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Fermi con le mani, il Santo deve rimanere sano e saldo, non ci saranno sal(d)i che tengano…, evviva Mickey Rourke!


16 Mar

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Fermi con le mani, il Santo deve rimanere sano e saldo, non ci saranno sal(d)i che tengano…, evviva Mickey Rourke!

No, nessun santo che tenga.

Da quando, anni fa, oserei dire ani fa, mi rigettai nel casino pazzesco di massa, fu veramente un macello, un bordello.

Soffrii pene… dell’inferno, contorcendomi nello strazio delle mie budella e inconsolabilmente mangiando tonnellate di budini. Per sopperire alle delusioni disarmanti, figlie della vostra traviata ars amandi.

Sì, il vostro concetto d’amore è assai limitato e vi fagocitate, affannate, cannibalizzate in un pasto nudo che ha poco a che vedere con William Burroughs.

Come il sottoscritto, il vegliardo William si dissociò mentalmente, dunque anche fisicamente, da un mondo malsano ove a dominarla è sempre stato l’aspetto più pecoreccio del sesso più smodato e maleducato, zozzo, pervertito e inchiappettato.

William divenne precocemente incartapecorito perché non era un maniaco delle pecorine. E, fra una sua mania igienica e l’altra, tra svariati disturbi compulsivi mai visti, tagliava una buona fetta di pecorino e sublimava la decadenza dello squallore occidentale, posando il formaggio in un piatto che mai piangeva le vostre sofferenze patetiche da donne che, pur di piacere al burino Pinco Pallino, vanno a far palestra, prodigandosi in cure dimagranti senza la Sachertorte di morettiana memoria.

Sì, facciamoci del male. Pur di avere un orgasmo con un becero uomo ignobile che, dopo aver bevuto il whisky, fa scoregge e gargarismi a tutte le orge, no, ore, la donna mediocre è disposta a tutto per istanti risibili di calore. Optando per una dieta da far schifo al cazzo anche al questore. Uomo ligio all’ordine e sempre abbottonato. Mah, secondo me è meglio l’oratorio.

Sì, io sono immemorabilmente, sì, smemoratamente, stato un fautore e un fanatico delle donne giunoniche, formose, dalle forme armoniosamente voluttuose, queste donne ampollose, ma non nel senso di donne ridondanti, tronfie e retoriche, bensì un po’ sanamente gonfie, ah, più gonfie sono e più mi si gonfia, queste donne calorose davvero, autentiche, sì, dalle forme rotonde e dal cervello un po’ da tonte ma dalle curve circolari, sinuose, pericolose, simmetricamente gioconde come un’ampolla. Queste donne sferiche che non usano raffinatamente penne a sfera ma parlano come dio comanda. Che sanno subito arrivare al sodo e non necessitano di panegirici e di rassodarsi i glutei ma mangiano uova sode e il glutine.

Queste donne lavoratrici che sanno cos’è il sudore della fronte e anche di qualcos’altro. Queste donne per nulla dannate che si dannano come delle matte, che faticano e poi se la godono. Queste donne d’annate, queste donne d’antan. Oramai non ci sono più, sono tutte andate.

E anche voi, maschi, a puttane.

A parte gli scherzi, io sono mister pudicizia, mister freddezza. Roba che un ghiacciolo al limone al Polo Nord, confrontato al mio calore, è più sciolto di un melone a ferragosto.

Io non mi sghiaccio mai. In tante mi cercano, mi bramano ma in fondo non le amo. Perché già patii, per colpa della mia scellerata ingenuità, della mia avventata inesperienza senza che prima esperissi la mia sincera durezza, i piaceri della carne in ogni sua peccaminosa sconcezza. E fu una grigliata. La mia carne, affusolatasi, rosolata in lei avviluppata al mio membro ingrossato, sgrassata e troppo gasata, oh sì, perse la bussola e fu solo una sola. Più amara dell’aceto balsamico dell’insalata.

Tanto sole, tanta luce dei miei occhi e tanto squittente fervore del mio coso inalberato, a lei inoculato, introiettato e spalmato, oh, e smarrii ogni purezza. Estintasi in un fatale amplesso che mi fu letale.

Era meglio quando, depresso, rannicchiato nel mio letto in posizione fetale, non avevo ancora sperimentato quella posizione là. Sì, anale. Prima che il colore lilla di Rossella non mi fosse bruciante ogni innocenza romantica. Lei, troppo ardimentosa, focosa e lussuriosa, scarnificò ogni santità e mandò a troie ogni mia, mentale e non, sanità.

Che sbaglio orrendo. Che botta devastante.

Ecco cos’è successo. Questo maledetto sesso. Lei invero non si chiamava Rossella ma era tanto bella, al che il mio uccello dapprincipio ne godette di fottuto giovamento, quindi la mia anima fu inculata e spogliata d’ogni residua, sin a quel momento addomesticata giovinezza immacolata, priva di ogni sessuale giustezza stuprata.

Fu uno schifo, diciamocelo.

Da allora, presi più coscienza e più cosce. Eppure, parimenti a questo venir più… dentro la vita apertasi e spalancatasi al mio inveirle sofferto ma soprattutto erto, subii un contraccolpo psicologico di natura antologica e forse ciclopica. Forse solamente ecologica. Più a contatto con la natura, ah ah.

Da nano onanista ecco che diventai un comune uomo fancazzista nel senso letterale del termine. E tutte volevano farsi l’affare mio.

Sì, oltre a volersi fare quello, attentarono persino alla verginità del mio cuore con inusitata, scriteriata mancanza di pudore. Con lordezza, malizia e scostumatezza. Senza neppure mestizia! Deflorandolo, mangiandoselo vivo, al sangue insomma, ficcandolo con cattive insinuazioni, obbligandomi ad ascoltare oscene canzonette d’amore e trattandomi da pupazzo con una chiarissima faccia da cazzo come Mickey Rourke ai minimi storici. Cioè quello di 9 settimane e ½.

Indubbiamente uno che fa la sua porca fig(ur)a, come si suol dire ma che, pur di accontentare la passerona, si riduce ad amare Pretty Woman.

A te, donna, piace che mi piaccia questo film? Sì, ti piaccio di più se mi piace? Allora me lo faccio… piacere.

Che vergogna indicibile. Inenarrabile.

Ma io, senza peli sulla lingua, voglio narrarvi tutto per filo e per segno. Senza più seghe di mezzo. Su, non facciamoci i pompini a vicenda, come sosteneva Mr. Wolf. Un vero lupo di mare…

Non ci sono più cazzi che reggano. Questa vita è una gatta da pelare.

Sempre incasinata.

Era meglio quando stavo giorno e notte in casa. Incassato, anche incazzato ma almeno felice. Sconclusionato ma non ustionato.

Ora, ecco che spunta uno che scopo, no, che scopro… mi segue da tempo. È un mio fan.

Sì, è Glenn Close di Attrazione Fatale versione bisex. Certo che Adrian Lyne è sempre stato un bel porcello. Vedi che Richard Gere torna? Sì, gira e rigira, è tutto un giro di prostituzione anche attoriale.

Unfaithful – L’amore infedele. E non fatemi andar a parare su Diane Lane. Oh, mio dio. Qui parliamo di un pezzo da novanta, anzi, da mettere anche a 360 gradi. Gradisca!

Io non mi ricordo niente di quello che scrivo e faccio. Quando scordo, ad esempio, le chiavi della macchina, telefono a questo mio estremo ammiratore e gli chiedo dove le avevo dimenticate. Le chiavi!?

Lui di me non sa solo vita, morte e miracoli ma mi ha proposto addirittura di girare assieme a lui un porno.

Mi ama alla follia. Vuole denudarmi e sputtanarmi completamente. E io invece voglio solo denunciarlo. Ah ah.

E dire, cazzo, che ero stato così meticoloso, mi ero apposta ammalato di fobie sociali, di schizofrenie allucinanti, di depressioni galoppanti e impotenze di ogni tipo e topa. Per rifuggire dal porcile e dalla toppa, patta, persino da Patty. Cazzo, Patty non è male. Ah, quando pattina, lascio stare questa vita in pantofole, con le pattine, e mangio la sua patatina.

Ma avete fatto di tutto per fottermi.

Siete proprio dei figli di puttana.

Ah ah.

Andate a farvelo dare in quel che so io e sapete voi. Ma che sapete? Una beneamata minchia.

Che Genius che sono!

L’unico genio che riesce a fottere tutti e tutte ma soprattutto come incula sé stesso nemmeno questo.

 

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di Stefano Falotico

L’estrema signorilità di Richard Gere, re dei belli come io sono il principe dei ribelli


25 Jan

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Sparatevi questo video e vi prego di non adoperarvi più per ambire al mio decadimento psicofisico.

Mi spiace deludere le vostre più nefaste, tristi aspettative ma, rigoglioso, splendo sempre più bello e anche dolcemente lussurioso. So che ciò ha guastato i vostri piani calunniosi e delittuosi tesi a demoralizzarmi e a volermi veder mal ridotto.

Ma, si sa, le invidie, le ipocrisie tornano indietro sempre come un boomerang atroce. E, per quanto vi accanirete tremendi a volermi veder affranto, sconsolato, amareggiato e deprivato d’ogni forza, io esisterò sempre per rompervi il cazzo e, soprattutto, per smussare le vostre bacate idiozie sulla vita, sul prossimo e sulla bellezza. Del mondo e anche della mia.

Sì, indubbiamente, quando non sono assalito da malumori perniciosi, posso competere con Richard Gere. Sono molto più basso di lui ma questo dislivello io compenso col mio cervello e forse anche con un più grosso uccello.

Sì, leggete anche questa e non mi buttate fuori dalla finestra. Io alle donne offro ginestre, mi diverto in godimenti che adorano centrar i loro canestri e, grazie al mio pindarico estro, di ogni orgasmo sopraffino son maestro oggi angelico e domani luciferino. Proprio un bel Stefanino!

Compresi tempo fa, fratelli e soprattutto sorelle, che se avessi continuato a dar retta alle reprimende che malelingue perseveravano a sferrare contro il sottoscritto, potevo già prenotare il loculo alla Certosa, qui a Bologna.

Perché, soffocato dalle loro invidie infamanti, sarei stato sempre più istigato al suicidio oppure, ben peggio, all’ebetudine più sciocca.

Mi fa spavento che a tutt’oggi, dopo il rivelarsi scandalosamente stupendo di tante sepolte verità rinnegate per timori e folli folclori di cretini coi loro ottusi clamori, ancor qualche psicopatico insista indefesso e ostinato a punzecchiarmi con far maligno e ammorbante di suo arrabbiato, malato core.

Chi dice che Richard Gere possieda solo due espressioni, dovrebbe innanzitutto guardarsi allo specchio e riflettere seriamente sulla mono-espressività della sua imbattibile quanto sconvolgente faccia da culo putrescente.

Io, ultimo dei romantici libertini, acclaro qui per l’ennesima volta il fascino di Richard. Uomo amabile, dalle donne molto amato e, in virtù di ciò, guardato con estremo e sussiegoso, perfino disgustoso, immondo sospetto da chi ovviamente non può vantare e valere la sua classe e il suo savoirfaire altolocato e giustamente pruriginoso. Un uomo eccitante. Ottimo.

In Pretty Woman sarà anche un “troione” ma, scusate, voi vorreste invece essere il DannyDeVito di Kiss? Chiariamoci molto bene. La simpatia è un conto, la bellezza un’altra troia, no, storia.

Dunque, uomini funestati da donne che non ve la danno nemmeno se avete più soldi di Berlusconi, se da codeste vi sentirete dire che siete grandi e puri, avete, sappiate perfettamente, ricevuto due delle più spregiudicate quanto ipocrite offese che un maschio può rimediare in vita sua.

Grandi non significa niente. Siete grandi perché vi fate il mazzo da mattina a sera, lavorando come dei matti? No, non siete grandi manco per il cazzo. Perché tanto, una volta che sarete in pensione, non vi ricorderà nessuno, tutti gli amici o pseudo-tali, non potendo più usufruire in maniera opportunistica dei vantaggi che offrivate loro, cominceranno a non farsi più sentire e finirete come Umberto D.

Non sarete menzionati in nessun libro di Storia e il vostro posto di lavoro sarà occupato da un giovincello molto ambizioso ma anche molto stupido che il padrone sfrutterà, come faceva con voi, per i suoi interessi porci. Costui invecchierà, diverrà appunto un pensionato e la vita andrà sempre così.

Pensate a Elvis Presley. Voce magnifica ma lui, in fondo in fondo, era solo un sempliciotto.

Eppur i potenti, pur di far soldi, lo spremettero come un limone. A lui andava comunque grassa e accettò che venisse (m)unto pur di godersela. Ma scoppiò e alla fine un brutto infarto gli pigliò.

Lo snaturarono, adulterarono la sua indole mansueta da sognatore con la testa fra le nuvole per adattarlo al mercantilismo di massa. Lui compiacque costoro perché, come sopra detto, gli conveniva e con molte donne veniva. Ma non aveva previsto lo “svenimento”. Il cardiaco collasso.

E in un tempo brevissimo, quello che si chiama un fugace lasso, cazzo…

Quindi, finiamola subito con la retorica di Sinistra. A livello teorico siamo tutti figli di un dio barbaro e dovremmo amarci, abbracciarci, volerci bene, stimarci a vicenda e reciprocamente appoggiarci. Ma è utopia menzognera e ancor più falsa e buonista di quella di Destra. Dovete esserne coscienti.

Tanto nascerà sempre la testa di minchia che vorrà avere di più e farà lo sbruffone, mangiando tutte le fette di torta, lasciandovi all’asciutto, anzi, sul bagnasciuga, come dico io. Senza limone né meloni ma in particolar modo trattandovi da coglioni.

In verità vi dico che non vi è niente di male nel capitalismo. Non è la libertà dei costumi e il divertimento a spada tratta la rovina del mondo odierno. Dunque, quelli che dicono che Berlusconi ha creato un Paese di vallette in minigonna e di teledipendenti decerebrati, in realtà mentono. Berlusconi, nella sua follia smoderata, voleva in cuor suo, ah ah, paradossalmente creare un mondo migliore, felice, da balocchi. Totalmente inconsapevole di combinare casini, ah ah.

Non certo un film di Ciprì e Maresco ove la gente, povera in canna, scoreggia da mattina a sera e miserabile non ha più fazzoletti per le lacrime.

Anche quella di Berlusconi è stata un’utopia pazza col suo sfrenato consumismo ma non più folle del retorico comunismo ipocrita. Ché poi tutti parlano, vogliono dare regole e moralizzare, pontificano ma so bene che, quando la moglie non li vede, si scatenano…

Solo io e Richard possiamo permetterci il “lusso” di perdonare, di camminare a testa alta. Di fare i baciamano, di essere addirittura patetici nei nostri romanticismi tanto esagerati da sembrare melensi, solo io e Richard deteniamo l’assoluta, magnifica verità indissolubile.

Il resto è una grande balla. Fidatevi.

Perché creeremo un mondo falso più dei falsi di oggi. Ancora più bugiardo.

Ieri, ad esempio, ho discettato di Cinema, dopo aver postato la mia recensione di Mission.

Qualcuno ha scritto che fa schifo, è un film di merda e pure la colonna sonora di Morricone provoca ribrezzo.

Ecco l’esagerazione. Va bene il realismo, va bene dire che Mission è un film retorico al massimo e che, come io ho scritto, la retorica è falsa e pomposa.

Peccato però che Mission non sia retorica. È grandeur raffinatissima, zenit della retorica al suo livello più alto, tanto retorico da non esserlo. Tanto retorico da diventare bellissimo.

Come me e come Richard.

Come dire… Tunnel of Love di Springsteen è una brutta canzone perché magnifica l’amore. E invece il mondo è brutto, sporco e cattivo. Ma questo lo sappiamo. Sappiamo che il mondo è pieno d’ingiustizie, che il sistema è fascista e che l’uomo, nella sua nuda condizione umana, è invero un essere tristissimo.

E allora? Dovremmo a ragione di ciò invece ascoltare musica senza musica, come dico io, in cui il cantante si dà delle martellate sulle palle perché vorrebbe mostrarci che è un uomo che soffre? Andasse a dar via il culo.

– Scusi, Falotico. Ma lei davvero crede di essere bello e attraente come Richard Gere? Allora lei è più pazzo di quello che pensavo.

– Infatti, non lo credo. Penso di essere molto più bello e bravo di Richard. Mi pare incontestabile questo, non crede?

– Ma lei si rende almeno conto che fa ridere la gente?

– Sì. Lei invece si rende conto che non fa ridere neanche sua moglie? Questo lo sa? Non lo sa? E allora, come diceva Totò, s’informi.

 

Applauso e che sia scosciata, no, scrosciante.

 

di Stefano Falotico

Monica Bellucci, sì, mon(a)co belloccio, no


24 Jan

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Felicemente drop out, sì, forse solo outsider, uno spaventapasseri in mezzo a spaventa-passerine, un passero solitario, oggi un dromedario e domani un lampadario, è tutto un sudario, altre che sussidiari.

Emarginato volontario; chi rifiuta schemi e convenzioni della società, ponendosene ai margini.

Sì, io vivo al confino, nell’interzona.

Anziché inserirmi socialmente, sempre più solitamente lo inserisco solidamente, sì, le donne, sode che rassodano tutto e dunque assai solidali, vanno in brodo giuggiole col mio gingillo, da loro ribattezzato Ciccillo, fra napoletane che mescolano la besciamella del mio ragù caldo e bresciane che tifano per la puttanesca. Fra atalantine e juventine, son fendenti micidiali di parabole balistiche entusiasmanti.

A parte gli scherzi, sì, non sono mai gli altri a escludermi. Sono io che escludo loro. È sempre stato così. Gli altri gradiscono la mia compagnia ma io gradisco invece le loro compagne, ah ah, al che si creano imbarazzanti disagi. Al mio amico sto simpatico, a sua moglie sul culo, in ogni senso. E non è mai conveniente per un’amicizia duratura avere di mezzo la donna svenevole del tuo amico a cui piace molto che io sia duro. Non solo caratterialmente.

No, no, no. Un po’ va bene ma poi mi rendono fiacco, più che altro ti ficcano… nella causa di divorzio e devi fotterti anche il mantenimento dei figli del cornuto.

A parte le cazzate, per cui sono oramai famoso anche presso le formiche dei marciapiedi di Via Bernazza, vicolo cieco ove è piazzata la tua vita da tempo, mi sta piacendo molto questo The Punisher 2.

Superiore perfino alla prima stagione, pura violenza nella sua migliore, estetizzante figata ficcante.

Sì, a volte pare manichea e prevedibile, i personaggi son tagliati con l’accetta e ci sono troppi morti ammazzati e sbudellati. Ma poi si riprende come nello splendido finale dell’episodio 4, Tessuto cicatriziale.

Che pathos, che emozioni. E ora che succederà? Billy Russo ammazzerà la poveretta che continua a sperare in una sua redenzione salvifica o non espierà nessuna colpa e se l’ingropperà, scassinandole la cassaforte?

E da quale chirurgo plastica andrà dopo aver perso la faccia? Dalla visagista delle dive, come dicevano Elio e le storie tese?

Sì, spinge.

Amber Rose Revah, nella parte di Madani, dopo circa venti episodi non ho ancora capito se è gnocca o no. È come Lady Gaga. E l’ex pornostar Rhiannon Bray. Tutte queste tre hanno culi magnifici, soprattutto la Bray. Big white ass. Ma non sai se sono degli uomini o è se proprio la loro ambiguità androgina a renderle arrapanti.

A volte, mentre guardo la Revah, mi diventa di marmo, poi la osservo meglio e mi pare strabica. O forse lo strabico sono io. Sì, ecco. Se non sbaglio, c’era anche quell’altra pornoattrice, Amber Rose. Altro culo superbo. Non deve avere un gran cervello questa Amber ma sicuramente viene bene… per l’uccello.

Tale Madani mi ricorda una certa mia amica delle elementari. M’incuteva paura quella bambina. Soggezione! Di cognome faceva Sapienza. Sì, non sto scherzando. Era una secchiona molto ambiziosa, adesso forse sarà un’avvocatessa o, come Madani, comanderà ai vertici della polizia. Insomma, non è una delle pulizie, è lei che li ripulisce tutti.

Sì, i crismi della futura donna in gamba c’erano già all’epoca. Cazzuta, un mostro, una che prende il tuo “manganello” e se lo suona con tanto di distintivo che fa sesso perverso al top. Alla Blue Steel. Soprattutto abbrustolit’!

Alle scuole elementari, venivo… paragonato al Lukas Haas di Scarlatti.

Fui anche associato fisiognomicamente a Henry Thomas di E.T. Be’, guardate che non era un’offesa. Avendo io avuto dodici anni, era un paragone di tutto rispetto. Son passato dalle orecchie a sventola alle sventole. Anche se talvolta solo bandiera bianca sventolo. Anzi, quasi sempre.

Fu dopo che avvenne il peggio. Sì, mi dissero che ero un alieno buono. Ho detto tutto.

Non era una situazione piacevolissima.

A vent’anni, non guardavo quelle della mia età ma mi eccitava da morire Shannon Tweed che ne aveva il doppio. Sì, la moglie di Gene Simmons. Un pezzo di passerona per cui mi diventava ritto all’istante e i miei ormoni tremavano come il massimo grado della scala Richter. Mia nonna invece era molto religiosa, pudica, è un miracolo che sia nato io da sua figlia. No, quando guardava un uomo non provava alcun movimento tettonico da Scala Mercalli ma comunque sapeva come leccare al mercato per avere le banane gratis.

Comunque, possiedo un dono che altri alla mia età non hanno. Si dice di solito che, una volta diventati grandi, non ci si ricorda più niente di quando si era bambini. Perché si diventa tutti dei porcellini. Le donne poi si fissano solo con le piastrelle di porcellana.

Invece io mi ricordo tutto. Mi ricordo de La storia infinita e di quelli che lo guardavano, ed è per questo che alcuni, leggendo i miei libri, mi paragonano a Stephen King. Anche lui ha questo dono.

È un uomo Stand By Me fatto e strafatto ma scrive di ricordi infantili come se avesse otto anni. Un vero cuore in Atlantide.

Sì, il Falotico non è un King, egli è The Prince. Non il cantante deceduto ma il Will Smith Bel Air.

E dunque è un suo diritto vivere “fuori dal mondo” e dentro quello/e che sapete benissimo. Quando viene troppo… responsabilizzato, cade in acuta depressione. Invece, libero, ragiona e scrive da Dio. E sapete la verità?

Senza cazzi per la testa, il cazzo va che è una meraviglia e sta benissimo in una “zona franca”. Senza schemi, senza stereotipi, senza obblighi formali, nudo e crudo, oggi a guardarsi The Punisher, domani a metterlo ancora in culo.

Fidatevi, io non mento mai. Al massimo, me la tiro.

E passeggio senza passeggini. No, non avrò mai figli. Non so educare me stesso, figurarsi se voglio educare i miei figli alla società di oggi.

E ho detto tutto.

Finalmente, The Punisher. Altro che Salemme e troiate italiane. Una bella serie che spacca.

Vent’anni fa, dei folli volevano sbattermi a Castiglione delle Stiviere assieme ai matti.

Di mio, sono solo un Castiglione. Probabilmente, anche coglione. E mi piace ancora molto quella nata a Città di Castello, sì, Monica Bellucci. Ottimo mignottone.

Non una grande attrice, siamo obiettivi, ma una che può servire eccome il tiramisù.

Sì, con Monica vorrei essere davvero alla frutta. Perché, si sa, dopo la frutta viene il liquore. Ed è buono sorseggiarlo di gran sapore. Anche se poi devi lavare tutto col sapone.

Tutto in bocca. Tutto al bagnoschiuma… con tanto di borotalco!


 

di Stefano Falotico

I sexy symbol son spesso anche dei grandi attori, mi spiace, ma è così, è giusto che lo sappiate


30 Oct

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L’invidia è una brutta bestia, vero nani, vero Nanni?

Col passare del tempo, nell’incedere fra alti e bassi della mia vita da peccatore come tutti, ho imparato a comprendere che, per quanto possa dispiacervi, per quanto, nelle vostre retoriche malsane possiate obiettarla e aborrirla, la cosiddetta verità psichiatrica, salvo rari casi, è purtroppo o per fortuna la verità stessa inconfutabile della vita.

Mi spiegherò meglio, in maniera ancor più apodittica e superbamente dogmatica.

La psichiatria, sintetizzandola un po’ alla buona, crede sostanzialmente che ogni “patologia” di cui soffre un individuo sia sostanzialmente riconducibile a una spaccatura avvenuta fra il soggetto interessato e la realtà esterna. Questa discrepanza ha creato dei forti conflitti psicologici che, giocoforza, hanno costretto, spesso inconsciamente, la persona a far sì che erigesse delle barriere fra lui e il prossimo, o più in generale fra lui e il mondo tutto, inducendola ad “ammalarsi”.

Vi faccio un esempio. Una persona che, per limiti personali, difficoltà caratteriali, pesanti rifiuti e delusioni o per avverse circostanze si è trovata in un’ostica, perigliosa, disagevole o addirittura dolorosa situazione esistenziale, per sopperire al dolore delle sue perdite, si crea in maniera solipsistica, oserei dire autoctona, il suo mondo.

Allora, c’è la classica donnetta che, detta come va detta, visto che nessun uomo se l’è mai filata, diventa maniaca religiosa e si professa spiritualmente elevata.

C’è invece il nerd che, ostracizzato dai suoi coetanei, boicottato da professori boriosi che lo angariano, guarda film dalla mattina alla sera, adattandoli alla sua visione frustrata. Cosicché, un film di Tim Burton diventa automaticamente un capolavoro perché è un’elegia colorata della poetica dei freak e dei diversi. E via dicendo. E Lynch, ai suoi occhi immaturi, diventa un cantore della sua realtà sognante e metafisicamente sfigata.

È così!

Nanni Moretti, ad esempio, è sempre stato un malato… lo dimostra il semplice fatto che, essendo un uomo profondamente polemico, rancoroso, molto pieno di sé, da vent’anni a questa parte c’ammorba con film “psichiatrici”. Appunto.

L’unico film bello di Moretti è Caro diario ove, con grande leggerezza, anzi, soave, divertente leggiadria, ironizza con far malandrino e faceto, senza troppa presunzione, sulle folli contraddizioni del mondo.

I suoi film d’esordio, soprattutto, sono i film di un giovane arrabbiato, fanatico delle istanze sinistroidi post-sessantottine, appunto autarchici. I film di un uomo con manie di grandezza, di uno sfegatato narcisista incurabile. Che par avesse l’ardire, alquanto odioso, di voler dare lezioni di vita al prossimo.

E quando. in Aprile, dice che Al Pacino è sempre più basso… in realtà, l’avete orrendamente frainteso. Non è una semplice battutina satirica. Io credo che Moretti di gente come Pacino, indubbiamente molto più brava e carismatica di lui dal punto di vista puramente attoriale, sia oscenamente invidioso.

Perché Moretti… voi dite che possiede il fascino dell’intellettuale raziocinante e pensatore. No, ha un naso da strega di Biancaneve ed è sinceramente bruttino. Poco eccitante sessualmente.

È così! Tant’è vero che uno dei suoi attori preferiti è Silvio “cesso” Orlando…

Perché in lui vede l’uomo senz’ombra di dubbio simpatico, esteticamente impresentabile, ma umano…

Perdonate questo mio lungo preambolo a introduzione della materia trattata, anzi, qui da me narrata…

 

Brad Pitt è bravo

In Italia, ahinoi, da una vita siamo stati ingannati. Si ha una pessima, distorta concezione del concetto di bellezza. Bellezza, agli occhi dell’italiano, a causa della sua bacata educazione scolastica, e poi vi dirò perché, corrisponde spesso a melanconia, a tristezza, a resilienza da onorare…

E la parola “grande” viene applicata a quegli uomini che, spesso spossati da eventi traumatici, hanno comunque saputo combattere per i loro ideali “nobili” di grandezza e gloria.

Dante era uno che non scopò Beatrice. E allora la ficcò… nella Divina Commedia. Leopardi, l’emblema del semi-impotente con tendenze omosessuali (vedi la sua relazione nascosta con Ranieri), fu ossessionato da Silvia. Ma Silvia si scopava i popolani e Giacomo non lo cagava. Al che Giacomo, fra una sega e l’altra, pensando ossessivamente al culo di Silvia, scrisse L’infinito a sublimazione della scopata mai avvenuta. Eppur fu inculato…

Interminabili spazi di là da quella… ecco, sull’al di là… da quella, potremmo indagare di esegesi infinitamente masturbatorie. Ah ah.

Sì, la dovreste smettere di dire che un attore bello è necessariamente un mediocre o uno che ha avuto solo del culo.

Alain Delon era bellissimo ed era anche (a parte tante cazzate) molto bravo. Prendetelo nei film di Visconti, nei polar e ne La prima notte di quiete.

Richard Gere, nonostante tante commediole stupidine, è uno dei miei attori preferiti. Lo sapevate? Be’, ve lo dico e ribadisco. Nei suoi ultimi film, specialmente, è stato eccezionale. L’ho visto ne Gli invisibili e ne L’incredibile vita di Norman, ed è stato un dio.

Se poi siete invidiosi perché stava e trombava la Cindy Crawford che fu… è perché siete appunto invidiosi e basta. E poi che charme, che classe in Schegge di paura.

E ovviamente andiamo, per finire, a parare su Brad Pitt e Leonardo DiCaprio. Sì, DiCaprio, da me il primo, in tanti non lo sopportaste. Perché, dopo Titanic, pensaste: ma guarda ’sto bambino quante belle bamboline che si fotte alla faccia di noi cassaintegrati ridotti nella merda.

DiCaprio, a mio avviso, non è ancora un grandissimo. E non sarà mai Bob De Niro. Ma è molto, molto bravo.

Brad Pitt, l’idolo delle donne da Intervista col vampiro in poi. Anzi, da Thelma & Louise.

Spesso cazzeggia. Ma l’avete visto, senza paraocchi, ne L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford? Non a caso vinse la Coppa Volpi, cari volponi rosiconi.

Come sappiamo, Pitt e DiCaprio stanno lavorando di nuovo con Quentin…

Marsellus Wallace: – Penso che ti ritroverai, quando tutta questa merdata sarà finita, penso che ti ritroverai ad essere un figlio di puttana sorridente. La faccenda è che in questo momento hai talento, ma per quanto sia doloroso il talento non dura. Il tuo periodo sta per finire. Ora, questa è una merdosissima realtà della vita, ma è una realtà della vita davanti alla quale il tuo culo deve essere realista. Vedi, questa attività è stracolma di stronzi poco realisti che da giovani pensavano che il loro culo sarebbe invecchiato come il vino. Se vuoi dire che diventa aceto, è così; se vuoi dire che migliora con l’età, non è così. E poi, quanti combattimenti credi di poter ancora affrontare? Mh? Due? Non ci sono combattimenti per i vecchi pugili. Eri quasi arrivato ma non ce l’hai mai fatta, e se dovevi farcela ce l’avresti già fatta.

Devo aggiungere altro? Quindi, finitela di lamentarvi e andare in giro come dei pazzi a sbandierare che non avete avuto fortuna ma eravate più belli e bravi di Brad Pitt.

Di mio, che posso dirvi?

Sono come Lincoln Hawk. Due mesi fa mandai un mio racconto a un concorso letterario.

E tutti a urlarmi… ma che sei impazzito? Non ce la farai mai. È un concorso per gente che a livello culturale ti distruggerà.

Infatti… abbiamo visto.

Questa la mail arrivatami ieri:

 

Cultora

 

 

Ecco, vi devo confidare una cosa, amici.

Ho capito, ma l’ho sempre saputo, che non sarò mai Alain Delon ma non sono nemmeno elephant man.

Non sono psicologicamente e fisicamente forte come Conan il barbaro ma non sono neppure “debole” e servile come Fantozzi.

Non ho la mente, e nemmeno vorrei averla, di un astrofisico nucleare ma certamente non ho la testa di Forrest Gump.

E probabilmente sono molto più bravo di te e anche più sexy.

Se vuoi dire che non è così, sei solo invidioso.

Sei invidioso? Mi spiace per te, ma è così.

 

Postilla: complimenti vivissimi a tutti gli stronzi malati di mente che hanno rimediato, ancora una volta, puntualmente, l’ennesima figura da merde…

 

E ora birra per tutti, offro io!


 

 

di Stefano Falotico

Attori rinati: Richard Gere, che rimonta per un sex symbol intramontabile!


20 Jul

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Oggi voglio parlarvi del mitico Richard Gere, un attore tutt’altro che bollito. Recentemente, mi sono divertito un po’ sadicamente a sbeffeggiare quegli attori che, filmografia alla mano, negli ultimi anni ci hanno deluso parecchio, e hanno arrancato in pellicole di dubbia qualità. Un discorso assolutamente inverso va fatto, appunto, per Richard Gere che, fra l’altro, tanto per ribadire il suo attuale stato di perfetta forma psico-fisica, è convolato a nozze con Alejandra Silva, donna che ha trentatré anni meno di lui.

Richard Gere è nato a Filadelfia il 31 Agosto del 1949, e quindi presto compirà sessantanove anni. Ma, alla soglia della settantina, possiamo affermare che la sua carriera cinematografica, e non solo, è rinata.

Un sex symbol intramontabile, dal fascino indiscutibile, che da giovanissimo eccelleva in ginnastica e musica e, infatti, dopo In cerca di Mr. Goodbar e I giorni del cielo di Terrence Malick, incanta attrattivamente e fisicamente ogni donna del pianeta con American Gigolò di Paul Schrader. Un ruolo talmente sensuale che, paradossalmente, lo imbriglierà per decenni nell’icona del bellissimo irresistibile. Basti pensare a pellicole come Ufficiale e gentiluomo o All’ultimo respiro, per non parlare naturalmente di Pretty Woman.

Ma, a prescindere da film notevoli come Cotton Club di Francis Ford Coppola, Gere non si stacca di dosso l’etichetta limitante di bello impossibile, non riuscendo mai davvero a far rilucere, al di là di questa maschera, il suo talento attoriale.

Infatti, Richard Gere non solo non ha mai vinto un Oscar ma è forse una delle pochissime grandi star a non aver ricevuto, pensate, nemmeno una nomination.

Varie candidature ai Golden Globe, sì, ma nessuna candidatura agli Academy Award.

Non che la grandezza di un attore si misuri esclusivamente dagli Oscar vinti, ma questo ci fa capire come Richard Gere sia stato maltrattato spesso e volentieri dai critici, soprattutto statunitensi, che raramente l’hanno preso in seria considerazione.

A torto, secondo me.

Perché come detto, tranne quando è relegato unicamente al ruolo del piacione, Gere sa recitare eccome, perfino in maniera suadente e stupenda.

Se non mi credete, riguardate che allure, che classe, che finezza interpretativa e che presenza scenica esibisce in Schegge di paura e The Mothman Prophecies.

E che dire, inoltre, delle sue interpretazioni in due dei suoi ultimi film, nel magnifico L’incredibile vita di Norman di Joseph Cedar e ne Gli invisibili di Oren Moverman?

E l’attendiamo, trepidamente, il prossimo anno nella serie televisiva MotherFatherSon.

 

 

di Stefano Falotico

Esperienze terrificanti da scriverci un libro, infatti lo sto scrivendo


15 Mar

Three Christs

Ebbene, la mia vita è stata sempre contrassegnata da una follia sanissima, oramai non si può tornare indietro e sinceramente non lo vorrei. Si diventa quel che si vive, si esperisce, si patisce e nelle cui pazzie stranamente si gioisce, come nella canzone Beautiful Trauma di Pink.

Ora, bando alle ciance e alle panzane, come si suol dire.

Nel 2008, mi beccai un TSO. Ora, non preoccupatevi, nonostante l’abuso abominevole, fascista e durissimo, il mio cervello non ne ha risentito. Anzi, come Bruce Willis di Unbreakable, nonostante le botte che presi, metaforicamente e non, resto sempre intatto, splendidamente composto, praticamente invulnerabile a ogni esperienza anche sconvolgente, formidabile nel suo disegno all’apparenza negativo.

Si dice che tutto ciò che non ammazza ti rende più forte e che tutto il male non viene per nuocere. Ora, se vogliamo dire che è così, è così, se vogliamo essere sinceri… be’, alle volte ci si rimane secchi e storditi a vita. Molti che hanno subito un TSO, e vengono spediti in una clinica ove ti bombardano di farmaci contenitivi che ti rattrappiscono, immobilizzano e sedano come un cavallo, non si riprendono più e rimangono semi-lobotomizzati a vita. Invece, su di me, hanno avuto l’effetto contrario. Più assumevo quelle pasticche compressive, più diventavo espressivo.

Sì, mentre gli altri stavano lì a urlare, alcuni perfino legati al letto… ah, l’orrore, io mi rintanavo nella mia stanzetta. Gli infermieri con me furono molto gentili. Non posso recriminare di nulla. Sin dapprincipio, accorgendosi che ero finito lì probabilmente per madornali, immani equivoci, mi trattarono da principe, e dopo un po’ mi assegnarono la camera “suite”, lontana dal putiferio ove, comodamente, potevo starmene sdraiato e leggere libri in totale pace. Senza che nessuno rompesse i coglioni. In quei mesi, mi feci una cultura, tanto potevo fare solo quello, da far invidia a tutti i capoccioni del Pianeta.

Ecco, invero, qualcuno che scassava il cazzo c’era. Mi ricordo di una notte particolarmente pittoresca. Ero lì che stavo prendendo sonno quando nella mia stanza fece irruzione un signore con la panza che entrò di soppiatto e cominciò a dissennare…

 

– Eh no, dico, ragazzo, tu lo sai perché io sono impazzito? No, dico, guardami in faccia, Cristo! Dico, lo sai? È colpa di Berlusconi! Sì, è colpa sua, quel puttaniere di merda. Da quando è salito al potere, io non ho più un lavoro. Io brucio tutto! Cos’è questo? Un giornale? Giornale di regime! Ecco, guarda.

 

E cominciò a strapparlo in mille pezzi e continuò a delirare. Quindi sopraggiunsero gli infermieri e gli fecero l’iniezione.

Sono tantissime le storie che potrei raccontarvi. Ah ah.

Sì, c’era un tizio che si credeva Schwarzenegger e andava nel cortile a fare le flessioni e poi andava dalle ragazze ricoverate e chiedeva loro, tutto tronfio: – No, bella, dimmi. Tocca qui il muscolo. Sì, io vincerò! Vincerò!

Poi gridava e la psichiatra lo chiamava a colloquio.

Al che, da quell’ufficio provenne ancora la sua voce, eroticamente troppo esuberante, diciamo così.

 

– Io non sono matto. Vieni qua, bella di papà, ecco la cura!

 

La psichiatra chiamò gli infermieri che lo “castrarono” a dovere.

Poi c’era una ragazzina ninfomane, credo minorenne. Una volta mi disse di entrare nella sua cameretta…

 

– Tu sei uno sportivo? Sì, mi pare di sì. Hai delle belle spalle. Facciamo ginnastica assieme?

 

Ho detto tutto…

Un’altra volta, invece, ero sul letto, era sera ed entrò sempre una ragazza, avrà avuto 15 anni, e all’improvviso si lanciò su di me, infilando la sua lingua nella mia bocca.

E io provai a divincolarmi, chiamai le “forze dell’ordine” e dissi che la suddetta voleva violentarmi, senza averne il consenso.

Un altro invece era abbastanza normale, sì, quasi. Mi ricordo che passeggiavamo nei corridoi e amabilmente conversavamo di tutto. Quindi, nel bel mezzo di discussioni pacate e serene, s’inginocchiava, guardava il soffitto e implorava Dio. Chiedendogli la grazia. La grazia di cosa non l’ho mai capito.

Un altro invece, prima che alloggiassi nella suite, mi augurò buonanotte con una “delicatezza” commovente…

 

– Ah, sei tanto giovane, beato te. Dormi sogni d’oro. E quando dico d’oro dico davvero d’oro. Davvero, te lo meriti.

 

E cacciò una scoreggia che fece tremare le pareti.

Comunque sia, prendiamola a ridere.

Tempo previsto per oggi: pioggia su Bologna e angoscia moderata con “precipitazioni” variabili a seconda dell’umore ne(r)voso.

Eppur rimango permaloso.

E sempre più bello. Se volete dire che non è così, è invece così. Con buona pace di Richard Gere.

 

– Stefano, toglimi una curiosità. Ma tu come hai fatto a salvarti da un obbrobrio del genere. Dimmi, nessuno ci è mai riuscito.

– Sa, mi chiamano il Genius. Ci sarà un motivo, no? Insomma, non tutti possono permetterselo. Ad esempio, lei dice che ha lo stesso sex appeal di Matthew McConaughey. Questo lo dice solo lei. Che è una cosa diversa.

Dallas Buyers Club

 

di Stefano Falotico

L’illusione di realtà, la solita politica e il fascino “buddista” di Richard Gere


24 Feb

Richard Gere

Uno dei ricatti maggiori che un giovane subisce da coloro che si reputano, senza ragion veduta, “adulti”, è il continuo rimprovero, estenuante, triste, manicheo, assillante, secondo il quale deve attenersi alla realtà e “crescere”. Il concetto di crescita è qualcosa che mi ha sempre ossessionato e al quale non riesco a darmi una risposta chiara ed esaustiva. Ho una visione “aliena” del mondo, e poco a questo mondo mi allineo. Credo che siamo creature evolute dotate d’intelligenza, di un cervello che ci ha permesso di vivere lontani dalla bestialità e, da scimmieschi Neanderthal, ambendo a definirci appunto umani, nel senso completo del termine, affettivo-cognitivo e sensibile, anzi, senziente agli stimoli esterni, ci siamo inventati un sistema di sopravvivenza che ci ha concesso l’illusione di realtà. La cosiddetta realtà non esiste, è un basamento, potrei dire, rapportato alla nostra età e a ciò che ci viene chiesto in base alla nostra anagrafe e a quel che si suppone debba essere il modello comportamentale attinente al nostro periodo vitale.

Non credo in Dio, sebbene da piccolo il lavaggio del cervello giudeo-cristiano a cui fui sottoposto, come quasi tutti della mia generazione, deve avermi indotto ad astenermi dal piacere, anche frivolo, per buona parte del mio “processo evolutivo”. In fin dei conti, ritengo qualsiasi tipo di religione, soprattutto quella cristiana, appunto, un limite sesquipedale alle nostre potenzialità emotive, un freno ricattatorio alle nostre innate, immense potenzialità. Perché, aderendo a questi falsi credo, ci si castra in tutta una serie di dinamiche, anche relazionali, improntate al senso di colpa, alle responsabilità più mendaci e ingannevoli, e il pensiero, libero e anche vivaddio autarchico, viene così castigato da precetti e “prescrizioni” assurde, figlie della paura, della superstizione, perfino dello scaramantico più medioevale oscurantismo ideologico.

Benché meno credo alla politica. I partiti sono soltanto la propaggine, fintamente incarnata a livello illusoriamente istituzionale, di quelle idee che un certo gruppo di persone ritengono essere quelle valide al fine che la società “progredisca” secondo i dettami che vogliono loro. Allorché s’istituiscono per “garantire”, almeno così sostengono loro, mentendo, quelle stabilità apparenti per le quali si prodigano.

In questa società odierna, confusa, esterofila, cultrice di un bello soltanto di facciata, superficiale e sbrigativa, impostata unicamente sul “valore” dei soldi, in cui le individualità vengono orrendamente soppresse solo perché si viene considerati come merce produttiva e non come uomini, appunto, le persone sostanzialmente votano chi possa garantire loro i privilegi e le comodità per le quali vivono, o meglio s’illudono che sia la vita.

Un povero vota i grillini perché è stato “rassicurato” che avrà un sussidio di disoccupazione, un insegnante vota PD perché, nonostante le tante bugie e le promesse mai mantenute del pinocchio Renzi, comunque si sente protetto in quella realtà con cui ha imparato a convivere e che, nel bene e nel male, gli sembra l’unica possibile e incontrovertibile. Perché almeno avrà il suo stipendio, perché almeno non perderà nulla e, pur sapendo che la sua esistenza sarà sempre alquanto mediocre, patetica e lamentosa, non ne vede un’altra realizzabile e probabilmente non vuole neppure vederla.

Poi ci sono i salviniani, persone di cultura retrograda, fascista e razzista, sessuofoba e quant’altro, spaventati perennemente da tutto ciò che ai loro occhi appare inconcepibile. E dunque temono il “diverso”, quello di un altro Paese, ché gli frega il lavoro o la fidanzata perché semmai è solo più bravo e più sexy, e allora si rifugiano nella retorica più bieca, ignorante e secessionista. Nel giustizialismo agghiacciante.

Ci sono gli artisti, persone che credevano nel potere della parola, nel potere della bellezza, nella comunione appunto fra i popoli attraverso la vera cultura, che non è il nozionismo becero di chi s’illude che la “perfetta” forma mentis possa nascere da licei e scuole istitutrici di un sapere puramente, stupidamente appreso, dunque “rappreso”, solo a livello teorico, mai davvero empaticamente comunicante con le istanze reali, ma astruso, astrattissimo, parto degenerato del classismo più abbellito da quel porco orpello del classicismo più dottamente, anzi indottamente, scolastico, sciocco e bambinesco, paraculo e irresponsabile, buono solo a quelli… di papà con la panza piena e il cocktailino in mano fra “grandi” discorsi oratori e chiacchiere da studentelli col ciuccio in bocca. Noiosi, prevedibili, in una parola insignificanti.

La realtà stessa è un’illusione. Oggi vieni considerato un nano perché nessuno ha investito sul tuo talento, sempre compresso, punito e ingiuriato, domani sei un gigante perché la tua “piccolissima” idea ha fatto felici molte persone.

Di mio, posso dire che non credo a quelli che dicono che fanno le “cose” per gli altri, perché vogliono dare.

Quando si dà qualcosa, ci si aspetta sempre un riconoscimento, un apprezzamento, ci s’illude allo stesso modo che, attraverso il valore datoci dagli altri, il nostro stesso valore umano possa uscirne gratificato, lo si fa per ottenere maggiori “garanzie” sulla propria autostima, per venirne appagati e semmai anche più “istituzionalmente” pagati.

Ma questa si chiama vanità, non grandezza, e nemmeno umiltà, neppure bontà.

Ma io parlo al vento…

 

Mah, prima mi piaceva Al Pacino, col passare degli anni sto prendendo maggiore confidenza con il mio fascino alla Richard Gere. Belloccio, moderato, di classe, sempre sulle sue, un uomo che ammicca, scherza con gusto, è autoironico anche quando potrebbe permettersi di fare lo stronzo, pacifico, contemplativo, calmo, pacato, in una parola falotico…

 

di Stefano Falotico

 

Franny

Gere The Dinner Hachiko Gere

Richard Gere sostiene che siamo tutti folli e io, in mezzo alla foll(i)a, sono il più sano di tutti


29 Sep

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Gere, in forma smagliante, nonostante la pancetta abbondante e i capelli “albini” di una senilità leggermente precoce, era a Roma a presentare il “suo” ultimo film. Interrogato sui massimi sistemi, ah ah, con consueto charme inappuntabile, ha espresso questo suo pensiero forse buddista, forse positivista, forse fatalista e persino pessimista, ah ah…

 

guardi in questo mondo siamo ormai tutti folli, la soluzione sarebbe quella di creare una community che renda più facile lo stare insieme, l’ascolto e la fiducia. Il motivo per cui molti, me incluso, si rivolgono allo strizzacervelli è perché è l’unica figura professionale, che può permettersi il lusso di prendersi il tempo per ascoltare.

 

Sarà vero? Insomma, Gere crede davvero alla psichiatria e ne è cliente, come si suol dire un “socio”, un habitué? O l’ha detto semplicemente perché, essendo uomo di tanto successo e molto sesso, soprattutto nel passato, si sente in colpa nei confronti dei tanti “malati” e poveri cristi della faccia-“feccia” della Terra e ha voluto consolarli “benevolmente”, condividendosi, eh eh, nelle loro psicopatologie? Si sa, la gente comune è così presa da vite che odia ma fa, non si sa perché, di tutto per mantenere. Pare che, soffrendo, stiano meglio, una contraddizione in termini, un paradosso allucinante di questa nostra umanità bestiale.

Eh sì, ci sono i solipsisti, che in cuor loro conoscono la verità ma, puntualmente, la rifuggono, adattando appunto anche le sfighe secondo i loro tornaconti e “tornar comodo”, rigirando le frittate e facendo apparire il prossimo come il “matto” di turno che, a sentir loro arrogante, non ha capito un cazzo della vita ed è soltanto uno scemo del villaggio. Basano la loro vita sulle esigenze del momento, cambiando rotta ove tira meglio il vento. E credo siano dei miserabili, oscenamente già fottuti, loro sì, nel cervello e nell’anima. Dei finti furbi, che inventano sempre l’escamotage più vantaggioso, la chiacchiera più “scaltra” alla loro immagine e somiglianza di una realtà che plagiano secondo il godimento del periodo loro più confacente al soddisfacimento del benessere istantaneo. Di quegli attimi piacevoli da cambiare, quando diventano spiacevoli, appunto a piacimento. Gioco di parole che rende l’idea…

Ci sono poi i moralisti e gli ipocriti, quelli che “puntigliosamente” vanno a messa alla domenica e, se non ci vanno, comunque son sempre lì a farti la predica. Guardano nei presunti peccati degli altri, per scappare dalle loro colpe, dalle loro responsabilità morali, morali, cari, ripeto, moralisti. E son sempre scontenti se uno se la passa alla grande, adducendo il fatto che costui sarebbe felice perché incosciente. Altri uomini fake.

Ci sono quelli “sistemati”, che s’illudono che il conto in banca e il lauto stipendio mensile siano delle ragioni per affermare che sono in gamba e si son creati, “giustamente”, i loro privilegi, alla faccia dei fessi e di chi mal si adatta all’andazzo, che per loro è indiscutibile. Se li attacchi, ti dicono che sei polemico e troppo negativo, o peggio ti sputano in faccia che dovresti trovarti un lavoro “serio”.

Ci sono, categoria orribile, i finti depressi. Quelli che, visto che in questo mondo sono quasi tutti tristi o non soddisfatti, davanti agli altri recitano la parte anche loro degli scontenti. E poi da dietro deridono le tue “debolezze”.

Ci sono poi quelli come me, che credo oramai abbiano capito come gira il mondo, e se ne fregano delle falsità, delle “versioni ufficiali” e mainstream persino delle notizie che vengono date in radio o in tv, e cercano sempre l’essenza delle cose.

Insomma, i matti. Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Vivere al di là stando nel di qua


27 Sep

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Eh sì, miei baccalà e quaquaraquà. Questa vita non è uno schema prefabbricato e neppur vincendo a scherma si può mentire ai nostri desideri “proiettati” come ne La rosa purpurea del Cairo, miei caudini e fratelli di Caino che non credete né al Bene… Carmelo e neppure a Ferrara Abel(e). Ah ah.

Lo so, la mia antipatia cresce esponenzialmente come le mie genialità, che vanno di pari passo con la mia schietta asocialità. E bevo fiaschette rallegrando il mio fegato “amaro” mentre voi pensate di essere tosti e invece non siete né robusti, quindi siete fiacchi, e di lavori inutili sfacchinate, e neppure amate i toast.

Presentate sempre i vostri attestati per sentirvi superiori a chi non ce li ha. Ma io tostissimo vi dico che, miei “testoni”, non serve che mi attestiate chi presumete di essere, in base alla vostra piramidale voglia di “vincere” sul prossimo, io ho più testa di voi e conosco il vero gusto della vita, quello che gli americani chiamano taste. Non smetterò di scrivere romanzi, battendo sulla tastiera, e m’intestardisco nell’affermare, con cognizione esuberante, che son uomo al di fuori della massa, nauseato dal porcile e da queste vostre lotte fratricide che paiono rendervi così alla felicità, finta e pusillanime, appaiati. Io le vostre bugie appallottolo, se proprio non riuscite a farmi fuori con le cattiverie, sparatemi una pallottola. Ma sappiate che son un “pistola” e non me ne faccio niente dei vostri “grilletti” facili, mie donne deridenti il mio esser così ardimentoso eppur non nelle vostre fighelle “ardente”. Ci sono anche le donne a cui piace leccarlo “al dente”. Ih ih.

Facebook assomiglia a questo film col Gere, miei ghiri(gori). Tutti sembrano voler contar qualcosa agli occhi degli altri e “sbandano”, sbavano per i Mi piace, anche quando qualcuno clicca su un piatto di bavette, essi, costoro, vanno in brodo di giuggiole. E le vongole? Ah, maledetto volgo, non me ne vogliate se, tronfio, io mangio le troie, no, volevo dire le “trofie” dei vostri falsi trofei.

È pieno di persone “perbene”… ci sono le super zoccole che, dopo aver preso tre uccelli al minuto, danno la buonanotte, congedandosi con frasi davvero “sincere” della topa, no, del tipo: il mio saluto va a tutti gli emarginati, i senza patria, i disoccupati e i deboli di questa società. Sappiate che sono con voi…

Sì, intanto “la” stappa con quello riccone, forse un po’ ricchione.

Poi ci sono gli “intenditori” della “bellezza”. Che ci tengono a precisare che questo mondo superficiale si merita la schifezza di Michael Bay e non sa apprezzare le stronzate sofisticate della Coppola, una che gira “lento” ed “elegante” per sopperire non solo ai buchi della sua sceneggiatura, ma anche al “buco” della sua bernarda, Bernalda, città lucana ove festeggiò il suo matrimonio. D’altronde, chi si fotte una racchia del genere? Poteva solo Tarantino, feticista del brutto.

Ma torniamo a Richard. Richard è cresciuto negli anni. Più diventa buddista e più porta le orecchie a sventola. Un’elefantiasi al contrario. Da sexy boy a uomo maturo eppur non pachidermico. Oramai è in là con gli anni per piacere alle sventole, ma alla sua donna comunque lo sventola. Ma alzerà prima o poi l’Oscar? Insomma, non è più una bella statuina, dategli un premio, non è un primate, è un attore che primeggia e, dei primati, se ne fotte.

Ah ah.

Concluderei così. Il mio barista è in crisi, ha licenziato la ragazza che serviva ai tavoli e non paga l’affitto. Sì, prendete coscienza che il mondo sta fallendo. Dopo una vita di sacrifici, ti trovi solo in mano un cazzo fritto e hai allo stomaco le fitte. Che frittata!

di Stefano Falotico

Norman con Richard Gere secondo lo scrupoloso Mereghetti


27 Sep

Una recensione magnifica.norman_modefffrajjt_rise_still-km-U43370631839154e8B-1224x916@Corriere-Web-Sezioni-593x443

Non è un personaggio simpatico Norman Oppenheimer, il protagonista di L’incredibile vita di Norman. È appiccicaticcio, invadente, ai limiti dell’untuoso. Veste senza eleganza, con quella borsa sempre a tracolla, la coppola calcata in testa, la sciarpa a ripararlo dal freddo newyorkese. Anche i capelli sono troppo lunghi, lontani dai tagli alla moda. A noi italiani può ricordare certi personaggi di Sordi, con la loro contagiosa sgradevolezza, che ti fanno star male perché intuisci i loro errori, che stanno per ficcarsi in un pasticcio o in un vicolo senza uscita. E forse non è un caso che la strada che porta alla sinagoga dove ogni tanto si rifugia Norman assomiglia a un vicolo cieco… Curioso scegliere un personaggio così come eroe di un film, perché invece dell’empatia scatta la voglia di tenerlo a distanza. E all’inizio del film sembra quasi che la regia di Joseph Cedar si diverta a farci vedere solo le sue gaffe, i suoi vani sforzi, le mancanze di tatto e di sensibilità: l’approccio nel parco, disturbando chi sta facendo jogging; il pedinamento dell’uomo politico israeliano in missione newyorkese grazie al quale vorrebbe accreditarsi nel mondo della finanza ebrea; il disprezzo con cui viene allontanato da una cena dove ha cercato di intrufolarsi.

Che ci fa Richard Gere in un personaggio così? Eppure, dopo un po’ le cose cambiano, il film (e con lui il personaggio) prende un altro ritmo, la storia si fa più accattivante e L’incredibile vita di Norman svela quello che nascondeva: una riflessione senza infingimenti ma anche senza pregiudizi sul mito dell’«ebreo cortigiano», il suo bisogno di prodigarsi per gli altri perché così trova giustificazione ai propri occhi per la propria ambizione e la propria natura, vertiginoso aggiornamento del monologo shakespeariano («Sono un ebreo. Ma non ha occhi un ebreo? Non ha un ebreo mani, organi, membra, sensi, affetti, passioni?» con tutto quel che segue) ai tempi della finanza e della politica. E la prova di Richard Gere cresce esponenzialmente, come quella di un piccolo, moderno Shylock, la cui tragicità non discenderà più dal confronto con la freddezza della giustizia o con la sete di vittoria (come invece fanno i suoi «nemici»), ma piuttosto dalla capacità di superare proprio quelle tentazioni con un gesto di generosità che fino a quel punto non avresti immaginato. Ancor più folgorante perché acceso da un inaspettato ribaltamento, capace di illuminare retrospettivamente e positivamente le tante ambiguità che si erano accumulate prima.

Non può essere un caso che il protagonista si chiami Oppenheimer come Joseph Süss, quell’ebreo Süss, che aveva catalizzato su di sé tutto l’antisemitismo possibile. Così come non è un caso che la storia, sceneggiata dallo stesso regista, si svolga per la maggior parte all’interno del mondo della borghesia ebraica newyorkese, concentrato quintessenziale delle aspirazioni che Norman insegue e che vedrà realizzarsi «troppo» tardi, dopo aver sopportato ogni tipo di umiliazione e di disprezzo. Perché la forza del film, e la sua giustificazione, è anche nell’aver evitato ogni possibile schematismo morale: chi sono i «nostri»? dove sta il «bene»? Il film evita persino di porsi la domanda, concedendosi solo un paio di privatissime confessioni sul bisogno di credere nella bontà delle persone, piccoli cedimenti segreti di cui in pubblico ci si potrebbe vergognare ma che nel silenzio di una camera d’albergo o in un’ultima telefonata possono trovare la forza di farsi sentire.

Per il suo primo film in lingua inglese, il regista Joseph Cedar (che è nato a New York ma è cresciuto a Gerusalemme e che fino a ora aveva girato solo in lingua ebraica) non ha voluto far sconti a nessuno, né al ricco mondo della finanza, né a quello non meno astioso della sinagoga né tanto meno a quello della politica (alcune scene si svolgono nella Knesset, a Gerusalemme). La storia, i personaggi gli servono per raccontare quel mondo identitario ma anche aspirazionale e insieme totalitario — l’universo dell’ebraitudine — che tutto pensano di conoscere e che forse nessuno, nemmeno gli stessi interessati, conoscono veramente e che l’«incredibile vita» di Norman racconta con sensibilità e originalità.

Genius-Pop

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