolino “sba(di)glia” lo imbalsamate e lo tappate, appunto, di vostra bava imbavagliante.

Io son genio paperin e ti fotto sempre, mio strafottente. Stavolta, hai incontrato chi (te lo) sfonda. Dammi un’altra offesa e ti strappo la festa, quaquaraqua. Basta con Nonna Papera!

Sì, scriviamo come loro, (s)parliamo allo stesso finto “manierismo”. Di cerebrolesi saremo allegri nei muscoli aridi ma massaggianti all’olio.
Di “flessioni” non rifletteremo mai ma carnivori affetteremo chi è da “compatire” per le sue fitte.

Io ti servo la “frittata”, mio cervello impanato in pantalon da mascalzoni miei impantanati. Tu, Balanzone hai sposato una coi pantacollant ma sei sicuro che la tua vita non sia già andata nel viavai?
Di mio, posso dire con sfrontatezza che vollero punirmi di “frontale” perché ero, sono e sarò il Principe per (sua) ec-cellenza. Attentarono anche al mio uccello.
Ma come potete toccare… ah ah, continuo a tamponarli. E a (s)fregarmele.

Se vi disturbo, tu continua a stuprare e riceverai la bisc(i)a “clandestina” del mio Cobra. Sono nato serpente, non mi attengo ai “comandanti”, a sonagli ti appendo al “chiodo”.

Se vi fosse sfuggito, annotatelo sul taccuino, per il prossimo acquisto. Io son aquilotto e non m’adatterò mai a questa lattante società analfabeta di poppanti, in quanto bevo latte “galoppante” di mio stronzo in farneticazioni “offerte” a vostro stuprarmi, ché vi stiro e sturerò sempre le orecchie. Io sono l’elefante e, di fanfara, fenomeno per chi mi giudica minuscolo ma di muscolone t’entro nelle mutande

Io addento, vi sventro e mai bandiera bianca sventolo in quanto s’avventarono e io sventai tal “vanitosi” col mio ancor più schiumoso e carnoso ventaglio.
Se non stai buono, ti lego coi bavagli e ti spedisco a calci in culo tramite postale vaglia. Ogni sera, “fornico”, avvolgendola di “tagli” e macchio tutte le “tovaglie”. In quanto vettore contro i dottori, civetta sul comò formato gigolò per le figliole, ché bocca di rosa mette l’amore nei miei sudori.
Siete indietro, non capite ad oggi De André, come potete pretender di capir come vi penetro nel didietro?
Comprare e bevete tutti, questo è il mio nettare a segno di “pece”: http://www.amazon.it/Arancia-meccanica-ebook/dp/B00E3CZX9Y/ref=sr_1_1?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1374755748&sr=1-1&keywords=arancia+meccanica

Ascoltate la voce del Signore, che vi guida funambolico per prati sereni, ove germogliar di nuovo e, dopo esservi di Cuore auscultati in me “ungulato”, osservate le unghie smaltate di Tania Cagnotto, campionessa non di nuoto come la Pellegrini ma abbiate fede… è una figa plurima per sesso nel piumino, per notti immerse d’arsure a bruciarglielo in sue acquoline.

Stenditi Tania, attingi alla mia sete, assatanata sei dietro quel visino d’angelicata, so che vergine non sei da tantissimi… e sfido chiunque eterosessuale a non volerti di “trampolino” a tuoi quadricipiti femorali e mio “fegato” così a te “lustrato” d’ossa “dorsali”.
Sì, sono l’orso, sono come Bud Spencer, pseudonimo di Carlo Pedersoli e appunto ex nuotatore “metrista” del suo merl(uzz)o.
Bud ne ha per tutti, non va fatto incazzar’. Altrimenti si arrabbia con Terence Hill e non saranno teneri di Trinità. Vale a diredi spaccarti in tre e “a spaccata” di Tania che, quatta quatta, desidera invero non il podio ma il mio… podismo ad acquattarsi nei sollazzanti “schizzi”.
Ah, equatoriale ha gambe equine, cavalla del mio in mezzo al cavallo, purosangue campionessa per “bastoncini” del Capitan Findus, spezzatino al mio “filetto” di Platessa, famoso “sottomarino” di manina che è di 50 cm ma, se stimolato da Tania, può “allungarsi” a doppie proporzioni per altra calda, ustionante razione.
Tania Cagnotto è la mia Uma Thurman, sono Carradine di Kill Bill.
Dio ti benedica e si tuffi da “povero” Cristo nel Giordano di Cagnotto Tania, atleta dalle pose plastiche con tanto di mie bollicine alla Pulp Fiction.
Sì Tania è tanta, e affogo in questa figona “scostumata”, ah che costumino, in slanciato fiondarmi di giravolte e capogiri(ni) sguazzanti, aderenti al suo bikini “water” nel senso “acquatico” del mio che sprizza gioia e del fazzoletto da “sciacquone”.
Tania asciuga le mie lagrime, le “confeziona” in questo misto di carta igienica, “finemente” ricucita per aprirla su densa cremosità. Quando il ralenti cadenza le sue imprese, salto dentro il (WC?) Net di tutti i suoi più attizzanti video scaricabili. E la imprimo, anche se arriva seconda. Vengo in tre secondi.
E son mondiale nell’Eurosport. Con tanto di “Yahoo” e soprattutto “Wow!” su urletti incontenibili nel divanetto a mio divaricato Sky di gran finale da meritarmi la medaglia d’oro. Ah, in quella piscina c’è il mio pesciolino come la piovra e Lei, prima di risalir in superficie, superfichissima, da me è “provata” sul delfino d’amplessi affannosi e d’apnea cardiaca per l’orgasmo del sommozzatore. Siamo sommergibili, e la vostra bile è da buo(n)i. Io sono l’anaconda, il serpente bo(i)a per un altro giro in vasca. Esca ed esce tutto.
Sì, Tania è per i cazzoni veri, come John Travolta, Samuel L. Jackson e Bruce Willis del Tarantino. Io tendo la tela, sfoglio il suo telaio e la ribalto con tanto di tirato e Lei aspirante ad attillata “dialogica” monster su uccello per la cura medioevale, e diventa una nerona alla mobster Wallace Marcellus. La palpeggio, non finge mai, gode davvero “appieno”. Con i suoi polpacci pienotti avvinghia a modo di conchiglie a tenaglia del salivar fra le cosciotte, queste caviglie ad abluzione d’altre instancabili erezioni. Volteggia in tutte le posizioni, mi provoca e io m’eccito dinanzi a questo bocconcino per salsa d’hamburger. Che ketchup, che sco(r)pa(ccia)ta!
Talvolta, mi ri-fiuta per farmi impazzire coma la maionese.
Al che, le urlo: “Volevi fottermi? Dì un’altra volta, cazzo, ti sfido. Cazzo!”.
La mia esplosione blaxploitation non gradisce ma stuzzica per altre furenti eccitazioni. Fa la puttanella biondina da spiaggia, appunto, come Bridget Fonda di Jackie Brown nel suo ammiccante “Vuoi scopare?”.
A “maestrale” entro in poppa nella sua pru(gn)a polposissima ma la ritenzione idrica causa l’eiaculazione precoce. Ah, colpa delle astinenze.
Da allora, è Lei che mi prende per il culo… sono il suo Gara Louisss… fa la “dottoressa” con la “r” moscia e fuma la mia “sigaretta”, tatuandomi la “s” minuscola poco da Superman.
Ma io son bastardo senza gloria e Stuntman Mike. Bono come Brad Pitt e misogino alla Kurt Russell Jena Plissken.
Tania è solo una pischella e ha bisogno d’una che la spinga di pistoni e pisellone, ché  acceleri di “pistola” e la schianti, tamponandola per il suo squirt da Tampax.
Insomma, Tania va messa a novanta e premiata d’orgoglio patriottico, come ogni italiano che (non) si rispetti.
Tania è tonica e io, senza bon ton, tuono. Quando gliele suono, Lei “stona” senza cellulite perché non sa da che parte sta arrivando la chitarrina a volume alto.
Ma melodiosa me la dà e io son radioso.
Sono il t(r)uffatore!

Tania, voglio tuffarmi e affumicarti! Tu Cagnotto, io al largo ad allargartele sul mio “pneumatico” canotto con tanto di canottiera e bagnino da Chinotto, in quanto sono il cane con la bava e tu, umida, sii amido di burro m(ed)usa.
Ah, senti questo mare in burrasca. Proteggiti dalla tempesta nella grotta della scrotale sacca.
Sii marsupiale, sii “buia” per mie palle (s)comparse.

Ah, la costellazione di Orione. Ah, ecco la “solare” protezione.
Ecco ove metto il “becco”.
Beccatelo, batti il ferro finché è rovente. Poi, t’ingravideranno e solo chiatta salterai senza il mio boato ma in baita come tutte le rimbambite sulle spiagge.

Sono di “bronzeo”, ripeto sono uno stronzo. Ma anche tu, col tuo sorrisetto, non scherzi.
E dunque, prima di divenir una cozza, liscia sii UVA di vulvetta a mio prepuzio violetto.
Basta con l’orgoglio da tricolore. La voglio olimpica di calore. Odoralo. Altro che iridato.
Dai, la tua a me va data. E subito. Prima che cali il tramonto.

Quest’anno comunque, Tania Cagnotto d’Argento a parte (e che posteriori), segnerà il ritorno “in grande stile” di Keanu Reeves, dopo anni trascorsi a gigioneggiare da scemo in vacanza sabbatica.
Promette “faville”. Non solo un film “sognato” da dieci anni, una tamarrata sesquipedale che “assume” il peggio del Cinema “chiappa” (sì, nessune cappe ma molto d’accopparlo di “fioretto”, altra specialità olimpionica su cui “sforbicerei” nella Vezzali) e spada, ma anche l’esordio come “regista”.

Mah. Ecco perché Wolverine viene considerato un capolavoro. In mancanza del Keanu bello e dannato che fu, accontentiamoci men-o (e ci va grassa) del grosso Hugh Jackman.
Secondo me, se James Mangold continuava a girare film intimisti ne avrebbe giovato il Cinema umanista.
Qui, abbiamo uno Hugh Jackman allupato e a cazzo duro.
Mah, il dubbio rimane.

Comunque, in memoria del Keanu oramai defunto, citerò per voi tre Reeves che, volenti o nolenti, son ottimi.
Indovinateli.

Sì, Keanu ha lavorato con Bertolucci prima di rendersi un ebetuccio. A quei tempi, era un adolescente cresciutello da Hermann Hesse, un Siddharta.
Poi, gli diedero i soldi e imbolsì. Da cui la recitazione da stallone della Florida de L’avvocato del diavolo. Altro pastrocchio da salvare solo per un Pacino mostruoso, letteralmente goethiano e non, e per le “gote” di Charlize Theron a cui comunque preferirò sempre la rossa Connie Nielsen.

Utah oggi è andato. Sarò cinico ma, se devi concludere in “bellezza”, meglio un ultimo mercoledì da leoni alla Swayze. Che ora è ghost dopo il Cancro. R.I.P.
E pace all’anima nostra. Il Keanu figo di questo film s’è fottuto, travolto dall’onda anomala della rottura alle nostre palle.
A Selvaggia Lucarelli continua a piacere. Sì, fra imputtaniti ci s’intende. Da me, solo che pugni. Sono il surfista ai porci con le tavole imbandite.

Ho sempre considerato questa saga una Sega. Meglio il Mega Drive. Ci vuole il “trattino” fra Alfa e Omega? E la regola del menga? Bonalè, come scrive un barista bolognese con tanto di cartello e “avviso”: “Non si fa credito ai comunisti, perché sono un nazista e da me bevon solo le troie di bicchierini, sbirri piedoni dei più fascisti, e ariane di buon vino nell’ano, la mia è osteria numero vincente a chi più tira di birra tremenda”.
Almeno, se devi giocare, gioca con Carrie anche alla De Palma. La tua prossima Moss qual è?
Che cosa? Annalisa? Ma quella è losca. Da me, solo una Xbox alla Kickboxer di Van Damme.

Fra l’altro, proprio di Vandamme, oltre a questo, è in lavorazione il remake di Bloodsport.

Già. I tempi son peggiorati. Un Tempo, appunto, avevamo Jean, oggi abbiamo Claudio Baglioni rifatto.
E su tale stronzata, v’inculo.
Si sa, il canarino sta nelle tane e salta addosso a Tania Cagnotto. Non c’è la rima ma attento alla gatta.
Ah ah!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

Tania Cagnotto, great Woman


23 Jul

L’eroticus Pennywise, parte seconda


27 Jun

Diciamoci la verità.
Provarono a normalizzarmi con ogni strategia, conducendomi anche da svezzanti donne di malaffare ma non mi smossi, nonostante incontrai una ragazza normale che voleva lo stipendio.

Acquiescenze e dormiglioni a rubacuori invero poc’amanti della vita.
Decadentista, il Pennywise è ardito, rinomato in giullaresco “sfarfallare” nel bel mezzo di tal lor sparlar vano. Che stupida vanità, questi qua…
Salta come un maledetto d’ignota ma tangibile irritazione, tocca “cauto” sulla provocazione “legittima”, in quanto elevò le borie altrui alle sue serene glorie. Mai senile, giovanissimo. Non sarà, per quanto v’ostinerete a subissarlo di gelosia cattiva, adescato da “ambulanti” sirene.
Egli è balena bianca, arcobaleno lucido. Non puoi ucciderlo!
Innaffiato nel suo sparirti accanto, gira di qua e di là, menestrello dello sbrodolar fra cere orrende in castelli “principeschi”, ne smussa le prosopopee e col vento a prua vola notturno ad altro suo divertito, sbruffone sorriso che, in barba a tutti, non abbocca, non è un liofilizzato ma un rizzo colorato impressionante, tatuaggio ferreo e scostumato trucco sol che denudato dalle “nobili” nomee di massa dei ritoccati… Burocrati!
Di cui altezzoso se ne infischia di “fosco” allegrissimo. Ah, i tutori!
Fra le disumane sconcezze, gli abomini perenni, le reiterate ma oscurate, quotidiane, insistenti violenze, ne svela i “nascondigli”, a pianto mesto dell’aspirarli nel sogno stesso ch’essi affliggono d’illusoria sete e abbuffate mai soddisfatte. Affastellan parole su parole nel cinguettio ispido d’ipocondrie e altri alibi della scema consolazione, immaginari dolori per pan-ace-e invero… solo che sciocche siete, immolate al rubicondo (s)fregiarsene.
Ma il Pennywise che, di tal giornalieri imbrogli, n’è Egli stesso “sotterfugio” allo spuntar della Mezzanotte vera, incarna questa dissipatezza davver poco eroica, “pecora nera” dinanzi ai vilissimi usurpatori. Rifulge in Cielo, s’erige al buio come diamante a(l)itante!
A Luna eretta o calante ma splendente a scovarne le mutande.
Bevono sghignazzanti, s’ingozzano di sbronze ed escrementizi altri malati parti generano negli orridi geli tramandati.
Il Pennywise sghiaccia i gelidi.
Il Pennywise, floreale a non svender la sua faccia nel contrabbando degli attriti sociali ipocriti, volteggia a corte nello sfottere la stessa tovaglia (im)bandita sui mendaci florilegi. Al bando, sì, le cene dei cretini.
Coloro che (s)cremarono e infornarono a puntin’ dei puntigli su sudati denti senz’alcuna soavità.
In pastiglie si “posan”, pavoneggiandosi, ad apparecchiar lo smercio falsario, fluidificano la tetraggine in sguaiate “golosità” che, del solare, han perduto anche l’ombra coscienziosa.
Farlocchi, il Pennywise non è un allocco. Pensavate d’averlo sepolto vivo ma dalla bara scaturì il suo fantasma.
Chi troppo dorme, a lungo si risveglia. Un trillo acuto, acustico e acutissimo fra noiosi perditempo, più che altro perdenti della loro “tesa” esistenza e dei malintesi su finti tessuti dalle maschere intoccabili.
Lunga vita al Pennywise. Evviva chi ha il coraggio di sparare la verità!
Ah ah! Oh, rimbomba!
Il Pennywise non lo smonti, il Pennywise è giocattolaio contro i matti.

Questa è la sinossi, da me scritta. Avevate dei dubbi?

E ora spacchiamo tutto!

Mi son sempre saziato da virtuoso triviale e retrocedo nella “realtà” solo quando ne usufruisco in modo ammuffito. Del poster di Kate Moss in denudato ardor mio nello spezzarle la “lancia” a tanga di Tania, vado “liscio” d’altro libro

Sì, io librai nella fantasia, lavorai in Pinacoteca coi quadri dei pittori bolognesi, animati in mio “pennello proibito” su cherubini di Natura ambigua e, birichino, mi propongo bibliotecario per la libreria ove, di scrivania in manici di “scopa”, potrò scrivere “potente” in quanto patria potestà senza molti attestati ma preso a testate dai fidanzati “nulla osta”, gelosi osti da “mancia salata” per colpa del mio “articolo” scandalistico che, dopo averle sfilato i sandali, salì nei conti in sospeso di Lei che lo soppesò, detto anche “Farmi il culo dell’anello di fidanzamento da me tradito, dunque sarò sbudellato come al Colosseo in un farmi… a fett(ucc)ine alla romana”. Un farmaco tranquillante? No,Maciste nella valle dei farmacisti, famoso peplum di stronzata sesquipedale, “incentrato” di tal trama: Maciste scopre delle cisti, e da Vergine diventa il Cancro su ultime botte d’Ariete a donne cornute, perlopiù delle Madonnine-povere criste. Esagera, e lo fermano con dei neurolettici da chi troppo non va in bianco a letto ma le allatta nella stalla come Barabba. Non funziona e chiamano Sansone, al fine che glielo rimpicciolisca da discendente “parabola”.
Rasato, però denutrito della sua forza, quindi emaciato, giunge con una Samsonite a casa di un bell’abbronzato Maciste, e sfodera dalla famosa valigetta simil Mary Poppins delle troie col trolley. Sansone, deluso dal taglio di capelli alla Full Metal Jacket, fu castrato dai filistei ma non gli spaccarono le tempie, nonostante il temp(i)o crollato. Da allora, si vendicò come Jack lo “squacquerone”, adescando ogni topina per poi ridurla a formaggino.
Maciste: – Che cazzo vuoi, Sansone?
Sansone: – Un look alla Steve Reeves.
Maciste: – Non sono un barbiere, amo anche quelle barbute, mio sbarbatello.
Sansone: – Sono in missione divina. Devo punirti.
Maciste: – Allora, scendiamo nell’arena. Non aver fifa, tu che adesso solo sniffi da tossico e non annusi nessuna figa. Ora sei da lazzaretto, non da Dalila Di Lazzaro. Una che resuscitava anche i morti. “Alzati la gonna e camminava rinato”.
Sansone: – Accetto la sfida. Ti dimostrerò che non sono uno sfigato. Anche se m’ammazzerei, sono peloso, ho altre sei vite. Come i Gatti di Vicolo Miracoli prima che Franco Oppini si prodigasse al suicidio annunciato, sposando Parietti Alba. Una che ti svela, sveltona, la Notte di scopate sgambate e da “sgabello”. Con “quella”, Franco vide la Luce ma non più il Giorno. E fu sera e non fu mattina… Insomma, un Pippo Franco de Il Bagaglino.
Maciste: – Fai l’umorista? Sei un vignettista? Ti brucio come un pessimo fumetto. Avanti, usciamo.

Maciste e Sansone se le dan di “Santa” ragione. Crepano entrambi nonostante l’intervento delle ambulanze con le sirene… nel deserto dei tartari.

Che c’entrano i farmacisti? Sono la Croce Rossa d’insegna sonnambula.
Salvano il salvabile ma alle volte non bastano le aspirine.

Sì, Sabrina Ferilli era imperatrice a me l’“ammiratore” quando, adolescente, “esalai” nel “sognarla” poco ascetico eppur “gozzovigliante” da “poppante” immolato a suo seno imperioso e oggi decadente. Care principesse sul pisello, non ci sono cazzi che tengano più del mio. Il materasso lo sa. Infatti, è sempre bagnato dalla mia pipì.
Me la faccio nelle mutande? Sì, solo quando sono pigro nello sfilarle quel filino di vestito a mo’ di “filotto” da biliardo. Anche da bile, essendo tu un bidone. Aiuto, la badante mi fa da balia. E abbaia anche! Che bidet questa vita!
La dobbiamo smettere coi moralismi. Retrogradi, aggiornatevi ed aggradatevi d’abbuffate nello scivolare esaltati al mar “tempestato” di donne, nella cui levigatura dorata di gambe chilometriche, estasianti in avvilupparti la gola in permeato già madido di secchezza carezzevoli sulle labbra dolcificanti all’innalzato clamor “vacuo” del riempitivo a mo’ di perdigiorno, vi seccherete. Per altre secchiate alle secchione e un gavettone a una tettona. Non contenetevi, sboccati porgete lor boccali di bocche e doratene le già bionde con docce rinfrescanti d’arsura saliente al salato degli amplessi calienti.
Sprofondate, e vibrerete “fluttuanti” in orgasmi “lucidanti”. Sì, sono Lucignolo, miei “usignoli” ne siam assetati di voli “pindarici” in tal sguazzar “annuvolati da pensierosi” e quindi umorali in una serenità atmosferica della burrasca su un (a)temporale issarci estivi anche nell’Inverno dei ricordi maligni e poco perciò a strizzarci in femmine “levitanti” il nostro “leviatano”. Ah, anche anali osate, osannate l’osé, e non rinnegate il piacer’ del toccare con semplice ma efficace schizzare, ondanti e venenti in saponi detergenti, acque bollenti che prima intiepidiscono la miscela dei “rubinetti” e quindi a Lei, di getto, esplodono in dighe ché sei figa oceanica, immensità del Cosmo e comodo ti entra senza Condom ma Condor, uccello rapace, di tutte sbrananti sullo sbrinar l’impudicizia delle troppo assidue inibizioni, mia gabbianella.
Sì, Uomo, aziona il “panettiere” che sempre hai dileggiato, credendoti d’altra “cresta” e gettando le molliche al “rovo” per “perdenti” da rovi(nare).
No, so che anche tu, “intellettualotto”, dietro quel paio di occhiali, vorresti “appaiarti” col tuo palo nell’ingrandimento a contatto. E piover su di Lei, sudato, in rugiada gocciolante un dissanguato abbracciarla con tattili tattiche ed erettile nella na(u)tica.
Sì, tu che fingi di amare il Cinema “elevato”, sei solo come tutti… un bassotto per le cosce di Tania Cagnotto. Quand’Ella si tuffa, plani nell’immagine umida del suo costumino rizzante da santarellina, che salto dal trampolino, a ogni “abboccante” tuo volerle schiumar sui boccoli in coccole vertiginose, massaggianti di tanta Donna su cui anche il più “tosto” Ercole vorrebbe “colare”, patendo le vertigini del suo muscolo per quei quadricipiti. Le sue caviglie, sottili, delicate nello “scioglimento”, abissali perdizioni a immolarci per la muliebrità di questa delfina. Finissimi piedi da solleticarci in circumnavigazioni da squali.
Solo tu, non vuoi squagliarti. Sei un guaglione di piccolo taglierino, tira fuori la quaglia e arrostisci il pollo tuo di pelle amante della Donna natante. Ah, come rosoli! E innaffi di vino rosato!
Tania, io ti voglio con zoom e zampettare a circondar il tuo petto nell’impettita Cagnotto che, durante l’atto impuro, diverrà con me cagna, per poi allargare e allagarti.
E di cuccagne, a torso nudo, mia rana per il Principe dorsale, sarai stile d’una staffetta in te “staffilato” in albero maestro. A poppa al vento! Col timone di te che imbarchi e sei crociera di sc(r)osciate.
Affilati a me, affida le bollicine al bollore. Che effervescenza!
E vedrai come nuoterai da campionessa su mia faccia da pesce lesso.
Insomma, Tania, dammi il tuo cellulare a cristalli liquidi, e solidifica la “tastiera” del mio touch mai “incrinato” mahard appena il tuo pezzo… appare nello screen e io non posso che adorar la tua schiena da crema solare, ondulando come uno splash.
Sei perfetta, neanche un grammo di cellulite, quante stalattiti quando attillata “stiri” di carpi(a)to.

Che c’entra Kate Moss? C’entra tutto. Si fotografa anche Lei a bordo piscina, e il mio pisellino diventa accrescitivo. Fa buchi da tutte le parti, me ne affogo. E sbraccio con foga.

Johnny Depp lo sa. Quella sua oggi faccia da eunuco ha conosciuto un monte (stavolta siam passati alla rocciosa recitazione dopo il volto liquido da espressivo, che stella questo marinaio!) di dossi, dolls e giocatrici di volley fra undolly e una pecora.

E si fa pur dar del Tonto!

Non ci crede nessuno!

Winona Ryder può garantire il tuo indiano a cavallo davvero selvaggio.

Fidati, Johnny.
Oggi, sei una merda, sia come uomo e sia come attore.

Rivogliamo Dead Man!

Meglio Daryl Hannah. Doppia di Ah, prima h davanti poi didietro di urletto.

Eh eh.


 

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Splash – Una sirena a Manhattan (1984)
  2. The Lone Ranger (2013)
  3. Pirati dei Caraibi 4. Oltre i confini del mare (2011)

Meglio Russell Crowe di donna maschiaccia?


26 Jun

Lunga prefazione quanto il tuo cortometraggio che dura pochi minuti poiché eiaculazione precoce di sfondo nero!

Ah ah!
Basta con le donne, il tonno e la minigonna! Voglio il Cinema senza cremine né cremosità. Evviva Russell Crowe! Rude! Biblici, siamo in bilico. Non in ballo, miei belli!

Come sta? Male, un mare di merda, come Johnny Utah nel Point Break. Lei invece? Bene, come Carmelo amletico il pugliese. Ah, allora ci gustiamo un Russell Crowe? Non facciamoci i pompini a vicenda! 

Non è un pulp fiction, non è un polpettone né un peplum ma un sandalo a paraculi scoperti!
Giù di botte(ghe)!
Come lo preferisce? Asciutto, cotto, al limone o con la panza? L.A. Confidential? In confidenza, non vale un salmone affumicato!

Momento decisivo nella carriera di Russell Crowe, il neozelandese venuto dal nulla e, nel giro d’una manciata di film, a far incetta di riconoscimenti e grandi ruoli.
“Fallisce” con Insider, ottiene solo la nomination. Un’interpretazione clamorosa, camaleontica in stile De Niro. Un ricercatore che, dopo una confessione a “spifferare”, viene tormentato dai nemici della sua multinazionale.
Non è rima baciata, ma una vita rovinata, sul lastrico infangata. Colpa del tabacco! Non fumare sigarette avvelenate nel Cancro delle soffiate. Ah ah!
Ma non demorde, a costo di perdere anche dei chili… ah ah, si chiama “dimagrimento da immedesimazione del mettiti nei miei panni, mia moglie m’ha lasciato senza la custodia dei figli ma, in compenso, son stato affidato al sociale. Lì, riesumo ricordi da non macerare”.
Così, “macina” una guerra legale, ossessiva, da fil del rasoio, appaiandosi al grande Al Pacino. Quest’ultimo, in una delle sue interpretazioni maggiormente misurate m’altrettanto efficace. Anzi, di più. Sibila diabolico di rabbia nei patti giudei da giornalista prima “servo” e quindi di nuovo Serpico.
Molleranno entrambi, travolti dall’ingiusta “legge” a privilegi di chi sta in alto e soprattutto comanda l’audience di massa.
Russell perderà ai punti, ma ricucirà il torto nella pelle sudata del gladiatore titanico.
Ecco il Denzel che spunta a farlo nero! Il Training Day, pischello di un pisellone, mio Crowe. A sputtanare la sua schizofrenia da beautiful mind. A fargli saltare le cervella perché voleva intascare l’Oscar in modo “matematico”.
Ah, c’è Washington, l’algebra del dotato… attore che nasconde la Magnum da trenta… nell’applauso-metro!
Invero, Russell è sempre stato un picchiatore da Cinderella Man, che sono queste allusioni con tanto di finto tonto da Stephen Hawking?
In poche parole, la vita è come un libro di filosofia. Per quanto tu possa impararlo per l’interrogazione perfetta da 110 e lode, troverai sempre della polvere sospetta su tua moglie. Che ha studiato lo sperma più pragmatico, salvo contraccettivo della bocciatura, previo aborto del bel malloppo in precoce eiaculazione “estratto conto”. Eh, sì, la previdenza. Le divine provvidenze d’un Dio, appunto, che “intervenne” per evitare “evirazioni” da una che poi ti avrebbe obbligato al divorzio, mio “Abramo”.

Sempre a dissertar di coiti, la colite, la gastrite, la cocaina, sul carino e aggiustar i cardini dello stipite. E Carducci? Rivogliamo il pargoletto, non questi porchetti! Ridatemi la gola! Me l’hanno tagliato!
Per non spegnersi da coniuge non da te attizzata, ieri Notte l’amante ha appiccato il fuoco al suo ombelico. Ma non è venuto neppure “quello”.
Ah,altrimenti eran guai e cazzi da mantenere. Sì, anche in caso di figlia femminile, se non hai soldi, come poi si fa?

Al che, sconsolati, c’affideremo al Russell di Aronofsky. Come si suol dire, si salvi chi può. Salpiamo con l’Arca e Noè ai Matusalemmi, ai salami e a Vincenzo Salemme.

Insomma, se butta male, buttiamoci in mare. Qualche sirena troveremo. Speriamo non della Marina a ritrovarci come “scatole nere” della cranica carcassa. Siamo da cronaca rosa. Da fiocchetti azzurri! Non siamo dei negri! Che volete? Che lavoriamo da schiavi e non chiaviamo? Basta, il troppo stroppia, ti stropiccio e te le strappo pure col purè.
Che casino. Quest’esistenza era meglio condurla in casina. Da quando mi son rimesso in “moto”, patisco solo più soffocamenti e apnee.
Non faccio pena perché uso le pinne e mangio una penna all’arrabbiata con stile puttanesco dal “ridermela” sotto i baffi e anche di “secondo” alle cozze. Non ricevo il dolce, ma lecco una banana da solo. Dicesi masturbazione ai frutti di bosco.

Ricordate: sono un genio di “specialità”, sono la piovra che provoca e rimane un inchiostro non smacchiante, sfoggio la credenziale di ottimi libri pubblicati da ripescato e a prendere tutti i detrattori a “testate”. Sì, in quei quotidiani, nello spazio “Spettacoli” è un allagamento di ovvietà da lasciar sgomenti.
Preferisco le gomitate a chi vorrebbe “imbarcarmi” nel suo gommone da “bagnanti” stupide che “masticano” nella gomma riciclata del ciclostilato.
Non mi dai credito? Abbiam perso anche le banche!

Sì, non mi svendo per pigliarla… come viene e in modo “avventato”. Sì, la storia del dove “tira…” il venticello.
Di mio, “vengo”, vorrebbero che morissi ma posso solo che esserti svenevole, Donna.

Da me, tienilo a mente e anche “dentro”, lo avrai sventolante.
Anche quando vestirai una vestaglia attillata. Più aderisce, più ficca liscio.
Già. Gioca la Nazionale e la bandiera è patriottica nel tricolore sullo stringersi nel tifo caloroso. Voi siete così. Preferisco tutti gli inni nelle donne mondiali. Nelle calze a rete insaccate.

Su questa cazzata, o cazzate che “dar” si voglia…, mi congedo. Non ho ecceduto… detta fra noi, sto cedendo.
E l’uccello sta colando… A picco? A due di picche?
No, ad appiopparvelo planando pian piano, mie donne d’altopian(ofort)i.

Ah ah. E qui ci sta la risata Tonino Accolla in faccia Eddie Murphy formato “Vai a prendere per il culo un altro. Tu dammela con quell’altra”.

Orgia? No, il litorale di Ostia.

Sì, so ironizzare sulle mie grandi e piccole sciagure, la vita riserba pochi grembi, molti reparti di maternità per le donne che non usan precauzioni, da cui il detto “Se azioni, devi azionare il fe(re)t(r)o, colpevole della frizione”. Sì, le donne frignano per un “uomo” sicuro di sé, si lamentano se ha troppe palle perché gliel’estraggono durante l’ingravidamento e gemono ancor prima d’ovulare nel parto che spesso è cesareo per smorzare altri patimenti. Molti di questi non rispecchiano l’interno cosce, né le interiora del dolore. Sono suggestioni.
Sì, molte assistono alla “collega”, assistita da “Madre Coraggio” ancora prima di diventar la “testimone” Milf generante e poterne soffrire il seno ingigantito da congetture e confettura. Spesso, generano solo geni(tori) malati da propagare di pessima “educazione”, più che malsana da sputar al figlio già nell’utero “in naftalina-innaffiato-detergente intimo da Edipo sull’adipe-abluzione-suzioni di pancione levigato nel modellante dietro abiti smagrenti… che arpie! Arpa! Suonagliele!
Da tali “benedizioni”, nasce appunto la nostra generazione. Tutt’al più stimabile perché ha avuto troppo dai genitori, quindi “passiva” per non denunciare il Male tramandato del già malessere post-sessantottino… figuriamoci se la madre indossa la quinta e ha la prima elementare, femminista semmai è sessista e castratrice anche da viali del “Vai con Dio, amigo, grazie per la minchia, una buona amicizia da micini”. Sì, camionisti di Viagra “pneumatico”, quelli “sgommano”, eh! E accelerano nel raddrizzarti.

Gli “adulti”, della cui “classe” dovrei appartenere per anagrafe ma non per “grafia” mentale, essendo più maturo di loro ma meno vecchio, stimolano la diuresi perché ti sollecitano solo a farti “valer” da “duro”.
Vai al bar e senti frasi da “lord” dei castelli della Loira, peni “pensanti” del topo(s) “Lorena è renna di mie antenne nell’altalena con le candele al cocktail frizzante”.
Mah, sarà un problema di lampadari del locale. Sono inter-mittenti, emettono afasici e lunatici. Se la Luna è piena, la riempi, altrimenti meglio i pannelli solari. A cui preferisco comunque i lucernari nei loculi del cimitero. Sì, viver nelle tombe èmeglio di questi tipi da tombini e abitacolo di macchinone. Uno di questi, ad esempio, è nato a Piombino ma vuol bombare di “piombo”. Ma non lo dà a vedere. Le donne gli piomban addosso anche quando veste come al funerale. Quante macchinazioni, come in Parlamento! Ha ragione Battiato Franco. Ci son troie ovunque!
Com’è possibile? Sarà un pilota “automatico” dell’aviazione. Sì, quando “vola”, spara a pelle, si chiama istinto appunto mammario dell’ingranar la marcia. Al che, mi viene il dubbio che possa essere un carabiniere. Eh già.
A ben pensarci, ha la carabina nella “fondina” di grilletto “facile”, quindi è per “forza” uno da “bambine”. Non c’è la rima ma la trombatona. Hanno anche le trombette. Che bamboccioni questi erettivi. Da me, non possono esigere nulla. Solo svuotarli.
Con tanto di marcette. Appunto. Se son marci, marciassero di niente.

Detta come va detta: è uno sporco Mondo, figli di puttana. Non mi renderete incestuoso al suo magma.
Alla lava di quest’accoppiamenti “sotterranei”, prediligo il ragno. Il ragno non deve neanche spolverare le ragnatele. Sta per i cazzi suoi nel soffitto e non scende fra gli asfittici.
L’unico problema è che talvolta farfuglia nell’appiccicare le mosche. Una fissa che deve sbrogliare ogni volta che le affigge. Mah…

Quindi, stia zitto e mosca. Meglio un moscone alla Capitale dell’ex Russia.
Sì, in poche parole… la guerra fredda fu “prodotta” dai guerrafondai e io amo fiondare…

Su quest’ambiguità, v’abbandono al palmo di naso perché dovete saperlo: non palmate ma indossate tutti i “pantaloni” che mentono anche quando sono “pronunciati” di “bernoccolo”.
Ah, da zoccole durissime…, vedi?
Non è (con)veniente. Prima, devi slacciare la cerniera e potrebbe rimanere incastrato.

Fidatevi. Vi successe. Per me, invece, è sempre un (suc)cesso.

Buona notte e lava i pattini dopo i piatti. Devi pattinare sulla mia argenteria.
Devi lucidare ma non leccare. Ti leccherà il direttore, segretaria.
Da me, solo una sviolinata col mandolino di come ti ho già scordato ancor prima d’averti ficcato in lavatrice e scatarrato. Quale chitarra! Il tartari ai denti? La dentiera!
Altre che corde vocali. Il tuo orgasmo fu stonato col mio bon ton. Vai sol che scaldata. A novanta? No, giriamo la manovella.
E centrifughiamo? Che facciamo di fighe? Non faremo proprio nessun voltaggio. Io volto a sinistra, tu di Destra, e accavalli perché non si noti al Centro. Storico? No, sei stoica. Prima o poi la offrirai in bella vista?
Non credo. Sei asessuata e anche assatanata, quindi un Angelo.

Grazie, condoglianze, evviva la doglia, abbasso le voglie, su con la noia.

Soprattutto se la Donna è malinconica. Sì, più “piange” e più va consolata. Basta con le anoressie da insalate. Saltiamole addosso di “pomodoro”.

Sei diretta?
Ecco il diretto? Un pugno? No, un treno per Prato.
Vicino a Firenze?
No, provincia e basta con le discriminazioni.

E poi diciamocela: questo Cinema dei santini è solo che oppio per il popolino.

Voglio le tette, basta con le epopee e Poppea.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. La Bibbia: Salomone (1997)
  2. La Bibbia: San Paolo (2000)
  3. La Bibbia – Giuseppe (1994)
    Il bue è asinello. Ci vuol la zappa!
    Altro che Gesù.Non bestemmiare il Cristo.

Genius-Pop

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