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Il doppiatore par excellence è LUCA WARD?


03 Apr

luca ward

Marco Montemagno, “comunicatore” doc un po’ meteora, intervista il critico Paolo Mereghetti ma entrambi non sono ferrati nelle loro materie e forse sono banali materialisti?


22 Jan

monty montemagno

Evviva il meteorismo! Ora, Montemagno è un uomo che sta sempre più cifre pazzesche guadagnando, sfruttando la comunicazione SEO. Intanto, l’appetito vien mangiando. Districandosi di qua e di là fra libri di dubbia attendibilità e interviste d’altrettanta inconfutabile, no, (in)contestabile validità e qualità. Eppure, nella sua arrampicata socio-economica senza pari, forse da Hilton Paris o solo da paradiso, comparabile alla scalata di Reinhold Messner senza bombole d’ossigeno sull’Everest, insomma, da uomo della seggiovia, no, da apripista sciistico, no, da arrivista furbamente mellifluo, oserei dire cinico e studiatamente ruffianissimo, Montemagno assomiglia a colui che azzeccò la schedina vincente nel film Al bar dello sport di Sergio Martino, vale a dire Banfi Lino, raggiungendo il Montepremi. Salendo sulla Mole Antonelliana, da Lino ribattezzata Mole di Antonello, decantando le vette alpine che, da lassù, in quel di Torino si possono ammirare all’orizzonte, vicino al confine. Ovvero, il Monte Rosa, il Monte Bianco e…, forse festeggiando la sua vincita miliardaria da super fortunato con un barattolo gigantesco di Nutella da Bianca di Moretti Nanni oppure mangiando la torta intera, anzi il delicatissimo dessert Mont Blanc. Sì, Marco magna il suo dolce… senza volerlo ripartire a fette. Uomo non nazista gerarca, il Marco, bensì scalatore della dura piramide gerarchica. Uomo emancipato, oramai quasi arrapato, no, d’altopiano più ambito, no, un altolocato forse amante di sua moglie, non so se bella come Laura Morante o premio Nobel come Elsa Morante, oppure graziato dalla divinizzazione di sé stesso che, in maniera capziosamente affettata, leggermente affrettata, sta ottenendo soldi e patate, no, a palate grazie alla sua veloce, persuasiva, assai scaltra parlantina da volpino dal pelo candido e pulitino… Uomo spumeggiante, light e piumato. Brinda di grandi spumanti il suo “furfante” o il suo essere scafato malandrino? Uomo navigato, il Montemagno, che lecca tutti a mo’ di gelato Magnum. “Sommariamente”, miei somari, senza in testa la brillantina, in quanto Marco è sul pelato-stempiato quasi attempato, sì, vicino alla pasciuta (finanziariamente parlando) cinquantina da emigrato non alla Lino pugliese in Piemonte ma a Londra ove poche volte, probabilmente, mangia la pastasciutta, Montemagno stappa uno spumantino ed è salito in cima non al K2, bensì sulla sommità di esagerate, pecuniarie somme.

Come se la cava da tuttologo affamato di scibile, obiettivamente? Insomma… Dopo aver intervistato Insegno Pino e Stefano Accorsi, al suo capezzale, Paolo Mereghetti è accorso. Ma tutti e due, a mio avviso, necessiterebbero del soccorso. Perlomeno, di una controllatina da una crocerossima… Loro succhiano un tiramisù da Antica Gelateria del Corso? No, s’arruffianano la gente che, rispettivamente, dalle labbra pende di Lavorability e del Dizionario dei Film scritto dal critico del Corriere della Sera. Il Mereghetti, chi sennò? Celeberrimo opinionista cinematografico che ha un privilegiato editoriale sul più culturalmente celebrato quotidiano nazionale succitato, scrivendo spesso impagabili, assai pagate stronzate, dicasi altresì recensioni sciatte e svergognate, impudiche e spietate. Marco Montemagno di Cinema ne capisce quanto una ragazzina di 18 anni di Instagram che fa sfoggio dei suoi brufoli curati dal Topexan su addome perfettamente piatto, palestrato e gambe depilate in virtù di strepitosi pilates, mostrandola, no, esibendo sua tartarughina comprata allo zoo di quell’animale del suo fidanzato, sinceramente un quarantenne non disoccupato, neanche debosciato, però ignorante come una capra ma ricco sfondato. Eh sì, nella vita ci vuole culo, miei iellati e “caramellati”.  Bisogna farselo per farsi… il Brand oppure Love Brandi. Bevendo poi, felici e contenti con lei strafatta eppur soddisfatta, eh già, un brandy o un Martini con Colombari Martina oppure con un’altra donna, si fa per dire, coglionata. Molte volte, codesta è stata all’università trombata oppure sempre promossa poiché raccomandata, diciamo anche cazzuta, no, fottuta…e vai di spintarelle, di veline e di vedo-non vedo… dell’ipocrisia più troia di questa vita put… na e lurida.  Montemagno chiede a Paolo se qualche regista italiano che Mereghetti stesso disprezza, eh eh, si sia contro di lui scagliato. Palo sostiene che nel suo ambiente è criticato ma al contempo stimato.

Lezioni di Scienze delle Comunicazioni, forse di un’inutile istituzione creata e patrocinata da Umberto Eco, autore de Il nome della rosa, il suo unico capolavoro, cioè un trombone e un finto sapientone…

Paolo non disprezza, invero, alcun regista. Sì, egli valuta di esegesi personali, non so se con della fine ermeneutica, ogni film da lui visto, compreso The Mule, non solo per il Corriere ma al calar della sera. Spesso lui stronca in forma apodittica e aprioristica, diciamo prevenuta e qualche volta ballistica. Se ne frega se i registi contro i quali lui si accanisce in faccia gli stranutiscono, no, starnutano, no, sputano. Non ha prezzo il suo metro di giudizio, in effetti, se vogliamo essere dei puristi della lingua, come appena dettovi, Paolo nessuno disprezza. Diciamo che non molti apprezza. I costi dei suoi aggiornamenti dizionaristici hanno elevatissimi prezzi poiché Paolo vuole essere ottimamente retribuito in quanto auto-definitosi il critico più letto e amato, il più elevato. Dal canto suo, Montemagno non gli è da meno. Non pretende, a differenza di Netflix, che gli iscritti al suo canale YouTube paghino una quota mensile, altresì viene cospicuamente remunerato dagli annunci pubblicitari pallosi, un tantissimo ogni due minuti, che disturbano e interrompono la visione dei suoi filmati ottenenti migliaia di visualizzazioni a mo’ di pausa “ristoratrice” fra il primo tempo e il secondo. Paolo Mereghetti ha assegnato voti mediocri a tutti i film di Scorsese con DiCaprio eppur afferma che è grazie a Scorsese se il bel Leo è arrivato. Dove o con mille donne? Paolo conosce bene la bavetta, no, la gavetta e i ferri del mestiere. Infatti, non si ricorda il nome dell’attore premio Oscar per Il ponte delle spie, ovvero Mark Rylance. Poi, tardivamente, gli sovviene ma non lo perdoniamo e presto sarà citato in aula di tribunale dal giudice Frank Langella de Il processo ai Chicago 7. Sarà assolto da ogni accusa, no, da ogni refuso e lapsus freudiano se reciterà il rosario e avrà il coraggio di ammettere che è troppo precipitoso nei suoi verdetti mai finali. Alzando a tiramento… le stellette in base a ciò che più, col passare del tempo, risulta accattivante e conveniente. In base a ciò che maggiormente lo aggrada. Gli sarà tolto un grado.  A Paolo di ciò non frega niente ed è come il miglior Cinema d’annata. Riesce a unire l’utile al dilettevole, ci tiene fermamente alla sua dignità professionale inviolabile e contemporaneamente vuole offrire ai suoi lettori un punto di vista facilmente fruibile, associabile a un blockbuster divertente, intrattenendo ogni “utente” con una prosa piena di colpi di scena esilaranti, mescolata ad osservazioni pungenti e polemiche alla maniera di Ken Loach e della Settima Arte impegnata. Paolo è il Kubrick di Shining. Sì, il suo dizionario è Arte pura che appassiona e, al contempo, fa godibilmente paura. Con la “piccolissima” differenza che, più che paura, fa pena quando Paolo si lascia andare a triviali battutine sulle donnine a mo’ di Ezio Greggio de Il silenzio dei prosciutti. In quanto Paolo, dinanzi a ogni attrice che scoscia, non riesce a resistere alla tentazione di lodarne le forme estetiche assai graziose e burrose. Paolo adora, per esempio, il delizioso culo di Joanna Pacula e asserisce duramente che Zandalee valga la visione solo per Erika Anderson perché, in tale pellicola inguardabile e “sudaticcia”, Erika è indubbiamente un’inaudita fig… na. Ce la dia, no, ce la vogliamo dire tutta? Uomini e donne, alle prossime erezioni, no, alle prossime elezioni, votate il Falò. Il più severo povero cristo, no, intransigente ed integerrimo Critico di Cinema del mondo, soprattutto di sé stes(s)o. Infatti, a forza di fare autocritica, è un uomo che è riuscito a essere bello e maledetto come Marlon Brando di Ultimo tango a Parigi, conservando orgogliosamente le sue origini e il suo onore da Sophia Loren de La ciociara. Insomma, il Falò, un soprammobile, no, un sopraffino critico perfino più bravo di Francesco Alò. Ohibò, ah ah.

Marco Montemagno, detto Monty. Chi? I Monty Pithon o Montgomery Clift? A Mereghetti Paolo piace da morire Un uomo tranquillo. In questo film non vi è Monty, bensì John Wayne. Uomo che fu sceriffo di grossa stelletta. Mereghetti reputa The Irishman un grande capolavoro. Chissà quante stellette darà a Gray Horse, il prossimo film di Scorsese. Se lo stroncherà, non avrà scampo. E gli farò lo shampoo, no, lo scalpo. Giù il cappello! Sì, anche io dinanzi ad Erika Anderson divento un selvaggio e mi scappello.

Comunque, Nicolas Cage è L’ultimo dei Mohicani? No, non è proprio cane, dai. In Zandalee, spinge…

di Stefano Falotico

montemagno mereghetti

 

La nobile arte del doppiaggio spiegataci da Pino Insegno e i metodi Stanislavski e Lee Strasberg “impartitici” da Stefano Accorsi


27 Dec

Lasciami+Andare+Closing+Ceremony+Red+Carpet+cVGqgmd43WhlSu suggerimento di un mio amico, ho guardato ed ascoltato molto volentieri le interviste del celeberrimo Marco Montemagno rivolte rispettivamente a Pino Insegno, doppiatore oramai provetto e fortunato ex marito della bella e sexy Roberta Lanfranchi, oggi sposato con l’altrettanto pimpante e sgambettante, no, sgambata e non so se in gamba, Alessia Navarro, e a Stefano Accorsi, famoso testimonial indipendente, no, pagato in modo davvero rimarchevole, forse un po’ da marchettaro, indimenticabile nel Maxibon ché two gust’ is megl’ che one, detto in cadenza strascicata alla bolognese di s alla James Bond/Sean Connery menzionato da Insegno, celebre Dino Campana sui generis di Un viaggio chiamato amore per la regia di Michele Placido. Dino, uomo per nulla placido, abbastanza turbolento, molto simile invero all’Accorsi de La stanza del figlio di Moretti Nanni. Dino, non quello di dammi un Crodino ché mi devo rifare la bocca di un altro sport, no, spot degli anni novanta arcinoto, quasi da circolo Arci, Dino, molto poco campano, infatti fu di Marradi in provincia di Firenze, “pazzo” alla stregua del pittore Giuseppe Arcimboldo, assai meno banale di Massimo Boldi, Dino, da non confondere con Dean Martin e con George Clooney del Martini. Ah ah. Comunque, a Lisa Snowdon, ex di Clooney, preferisco Colombari Martina.

Stefano Accorsi, protagonista popolare di Radiofreccia, interprete di Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enza Negroni. Ho detto Negroni, da non confondere con l’illustre, oserei dire egregio signore, no, esimio cocktail dello stesso nome. Che piace molto alle signore così come l’Accorsi, ragazzo dai sani valori, più che altro da Antica Gelateria del Corso con limonate e peperonate servite in modo macchiato caldo alle sue ex donne più gustose d’un frappè al cioccolato.

Ho detto Jack Frusciante, fra l’altro. Non Federico Frusciante, gestore della videoteca Videodrome di Livorno che omaggia il capolavoro omonimo di David Cronenberg, ho detto Jack Frusciante, da non scambiare con John Frusciante, straordinario chitarrista epocale dei Red Hot Chili Peppers.

Ho detto Red Hot, da non confondere con hotdog, da non scambiare per una chat erotica.

Comunque, molta gente è tarda di comprendonio e, per anni, confuse Hotmail per un programma, in tarda serata, con Manuela Falorni, detta Venere Bianca. Ho detto Venere Bianca, da non confondere con la Black Dahlia, da non scambiare con David Bowie, detto il Duca Bianco.

Tornando a Nanni Moretti, bisogna avere gusto a tagliare il Mont Blanc, forse anche a digerire chili di Nutella da una confezione gigantesca in Bianca. O no? Oppure inevitabilmente ti viene il fegato amaro se vieni puntualmente snobbato da Laura Morante della quale sei da sempre innamorato.

E non c’è verso che lei ti caghi anche se le dedichi i migliori, più alti, poetici, deliziosi e squisiti versi. Sei un tipo introverso, forse, a lei forse piace Enrico Lo Verso.

Accorsi con Lo Verso girò Naja, Laura tanti ne girò, non te la dà e ti dice solo: stai buono, anche se sei maxi-bono come Stefano, vai a nanna.

Ho scritto Red Hot Chili Peppers. Da non confondere con Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, da non scambiare con gli anfibi Dr. Martens.

Stefano Accorsi, ex marito di Laetitia Casta. Scritto senz’accento sulla a di… ammazza quanto sei bona.

Laetitia, donna tanta, donna però non tanto castana naturale. O forse è davvero bionda e casta? Lo sa Louis Garrel. Se fossi in Louis, la lascerei subito. Una così attizza mille sguardi e non so come faccia, il Garrel, a non essere ancora impazzito come Dino Campana.

Stefano Accorsi, ora sposato con Vitali Bianca.

Ecco, interviste molto belle quelle di Montebianco, no, di Montemagno e risposte garbate dategli dai suoi intervistati. Uomini più fortunati di chi, per dirla alla Lino Banfi di Al bar dello sport, ha vinto il Montepremi.

Però, non esageriamo nell’autoglorificazione. È vero, sì, Pino Insegno ha fatto la gavetta e ora, dall’alto del suo apprendistato e del suo rimarcare vanagloriosamente che è/sia un professionista (nell’intervista l’avrà ripetuto ed evidenziato, con voce stentorea, almeno diecimila volte), vada giustamente orgoglioso dell’essere cresciuto esponenzialmente come doppiatore dopo la sua parte da “Oscar” di Roberto Vacca nel “capolavoro” Mezzo destro mezzo sinistro – 2 calciatori senza pallone con Andrea Roncato, bolognesissimo, ma m’è parso troppo imbrodante quando ha modulato la voce nel farci sentire come s’impostino le corde vocali per recitare un audiolibro con delicati, romantici melliflui toni toccanti.

Di mio, su Audible, vi sono miei tre audiolibri da me recitati. Presto, saranno quattro e non mi sono avvalso della compagine tecnica di Pino. Non sono così ben attorniato. Non ho neanche come strumentista Pino Donaggio. Sapete che farò? Andrò alla gelateria Pino e gusterò un cremino, forse mal digerendo il mio essere spesso un cretino.

Pino che, nel ri-doppiaggio di De Niro nel secondo Padrino, a dircela tutta, fa sinceramente un po’ schifino…

Per quanto concerne Accorsi, che dirgli? Come Primo Ministro in The Young Pope di Sorrentino, be’, è meno credibile dell’attuale Presidente del Consiglio quando sostiene che non vi saranno altri lockdown e, nel mentre, dietro di lui assistiamo al volto da sfinge assai bugiarda del Casalino…

Accorsi, Il giovane Casanova, ci vorrebbe far credere che, per interpretare Made in Italy, utilizzò i metodi Stanislavski e Strasberg.

In tal caso, è meno credibile di Al Pacino come psichiatra forense in 88 Minutes.

E di De Niro in Nascosto nel buio. Poiché dubito che il Bob, per la parte dello psichiatra specializzato nell’infanzia che vuole fare sesso con Elisabeth Shue, la co-protagonista di Karate Kid e allo stesso tempo di Via da Las Vegas, educando una ragazzina in questo film più brava di lui, Dakota Fanning, abbia adottato un metodo recitativo d’immedesimazione alla Raging Bull. Rivolgendosi, per lo studio del personaggio, a qualche psichiatra del reparto SPDC dell’Ottonello dell’Ospedale Maggiore di Bologna ove, probabilmente, saranno ricoverati ragazzi con insanabili disturbi paranoici e deliranti, affetti da fobia sociale e maniaci depressivi con gravi tendenze al suicidio a mo’ di Angelina Jolie di Ragazze interrotte o della figlia di Meryl Streep, assieme alla sanissima, non proprio santa, Amber Heard, quest’ultima nei riguardi di Depp stronzissima, in The Ward di John Carpenter.

Una volta, un bolognese d.o.c., sì, di origine controllata, non Accorsi, nemmeno Andrea Roncato, neppure io, nato al Sant’Orsola, ovvero Pier Paolo Pasolini, soprattutto nella versione di Abel Ferrara con Willem Dafoe, disse:

l’inferno sta salendo da voi.

Ecco, non sono Pasolini, non sono così esaltato da credermi un chitarrista come Frusciante…, a malapena infatti so suonarmele da solo quando mi flagello perché sono troppo bello per non essere emarginato, traducibile letteralmente con indiavolato, no, invidiato, sono molto autoironico in merito alle mie epiche sfighe passate ma non desidero che Insegno m’insegni a recitare il ruolo che mi sono cucito addosso più delle stigmate di Padre Pio. Non amo le false zie e le donne fintamente pie.

Quale sarebbe questo ruolo? Quello di Dafoe ne L’ultima tentazione di Cristo? No, quello di Sylvester Stallone in First Blood.

Traducibile in… tutti pensano che io sia un povero pazzo coglione.

Ecco, in effetti Rambo è lo scemo del villaggio. Infatti, Pino Insegno e Stefano Accorsi non sanno recitare Dante. O forse sì. Secondo me, sarebbero bravissimi.

Ma li reciterebbero a modo loro. Il modo Falotico è un altro. A dirla tutta, non m’identifico in Rambo. Tipo troppo cattivo. Facilmente permaloso oltremodo.

Sono uno sfigato come Rocky Balboa.  Me ne sto per i falliti, no, fatti miei. Non voglio però essere provocato da nessun Ivan Drago o da qualche fanatico di Stalin. Neppure dal nuovo Charles Manson o da Mason Dixon. Sapete com’è. Qualcuno… potrebbe prenderla a male, si potrebbe arrivare alle mani e io potrei prenderne davvero tante… Sì, mi macellerebbero. Avrei la faccia fracassata. Ma anche loro tornerebbero a casa con le stampelle. Sono un rompiballe? Citando Vasco Rossi, spesso sovreccitato, no, sovrastimato e troppe volte, a sproposito, citato:

Forse non lo dici, però lo sai, e non andrai in para… diso

Forse non lo dici, Però lo fai… E questo non è mica… bello

COME STAI, Stefano? Bene, grazie, si tira a Campari. Sì, un Campari è meglio che campare.

Come state, compari? Non è che avete sposato una comare?

A parte gli scherzi, Accorsi è parecchio migliorato. È cresciuto. Non era difficile. Stando con Laetitia, crescono tutti…

Pino Insegno è un maestro del doppiaggio.

Io invece sono esperto di doppiette.

Come dice il grande Terence Hill in Lo chiamavano Trinità…

Non c’hai capito niente, eh? Te lo rifaccio, se vuoi.

Lo chiamavano Bambino come Bud Spencer ma, a essere sinceri, senza girarci attorno, centrando appieno il bersaglio, sta diventano molto, molto duro.

Insomma, passano gli anni, sono rimasto un volpino o forse solo sempre più col pigiamino…

E pensare che molti credettero che fossi Michael Douglas di The Game.

Mi piacerebbe avere un fratello come Sean Penn. Almeno lui è ricco, nella realtà.

Di mio, sono come Gaetano Rino.

Sì, è bruttissimo essere figlio unico. È bruttissimo anche essere fratelli, oppure gemelli.

Se sei figlio unico, ogni botta che prendi, eh già, devi condividerla con la tua immagine allo specchio.

Si spera che non sia quella dell’agente Cooper dinanzi al fantasma di Bob… De Niro?

Se hai un fratello, forse tuo fratello andrà con nostra sorella. E se nostra sorella fosse Gianna? Se sei gemello omozigote, forse il tuo gemello è comunque diverso, in una cosa, da te. I suoi gemelli sono più grossi. Forse aveva ragione Loredana Bertè.  A un certo punto della tua vita, batterti contro ogni Bull Harley della Letteratura è una sfida che puoi indubbiamente perdere. Ma c’è un però. Di solito, tutti gli scrittori sono monotematici. Dostoevskij, per esempio, era pessimista. Edgar Allan Poe era fuori come un cavallo. Lovecraft credo che non abbia mai mangiato una sottiletta Kraft. Di mio, penso di cambiare sempre registro. Cambio la presa come Lincoln Hawk.

Apollo Creed aveva ragione, invece, ad avere paura. Aveva capito subito che Rocky era più forte. Facendo lo stronzo, voleva suggestionarlo ma gli andò malissimo.

Anche a me, anche a te, anche a noi. Se v’illudete che non sia così, ne prenderete molte…
Beati voi.

di Stefano Falotico

True Detective, il caso satanista di Sky Atlantic, colpevole di aver trucidato un capolavoro, complice Giannini con voce in fals(ett)o e ghigno da italiano medio raccomandato di telecomandi


21 Nov

Insegno

Per fortuna che la serie televisiva True Detective doveva essere la punta di diamante di Sky Atlantic HD. Ora, alla prima programmazione, il palinsesto è saltato, cioè i primi due episodi son andati a farsi fottere perché mal trasmessi. Frame che si son rincorsi, trombati, inculati, scene che saltano, la scena della cena che vien mangiata, di “dissolvenza” incrociata, con la “cerniera” di Harrelson che dà da “mangiar” il suo uccellino all’amante, che a sua volta lo cornifica su seno esplosivo di pube però “inquadrato” in contemporanea con lo stacco pubblicitario dei “pann(olin)i sporchi” della Pampers sovrimpressi a Julia Roberts testimonial di Calzedonia. Naturalmente, stanno riproponendo le repliche in questi giorni, come da prassi. Ma che succede? Succede questo. Di nuovo sfarfallano gli episodi, della Daddario scorgiamo appena il “pelo” della farfallina, quindi scoreggi perché sei stato interrotto sulla più “bella” da un “montaggio” dei programmatori troioni, proprio quando Harrelson, di tutto punto, non soffrente di coitus interruptus, duro di Vagra se la stava montando ginecologicamente da stallone de noatri, appare la scritta non tanto pediatrica “Compra questo montone alla Standa”, che fallo (com)messo da Sky, porca puttana, punto il registratore del decoder ed ecco che il terzo episodio diventa il quarto, il secondo scompare, il quarto è invece il terzo, si passa al primo, poi al sesto. Non c’è cazzo che tenga né 7 nani senza la quinta della Daddario, Una poco Biancaneve. Tremolano le immagini, la serie viene uccisa dal serialismo killer d’un “satanismo” mediatico che ha dell’incredibile. Il “capo” di Sky dev’esser Errol…

Menomale che ho il Bluray della versione deluxe americana.

Già il doppiaggio fa schifo, non si può infatti sentire Rust con la voce di Adriano Giannini, clone ritardato di cotanto, ben più blasonato e meritevolissimo padre Giancarlo, quando si dice “tutta farina del suo sacco” di merda e sangue da diseredare, mentre Marty/Harrelson ha le corde vocali di un Pino Insegno al solito scoglionato, che sembra stia doppiando un porno. I monologhi di Rust, inoltre, così pessimamente resi da Adriano, monotono, declamatorio moscio e pallosissimo, dal fascino ieratico e metafisico conferito da McConaughey, ecco, assumono intonazioni romanesche-torinesi-calabro-lucane con vaghi accenni-accenti d’un fumatore bukowskiano ché, mentre “doppia”, pen(s)a “Aho, quando finisce il turno? Ho d’andar a casa, se sta facendo tardi, devo portar mia moglie dalla parrucchiera pettegola dei cazzi altrui e poi i figli a imparare lezioni di bullismo, perché devono imparare fin da subito a essere dei duri, a prendere una prostituta e a dargliele/i, solo così si salveranno dai demoni interiori”.

Insomma, se non l’avessi già visto/a in altra “lingua”, sarebbe venuta fuori una porcata micidiale.

Assassini, chiamate la squadra omicidi!

Bruciate Sky Atlantic. Insetticidi!TRUE DETECTIVE E HOUSE OF CARDS, SERIE CULT AL FICTION FEST

Genius-Pop

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