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ROBERT PATTINSON non mi convince come BATMAN: meglio il sottoscritto, uomo della notte and my transformation to play the JOKER character is amazing, superb, phenomenal


15 Nov

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Orsù, fratelli della congrega.

La notte sarà ancora lunga. Per far sì che non possiate annottarvi, no, annoiarvi, potrei qui annotarvi, no, recitarvi una filastrocca del signor Bonaventura ma io non sono un uomo semplice da Simona Ventura e quindi voglio cantare a voi un pezzo da uomo che, per sua natura, ama oggi la frescura e domani la calura.

Mamma mia, nel bosco v’è il lupo, oddio che paura!

Il Falotico, essere che plana su una società che perse il senno e, in seno al ritrovato sé stesso dapprima dagli ipocriti steso, non amerà mai una sempliciotta né un’educanda di nome Iolanda, neppure una lavandaia classista che frequentò il liceo classico per antonomasia di Bologna, ovvero il Galvani, poiché è uomo lontano dalla borghesia e da ogni sua sovrastruttura, visse per molto tempo di pane, amore e fantasia, di pene e ipocondrie, di malinconie e di grande noia ma, dopo essersi adombrato, oscurato, obliato e oserei dire anche obnubilato, dalle nubi del suo passato riapparve in forma smagliante, giammai più dai pagliacci inculato, bensì ancora poeticamente alto, di buon alito e velocemente alato, cammina a ogni dì con far spavaldo.

Anche quando indossa un liso pigiama, emana un fascino bestiale a pelle che attira una donna Gioconda di nome Mona Lisa e domani una triste di nome Luisa.

Egli è Babbo Natale e il 25 Dicembre suona la cornamusa a ogni vergine che non crede oramai più in dio poiché dai cinici amanti assai delusa, donandole una mousse succosa per dimostrare ai musoni che ci vuole dolcezza per ricevere carezze, di vuole tenerezza per amare le donne che vogliono la giusta, gustosa durezza.

Egli è bello, è un giovane baldo, conosce a menadito la realtà e n’è ben saldo, malgrado abbia pochi soldi nel salvadanaio.

In mezzo a tante cretine ragazzine galline che vivono nel pollaio, in mezzo a tanti galli cedroni che si credono fighi ma, a trent’anni, usano già il cerone, il Falotico, dinanzi a tale umanità pietosa, accende un cero e augura agli zombi, cioè ai morti diventi oramai rassegnatisi a una vita amara, di finire presto al cimitero.

Un uomo che l’incenerisce poiché non più poltrisce e, ribellandosi con furia, gli imbecilli punisce, zittisce e a tutti lo fa a strisce.

Poiché se costoro devono vivere solamente di frivolezza esagerata, di squallida mediocrità, di carnascialesca falsità e di stole ilarità, è meglio dunque il Falotico nella sua forse odiosa eppur cremosa, giammai criminosa, totale, nuda e cruda sincerità.

I suoi occhi sono quasi neri, neri come la notte ove si fa a botte, ove l’uomo pipistrello è anche poeta menestrello e spacca il culo a ogni teppistello.

Di primo acchito, questo Falotico potrebbe sembrare, invero, un coglioncello ma ha due palle così per esser riuscito a rifiorire come un fiore a primavera e a correre ancora come un leggiadro cervo che ama le favole che iniziano con C’era… una volta anche presso i Sassi di Matera.

Ce la vogliamo dire?

So che lo vorreste uccidere per questo, so che lo invidiate a morte ma è onestamente un genio.

Se non mi credete, fate bene. Siete uomini di panza e poca sostanza, uomini che vivono solamente di fandonie e sterili chiacchiere. Non sapete amare i favolisti da Cielo in una stanza.

Uomini, sostanzialmente, che non valgono niente.

Meritate una vita da idioti. Mica quella del Falotico.

Siete uomini che nessun progetto valido sanno stanziare, prendete in giro i barboni alla stazione e non sarete mai amici, a differenza del Genius-Pop, di uno dei migliori critici cinematografici italiani che scrive su Best Movie, ovvero Davide Stanzione.

Ah ah.

Il Falotico fu amorfo e oggi è invece polimorfico, sa essere come Johnny Depp, poi uguale a Joaquin Phoenix, quindi trasmuta in Brandon Lee de Il corvo in virtù solamente del suo fascino alla Al Pacino dallo sguardo torvo e torbido, eppur al contempo romantico, avvolgente e morbido.

Insomma, un pezzo da novanta che, in mezzo al 95% delle persone, cioè gli zotici, vale un sogno.

Buonanotte e buongiorno, c’è chi ama la vita dura, chi la vita diurna, chi quella notturna ma ricordate che sarà ancora una fregatura quest’esistenziale, feroce lotta di noi, oggi creature e domani pure, no, ancora uomini (im)puri.

In mezzo alla radura, spunta un uomo duro che fa gola e calore a ogni donna di bocca buona che lui sa ammaliare col solo potere della sua oratoria senza retorica, col solo valore della sua immensa cultura.

Poiché, anche senza fare un cazzo, eh già, sprigiona irresistibile forza eroica e potente classe erotica.

 

Signore e signori,

il Falotico.

Un uomo che batte Pattinson in tre secondi netti senza neppure togliersi la maschera da Joker.

Ah ah.

Un uomo, dirimpetto al quale, Jennifer Lopez se la fa nelle mutande.

Poiché, come detto, sa che le farà presto il c… o.

Ah ah.

di Stefano Falotico

MACABROS – Cortometraggio di Stefano Falotico


22 Jul

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Girato principalmente a Imola, a Castel San Pietro Terme e nelle strade limitrofe durante la sera inoltrata di Domenica 21 Luglio 2019.

 

Con punti nevralgici, assai notturni e cupamente onirici, alla Rocca Sforzesca e lungo le vie del centro storico imolese. Fra ex manicomi in disuso, chioschi di gelati sormontati da serpeggianti luci fluorescenti, case fatiscenti, periferie abbandonate al degrado, graffiti e murales di forte suggestione tenebrosa.

Con la partecipazione straordinaria di Giovanni Bianconcini.

In colonna sonora, Bruce Springsteen e due sue monumentali canzoni già epocali, tratte dal suo ultimo album, il magnifico Western Stars, ovvero Drive Fast (The Stuntman) e Stones.

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VENGONO FUORI GLI ANIMALI PIÙ STRANI, LA NOTTE


17 Jun

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Robert De Niro

Robert De Niro

Dal sito Caffè Scorretto che non linko apposta, perché non è mio e quindi un giorno potrebbe anche decadere e il link non funzionerebbe più.

Trovatelo nel net. Vi basta digitare parte del titolo di questo scritto, il mio nome e cognome, et voilà. Ognuno lo interpreti come vuole.

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Mi sveglio. Bologna è imbattibile per quanto concerne l’afa. Sì, in questa città si patisce il caldo come in poche altre città italiane. Bologna non è ventilata dal mare, è incassata fra le colline, è claustrofobica e lo smog nelle giornate torride si appiccica addosso e strozza i polmoni. L’aria diventa irrespirabile e un senso ancor maggiore di compressione asfissiante pervade le membra e le intirizzisce. Al che, appena ridestatomi dopo una notte comunque abbastanza insonne, mi specchio. Il caldo è una naturale forma dimagrante, brucia i grassi e infatti ho perso già qualche chilo da quando questo battente, imperterrito caldo si è fatto tanto insistente. Sono le dieci di mattina. La gente sta cominciando ad andare al mare e la città si sta svuotando. Mi affaccio alla finestra e, come volevasi dimostrare, non scorgo anima viva, nonostante sia giorno oramai inoltrato. Scorgo solo qualche vecchietta che cammina anchilosata con le borse della spesa, che per l’appunto suda sette camicie.

Vado a prepararmi un caffè anche se, con questo caldo, la caffeina, che è un eccitante, non è proprio l’ideale. Ma di prima mattina un succo di frutta non aromatizzerebbe il mio innatamente ribollente come invece io desidero che avvenga sempre. Amo essere reattivo, e il caffè sa donarmi la giusta carica di sano nervosismo scattante. Perché domare le ansie quando si può essere ben equilibrati in vigorosa destrezza? Mentre, a torso nudo, con indosso soltanto i pantaloni dello sgualcito pigiama, eroso un po’ dalle zanzare, avidamente sorseggio il mio caffè rovente, ecco che squilla il cellulare.

È una ragazza delle mie parti che ho conosciuto per caso su Instagram. Fra noi due non c’è niente, e come potrebbe esservi qualcosa? Io, melanconico e con l’anima perennemente in trambusto, lei, florida ed estatica, per così dire, sempre solare e gioiosa. Ma forse, proprio in virtù delle nostre antitetiche differenze caratteriali, lei è rimasta attratta da me, e mi scrive continuamente messaggi in chat. Dice che non ne può più del suo ragazzo, uno spregevole industriale arricchito che la tiene in scacco e la sfrutta soltanto per la sua bellezza. Ma lei è disoccupata, ha perso i genitori dallo scorso anno, e quel suo ragazzo ritiene che, nonostante la maltratti e la umili, sia l’unica persona che le permette di vivere. Sta con lui perché ha questo qui fa soldi a palate, ovvio, me l’ha confidato, e al momento non ha alternative. Meglio farsi mantenere da uno così che patir la fame o davvero ridursi a elemosinare qualche spicciolo sui viali delle prostitute. Io non condivido il suo atteggiamento, credo che farebbe bene a cercarsi qualche altro, meno ricco ma decisamente meno stronzo. Questo con cui sta, a quanto pare, si comporta esattamente come un pappone. Sta con lei soltanto per via della sua purissima bellezza, ma non la considera neppure. E la tratta da sguattera. Soltanto per andarci a letto e godersela.

– Ne ha combinata un’altra delle sue. Adesso sono in ospedale, al traumatologico. Ho il viso cosparso di lividi.
– Non l’hai denunciato? Che aspetti?
– No, non voglio beghe. Ho detto ai dottori che sono caduta dalle scale.
– Hai paura di lui?
– Certo. Lui è un uomo molto potente nel suo ambiente. Se lo denunciassi, non avrei prove in mano, e sarebbe poi lui a rovinarmi del tutto. L’unica cosa che posso fare è lasciarlo, una volta per tutte. A costo di morir di fame. Ma ha oltrepassato ogni limite. Ha varcato ogni soglia moralmente accettabile del pudore. E dire che, quando mi stringe nelle sue braccia, mi chiama… la sua bambina. E mi sussurra dolcemente all’orecchio che io sono la luce dei suoi occhi. Ma non credo sia la scelta giusta, in fin dei conti…
– Che bastardo!
– Senti, quando puoi vieni a trovarmi.
– Va bene. Dove ti trovi?
– Al Rizzoli. Mi hanno fasciato tutta la faccia e dato dei punti di sutura, e rimarrò qui per settantadue ore.
– E poi dove andrai? Non hai una casa.
– Andrò dove mi porterà il cuore.
– Davvero non ti capisco. Ti ha picchiato e non è la prima volta che succede. Eppure tu non ti decidi a lasciarlo. Sappi che è un figlio di puttana. Un aguzzino, uno strozzino delle anime. E tu devi quanto prima allontanarti da un farabutto del genere. Ti sta solo sfruttando, lo capisci?
– Certo.
– Adesso lui dov’è?
– Ah, sarà certamente in giro con qualche sua amante.
– Con qualche amante? Ma che dici? Tu quindi non sei la sua unica donna?!
– Ci mancherebbe. Ne ha tante sparse dappertutto.
– Capisco le tue difficoltà economiche ma non puoi continuare a farti del male. Devi allontanarti da lui, senza aspettare un istante in più. Scappa, vattene via!
– Sì, è un maledetto. Ma, sai, io sono irresistibilmente attratta da lui.
– Come fa ad attrarti un manigoldo così? È una sanguisuga. Un mostro.
– Lo so…

Le ore vengono scandite dalla più apatica monotonia, il caldo batte sempre più robustamente e decido di prendere la macchina e fare un giro a zonzo per la città. Esploro in lungo e in largo, dal mio abitacolo, i quartieri periferici, percorro su e giù la tangenziale, e alla fine sosto nel parcheggio dell’aeroporto. Stranamente, nonostante sia già periodo di ferie, non è affatto affollato e non vedo partire nessun aereo. Ma, fermo qui, seduto nella mia macchina, medito e rifletto infinitamente. Le nuvole nel cielo si stanno pian piano addensando via via più nere, e da lì a poco comincia a piovere con violenza. Il classico acquazzone di questo periodo? No, questa mi pare proprio una tempesta destinata a durare sin a tarda notte. Rimango in macchina, mentre la pioggia si abbatte sulle strade. Sono un uomo senza meta, mi sento uno straniero in questa città di decumane e portici, di chiese antiche e di grigissimo cemento armato. Anima senza una precisa direzione, non sbandata però, estremamente cosciente nella sua folle lucidità profetica…

Accendo il cellulare e mi collego a Instagram. Sì, questa ragazza l’ho conosciuta su Instagram, è molto bella, un angelo biondo, ma fin da subito mi è parsa diversa dalle altre. È come se possedesse ed emanasse un’aura di leggiadra pudicizia, di sensuale candore innocente. Invece, guarda queste qui… si scattano selfie in pose molto provocanti, quasi tutte in abiti succinti e perfino si compiacciono quando ricevono apprezzamenti spinti e volgari. Anzi, più spinti sono i commenti che ricevono e più vanno in brodo di giuggiole. Impazza l’esibizionismo più edonista, il culto dell’apparenza sta maledettamente vincendo, siamo dominati da una casta sguaiata di manichini che, artefatti, si mettono in mostra per i loro assurdi 15 minuti di celebrità. Quasi tutti e tutte scrivono che sono degli influencer. Influencer di che? Del mercimonio estetico di massa? Della bassezza elevata a stile di vita? Della bellezza gridata e plastificata, patinata e falsa dell’appiattimento totale a canoni omologati del consumismo frivolo e mendace di un’umanità così tristemente vivandata e sputtanata? Ma pare che questo sia il gioco che va per la maggiore e chi non s’adatta a quest’andazzo rimane tagliato fuori. Preso a mali parole, offeso e trattato da poveretto. Tutti coi visi lindi, coi fisici modellati, muscolosi e con finti sorrisi stampati su gote e pose che aspettano soltanto dei like. Per sollazzarsi nel più fetido eudemonismo. Come se la felicità si comprasse, svendendosi al ludibrio carnale e stupidamente ludico. Ah, questo mondo va ripulito da questa zozzeria spacciata per giustezza e contentezza. La vera bellezza sta anche nella savia, creativa inquietudine, non nel bugiardo buonismo. Non nelle sciocche gentilezze e nei modi ruffiani. Ma tutti, anche i più temerari, son stati vinti da questo nuovo, osceno modello di vita. E prima o poi crollano e si adattano a questo piacere plasticato. Sì, plasticato, come se li drogassero e impasticcassero di cazzate, dell’ossessione per la ricchezza, e via dicendo. E io a quello lì dovrei fargliela pagare. Non può usare questa ragazza soltanto per i suoi porci comodi. Non può rimanere impunito. Ma non siamo in Taxi Driver, non posso recarmi a casa sua e sparargli nelle palle. Questa è la vita reale e i giustizieri della notte, nella vita reale, fanno una brutta fine. Son presi soltanto per pazzi pericolosi, per invasati e disadattati. Bisogna che adotti una strategia diversa. Non so ancora quale ma la notte mi porterà consiglio. Forse.

La notte scende turbolenta e la luna occhieggia dall’alto, minacciosa e arcigna, posando il suo sguardo traslucido. Piove. Comincia a piovere. La pioggia scende giù implacabile. E io non so che fare. O forse sì.

Aspetterò che arrivi l’alba e poi, quando sopraggiungeranno le prime luci del mattino, mi recherò sotto la casa di questo verme.

Continuo a gironzolare, insonne, per questa città. Vengono fuori gli animali più strani, la notte: drogati marci e spacciatori e sfruttatori e questa tristissima Via Stalingrado di tale Bologna fetida ne trabocca. Guarda che ceffi, che brutte facce. Sono la feccia più feccia, la vergogna di questa città e mi stupisco che nessuno faccia niente. Ecco, è passante una volante della polizia, come sempre i poliziotti hanno chiuso un occhio. Ho appena avvistato una prostituta che avrà, su per giù, soltanto sedici anni. Si è fermato un cliente grande e grosso e in quattro e quattr’otto l’ha caricata in macchina. E, nulla, la polizia ha visto eccome e ha lasciato correre. Questa città meriterebbe una bella, potente ripulita. Puzza di lercio e questo lercio è vomitevole.

Ah, ecco il primo Sole che spunta. Bene, adesso vado da questo qui. Tanto so dove abita, me l’ha confidato lei più volte.

Nel tragitto, scorgo una videoteca proprio col poster appeso in vetrina di Taxi Driver. Che coincidenza.

Arrivo davanti al palazzo in cui abita, uno dei palazzi più in vista del quartiere San Donato. Parcheggio, scendo di buona lena e aspetto che scenda. Sì, dev’essere un tipo mattiniero costui. Con tutti gli intrallazzi che ha. Attendo per mezz’ora abbondante, oramai si son fatte le otto e mezza di mattina. Non vedo anima viva. Chiedo al portiere.

– Buongiorno. Sa per caso, di solito, quando va a lavorare quello del settimo piano?
– Non sono informazioni che le posso dare. Poi al settimo piano ci sono cinque appartamenti. Lei a chi si riferisce?
– Non posso fare il suo nome. Ma lei ha capito benissimo a chi alludo. A quel riccone industriale che possiede un mucchio di aziende.
– Guardi, in questo palazzo sono tutti ricchi. Comunque, non dica che gliel’ho detto io. Questo mio lavoro non voglio perderlo, m’intenda… lui è già uscito, molto presto. Saranno state le sette. Sa, io e lui siamo molto amici. Sapesse quante belle ragazze che mi fa conoscere… ecco, mi ha detto che alle nove dimettono quella con cui spesso passa le notti, lei gli ha telefonato e lui è andato a prenderla. Si amano davvero, sa? Non so quando rincaseranno.
– Grazie, buona giornata.

 

Stefano Falotico

 

After Hours, Scorsese? No, il pa(la)zzo


01 Jul

di Stefano Falotico

La vita è come il Condom(inio), come il colon d’ascensore sempre da (ri)parare, eppur i vicini spar(l)ano, anche dal lontano attico. Attica! Sono Attila!

Con l’estate inoltrata, le notti si “scaldano” fra condomini “afosi”, che ti sfaldano sul bollente fartelo da bronzo di Riace? No, all’olio di Ricino

Un attimo, per piacere, la questione condominiale richiede innanzitutto un’amministrazione grammaticale. Silenzio, non accavallate le voci, lei, signora, la finisca di accavallare, altrimenti le salterò addosso come una cavalletta. Ebbene, (sof)fermiamoci a un livello “alto” di Treccani, sì, quelli della signora Angela, donna diabolica come Crudelia De Mon sul termine della notte rabbuiante o abbaiante? Il mio palazzo, sì, possiede un abbaino da cui i cani dei suoi condòmini abbaiano dopo giornate emozionalmente vissute al buio. A parte i latrati e le latrine delle cantine, cammin camminando fra camini, tra “cagnoline” sempre (ri)scaldanti i (termo)sifoni degli o(r)moni raffreddatisi, cioè le rumene del piano “terra terra” ma “tutto dentro” a farsi inculare da mezza Bologna eppur dando(le) al danaroso pappone loro, che le “mantiene” da “abusivo”, arriviam sdrucciolevolmente, saltando i due ascensori ma facendo pian pianin, piano dopo piano, le scale a chiocciola, sulla parola “condominio” e di come, omografa, al plurale sia sdrucciola di due accenti. Accidenti!

Condòmini (in)tesi come abitanti del palazzo, cioè come i pazzi di questa mia pa(la)zz(in)a manicomiale, e condomìni come un insieme di edifici di molte persone (non) tanto edificanti.

Molto a (con)ficcarti d’ansie, a farti perder l’antenna, a mandarti in “blackout” quando volevi solo veder la tv a lume di candela con quella del secondo appartamento, cazzo, hai impiegato due an(n)i e mezzo nel corteggiarla per poterti appartare con lei, alla faccia di tutti i residenti (im)piegati, ma hanno spento la luce prima dei “preliminari”, fottendoti di cortocircuito. Comunque, la Germania passa ai quarti, “sudandosela”, e van avanti i mondiali. Ora, lei s’era con te seduta nel divanetto di “pelli” vellutate, ruvidamente gliela stavi van(itos)amente allisciando, per poi “imboscarti” e “imbiancarle” le par(e)ti intime, “pennellando” una parabol(ic)a lì “discendente” a sua discinta, ed ecco che arriva il sisma e ti bloccan l’orgasmo.

Chi cazzo ha spento il mio cazzo? Lei urla “Cazzo che (s)figa!”.

A s-tento-ni, attento a non sbattere contro il muro, non essendomela sbattuta, devo almeno arrivar a trovar la “chiave” per uscire, far le scale e sbloccare la leva della centralina elettrica da qualcuno fatta andar a puttane.

Missione riuscita? No, mi risveglio dopo tre giorni, e dinanzi a me vedo il lampione d’una sala ospedaliera. Al mio fianco, un’infermiera di buoni fianchi, che mi “rinfranca”:

– Stia tranquillo, lei non è venuto in quella donna, è svenuto dopo aver preso una “botta” pazzesca, scivolando sull’ultimo grad(in)o “ero(t)ico” delle scale. Sì, abbiamo chiesto alla donna se la conosceva, ha risposto che stava per vederglielo ma lei non ha visto la sua gnocca, ora ha però un bernoccolo e pure le rotte ginocchia. Comunque, (ri)peto, tranquillo. Le do ora… un tranquillante, devo anestetizzarla. Quindi, il chirurgo plastico le rifarà la faccia(ta).

Dopo un mese e mezzo di “bende” a coprir la mia (ver)gogna, mi dimettono.

Faccio l’autostop perché nessuno dell’ospedale mi accompagna a casa.

Qualcuno, durante il mese “ricucito”, deve avermi anche fregato il portafogli e tutto il vestiario di come mi trovarono, quella notte, a terra, pavimentato. Il mio vicino di stanza mi regala il suo pigiama, unico indumento in suo (pos)sesso, tanto gli son state diagnosticate solo tre ore di vita, e non gli frega del suo “cazzo”.

Rimedio una figuraccia pazzesca in autobus, con tutte le belle fighe che mi deridono: – Ah ah, guardate quel pazzo. Veste in pigiama e fa finta di niente. È proprio tocco, oh, comunque speriamo ci tocchi di mano morta.

Non le “oblitero” ma spero finisca presto questo martirio.

Giungo a destinazione, non ho però le chiavi del palazzo. Spero nell’arrivo di qualche condomino che mi apra la porta.

Ecco che, da lontano, scorgo la signora Angela, coi suoi tre cani.

– Angela, può essere così clemente da aprirmela?

Lei fraintende, pensa che voglia scoparmela, allorché dà ordine ai cani di mordermelo:

– Staccate le palle a quel pervertito! Cani, accanitevi!

Poi, gridando come un’indemoniata, eh sì, come la De Mon, chiama a raccolta tutti gli altri condomini. Sia nel senso di abitanti del palazzo sia nel senso di tutti i pa(la)zzi del quartiere.

Per farmelo come un mazzo.

Non mi ammazzano, mi riportano all’ospedale.

Insomma, la vita è una (s)figa pazzesca, usate il preservativo e andate a vivere in una riserva indiana. Fidatevi, nella capanna, potrete vivere senza rotture, fumandovela ed evitando questi eviranti “trenini” di file indiane.

E devi pagar anche le bollette se non vuoi rimaner al freddo.

Sono tutti fuori (orario)!

“Gran Torino” – Recensione


31 Oct

I ricordi delle rughe giovani, eterne nell’immacolata innocenza dei sogni da salvaguardar guardinghi

Ora, sfila davanti a me, sempre una costante insonne, il volto levigatamente “cavernoso”, appassito, ischeletrito di Walt Kowalski, un monumento di bionda asciuttezza argentata nel Clint Eastwood della sua feroce malinconia “senile” solo di parvenza “sparviera”. Di sparatorie “fraintese”, di rese dei conti d’una metropoli sgangherata nei volti “bendati”, o troppo “scoperti”, di piccoli gangster in erba…

Walt, con la sua storia alle spalle, sepolta nel cassetto delle illusioni “perite”, deperito, affranto, perduto dopo un’altra delusione. La morte della moglie, nel decoro della sua medaglia al valore “tatuata” nelle fessure, tessuto roccioso nelle “fenditure” dei suoi occhi ancora vivi e scattanti di secolare grinta non ancora raggrinzita. Una quercia che non scalfisci, che non abbatti. Ma è avvilito. Torna a casa, con la bandiera che sventola ingrigita, sedata da piogge che han spento il sorriso, scandita dalla monotonia imperterrita d’un morto dentro che sogghigna, sbuffa, laconico è più eloquente di mille parole.
Si “scheggia”, disarmato e soprattutto disamorato, ancorato al Vietnam e ai cuori infranti di quel fango polveroso, incancrenitogli demoniacamente, anzi “all’ammoniaca”, in un’anima che non spolvera più.
Così, pulisce il cortile, sbevazza e sputacchia, annoiato e infastidito dai vicini e dalle coetanee tardone.
Ma il vecchio leone (non) s’è addormentato, e invece ringhia “sottobosco”, nella foresta dell’enigma irricucibile, della ferita che fa male, ticchetta nel boato spaventoso della Notte.
Luna torpida di violenze, proprio dietro l’angolo. Una “canaglia” inacidita, incagnita, già “incagliato” nei suoi dolori personali, che suona la carica a “colpo di fucile”.
Smalta il vento delle ingiustizie con la mordace furia di chi addenterà, cacciatore, i bambini troppo “dispettosi”, “educati” a “sbrigarsela” sporca.
E così, dalla fortuita disavventura, nasce l’amicizia e l’affinità insospettata con uno “scemo”.
All’apparenza tale. Poco reattivo, poco appunto “in guardia”. Il Mondo è un posto perlopiù schifoso che non guarda in faccia proprio nessuno, anzi, ti punta il dito e ti “mitraglia” se sgarri, se non premi il “grilletto” quand’era il momento fuggente. Ti arrugginerai se non ti lavi dalla merda, se non te ne “levi dalle palle”. Se non ti dai una mossa prima che ti ruberan la “merenda” e anche le ragazze che sogni ma non tocchi, che guardi ma hai paura di baciare. Che sfiori di sorrisetto timido e poi scappi per non scopartele. Che c’è di male in una sana scopatina? Te lo dice Walt. Un pezzo grosso, un mandrillo “stanco” per chi la testa l’ha appoggiata sul comodino del “legnoso”. Del palloso. Han tante palle gli “uomini” che le han appallottolate nel saccheggio ruffiano e nella domestica “bontà”. Parenti che son capaci di “regalarti” un ospizio per “rabbonirti” e macellarti del tutto. Per macerare quello spicciolo di vanità che ancora hai, quella melodia jazz che tu hai sempre respirato nel frenetico gran casino che non vuole “auscultare”. Se la cantan…
Guarda un po’ Walt il “bestione” che tutti allontaneranno e disprezzano, trattan da “signore” ma poi odiano e lo relegano alla sua solitudine di (rim)pianti da non urlare per non disturbar la quiete cheta-“acquetta”. Per non dar “problemi” ai pantofolai veri. Ti spaccan il vetro di ricatti e intimidazioni, prendono in ostaggio il tuo Cuore per quattro risate in compagnia.
Per divertirsela “allegramente”. Tenendo in pugno quella famiglia di “cinesini”.
E tu, proprio tu Walt, che ti affezioni a Thao, il “tardo”.
Ah non è tardi per far piazza pulita e metter a posto chi l’ha fatta grossa.
Adesso, siamo arrivati allo stupro.
Il prete ti consiglia di perdonare, tu confessi i peccati di tutta la società, sei un Pennywise formato King of the Night.
E il Diavolo ha bussato alla tua porta, distruggendo la calma e i tuoi equilibri sonnolenti, già pronti a tirar fuori le unghie e l’artigliera “pesante”. No, non reagire, lascia stare, ecco la vocina della coscienza.
Ma tu non la vuoi sentire, vai avanti di “testona” tua.
Smonti “baracca e burattini”, t’incammini a casa dei lestofanti, e li sfidi. Estrai una pistola che non c’è, e t’ammazzano a sangue freddo.
A chi vuoi raccontarla? Alla polizia scesa sul luogo del delitto?
All’assistenza sociale? Alla tua pensione?
Ai figli “buoni?”.
No, tu sei andato lì apposta, con un chiaro intento. Stendere le loro vite da maiali.
Ma l’hai studiato bene, con l’istinto dello spietato…, duro a morire davvero.
Volevi incastrarli col tuo assassinio.
Perché il Mondo arrestasse chi ha ucciso, chi s’è spinto troppo oltre.

Darai e “intonerai” in dono a Thao la speranza di una via migliore.
Rabbrividiamo. Di gelo.
Di meraviglia.

(Stefano Falotico)

 

Incupendoli nella mia folgore!


09 Jul

 

“Odo” un lupo che s’è appostato sotto casa mia e sta apparecchiando la “cena”

A volte, lungo la strada, si ha a che fare con persone irrispettose che, dopo aver mangiato a sbafo nelle anime altrui, con impertinentissime ferocie t’assalgono per lederti nell’orgoglio più intimo nello “sventolarti” come bandiera sbiadita da tutti i tuoi variopinti valori.

Arroganti, “cresciuti” nell’egoismo più ruffiano, nel “baciamano” cortesissimo che s’ingrazia verginelle pubescenti per “ludibrii” che ne assaggian, sadisticamente, le loro grazie al fin di gustar la loro stessa insaziabile vita già morta, di macellazioni, abomini , ricatti con cui “indeboliscono” lo “spa(u)rito” debole per sfiancarne l’intrepido gemito che, ancor, focoso batte.

Un “debole” che riemerse , abissalmente, dalle profondità, e ora sguaina la sua sciabola imporporata nel sangue di chi ne “dilaniò” ogni metafisica, “scuoiandolo” di carnali brame.

Ah, non mi sbranarono con “cura”, e ora rintoccan i passi di un’ombra che, divampante, stritola il toro per le corna, e di diabolica furbizia ne “malizierà” ogni illecita irriverenza.

Perché c’è solo d’aspettare, pazienti, calmissimi, e una forza d’urto d’impatto terrificante deflagrerà nei corpi di chi “martoriò” l’aroma e ne “seviziò” gli amori, per indurli nei loro peccaminosi oltraggi impudici a un pudore che li “sverginerà” dalle crudeli mosse azzardate, e infliggerà una punizione indimenticabile a penetrarli dentro e ad attender, “pacato”, e poi di rabbia placatissima, che si placheranno in uno strazio dal “languor” al profumo mio di loro sangue aspirato mentre espireranno senza clemenza , pietosamente imploranti nell’urlante uccidersi dello stesso “supplizio” che tesero con “strategica”, ingenua presunzione.

E il calvario del loro Inferno piangerà le colpe inestirpabili del loro imperdonabile e sciagurato “delitto”.
Come un’esplosione eterna della loro buia Notte.

Buongiorno Luce!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno (2012)
  2.  Nightmare – Dal profondo della notte (1984)
  3.  Ronin (1998)“Inquadrato” così:

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