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In un annus horribilis, funestato dal Covid, ci accingiamo alla prossima notte degli Oscar in religioso silenzio contro le scriteriate opinioni sballate di Mereghetti poco d’annata ed evviva ogni Spielberg di fantascienza rinnovata!


19 Apr

nomadland mcdormand

Che sia dannato o di migliore annata, l’importante è che il Cinema venga totalmente ripristinato ai suoi antichi fasti e ardori. Dunque, sta per ripartire la festa. A lei, signora della notte nera, non parte la Ford Fiesta? Io sono Arthur Fonzarelli, cioè Fonzie dei glory days di Bruce Springsteen. No, di Happy Days. Sono il Boss della canzone I’m on Fire. Le aggiusterò tutta la carrozzeria, smaltandogliela… Che sia il venturo 2022 un annus mirabilis da 2001 kubrickiano. Ah ah. Ah, mie uomini spregevoli e sprovveduti, ammalativi non di COVID-19, bensì della peggiore A.I.

Partiamo col pezzo da David Fincher, no, da David Foster Wallace italiano di falotica, astrusa e cervellotica scemenza cazzuta, spero, geniale o soltanto pedagoga, probabilmente educativa, dunque comparativamente simbiotica o solo sinonima, soltanto psichiatrica per diagnosticare ogni falsa intellighenzia da reparto pediatrico, cioè infantile e adatta a un mondo di deficienti che si credono adulti sapienti. Che tromboni deprimenti!

Eh sì, gran parte dei film candidati quest’anno agli Oscar non sono affatto piaciuti a Paolo Mereghetti, critico da “colonne portanti” della pagina Spettacoli del Corriere della Sera oramai da anni… irrecuperabile, no, volevo dire non ancora, pensa lui, pensionabile. Paolo è, a tutt’oggi, attendibile? Paolo, entrato da dritto o di diritto in tutti gli annuari ciclopici, no, enciclopedici della Critica recensoria dei film, no, nell’immaginario cinefilo collettivo soprattutto as Il Mereghetti, auto-sottotitolato(si) Dizionario dei Film. Che, a scadenze regolari, viene perennemente aggiornato e rivisto a mo’, forse, di Ciak la rivista generalista per eccellenza della nostra povera Italia popolaresca ove tutti si dilettano a essere tuttologi della min… ia, imparando bieche pappardelle a memoria estrapolate dalla terribile Wikipedia iper-qualunquista che è stata portatrice di danni disumani alla coscienza umana stessa non solo dello spirito critico dell’attuale Critica cinematografica, bensì della vita in generale. Parcellizzata, così facendo, da pseudo-caporali neo-laureati col Bignami che tengono molto in auge la falsa intellettuale Daria Bignardi.

La terribile, temibile, statene lontani, Wikipedia! Vade retro, Satana!

“Legalmente” letale per ogni tardo-adolescente e uomo ancora in fase puberale-adolescenziale auto-ingannevolmente persuasosi che basti enumerare ed elencare, un tanto al chilo, informazioni sterilmente nozionistiche assai superficiali per fare colpo su qualche ragazzina speciale che penderà dalle sue labbra fintamente ebbre e fameliche di scibile saccente più indigesto di un tiramisù mangiato assieme alla pancetta non di McDonald’s ma del suddetto panzerotto prematuramente sovrappeso, manco fosse un commendatore dalla panza piena, per l’appunto, della Destra più salviniana, ché s’atteggia da adulto in modo spaventosamente incosciente, sfoderando una classe (ig)nobile da pubescente amante della Scienza più falsamente acclarata sulla base precaria di conoscenze sommarie e assai provvisorie, improvvisate, più che altro da somaro incredibile.

Si crede dio ma non vi crede, contesta perfino Buddha, soffre di manie di onnipotenza da far paura all’anticristo e ragiona per stereotipie imbarazzanti e raccapriccianti, approntando tesi assurde da mettersi le mani nei capelli. Ha un diavolo per capello? Dinanzi a questo qua, un quaquaraquà, urliamo: oh, Signore, salvaci tu da costui, oh Gesù!

Egli cattura info filtrate e recepite unicamente in maniera mnemonica e assai stolta da demente sesquipedale ché crede, essendo un idiot savant impresentabile anche a Forrest Gump, di rappresentare invece l’esatto contrario, vale a dire il fenomeno “paranormale”. Egli s’interroga studiatamente, come no, sui fenomeni scientificamente irrazionali, dunque anormali. È un fenomeno anomalo o sol anonimo che, ahinoi, si sta espandendo a macchia d’olio.

Uomini di vera cultura, secondo voi, a quale generazionale fenomenologia possiamo accludere tale ragazzo inutile? Ah, quanta ignoranza abissale! Questo qui è inclassificabile ma tutto vuole catalogare e vivisezionare! Intanto, lei abbocca a tale semi uomo frequentante la rinomata Bocconi degli esaltati e stupida, no, rimane stupita dagli effetti speciali non della più avanguardistica CGI, bensì dell’androide bambolotto robotizzato dalle enciclopedie online scritte e redatte da androidi peggiori di lui. Lei perde cretinamente la testa per tale deep fake vivente in grado soltanto d’imbrodarsi e d’imbambolarla, recitando, a mo’ di Laurence Olivier de no’ a(l)tri, un numero d’informazioni impressionanti da lui diligentemente imparate, per l’appunto a memoria, più che altro appuntate, per fare bella figura dinanzi alla sua immagine allo specchio da Amleto della situazione ben conscio di non essere manco sanamente pazzo come il principe di Danimarca dell’omonimo capolavoro scespiriano. Egli è una tragedia incarnata davvero plateale. Platea, ridete, dai, su!

Sì, non è colto come Kenneth Branagh eppur dice di adorare Orson Welles, semplicemente perché non ha mai invero visto un suo film per intero ma, dinanzi alla sua immagine fessa, no, riflessa… nota che l’unica, incontrovertibile somiglianza immediatamente ravvisabile con Orson, eh già, è la misura extralarge non del cervello, bensì della taglia dei pantaloni da puro coglioncello cresciuto a meme, hotdog, la peggiore PlayStation e tante assortite, affini idiozie videoludiche tanto belle… Sì, egli è Cicciobello. Costui è una capra, un penoso cartone animato, un barboso e barbuto caprone dell’Argentario e confonde Luca Argentero con l’oro colato. Sì, su questo ha ragione, Argentero non è propriamente un attore molto dotato, no, dorato, gliene devo dare atto. Sebbene, debba io ammettere, altresì, che Argentero sia molto adorato. Da chi?

Stavolta, inconsapevolmente, confondendo gli asini dell’Argentario col pastore tedesco, mandriano della recitazione in cerca di pecorine, no, pecorelle smarrite, il ragazzo pecoreccio alla Ezio Greggio che denigra Dario Greggio in modo tristemente televisivo, essendo lui cresciuto con Striscia la notizia, colpì nel segno a mo’ di arciere di The Witcher. Ah, le ancelle amanti del pesce lesso Henry Cavill, il quale è più inespressivo del vero cacciatore di streghe del videogioco omonimo, sono sue fan accanite, dicasi anche frustrate mai viste che vedrei bene nel prossimo film di Robert Eggers, no, di Dario Argento. Nei panni delle donne educande, prede vulnerabili che manco un serial killer vorrebbe trombare, no, sgozzare perché poi Barbara d’Urso lo inviterebbe a qualche trasmissione ereditatale, ereditale se amate la scrittura aulica, ereditaria se credete che il DNA si trasmetta in base alla genetica dell’albero genealogico. Ah ah. Ereditale, non L’eredità, altra boiata bestiale. Ah, il nerd odierno altri non è che il ritratto terrificante del profilo psicologico di un omicida seriale di cazzate co(s)miche che non ebbe le palle, a differenza di Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti, di confrontarsi almeno con un’appassionata del Cinema di Jonathan Demme. La vera amante di Demme si può riconoscere immantinente con un facilissimo quesito. Le si pone, davanti agli occhi, la scritta stilizzata Philadelphia (qui, corsivizzata). Se, alla domanda, lei cosa vi vede?, vi risponderà Tom Hanks, è apposto. Se invece vi replicherà, a mo’ di replicante bellissima ma tontissima come Sean Young di Blade Runner, vi vedo una sottiletta Kraft, è adattissima per il tizio tozzissimo e “tostissimo” sopra (de)scrittovi. Costui confonde il logo di Batman di Tim Burton con le macchie di Rorschach. A proposito di Orson Welles e Burton, lui è il nuovo Ed Wood. Piaciuto l’ammiccamento cinefilo?

La personalità di questo qui è racchiudibile, se volessimo essere sbrigativi in modo empirico e direttamente proporzionale ai suoi giudizi banali e precipitosi, schematici e insostenibili, a quella d’un ragazzo impubere ed ebete che considera il Batman, con Robert Pattinson, un vero capolavoro. Il film non è ancora uscito ma lui è già addivenuto a tale conclusione apodittica perché è appassionato di Matt Reeves e pensa di essere un genio come Andy Serkis… In verità vi dico che non è Serkis/Cesare e neppure il King Kong di Peter Jackson. È Gollum!

Ma non perdiamoci col bamboccione-bambagione-“bonaccione” nient’affatto bonazzone. Egli non è Bonaccini, il governatore emiliano-romagnolo, neanche Sean Astin, inconfondibile hobbit. Ha degli hobbies?

Lui è Sean di Stranger Things.

Ma ora torniamo a Paolino Paperino, no, a Mereghetti e alle sue fenomenali papere incommensurabili. Il Mereghetti!

Esagerato tomo di matrice archivistica da esegeta della mutua o da recensore d’un vademecum indispensabile, di stellette indicative, per ogni giovane marmotta? No, per ogni ignaro della Settima Arte che a quest’ultima si volesse approcciare ed alfabetizzare a mo’ di Bob De Niro/Max Cady di Cape Fear. Il quale, dopo essersi “acculturato” con Max il leprotto, si laureò senz’attestato in Giurisprudenza da avvocato del suo povero diavolo leninista-stalinista un po’ sciroccatamente comunista e vendicativo-giustizialista contro un ipocrita da cui non fu doverosamente difeso ma malvisto, incarnato da Nick Nolte, un immenso bigotto fascista! Classico uomo piccolo borghese che riterrà le teorie di Mauro Biglino, da quest’ultimo emesse contro ogni cattolica messa e contro la Sacra Bibbia in modo giudicato blasfemo, eh sì, una bestemmia meritevole del suo moralismo anacronistico non aperto al revisionismo più possibilistico. Sì, Nick Nolte reputa Biglino un biblista, no, un ballista. Mereghetti, invece, non ama molto JFK di Oliver Stone, in quanto da lui reputato un film troppo retoricamente complottistico. Allo stesso tempo, però assegna quattro stellette a Una storia vera di David Lynch, ritenendolo una chandleriana poesia dolente della quotidianità più mansuetamente lirica. Mentre, all’identico Nomadland di Chloé Zhao dà un voto mediocre. Sostenendo pazzescamente che la regista, in modo troppo ricercatamente minimalista, pare essere più di Sinistra, no, preoccupata di riprendere un bel tramonto da Sol levante con in sottofondo la musica suggestiva di Ludovico Einaudi, maestro delle colonne sonore intimiste, anziché spiegarci il pietismo-patetismo ingiustificabile di una donna che, in fin dei conti, potrebbe superare il lutto incolmabile della tragica perdito del marito, andando a letto col personaggio interpretato da David Strathairn.  Sì, che riempisse la ferita dell’animo non cicatrizzabile (solo quella?), con una scopata indimenticabile! No, Frances non vuole cornificare suo marito, anche se lui è morto e sta lassù fra le stelle. Per addolcire il fegato amaro, forse mangerà un maritozzo.

E Mereghetti questo non lo capisce. Testardamente! Così come non capisce perché il Serpico di Sidney Lumet, alias Al Pacino, denunci i colleghi corrotti per rovinarsi la vita. Eh già. Aveva pure la biondona e un buono stipendio, suvvia, pirla! Bastava che si prezzolasse e non sarebbe finito “pateticamente” barbone.

Secondo il “metodo scientifico”-ermeneutico alla Umberto Eco, no in stile mereghettiano, perché Paolo, se la pensa in maniera così intransigente, assegna allora tre stellette a Gli invisibili con Richard Gere?

Paolo afferma perennemente che il grande Cinema debba evocare suggestioni suadenti senza la pretesa di voler insegnare alcunché a scopo pretenziosamente didattico, cioè deve raccontare una storia senza necessitare di scolastiche spiegazioni pallose. Mi spiego? Però non si spiega come mai Paolo veneri giustamente La morte corre sul fiume ma abbia ritenuto troppo ermetico Mank di Fincher. A tal proposito, Mereghetti asserisce altresì che non importa se la storia narrata in una pellicola sia romanzata o meno. Però, idolatra Rashomon e non concepisce, allo stesso tempo, perché mai il defunto padre di David Fincher, prima di morire, abbia voluto riscrivere la genesi di Quarto potere.

In verità vi dico che Mereghetti adora donne da Un uomo tranquillo di John Ford, da lui molto Joe D’amato, no, amato. Paolo si delizia con donne osé, no âgée, calme e sensibili, forse solo senili come Piera Detassis e dunque Paolo non può essere un John Lennon ante litteram con la Yoko Ono di turno. Secondo me, Paolo dovrebbe guardare qualche film con attrici da “Oscar” quali sono le asian girl(s) del Cinema ove si recò Travis Bickle di Taxi Driver, al fine coerentemente, mentalmente masturbatorio di stimolare le “palline vuote” che dà molto alla cazzo di cane, come si suol dire, ai film da lui stroncati e censurati, no, castrati, no, fottuti con disdoro da critico impeccabile pagato a peso d’oro. Scusate, si è fatto tardo e una tardona, no, tardi. Dopo aver rivisto Il processo ai Chicago 7, voglio guardare Borat 2.

Domanda per ogni Mereghetti in erba: Forrest Gump e John Lennon, i quali compaiono assieme in chissà quale film… di Robert Zemeckis, sono entrambi idioti o tutti e due sono dei geni inarrivabili? Geni inteso in senso metaforico e/o lato, non b. Insomma, sono geniali o, in base alla genetica di ciò che nasce dall’accoppiamento dei genitali dei genitori, sono nati male? Sono degli aborti? Imagine… cantò John. E certo… Utopia purissima. Se fosse ancora vivo, Lennon saprebbe spiegarmi come mai una donna stupenda va, per esempio, da un ragazzo down e lo tratta con compassione? Poi, mentre accavalla le gambone, gli porge un sorrisino delizioso e stronzissimo, dicendogli: – Sei un bel ragazzo, ce la farai, dai. In bocca a lupo, bello guaglione.

Quindi lo saluta da volpona, forse da lupona, sposando il ricco rincoglionito Mick Jagger. Tanto privatamente la dà a un toy boy da Madonna-Ciccone. Sì, in effetti John Lennon era un genio. Non aveva capito un cazzo della vita, vero? Sì, era un simpatico idiota. Ovviamente… Mentre il personaggio della McDormand di Nomadland, secondo Mereghetti, è una vecchietta maschilista in menopausa, no, una femmina dai tratti mascolini, altresì machista con Maciste, no, masochista che potrebbe tranquillamente godersela perché è inutile, a suo avviso, penarsi e piangersi addosso, volendolo prendere in culo ingiustificatamente e inconsolabilmente a raffica.

Mereghetti è uguale a John Lennon o a Forrest Gump? Su questa domanda da futuri premi Oscar, no, Pulitzer o Nobel, vi lascio segarvi di elucubrazioni affinché possiate fornirmi una risposta da intelligentoni oppure da coglioni? Comunque, in passato disprezzai Tom Cruise. Penso che Tom sia Jerry, no John Lennon. Disse che gli psicofarmaci non servono a nulla, sono soltanto un palliativo e un alibi artificiale per non ammettere di non farcela in questa vita che è durissima. Sì, il mondo è duro come qualcosa in mezzo alle gambe davanti a Nicole Kidman tutta ignuda. Ecco perché Tom è the man, è Tom Cruise, sì. Perché è un grande attore. E spinge di burro, no, di brutto. A Tom Cruise non interessava essere Stanley Kubrick. Ma, sul set di Eyes Wide Shut, si alzava alle tre del mattino e, se Nicole di bagnava, no, se lui sbavava, no, se sbagliava la scema, no, la scena, la rifaceva altre mille volte sino alla mezzanotte. Perché era ed è il suo lavoro essere Tom Cruise. Non voleva e non vuole essere Albert Einstein o Freud. Infatti, Tom è un genius. Einstein o Freud erano due imbecilli peraltro anche molto esteticamente e fisicamente cessi. Il primo elaborò la teoria della relatività. È per colpa, infatti, di Einstein se ci siamo sorbiti quella puttanata galattica di Interstellar. Nel 2021, la verità è che siamo ancora coi piedi per terra. Altro che odissee nello spazio. La gente vorrebbe andarsene da questo pianeta di morti di fame e baldracche ma non può raggiungere una galassia lontana. Cosicché, prende la vita a culo, osservando il fondoschiena di una donna astrofisica? No, super figa dal cognome Galassi. Mica la compianta Margherita Hack! Allora, si spara i film e, per non spararsi in testa, va a farsi curare, più che altro inc… are da psicologi freudiani. Che li psicanalizzano da porcelli anali, no, rifilando loro parcelle esosissime mentre imboccano l’infermiera di Arancia meccanica. Di mio, mentre i miei coetanei sono invecchiati in quanto “arrivati” chissà dove, grazie alla mia “pazzia” equilibrata, sono ritornato bello come Tom Cruise? No, come Cooper. Cooper, chi? Gary o McConaughey della stronzata spaziale di Nolan succitata? Io sono l’agente Cooper di Twin Peaks. Sapevate che sarei tornato. La vostra scienza come se lo spiega? Mereghetti, invece, darà finalmente, prima o poi, quattro stellette dell’Orsa Maggiore a Figli di un dio minore?

Ora, se vogliamo scherzare, diciamo pure che sono un bambinone. Se vogliamo parlare seriamente, sono di un altro Pianeta e su questo non ci piove. Dunque, attaccatemi e deridetemi ma arriverà La guerra dei mondi. Arriverà il dolore! Evviva la fantasia più limpida e linda, evviva Steven Spielberg e il suo Cinema “infantile!”. Perché solo chi resta Peter Pan può amare alla follia la vita e il Cinema!

hook robin williams

A tutti gli altri, lasciamo il loro cinismo da vecchiacci, da ritardati, da gente che abbisogna di diagnosi e speculazioni deduttive per non rendersi conto di essere il nulla. Essi vivono o essi sono un immane buco nero? Ricordate: il buco va riempito! Ah ah.

Stephen Hawking non poté, io sì.

 

di Stefano Falotico

Ma quale San Valentino e Twilight: meglio il Joker a Batman/Pattinson così com’è meglio Elliott Gould de L’ultimo addio rispetto a Ellie Goulding


14 Feb

danny collins

 

84821706_10215701199585868_4930496334093352960_o1973, THE LONG GOODBYE

Partiamo con l’ironia, con la goliardia, quindi con la psicanalisi di questo sentimento assurdo chiamato amore sin ad arrivare a come si possa credere che Essi vivono non sia un capolavoro poiché ci si è (dis)informati nelle scolastiche sovrastrutture culturali distorsive e ottundenti la mente per giungere all’attuale demenza collettiva d’un mondo oramai più perso di uno con la (ri)cotta.

Una risata ci seppellirà: di mio, più che Joker e Batman/Robert Pattinson, sono Harrison Ford, anche de Il richiamo della foresta

Ecco, appena sento il richiamo delle feste, assumo un’espressiva torva e accigliata da Matthew McConaughey nel primo episodio della prima stagione di True Detective.

La mondanità, la frivolezza, il chiasso isterico, la carnascialesca baldoria e pure le maschere carnevalesche dei vostri carri di superiori, no, supereroi vs villain, il vostro ipocrita escoriarvi le anime in orge da Eyes Wide Shut nelle quali, scopandovi in maniera cannibalesca, vi lanciate addosso pure i coriandoli, mi rendono un uomo felicemente nudo dinanzi a tale natura selvaggia. Al che, prende il sopravvento la mia parte falotica, cioè umanissima da uomo poco androide e con un piccolo Android.

In mezzo a tanto vostro ormonale clima torrido da zone erogene sempre equatoriali, invero raggelante e anche i vostri cuori aridi oramai celatisi nell’illusorio, momentaneo riscaldarvi, tale dolciastra euforia mi rende sempre più freddo e allora celebro in auge il grande Rutger Hauer di Blade Runner. Superuomo che, dirimpetto, ai vostri onanistici baci e abbracci da nani, di fronte alla vostra misera e miserrima piccolezza da cacciatori di taglie, elevatosi davanti a queste vostre squallide erezioni, dimenticò pure i tempi in cui, dopo un piatto di tagliatelle, mi sdraiai in primissima pubertà sul divano per gustarmi le forme 90-60-90 di Simona Tagli alla tv e non solo immaginando di scoparmela più e più volte venni e stetti per svenire davanti a quelle grosse tette, bensì io stes(s)o a un cazzo addivenni.

Sì, furono tempi oramai smarritisi tra le mie memorie, fra reminiscenze e mie eiaculazioni su belle more e su tantissime biondone bone che sognai sconfinatamente un po’ da guardone e giammai da marpione.

Forse da coglione? Ah, che masturbazioni mentali e non, che idillio senza pace dei sen(s)i. Di felicità grondai sterminatamente. A fiumi! Oserei dire gonfiatamente e prosciugandomene ardentemente sino a colare… a picco nell’infernale mondo odierno putrefatto. Ah, che calore. Sì, dalle palle alla padella e poi alla brace. Ma quale abbraccio! Queste donne mi delusero, gli amici m’illusero e tradirono poiché si prostituirono e, dopo aver illegalmente conseguito la maturità, si (s)consacrarono all’immatura scemenza di tale società senz’alcuna qualità.

Al che mi sbronzai, scolandomi un litro di biondo malto. Fantasticai perfino sulla giornalista Claudia Peroni che, in quanto a pere, poté drogare sessualmente qualsiasi uomo che le capitasse a tiro, per l’appunto tirandoglielo e annacquandolo nell’osé della sua pelle rosata come un buon vino rosé.

Ah, meglio stare soli come l’uomo di Solaris piuttosto che innamorarsi di una donna che, abbronzandosi, prende il Sole cocente dell’essersi troppo in fretta bruciata. Quella è più sola di me e prendemmo entrambi una sòla. Fatemi mangiare una sogliola.

Sì, son destinato a essere Han Solo come un cane? Forse sì ma non voglio nessun cagnaccio al mio fianco, basta con Chewbacca. Basta col curarmi dalla depressione coi fiori di Bach, ascoltando Vivaldi, Basta pure con Bacco!

Preferirò sempre Balle spaziali a Guerre stellari.

Cosicché, da archeologo alla Indiana Jones del mio temp(i)o maledetto, no, delle mie tempie da ultima via crucis, no, ultima crociata, me la tiro… da Sean Connery de Il nome della rosa. Conducendo una vita monacale che però sa il fallo, no, fatto suo. Sono uomo di scibile e, nella notte, sibilo più del pipistrello di Ron Perlman. Uno non tanto bello ma Hellboy…

Anni fa, come Sean stetti per perdere i capelli. Li riacquistai e ora piaccio alle parrucchiere.

Una mia amica su Facebook scrisse che ogni donna, suo malgrado, almeno una volta in vita sua ebbe lo stesso ciuffo di Cameron Diaz in Tutti pazzi per Mary, eh.

Un’altra disse che il suo ex ragazzo, per il giorno di San Valentino, le regalò una visita gratuita dallo psichiatra. Lei, per fare l’ironica, forse l’auto-erotica, più che altro per sdrammatizzare la sua condizione da frust(r)ata cronica, affermò pure che almeno, dopo che il suo fottuto compagno la sfanculò, verrà analizzata da un tipo stronzo come Michael Fassbender/Jung di A Dangerous Method.

Poiché la sua vita andò a troia, no, a troie e lei va tutt’ora fiera della sua femminile follia, ha anche tutti i dischi di Loredana Bertè e un lavoro estremamente dignitoso. Oltre all’ernia al disco per aver bevuto e ballato troppo…

Sì, è la direttrice di una comunità ove vengono internati i ragazzi coi cosiddetti problemi mentali.

Sì, questi poveri ragazzi, oltre a dover sopportare una società animalesca che li sbatté duramente, adesso devono pure sottomettersi alla rettrice dei cazzi altrui.

Molti uomini andarono matti proprio per Cameron Diaz. Appiccicarono le sue foto, a mo’ di Philip Seymour Hoffman di Happiness, sulle pareti dei loro appartamenti. Poiché, come si suol dire, Cameron Diaz, essendo dotata di ottima carrozzeria, fa ancora la bella figa e può farti… fare bella figura se un ospite entra a casa tua e vede tutta questa tappezzeria. Come no…

Guardate, sono veramente nauseato. Siamo arrivati al 2020. Non vi siete evoluti manco per l’anima della minchia. Ancora vi prendete per il culo da schizzati, appunto, scambiandovi battutine di dubbio gusto e, secondo me, anche battone di seconda mano. Sì, forza, ci vuole Indiana Jones 5.

Siete da museo delle cere. Come Harrison Ford. Ah ah.

Di mio, adorai il fondoschiena di Greta Scacchi di Presunto innocente ma molti pensarono che non conoscessi Le verità nascoste.

Di mio, so anche che Angelina Jolie preferì Billy Bob Thornton a John Thornton e ai lupi da Jack London.

Dobbiamo dircela, L’uomo che non c’era emana un certo fascino noir da colui che non deve chiedere mai.

Egli, dopo una giornata di duro lavoro, scopa. Forse solo il pavimento ma conosce a memoria tutti i libri di James Ellroy, soprattutto Dalia nera.

Per quanto mi riguarda, Hilary Swank e Scarlett Johansson possono anche vincere tutti gli Oscar del mondo. Sarò sino alla morte, eh sì, Clint Eastwood di Million Dollar Baby.

Poiché non vi giro mai attorno. Alla gente dico sempre la verità. Senza buonismi da San Valentino, senza smancerie o carinerie ruffiane e false. Che film, ragazzi. Clint di notte entra in ospedale e fa quello che nessuno ha il coraggio di fare. Come per dire, forza, è inutile andare avanti così. È una tragedia, chiudiamola qui. O forse no…

Andiamo avanti, tanto è una società messa a pecora.

L’amore è una cosa meravigliosa? Certo. Se hai tredici anni. Più uno va avanti con l’età, per l’appunto, più lei ti chiederà di più.

Eh no, non si accontenta mica che tu sia il primo della classe per vantarsi con le amichette di stare assieme a uno bravo. È smaliziata, oramai.

Oltre al bel faccino, non le piace più un cazzone qualsiasi.

Esige quello con cui poter costruire un futuro. Soprattutto quello che le costruisca la carriera affinché possa stare a mollo, sciacquandosela tutto il giorno. Pigliando in giro chi la sua vita scialacquò poiché, senza quel talento, non si ottengono i gioielli…

Ah ah.

Sì, il mondo è cambiato, in peggio.

Tantissimi anni fa, conobbi una ragazza di Trieste. Malgrado fu lei a sverginarmi, fu anche molto pura nonostante sapesse pure come rendermelo duro.

Piangeva a dirotto quando guardava Robert Downey Jr. in Only You – Amore a prima vista e in Ally McBeal.

Col tempo, oltre ad avermelo indurito molte volte, lei stessa s’indurì. Regredendo però al contempo all’infanzia. Ora, sebbene non la senta più, un uccellino mi disse che lei impazzisce per Iron Man.

Sì, non siamo più in contatto io e lei ma credo che gestisca una boutique che mette in (s)vendita le creme vaginali assieme a Gwyneth Paltrow.

Di mio, ne passai tante…

Per colpa di errori, anzi, orrori giudiziari, feci per un po’ la fine di Downey Jr. in Guida per riconoscere i tuoi santi. E dire, cazzo, che a diciott’anni fui veramente un idiota bellissimo come Channing Tatum.

Anche, sinceramente, come Amélie/Audrey Tautou.

Mi venne anche voglia di farmi… un tattoo.

È veramente inconsolabile il mondo di oggi. È talmente falso che la più retorica canzone dei Beatles sembra, al confronto, America oggi di Robert Altman. Ora, non scherziamo, molte canzoni di John Lennon sono bellissime.

Ma Imagine non rispecchia la realtà e io adoro quel bastardo di Al Pacino. Soprattutto di Danny Collins… 

Comunque sia, non credete che io sia solo.

Diciamo che non lo do a vedere… anche a vendere. Non sono affatto ricco ma sono uno che se ne fotte delle vostre stronzate. I valori sono altri. Se volete sapere come si recita un pazzo, no, come si scrive e declama un pezzo, eccovi serviti. Sì, come si suol dire, posso permettermi di fare lo scemo del villaggio alla Charlot, non lo sapevate?

Non avevo dubbi che non lo sapeste. Voi, invero, sapete ben poco non solo di me ma soprattutto di voi. Mi sa che è così.

Intanto, buon divertimento e amore a tutti.

Auguri e figli maschi.

In verità, sono molto triste, molta gente mi fa pena.

Prima, fui davanti a un locale. Dopo vi entrai. Al che entrò una coppietta di mezz’età. Lui, tutto impomatato, lei bella ma fattasi più bella per festeggiare con lui San Valentino.

Chiesero perfino al cameriere di scattare loro un selfie. Perché solo stasera festeggiarono se si dichiarano innamorati? Semmai, durante tutto l’anno, si scannano, si mettono le corna, litigano come ossessi, si lanciano addosso i piatti, pure i sassi. Ah, è vero. L’amore non è bello se non è litigarello.

Così come è importante la festa delle donne, giusto?

Trovo che sia invece estremamente umiliante per una donna venire… festeggiata.

Significa che ancora accetta di essere trattata come una dea soltanto un giorno all’anno.

Sono cinico? No, dico la verità. Gli uomini non sono superiori alle donne e le donne, a loro volta, non sono superiori agli uomini.

Siamo tutti dei figli di puttana. In questo, ebbe ragione Federico Frusciante domenica scorsa.

Quando disse che La vita è bella di Benigni è una porcata. Lo cito testualmente: la vita è una merda. Ci costruiamo però delle illusioni per farcela piacere un po’.

Purtroppo, è così. Così come viene reputato carino dire a una donna muta che fa simpatia, oppure dire che Captain America sia più figo di Joker. Non credo proprio. E mio fratello lo sa…

Intanto, un altro scemo legge la cronaca nera per essere meno infelice. Ah, guarda qua, leggi che tragedia. Be’, allora c’è di peggio nella vita. Tutto sommato, a me va grassa e di lusso. Certamente… La dovreste anche finire di celebrare l’anniversario della caduta delle Torri Gemelle. Voi non foste dentro le Twin Towers e, onestamente, non ve ne poté né può sbattere di meno. Se poi, per fare i fighi e i buoni, volete continuare a spacciarvi come tali, me non mi prendete per il culo.

Non si dice… me non mi prendete? Vi cito Gigi Proietti:

– Signora, lei a me mi piace.

– Non si dice a me mi piace.

– Lo so ma a me mi piace.

 

Parte inventata da me:

– A me però lei non mi piace. No, non piace.

– E chi le piace, scusi?

– Mi piacque Valentino di Uomini e donne.

– Ah sì? Allora lei non mi piace. Va bene così? Ah ah.

 

A propositi di lupi, miei lupetti, ora vi mostro un superbo esemplare di lupus in fabula. Razza da Rosso Malpelo, da Lupo solitario alla Sean Penn, Wolfman o forse una pregiata, inestimabile volpe? A propositi di lupi, miei lupetti, ora vi mostro un superbo esemplare di lupus in fabula.

Parafrasando Corrado Guzzanti: la seconda che hai detto.

Forse la quarta?

 

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di Stefano Falotico

First review of Danny Collins


12 Mar

From Variety

Danny CollinsWith his tufts of gravity-defying, shoe-polish hair and burnt-orange tan, Al Pacino has been sporting the look of a glammer-than-thou aging rock star for so long now that it’s only fitting he’s finally gotten around to playing one — which he does, exceedingly well, in “Danny Collins.” For his directorial debut, screenwriter Dan Fogelman has crafted a familiar late-in-life redemption narrative, made surprisingly palatable by Pacino’s winning comic bravado, a superb supporting cast, and currents of real feeling that cut through the expected bromides about the emptiness of fortune and fame. Though it’s unlikely to score quite the same home run with the Social Security crowd as the Fogelman-scripted “Last Vegas” did ($134 million worldwide), this March 20 opener should leave the staff of new distributor Bleecker Street humming a happy tune.

This is the second time in a year that Pacino has played a celebrated star in the throes of an identity crisis. Only, where “The Humbling’s” Simon Axler was a Broadway legend starting to lose his lines (and his grip on reality), Danny Collins is a music-world icon who long ago lost his artistic integrity — a subject which, given the general trajectory of Pacino’s movie career over the last decade (from grade-Z action fare like “Righteous Kill” and “88 Minutes” to the Adam Sandler debacle “Jack and Jill”), makes this new role seem even closer to home. The Collins we first meet in Fogelman’s film — in a brief, “Almost Famous”-ish prologue set in 1971 — is an earnest young singer-songwriter in the Bob Dylan/Jim Croce mold (played by Eric Schneider, a reasonable doppelganger for the “”Panic in Needle Park”-era Pacino). By the time we jump ahead to the present day, he’s become a kitsch pop icon with a signature sing-along anthem (“Hey, Baby Doll”), a third volume of greatest hits on the charts, and a young bimbo fiancee (Katarina Cas) on his arm. In the span of 40-odd years, Bob Dylan has become Neil Diamond.

It’s around this time that Danny’s longtime (and long-suffering) manager (the redoubtable Christopher Plummer) gifts him with a most unexpected piece of fan mail: a letter from Danny’s idol, John Lennon, penned in 1971 but lost for decades in the hands of a nefarious journalist (aren’t they all?) and a private collector. The message is a predictable “stay true to yourself” encouragement, along with an invitation for Danny to phone the ex-Beatle for a private chat. And it is this letter, “Danny Collins” asks us (not entirely convincingly) to believe, that sinks our hero into an existential funk, wondering how his life — and career — might have fared differently if he’d received Lennon’s letter in a more timely fashion.

In fact, there was a real Danny Collins, or rather a real Steve Tilston, a British folk singer who, in 2005, received just such a letter, written by Lennon in response to an interview the 20-year-old Tilston had given to a now-defunct music magazine in which he worried that commercial success might corrupt his artistry. But as an onscreen text at the start of Fogelman’s film states, “Danny Collins” is only “kind of based on a true story a little bit,” which means it’s safe to assume that the real Tilston (who’s credited as a consultant here) did not subsequently set off on a cross-country odyssey to meet the adult son (Bobby Cannavale) he fathered with a groupie back in the day, or hole himself up in a suburban New Jersey Hilton while trying to get back in touch with his songwriting muse.

But “Danny Collins” is a movie after all, and one that on its own warm, fuzzy terms offers a few modest surprises. With his basic setup in place, Fogelman could have easily let things coast along on heart-tugging autopilot, with all the expected sermonizing about how what really matters in life are the things money can’t buy. But Fogelman is smarter than that and so are his characters, especially Cannavale’s Tom and his no-nonsense wife, Samantha (Jennifer Garner), who initially resist Danny’s dramatic intrusion (complete with football-field-sized tour bus) into their placid suburban lives, but soon realize that there are certain advantages to having a rock star in the family — like jumping to the front of the line for an elite Manhattan school specializing in the needs of children like their ADHD-afflicted daughter, Hope (Giselle Eisenberg).

Cannavale, who can sometimes overdo his Italian-American working-stiff affect, is terrific as a man who’s spent so much energy trying to become the man his own father never was that it’s left him, at 40, as weary and worn-down as someone twice his age. But even Pacino is dialed way back from the scenery-pulverizing histrionics that have typified his post-“Scent of a Woman” career. Not unlike Collins himself, the actor has veered dangerously close to self-parody on more than one occasion with his outsized gestures and bellowing line readings, but he seemed renewed as a performer in his recent collaborations with Barry Levinson (“You Don’t Know Jack” and “The Humbling”) and in David Gordon Green’s “Manglehorn,” and he does again here, especially in the scenes with Cannavale, which go beyond the expected “you were never there for me” mawkishness. Sometimes, the two characters don’t say much to each other at all, but we know exactly what each of them is feeling. Watching Pacino in this role, you can see that he knows what it means to feel soulless and depleted as both an artist and a man, and he isn’t afraid to share that with an audience.

Of course, you don’t got to a movie like “Danny Collins” expecting to see one of those bleak, dark-underbelly-of-the-music-biz movies like “Payday” or “Crazy Heart” or “Inside Llewyn Davis,” and that’s certainly not what Fogelman sets out to deliver. But beneath the sitcom cutesiness and boldfaced sentimentality, the film manages to keep just enough reality coursing through to stay grounded. Even then, Fogelman doesn’t trust his characters (or his audience) quite enough to bypass such creaky contrivances as a potentially fatal illness for one character and, for Danny himself, a drug-and-alcohol addiction that the movie flicks on and off like a light switch whenever it’s convenient. And while Fogelman has written some nice, tart repartee for Pacino and Annette Bening (as a fastidious hotel manager in whom Danny sees a potentially “age-appropriate” love interest), the actress is around just enough to make you wish there were more of her.

Fogelman also fouls off what’s supposed to be the movie’s big climax, when Danny takes the stage for an intimate cabaret performance at which he’s supposed to unveil his first original compositions in years. The way the scene plays out, though, feels like a lazy narrative cheat, especially given a pop landscape in which older artists of all stripes lust after the very sort of back-to-basics career reboot that renders Danny inexplicably paralyzed with fear. A movie with no less a father of musical reinvention than Don Was (producer of lauded “comeback” albums for everyone from Bonnie Raitt to, yes, Neil Diamond) as its in-house music guru ought to have known better.

Still, Was has co-written (with Ryan Adams) a lovely original ballad, “Don’t Look Down,” that serves as Danny’s proverbial redemption song — and, unlike most such movie songs, sounds like it could have actually been written by the character.  Elsewhere, Fogelman cycles through nine of Lennon’s post-Beatles recordings (including “Imagine,” which was at one point meant to be this film’s title), most of them used judiciously and without turning the soundtrack into an overly nostalgic baby-boomer hit parade.

Reviewed at Dolby 24, New York, Feb. 27, 2015. MPAA Rating: R. Running time: 106 MIN.

Production

A Bleecker Street release and presentation of a ShivHans Pictures/Handwritten Films production in association with Big indie Pictures. Produced by Jessie Nelson, Nimitt Mankad. Executive producers, Denise Di Novi, Shivani Rawat, Declan Baldwin, Monica Levinson.

Crew

Directed, written by Dan Fogelman. Camera (color, widescreen), Steve Yedlin; editor, Julie Monroe; music, Theodore Shapiro, Ryan Adams; music supervisors, Julianne Jordan, Julia Michaels, Matt Sullivan; music producer, Don Was; production designer, Dan Bishop; art director, Christopher L. Brown; set decorator, Claudette Didul; costume designer, Sophie de Rakoff; sound (Dolby Digital), Scott Harber; sound designer, Scott Sanders; supervising sound editor, Perry Robertson; re-recording mixers,  John Ross, Kaspar Hugentobler; senior visual effects supervisor, David Gaddie; visual effects supervisor, Nick Crist; visual effects, Afterparty VFX; assistant director, Betsy Magruder; casting, Mindy Marin.

With

Al Pacino, Annette Bening, Bobby Cannavale, Jennifer Garner, Christopher Plummer, Katarina Cas, Giselle Eisenberg, Melissa Benoist, Josh Peck, Thomas Smith, Eric Schneider.

John Lennon, Al Pacino and Imagine


09 Mar

Le recensioni del corsaro


06 Aug

COMPRARE!

Stefano Falotico ha pubblicato “Le recensioni del corsaro”, per un’umanità più immaginativa e a mia “Imagine” di Lennon nel PacinoIl video, che più sotto troverete, esemplificante è una figata di raro gusto. Sol(e) chi, non nell’anima vetusto, potrà arruffarsi nell’ennesimo delirio falotichesco, un Falotico ruspante, gaudente e che perfin balla, fra un nero che sfuma e un “bianco” che si sfama da Notte “lupa”.Sì, fratelli della congrega, qui riuniti in religioso silenzio e a miei inchini, son Uomo che mille ne pensa e moltiplica il pensiero per un progresso.
Il Genius, avveniristico, avvenente più d’ogni Venere mascolina, d’ambiguo è oggi femmina, domani fiammeggiante, ieri antropomorfo e nel Futuro deformante a vostri (di)letti allietanti. Ah ah. Aggiungi un posto a tavola! Alleluja!
Nuota con vigorosa “ipocondria” fra sbalzi umorali da spaventar anche il suo “sonnifero” più pigro a recinzioni d’un castigo che si perpetra da sé con gli eccitanti. Ah ah!
Allattato dal seno della vita, di Cinema aspirò ogni “ombra”, di luci d’illumina, spaziale è già personalità. Per frontal bifronte, miei “unti” dall’unica mano che tocca le corde dell’anima da voi stessi sfondata. Ah ah!
Non bestializzatevi, vi conosco. Corteggiate le donne da “montati”, ma son qui io colui che non (s)monti, ché cavalco il mare per il Sinai. Asini. Ah ah!
Monte saggio, a mio comandamento non solipsistico dei dogmi biblici, ideologici e fanatici.
Io spartisco le acque e anche le fette di torta, diluendole nel purpureo candor a sapore oceanico.
Dall’Oceania alla Mesopotamia salto con far da canguro, non ingravido di “marsupiale” eppur di soppiatto un altro libro piazzo. E non mi vendo in piazza. Ah ah!
Mentre voi ve le spupazzate sopra e dietro, io mi spelai, mai bruciato son lindo e non laido, son lì dietro di te e spio, son là nella l(i)ana in queste giungle soffocanti. Districandomi e c’è talvolta l’orticaria. Ah ah!
Alitante la brezza dei tempi stoici, rimembro la Preistoria a Rinascimento dei tempi, costruisco grechi templi e di tempie scardino ogni ottuso basamento. In quanto nuovo Michelangelo e di mente, miei dementi senza dipinto della mia faccia da “paint”. Ah ah.
Entropico, genero caos pedissequo, mi perseguiteranno ma nell’ano ecco il mio “ricevimento”.

Acquistate questo libro, donatevene tutti. Sfoglierete i vostri cuori impietriti, fra un Bryan Adams di colonna sonora, un Kubrick di glorie, un fisher king con Williams e il mio “Lebowski” da Jeff Bridges.
Sì, che mareggiata. I fiumi esondano, il di Brooklyn ponte addento da Godzilla, io pontifico fra un cavalcar e il valicare. Fra divaricate e ora però non di troppo complimenti allargatevi.
Altrimenti, mi monterò la testa. E poi la coda patirà il reflusso gastrico. Detto anche vortice della mia forza, con evacuazione da tutte le circuizioni.
Aiuto, il leone è scappato dal circo! Sono io, ma tu sei la giraffa?
Ah no? Allora, sei la tigre. E che facciamo? Ce la mangiamo? Ah ah!

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Pacino & Cannavale


05 May

Digressione che dovete saltare se al mar di mare non volete “affondare”. La Donna “al largo” merita il canotto. Dopo c’occuperemo del “cupo” cipiglio del Cannavale, attore “teatrale” che a me pare un melodramma napoletano amaro!
Io so(g)no, poiché son sempre desto e non m’arresto fra chi, nel “lecito”, è sconcio per “conciare” a sua pelliccia d’animale! Sono Io che investo su di me e ti rivesto di par “parere” nel murarti fra le pareti!

Prefazione ironica, “drammatica” in linea con gli sfottò di massa, ove si abusa del prossimo a violenze psicologiche reiterate dal non ritirare mai la mano, anzi a infilarla di coltello nella piaga solo a “plagio” di noi che dovremmo piangere, invece sonanti “rideranno” di modo nostro nelle lagrime versate di sangue!

Tempo di “alta marea” cinematografica, piattezza per sale prossimamente deserte, rinfoltimento invece del “grande schermo” per costumini da “quattro dimensioni” quatte quatte nel mio nuotarle “sott’acqua”, che limpida visione!

Questa è stata una cattiv’annata cinematografica. Sempre “figa”, come no.
Moscia come tre mosconi al bar di un nullafacente eterosessuale in apparenza una roccia che pur vuol farsi il commendatore roco ottantenne con la camicia “profumo” tal stronzata-etichetta(ta): “La cravatta odora di mattino levigato nel cappuccino sciolto a te contessa scremata dello zuccherarmi i bottoni marroncini su noia annodata da slegare in modo aperitivo-appetitoso”.

Pochi titoli d’annotare per le nostre notti affamate di Cinema… anche perché d’altra fame moriamo “in bianco”.

Questa la lista di ciò che m’è piaciuto:

1) Jimmy Bobo, Stallone in Hill dei tempi d’oro cazzuti.

Fine.

Il resto, qua e là, quattro stellette, ma nessuna mi dà… il “cinque”.

Meglio tornare all’ovile del vecchio Sly spaccamascelle senza rompiballe d’ordinanza formato “Tornita per muscoloso più tamarro di me il nervoso sparacazzate da eclissare con calci volanti in mezzo inculanti all’addolorarlo e non dorarla in Luna ululata a due”.

Sì, quando una Donna mi piace, divento un boom tequila della mia anguilla liscia nel bum bum di tambur battente, soprattutto al mio “abbattuto” ma carro “a(r)mato”.

Cazzo tanto scazzato. Più che altro, tanto a(tt)izzato quanto azzannato.

Ah, le donne sono come la stampante.

“Ficchi” la carta e selezioni i colori vivi per dar… vivacità alla tua anima “annerita” ma loro preferiscono fotocopiarti di delusioni opache come il primo paragrafo d’un romanzo venturo, narrante di voce castrata dentro, come no, varie sventure “provocate”… dall’invocarle ma non molto “imboccarle”. Che sventole!

Sul ponte sventola bandiera…

S’intitola “Le epiche epopee del mio marinaio in poppa, perché il singolare è meglio del plurale”. La pippa a te psichiatra di pipe! Ti viene il Pepe? Vai Beppe, vai!

Sottotitolo: “Sempre sotto, inteso nel senso sfigurato senza seni, inseminai d’autoerotismo appaiato all’applauso soddisfacente come loro, le seducenti eppur ad altri più sull’attenti”. Attraenti? Sono il Tenente!

Vi do… l’anticipazione. Se mi deste… l’anticipo, potrei scrivere il resto dato che, come dice il detto appunto, se non te la dà, perdi l’ispirazione a lungo non andare, e non c’è poi più da fare…


Capitolo 1

L’abbronzatura del mio ronzio, Riace rimase sbronzo come un dissanguato branzino “al dente”
 
Vado al mare, prime cosce bollenti da guardare dopo tante attrici “ammirate” di virtuale “impalpabile”.

Ma tocco… di nuovo il fondo, tentando un approccio con una meno porcina delle altre.
Meno pia ma da spioncino! Capolavoro di abbordaggio e di spionaggio! Sotto il vestito, c’è tutta la pistola subacquea!
Un pulcino che pulsa(nte)! Impermeabile quarzo!

Sdraiata sul materassino, me lo gonfia ma, dopo altro rifiuto, userò solo le braccine “su e giù” per non essere affogato nelle sue “bracciate”. Che braciola di maiala ch’è?
Un tuffo dove è più blu! Asciugamano e fazzoletto (de)tergente!

Eh sì, sembrava una poveretta, invece noto che fa l’amore con un cane tenuto al guinzaglio che le regala il collarino mentre “lei” lo cinge fra mani delicate “circoncise” dai polsi pulsanti attorniati nei braccialetti verde “smeraldo” di  suo “fedele” a inondarla-baci di donati “amori” morbosi dalla sprizzante purezza istintiva-(s)tingersi.

Ah, una coppia d’“oro”.

Lei mi sbeffeggia mentre mangia il suo animale sotto i baffi, nella derisione anche di un bambino lestofante col gelato “limonato” della sorellina lattea colorito “crema protettiva” sapore “fragolina”.

Fa un po’ freschino dopo la “calura”, o meglio la cattura, al che comincia a piovere. Prima il Sole brillò “folgorante” ai f(i)ori delle spiaggianti sul raggiante venirne infornate di “dardi”, poi la burrasca fu già annunciata di “annuvolamento”.

Riaffioro!

In pineta, in mezzo a ortiche, orge, ossa spolpate, carni arrostite, trovo una cinquantenne ancora “in tiro”.

Al che, le propongo di far a botte e inalberarmi da incazzatissimo!

Lei fraintende e vuole davvero scoparmi.

Ed è qui che sono cazzi amari.
Il boschetto della boscaiola! Che imboscata!

Capisco che il buco dell’ozono è causa del mio Pianeta alieno.

Ribelli, scatenate il putiferio, spellati voglio che issiate chi eravate, chi siamo lo sappiamo noi! Tu non sei, incarni la carne del vuoto! Nullità!
Tu hai finito di “circondarci”, di circuire col tuo sorrisino da cannibale ammaestratore del circo!
E devi solo cucirti in gabbia, perché ti segregheremo nell’urlo irruente del tuo “leone” ora da noi ammansito di “dolce” non frenarci a vendetta della fiera “feriale” del tuo sbranare con graffi “festosi!”

Ora, basta! Finiamola. Le cattiverie gratuite per troppo Tempo han “accerchiato” i nostri destini, il nostro delfino! immutabili nel loro pregiudizio “forte” da violenti “temprati” alla vita che si “spacca il culo” per “distruggerle” e coccolarle a lor danza invero di morte, come da Salmo del mio Santo lucertola nel mo’ della salamandra fra tali mannaie che io, da mannaro, ammainerò sempre, mordendo non morbido bensì a loro mostri tanto mordaci tanto or lordati!
Smerdiamoli!

Sì, sono impazzito ma soprattutto sparo all’impazzata, a salve di giustizialismo “innocuo” che però ferisce ove la cicatrice “amputarono” d’altri tagli inferti a frattura rimarginata ma di lor giudizio emarginante coi soliti attacchi del branco “inviolabile”, dietro l’arroganza della “compostezza” in lor sussiegosa e rugosissima bo(r)ia da (in)fermi(eri) abbrustolenti!

Arderai di arbusto!

E non me n’addormento ché altre dominazioni alimenterebbero di loro “catena” a fregarsene, così elementari nello sradicare, deflorare la nudità delle anime per inorgoglire solo il privilegio del luogo comune!

Che scempio di florilegi! Se voi aveste letto “Il signore delle mosche”, zitti e mosca v’ammutolireste di tal “ammutinare”, e saettanti rane bibliche avveleneranno il già pruriginoso e falso inamidarvi per “umide”, faraoniche cene d’amplessi. Che fessi!

Dico a te, donnaccia! Che ti divertisti col sadismo più sfrenato a “scherzare” di anonimia appunto con voce in falsetto, nello stuzzicare mentre ridacchiasti col tuo marito ancora “ridente” sul tuo corpo gemente d’unti unguenti, com’acuminasti a derisione a tuo (di)letto pieno di aderita, schiava opulenza! Puzzolente! Delinquenti, tu di biforcuta lingua e il tuo… di “linguine” allo scroto dei coiti da cotti! Ecco gli “spaghetti” a collo nell’a tutta birra di spappolarti!

Ce l’avete il fegato!? Sfigati sarete voi! Facce da Sfinge! Ecco la sdentata, ecco come ti pietrificherai, pentendoti, e implorerai della tua ribaltata piramide! Pente-cost(ol)e!
E tu eri un figone? Ah ah!

A te ch’accusasti con l’intransigenza d’un caporale coi “diritti” di uccidere in maniera “fredda” ché solo volesti scaldare la rabbia al fine di spegnerla con sedazioni per “rinsaldarci” al tuo “intenderla” che non offre saldi!

Ecco il sandalo di Mosè! Ecco lo “spartiacque” del tuo bagnarle! Ti piace il musetto?

A muso distrutto, rotto mio bastardo!

Dei tuoi ricatti, dell’urto al non ascoltarci! Mio vello, svelto svelati!

Adorami!

Siamo in guerra! E si combatte, maledetti vermi borghesi!

Come vi crogiolate di abbuffate, fra cellulite, sbattere in cella e cellule di celluloide che i vostri neuroni neanche carpiscono. Non possedete le iridi per la magia iridescente del Cinema, miei insipienti!

Noi siamo sapidi, noi siamo la lapide al vostro presumere da “somari!”.

Meglio i sumeri! I celti, le accette! I barbari dei barbosi!

Le sal(s)e affollate, tutti vestiti “in riga”, su poltroncine della carreggiata che “scoreggia” fra popcorn(a) e altre patatine di porcata alla “maionese” sudicia in ketchup piluccato da drogati del Sesso imbevuto come Coca… della “cann(ucci)a”.

V’infilziamo noi di rimpinzate!

Ecco le pinze! Quante donnicciole, coi “pizzetti” su mustacchio per il virile muschio dei selvaggi mucchi, di pizze in faccia saran “capricciose!”.

Fottetevi, sarete aggrediti a fiotte!

Appiccicose! Appicchiamo!

Chiaro, figli di mignotta!?

Questo come me lo sorseggi?

La sorte meglio della tua s(p)orca!

Dopo tale poema, di cui non frega a nessuno, a qualche “fregna” sì da fregare già, è ora il Tempo di (s)parlare di Cannavale!

Sottotitolo: come costui corruppe tutti gli Stati Uniti per interpretare la versione di Americani a Broadway e ora ha assunto le “veci” del figlio di Al Pacino in Imagine

John Lennon sta gridando “Pietà!” ma Cannavale “ci sta”.

Ruolo inizialmente pensato per Jeremy Renner che, dopo conflitti intestinali con lo script, abbandonò il “Padrino” a suo discepolo BobbyDe Niro di Corleone?

No, comunque un siculo sicuro di sé ma molto meno bravo di John Cazale. Da pronunciare in modo banfiano così: “Don Jon(hnson?) cazzell’”.

Ah, rimpiangiamo John. Nell’immediato futuro, dovremo sorbirci Cannavalo, qui detto all’Abatantuono.

Non spenderei molte parole su quest’analfabeta, mi congederò con tali due “da antologia”:

Al Cinema, Michele Placido è uscito col film Il cecchino.

Al che, avvicinai la mia vicina di casa per chiedere di vederlo assieme d’occhiolino.

“Lo” vedrò malissimo. Il marito ha un cognome da morirci secchi: Cecchini.

Per svagarmi dall’ennesimo “trivellamento” sbudellante di mia delusione “a mano armata” (leggi “sega” da s-chiappa “bombardata”), vado in giardino, rado il prato e son lì per cantare… all the people

Ma mi viene in mente come la gente mi rade al suolo. E rimango solo senza patate, ma potato del tutto.

Con te “donna” non ho ancora finito!

Tu mi vuoi raffreddare, invece beccati questa freddura:

– Cosa fai nella vita?
– Impiegata ed esco con le amiche.
– Mah, sarà.
– Perché?
– Pensavo impiegassi molte minchie entranti. Si chiama “bustapaga” di shopping.

Ciao.

Ricordate: scioperare rendere l’Uomo un filosofo alla Schopenhauer!
E a Cannavale mille volte meglio la cannella sui canditi di Natale!

Da gustare dopo un primo di cannelloni!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Palle in canna (1993)
  2. I cannoni di Navarone (1960)
  3. Una canzone per Bobby Long (2004)

Imagine… Pacino o John Lennon? Cannavale o Bombolo? Julianne Moore o Annette Bening? La bona o la banana?


04 May

Change cast

Cannavale Bobby sostituisce Jeremy Renner, Bening la Moore. Non mi sembra uno “scambio” figo.

Jeremy ha i muscoli canini, Cannavale la faccia da scugnizzo,  la Moore è biondona, la Bening una morettina di cui mai m’innamorerei.

Su tal stronzata, vi chiedo di riflettere.

Imagine all the people? No, immagino molta gente e mi passa la voglia di cantare.

“Imagine” Al(l) Pacino


26 Oct

Imagine there’s no countries

It isn’t hard to do

Nothing to kill or die for

And no religion too

Imagine all the people living life in peace

 

Immagina, puoi… dice George Clooney. Be’, potrà lui, il riccone.

Per la gente comune, la vita è molto più duretta, sa signor Georgino?

 

Lei, anziché far il “belloccio” e cattivo Tempo, dovrebbe invece prender lezioni di recitazione dal Maestro Pacino Al, uno che non si perde dietro (paravento?) inutili chiacchiere da “regista impegnato” e attore “dotato” di strafighe.

La prenderemmo più seriamente nei suoi sponsor.

 

Anzi, “signore” mio, annoti, sul taccuino delle sue donne coi tacchi, il nuovo progetto “di” Al.

 

Si chiama proprio Imagine, trae leggerissimamente spunto da una delle canzoni più celebri di John Lennon. Vero?

 

Sarà diretto da Dan Fogelman, lo sceneggiatore di Crazy, Stupid, Love.

Narrerà la strana storia di un vecchio, ex musicista, Danny Collins (Pacino, appunto), che riceve una postuma lettera “affascinante”, scritta dal “pugno” di Lennon in persona e dalla sua ancora viva compagna, Yoko Ono.

 

La vita di Danny è pensionata da un pezzo e non se la sta passando affatto benino.

Ma quest'”epistola” scatenerà le voglie “paterne” smarrite, inducendolo a reincontrare suo figlio, con cui non scorre più buon sangue, forse non è mai esistito o mai l’ha “sentito”.

 

Il figlio avrà le fattezze di Jeremy Renner, e nel cast ci sarà anche la divina Julianne Moore.

 

(Stefano Falotico)

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)