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A Licorice PIZZA di Paul Thomas Anderson, preferisco PAMELA, la capricciosa e le quattro stagioni


19 Mar

Licorice Pizza poster

Guardate, andrò a vedere il n. film di Paul Thomas Anderson. Ma questo regista, da voi venerato, a me non convince. Mi pare falso come molti di voi, artefatto e lezioso. Poi, per Caritas, no, per carità, parlatemi di Arte perché non siete artisti. Ora, Pamela Anderson aveva e ha ancora forme bombastiche non propriamente belle per chi ama il cul(t)o della bellezza ellenico e debbo ammettere che le preferisco Milla Jovovich, ex di Paul W. S. Anderson, regista di Resident Evil. Al critico Onofri, mia nonna, anche da morta, preferisce Onofrio. Di ciò ne sono assolutamente convinto. Comunque, la mia faccia da Sean Penn è imbattibile, sebbene non credo nella Madonna e neppure nella signora Ciccone. Fatto sta che la mia vicina di casa fa di cognome Cecchini. Bradley Cooper fu un cecchino in American Sniper di Clint Eastwood mentre Penn, in Mystic River, più che un duro, mi è sempre parso uno stronzo e un cretino. Al film Milk di Gus Van Sant, preferisco il latte parzialmente scremato della Granarolo e allo Sean di tale mezza boiata, preferii Mickey Rourke di The Wrestler. Splendido nella pellicola La promessa, eh eh. A Marisa Laurito, ovviamente, ho sempre preferito Marisa Tomei. Sì, vi fu un periodo nel quale la Tomei divenne il mio sogno proibito più falotico, no, erotico. Insomma, a volte assomiglio anche a Robert Downey Jr. di Only You. Rimanga inoltre fra noi, uomini, a Charlot, non solo di Richard Attenborough, preferisco ogni film con Al Pacino. Dunque, cari cecchini, no, cocchini, sono stufo di voi, lecchini. Fatemi, per piacere (in ogni senso), un sano pomp… no. Molti sostengono che il Cinema di Anderson è simile al miglior Robert De Niro, no, Altman. Suvvia, non diciamo stronzate. Altman era un grande, corrosivo e sanamente tagliente, beffardo e corrosivo oltre ogni dire magnifico. Altresì romantico, lui, sì, davvero gigantesco e adorabile. Mentre tale Anderson può illudere solamente coloro che credono che Stanley Kubrick fosse un genio. Kubrick non era un genio, era un misantropo. Di mio, posso dirvi che pensai per molti anni di essere Sean Penn di Mi chiamo Sam. Ho scoperto, purtroppo per vostro sommo dispiacere, di essere Mark Wahlberg di Boogie Nights. Vale a dire sempre Sean Penn dei film mai visti, tranne dalle sue amanti, che lui gira in privato. Sì, ho voluto terminare questo scritto con la mia consueta freddura. Se non vi piace e io non vi piaccio, meglio così. Non vorrei, infatti, che foste quel tizio losco e moralmente orribile che sbatte Tim Robbins in macchina nell’incipit del succitato film di Eastwood con Kevin Bacon. Cavolo, a ben pensarvi, tale pedofilo doveva essere il Bacon di Sleepers. Cosicché, intellettuali inetti, mentre voi vi lasciate crescere la pancetta, io fumo molte sigarette.

Se siete dei salutisti e pensate pure che le patatine siano stomachevoli, a Marisa Tomei, sicuramente, preferite suo marito. La Tomei non ce l’ha. Cosa non ha? Ah, non lo so.

di Stefano Falotico

In un annus horribilis, funestato dal Covid, ci accingiamo alla prossima notte degli Oscar in religioso silenzio contro le scriteriate opinioni sballate di Mereghetti poco d’annata ed evviva ogni Spielberg di fantascienza rinnovata!


19 Apr

nomadland mcdormand

Che sia dannato o di migliore annata, l’importante è che il Cinema venga totalmente ripristinato ai suoi antichi fasti e ardori. Dunque, sta per ripartire la festa. A lei, signora della notte nera, non parte la Ford Fiesta? Io sono Arthur Fonzarelli, cioè Fonzie dei glory days di Bruce Springsteen. No, di Happy Days. Sono il Boss della canzone I’m on Fire. Le aggiusterò tutta la carrozzeria, smaltandogliela… Che sia il venturo 2022 un annus mirabilis da 2001 kubrickiano. Ah ah. Ah, mie uomini spregevoli e sprovveduti, ammalativi non di COVID-19, bensì della peggiore A.I.

Partiamo col pezzo da David Fincher, no, da David Foster Wallace italiano di falotica, astrusa e cervellotica scemenza cazzuta, spero, geniale o soltanto pedagoga, probabilmente educativa, dunque comparativamente simbiotica o solo sinonima, soltanto psichiatrica per diagnosticare ogni falsa intellighenzia da reparto pediatrico, cioè infantile e adatta a un mondo di deficienti che si credono adulti sapienti. Che tromboni deprimenti!

Eh sì, gran parte dei film candidati quest’anno agli Oscar non sono affatto piaciuti a Paolo Mereghetti, critico da “colonne portanti” della pagina Spettacoli del Corriere della Sera oramai da anni… irrecuperabile, no, volevo dire non ancora, pensa lui, pensionabile. Paolo è, a tutt’oggi, attendibile? Paolo, entrato da dritto o di diritto in tutti gli annuari ciclopici, no, enciclopedici della Critica recensoria dei film, no, nell’immaginario cinefilo collettivo soprattutto as Il Mereghetti, auto-sottotitolato(si) Dizionario dei Film. Che, a scadenze regolari, viene perennemente aggiornato e rivisto a mo’, forse, di Ciak la rivista generalista per eccellenza della nostra povera Italia popolaresca ove tutti si dilettano a essere tuttologi della min… ia, imparando bieche pappardelle a memoria estrapolate dalla terribile Wikipedia iper-qualunquista che è stata portatrice di danni disumani alla coscienza umana stessa non solo dello spirito critico dell’attuale Critica cinematografica, bensì della vita in generale. Parcellizzata, così facendo, da pseudo-caporali neo-laureati col Bignami che tengono molto in auge la falsa intellettuale Daria Bignardi.

La terribile, temibile, statene lontani, Wikipedia! Vade retro, Satana!

“Legalmente” letale per ogni tardo-adolescente e uomo ancora in fase puberale-adolescenziale auto-ingannevolmente persuasosi che basti enumerare ed elencare, un tanto al chilo, informazioni sterilmente nozionistiche assai superficiali per fare colpo su qualche ragazzina speciale che penderà dalle sue labbra fintamente ebbre e fameliche di scibile saccente più indigesto di un tiramisù mangiato assieme alla pancetta non di McDonald’s ma del suddetto panzerotto prematuramente sovrappeso, manco fosse un commendatore dalla panza piena, per l’appunto, della Destra più salviniana, ché s’atteggia da adulto in modo spaventosamente incosciente, sfoderando una classe (ig)nobile da pubescente amante della Scienza più falsamente acclarata sulla base precaria di conoscenze sommarie e assai provvisorie, improvvisate, più che altro da somaro incredibile.

Si crede dio ma non vi crede, contesta perfino Buddha, soffre di manie di onnipotenza da far paura all’anticristo e ragiona per stereotipie imbarazzanti e raccapriccianti, approntando tesi assurde da mettersi le mani nei capelli. Ha un diavolo per capello? Dinanzi a questo qua, un quaquaraquà, urliamo: oh, Signore, salvaci tu da costui, oh Gesù!

Egli cattura info filtrate e recepite unicamente in maniera mnemonica e assai stolta da demente sesquipedale ché crede, essendo un idiot savant impresentabile anche a Forrest Gump, di rappresentare invece l’esatto contrario, vale a dire il fenomeno “paranormale”. Egli s’interroga studiatamente, come no, sui fenomeni scientificamente irrazionali, dunque anormali. È un fenomeno anomalo o sol anonimo che, ahinoi, si sta espandendo a macchia d’olio.

Uomini di vera cultura, secondo voi, a quale generazionale fenomenologia possiamo accludere tale ragazzo inutile? Ah, quanta ignoranza abissale! Questo qui è inclassificabile ma tutto vuole catalogare e vivisezionare! Intanto, lei abbocca a tale semi uomo frequentante la rinomata Bocconi degli esaltati e stupida, no, rimane stupita dagli effetti speciali non della più avanguardistica CGI, bensì dell’androide bambolotto robotizzato dalle enciclopedie online scritte e redatte da androidi peggiori di lui. Lei perde cretinamente la testa per tale deep fake vivente in grado soltanto d’imbrodarsi e d’imbambolarla, recitando, a mo’ di Laurence Olivier de no’ a(l)tri, un numero d’informazioni impressionanti da lui diligentemente imparate, per l’appunto a memoria, più che altro appuntate, per fare bella figura dinanzi alla sua immagine allo specchio da Amleto della situazione ben conscio di non essere manco sanamente pazzo come il principe di Danimarca dell’omonimo capolavoro scespiriano. Egli è una tragedia incarnata davvero plateale. Platea, ridete, dai, su!

Sì, non è colto come Kenneth Branagh eppur dice di adorare Orson Welles, semplicemente perché non ha mai invero visto un suo film per intero ma, dinanzi alla sua immagine fessa, no, riflessa… nota che l’unica, incontrovertibile somiglianza immediatamente ravvisabile con Orson, eh già, è la misura extralarge non del cervello, bensì della taglia dei pantaloni da puro coglioncello cresciuto a meme, hotdog, la peggiore PlayStation e tante assortite, affini idiozie videoludiche tanto belle… Sì, egli è Cicciobello. Costui è una capra, un penoso cartone animato, un barboso e barbuto caprone dell’Argentario e confonde Luca Argentero con l’oro colato. Sì, su questo ha ragione, Argentero non è propriamente un attore molto dotato, no, dorato, gliene devo dare atto. Sebbene, debba io ammettere, altresì, che Argentero sia molto adorato. Da chi?

Stavolta, inconsapevolmente, confondendo gli asini dell’Argentario col pastore tedesco, mandriano della recitazione in cerca di pecorine, no, pecorelle smarrite, il ragazzo pecoreccio alla Ezio Greggio che denigra Dario Greggio in modo tristemente televisivo, essendo lui cresciuto con Striscia la notizia, colpì nel segno a mo’ di arciere di The Witcher. Ah, le ancelle amanti del pesce lesso Henry Cavill, il quale è più inespressivo del vero cacciatore di streghe del videogioco omonimo, sono sue fan accanite, dicasi anche frustrate mai viste che vedrei bene nel prossimo film di Robert Eggers, no, di Dario Argento. Nei panni delle donne educande, prede vulnerabili che manco un serial killer vorrebbe trombare, no, sgozzare perché poi Barbara d’Urso lo inviterebbe a qualche trasmissione ereditatale, ereditale se amate la scrittura aulica, ereditaria se credete che il DNA si trasmetta in base alla genetica dell’albero genealogico. Ah ah. Ereditale, non L’eredità, altra boiata bestiale. Ah, il nerd odierno altri non è che il ritratto terrificante del profilo psicologico di un omicida seriale di cazzate co(s)miche che non ebbe le palle, a differenza di Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti, di confrontarsi almeno con un’appassionata del Cinema di Jonathan Demme. La vera amante di Demme si può riconoscere immantinente con un facilissimo quesito. Le si pone, davanti agli occhi, la scritta stilizzata Philadelphia (qui, corsivizzata). Se, alla domanda, lei cosa vi vede?, vi risponderà Tom Hanks, è apposto. Se invece vi replicherà, a mo’ di replicante bellissima ma tontissima come Sean Young di Blade Runner, vi vedo una sottiletta Kraft, è adattissima per il tizio tozzissimo e “tostissimo” sopra (de)scrittovi. Costui confonde il logo di Batman di Tim Burton con le macchie di Rorschach. A proposito di Orson Welles e Burton, lui è il nuovo Ed Wood. Piaciuto l’ammiccamento cinefilo?

La personalità di questo qui è racchiudibile, se volessimo essere sbrigativi in modo empirico e direttamente proporzionale ai suoi giudizi banali e precipitosi, schematici e insostenibili, a quella d’un ragazzo impubere ed ebete che considera il Batman, con Robert Pattinson, un vero capolavoro. Il film non è ancora uscito ma lui è già addivenuto a tale conclusione apodittica perché è appassionato di Matt Reeves e pensa di essere un genio come Andy Serkis… In verità vi dico che non è Serkis/Cesare e neppure il King Kong di Peter Jackson. È Gollum!

Ma non perdiamoci col bamboccione-bambagione-“bonaccione” nient’affatto bonazzone. Egli non è Bonaccini, il governatore emiliano-romagnolo, neanche Sean Astin, inconfondibile hobbit. Ha degli hobbies?

Lui è Sean di Stranger Things.

Ma ora torniamo a Paolino Paperino, no, a Mereghetti e alle sue fenomenali papere incommensurabili. Il Mereghetti!

Esagerato tomo di matrice archivistica da esegeta della mutua o da recensore d’un vademecum indispensabile, di stellette indicative, per ogni giovane marmotta? No, per ogni ignaro della Settima Arte che a quest’ultima si volesse approcciare ed alfabetizzare a mo’ di Bob De Niro/Max Cady di Cape Fear. Il quale, dopo essersi “acculturato” con Max il leprotto, si laureò senz’attestato in Giurisprudenza da avvocato del suo povero diavolo leninista-stalinista un po’ sciroccatamente comunista e vendicativo-giustizialista contro un ipocrita da cui non fu doverosamente difeso ma malvisto, incarnato da Nick Nolte, un immenso bigotto fascista! Classico uomo piccolo borghese che riterrà le teorie di Mauro Biglino, da quest’ultimo emesse contro ogni cattolica messa e contro la Sacra Bibbia in modo giudicato blasfemo, eh sì, una bestemmia meritevole del suo moralismo anacronistico non aperto al revisionismo più possibilistico. Sì, Nick Nolte reputa Biglino un biblista, no, un ballista. Mereghetti, invece, non ama molto JFK di Oliver Stone, in quanto da lui reputato un film troppo retoricamente complottistico. Allo stesso tempo, però assegna quattro stellette a Una storia vera di David Lynch, ritenendolo una chandleriana poesia dolente della quotidianità più mansuetamente lirica. Mentre, all’identico Nomadland di Chloé Zhao dà un voto mediocre. Sostenendo pazzescamente che la regista, in modo troppo ricercatamente minimalista, pare essere più di Sinistra, no, preoccupata di riprendere un bel tramonto da Sol levante con in sottofondo la musica suggestiva di Ludovico Einaudi, maestro delle colonne sonore intimiste, anziché spiegarci il pietismo-patetismo ingiustificabile di una donna che, in fin dei conti, potrebbe superare il lutto incolmabile della tragica perdito del marito, andando a letto col personaggio interpretato da David Strathairn.  Sì, che riempisse la ferita dell’animo non cicatrizzabile (solo quella?), con una scopata indimenticabile! No, Frances non vuole cornificare suo marito, anche se lui è morto e sta lassù fra le stelle. Per addolcire il fegato amaro, forse mangerà un maritozzo.

E Mereghetti questo non lo capisce. Testardamente! Così come non capisce perché il Serpico di Sidney Lumet, alias Al Pacino, denunci i colleghi corrotti per rovinarsi la vita. Eh già. Aveva pure la biondona e un buono stipendio, suvvia, pirla! Bastava che si prezzolasse e non sarebbe finito “pateticamente” barbone.

Secondo il “metodo scientifico”-ermeneutico alla Umberto Eco, no in stile mereghettiano, perché Paolo, se la pensa in maniera così intransigente, assegna allora tre stellette a Gli invisibili con Richard Gere?

Paolo afferma perennemente che il grande Cinema debba evocare suggestioni suadenti senza la pretesa di voler insegnare alcunché a scopo pretenziosamente didattico, cioè deve raccontare una storia senza necessitare di scolastiche spiegazioni pallose. Mi spiego? Però non si spiega come mai Paolo veneri giustamente La morte corre sul fiume ma abbia ritenuto troppo ermetico Mank di Fincher. A tal proposito, Mereghetti asserisce altresì che non importa se la storia narrata in una pellicola sia romanzata o meno. Però, idolatra Rashomon e non concepisce, allo stesso tempo, perché mai il defunto padre di David Fincher, prima di morire, abbia voluto riscrivere la genesi di Quarto potere.

In verità vi dico che Mereghetti adora donne da Un uomo tranquillo di John Ford, da lui molto Joe D’amato, no, amato. Paolo si delizia con donne osé, no âgée, calme e sensibili, forse solo senili come Piera Detassis e dunque Paolo non può essere un John Lennon ante litteram con la Yoko Ono di turno. Secondo me, Paolo dovrebbe guardare qualche film con attrici da “Oscar” quali sono le asian girl(s) del Cinema ove si recò Travis Bickle di Taxi Driver, al fine coerentemente, mentalmente masturbatorio di stimolare le “palline vuote” che dà molto alla cazzo di cane, come si suol dire, ai film da lui stroncati e censurati, no, castrati, no, fottuti con disdoro da critico impeccabile pagato a peso d’oro. Scusate, si è fatto tardo e una tardona, no, tardi. Dopo aver rivisto Il processo ai Chicago 7, voglio guardare Borat 2.

Domanda per ogni Mereghetti in erba: Forrest Gump e John Lennon, i quali compaiono assieme in chissà quale film… di Robert Zemeckis, sono entrambi idioti o tutti e due sono dei geni inarrivabili? Geni inteso in senso metaforico e/o lato, non b. Insomma, sono geniali o, in base alla genetica di ciò che nasce dall’accoppiamento dei genitali dei genitori, sono nati male? Sono degli aborti? Imagine… cantò John. E certo… Utopia purissima. Se fosse ancora vivo, Lennon saprebbe spiegarmi come mai una donna stupenda va, per esempio, da un ragazzo down e lo tratta con compassione? Poi, mentre accavalla le gambone, gli porge un sorrisino delizioso e stronzissimo, dicendogli: – Sei un bel ragazzo, ce la farai, dai. In bocca a lupo, bello guaglione.

Quindi lo saluta da volpona, forse da lupona, sposando il ricco rincoglionito Mick Jagger. Tanto privatamente la dà a un toy boy da Madonna-Ciccone. Sì, in effetti John Lennon era un genio. Non aveva capito un cazzo della vita, vero? Sì, era un simpatico idiota. Ovviamente… Mentre il personaggio della McDormand di Nomadland, secondo Mereghetti, è una vecchietta maschilista in menopausa, no, una femmina dai tratti mascolini, altresì machista con Maciste, no, masochista che potrebbe tranquillamente godersela perché è inutile, a suo avviso, penarsi e piangersi addosso, volendolo prendere in culo ingiustificatamente e inconsolabilmente a raffica.

Mereghetti è uguale a John Lennon o a Forrest Gump? Su questa domanda da futuri premi Oscar, no, Pulitzer o Nobel, vi lascio segarvi di elucubrazioni affinché possiate fornirmi una risposta da intelligentoni oppure da coglioni? Comunque, in passato disprezzai Tom Cruise. Penso che Tom sia Jerry, no John Lennon. Disse che gli psicofarmaci non servono a nulla, sono soltanto un palliativo e un alibi artificiale per non ammettere di non farcela in questa vita che è durissima. Sì, il mondo è duro come qualcosa in mezzo alle gambe davanti a Nicole Kidman tutta ignuda. Ecco perché Tom è the man, è Tom Cruise, sì. Perché è un grande attore. E spinge di burro, no, di brutto. A Tom Cruise non interessava essere Stanley Kubrick. Ma, sul set di Eyes Wide Shut, si alzava alle tre del mattino e, se Nicole di bagnava, no, se lui sbavava, no, se sbagliava la scema, no, la scena, la rifaceva altre mille volte sino alla mezzanotte. Perché era ed è il suo lavoro essere Tom Cruise. Non voleva e non vuole essere Albert Einstein o Freud. Infatti, Tom è un genius. Einstein o Freud erano due imbecilli peraltro anche molto esteticamente e fisicamente cessi. Il primo elaborò la teoria della relatività. È per colpa, infatti, di Einstein se ci siamo sorbiti quella puttanata galattica di Interstellar. Nel 2021, la verità è che siamo ancora coi piedi per terra. Altro che odissee nello spazio. La gente vorrebbe andarsene da questo pianeta di morti di fame e baldracche ma non può raggiungere una galassia lontana. Cosicché, prende la vita a culo, osservando il fondoschiena di una donna astrofisica? No, super figa dal cognome Galassi. Mica la compianta Margherita Hack! Allora, si spara i film e, per non spararsi in testa, va a farsi curare, più che altro inc… are da psicologi freudiani. Che li psicanalizzano da porcelli anali, no, rifilando loro parcelle esosissime mentre imboccano l’infermiera di Arancia meccanica. Di mio, mentre i miei coetanei sono invecchiati in quanto “arrivati” chissà dove, grazie alla mia “pazzia” equilibrata, sono ritornato bello come Tom Cruise? No, come Cooper. Cooper, chi? Gary o McConaughey della stronzata spaziale di Nolan succitata? Io sono l’agente Cooper di Twin Peaks. Sapevate che sarei tornato. La vostra scienza come se lo spiega? Mereghetti, invece, darà finalmente, prima o poi, quattro stellette dell’Orsa Maggiore a Figli di un dio minore?

Ora, se vogliamo scherzare, diciamo pure che sono un bambinone. Se vogliamo parlare seriamente, sono di un altro Pianeta e su questo non ci piove. Dunque, attaccatemi e deridetemi ma arriverà La guerra dei mondi. Arriverà il dolore! Evviva la fantasia più limpida e linda, evviva Steven Spielberg e il suo Cinema “infantile!”. Perché solo chi resta Peter Pan può amare alla follia la vita e il Cinema!

hook robin williams

A tutti gli altri, lasciamo il loro cinismo da vecchiacci, da ritardati, da gente che abbisogna di diagnosi e speculazioni deduttive per non rendersi conto di essere il nulla. Essi vivono o essi sono un immane buco nero? Ricordate: il buco va riempito! Ah ah.

Stephen Hawking non poté, io sì.

 

di Stefano Falotico

WONDERFUL LIFE – I miracoli esistono? Anche la forza dell’amore, della poesia, dello Sturm und Drang: fate della vostra vita un masterpiece! Evviva i pazzi come Hamlet!


24 Jul

amleto gibson

Vado in giro con fare a volte da tonto, spesso semplicemente sono iracondo. Meditabondo nel mio cogito ergo sum, poche volte invero godo nel/del coito del mio ego soffocato e sofferto che, soffrendo di disistima, non quaglia molto in termini di f… a e, per l’appunto, divengo cogitabondo ma voglio regalare ai comuni mortali un po’ di tenerezza, di godibile lietezza, riempiendo la mia donna di succosa prelibatezza.

Sono un uomo caldo che ama le freddure e qui ve le elargirò con saporita squisitezza del mio prendere la vita con filosofia, con stimabile savoirfaire encomiabile, folle e, al contempo, savio di fenomenale destrezza funambolica.

Il giusto abbigliamento crea nell’occhio altrui un attraente abbagliamento. Cioè, sì, ciò è innegabile e l’abito fa il monaco se uno appare come un monco. Molta gente comunque è bigotta e miope, non usa neanche il monocolo. Insomma, è mongola.

Dopo tanti miei auto-abbattimenti e inutili lamenti, giunse il tempo del fottuto godimento. E, dopo tanti miei patetici, esistenziali tormenti, dopo che più che altro fui dai bulli tormentato, risplendetti come il Sole a mezzogiorno anche se oggi, a Bologna, impazza una fortissima tormenta. E la gente, per proteggersi dalla pioggia scrosciante, è segregata in casa, vivendo da sola la loro (non) vivente sola e forse mangiando una sogliola.

Quando voglio sono un portento ma sinceramente, ecco, debbo esservi onesto, sono soventemente solo… parecchio scontento.

Di che rallegrarsi, difatti, v’è poco e quindi non merito la patente di porco. La vita mi fu parca e, in quegli anni miei di durissima depressione da Cinema bergmaniano, non mi svagai neppure nel parco.

Non mi concessi nessuna vacanza ma la mia anima non fu mai però davvero vacante. La coltivai e di sogni arricchii, volando sulle ali della fantasia per non ammettere a me stesso di soffrire soltanto di gravissima, pressoché incurabile melanconia.

Ma la vita mia non volò del tutto via, la riafferrai al volo malgrado avessi ricevuto molti pugni in faccia, sì, in volto. Ho scritto in volto, non in volo! Hai capito? Altrimenti, a te voleranno! Ti perdono. Sarà per la prossima volta.

Dopo tantissime batoste, dopo essere stato inviso, schiaffeggiato in viso solo perché proposi generosamente il mio “bel”, pulito faccino, dopo aver ricevuto millefoglie, no, mille torte in faccia, so ancora ammirare un roseo tramonto. In quanto sono romantico e non mi arrendo al primo colpo. Al millesimo, però, sì. Grazie al c… o, ti hanno spaccato pure il setto nasale e non riesci/o più a respirare.

Strozzato dagli aguzzini, non mi darò al pugilato per guadagnare du’ lire. Non m’indebiterò con gli strozzini e non mi lascerò mai più asfissiare nel cuore dagli uomini poveri d’animo. Ché fanno tanto, per l’appunto, gli estetisti e i moralizzatori etici delle vite altrui ma andrebbero, in modo poco amorevole, bensì amorale, sol che ripuliti e puniti come dei “bravi” bambini.

Combatterò come un dannato al fine di non mollare. Anche se, come tutti, a causa del fegato amaro, qualche volta verrò afflitto da flatulenza e, reagendo male dinanzi agli attacchi più volgari della gente pusillanime e sfrontata, sarò nuovamente aggressivo e a tutti ne mollerò tante. In quanto sono un lottatore anche se in passato mi diedero solamente la patente di sfigato. Non solo addirittura di iellato, eh già, bensì pure di iettatore. Che disdetta. Che disfida di Barletta! Mangiamoci una barretta!

Ma io gusto il mio caffè bollente e macchiato caldo in un tranquillo baretto, standomene isolato. Macché! Sono adesso ben accompagnato. Giammai barai ma la mia lei è più bella di ogni sexy barista. Lei adora la schiuma del cappuccino. Amò un uomo di Bari?

Sì, meglio i cappuccini ai finti monaci e alle foche mon(a)che.

Come una saetta fui dalla beltà più suprema ancora folgorato. E, innatamente illuminato e innamorato, ora ho ancora acciuffato la venustà dolce del tempo mio perduto che, nei baci cremosi e zuccherati dati con parsimonia alla mia lei stupenda e per voi inarrivabile, rende ogni mia giornata veramente deliziosa, sfarzosa e profumata.

Lei è adorabile ed adora che io non usi nessun profumo. Affinché, nudo e crudo, le emani il mio naturale odore anche se non sempre gradisce i miei disgustosi, repentini cambiamenti d’umore. Ma è il mio intoccabile, inviolabile amore!

Come fui io da iddio creato e da madre natura partorito, in verità da mia madre e basta, rimango un uomo puro che, nonostante tempo addietro fu(i) fanatico dell’onanismo ché credetti sarebbe stato per me imperituro, cioè fui un idolatra quasi “laringoiatra” degli atti impuri, penso/ai pure al mio sopravvenente, difficile futuro anche se non sempre cammino/i con aria sicura.

Sì, il cammino sarà ancora lungo ma intanto buttiamo della legna nel camino poiché stanotte desidero che io e la mia lei verremo… scaldati alla faccia di cazzo di tutte le fighe di legno. Il mio è di marmo.

Proteggerò il mio amore con la scure e non più cadrò nell’antro, oh sì, miei bei tenebrosi, della tristezza più oscura.

Sì, spesso la vita si rivela una fregatura. Cosicché non risulta sempre gustosa come un’ottima confettura.

La vince chi la dura anche se Umberto Bossi pensò che a vincere sarebbero stati i leghisti… ché ce l’hanno duro! Salvini invece perderà le prossime erezioni, no, elezioni. Allora, per lui bisognerà comprare solo molte salviette.

Silvia ama i tortelloni con burro e salvia mentre Marlon Brando di Ultimo tango a Parigi amò soltanto il burro con la Schneider Maria. Giacomo Leopardi amò Silvia ma Silvia forse andò con uno co’ più soldi, cioè il Berlusconi Silvio di turno, sì, di quell’epoca tanto decantata quanto, come voi tutti, andata/i a puttane.

Scusate, ho scritto male. Volevo dire… come quasi tutte. Eh sì, ci sono anche le lesbiche e sono la maggioranza. Ah ah. Fidatevi, uomini di spirito. Ah ah.

Qui è tutta una ruffianata, tutta una leccata di culo per arrivare… non solo in quelle zone basse. Su questo statene sicuri. Avete sfondato! Siete dei mafiosi siculi! Andate con le lupe, usate anche la lupara!

Sì, perché tutti vogliono arrivare in alto e allora si prostituiscono, delinquono, non conoscono neppure l’italiana Lingua ma se ne sbattono… delle più sporche bassezze. Che schifezza! Insomma, diciamocela! Zucchero è un grande.

E io invece? Io sono quel che sono. Spesso non sono. In quanto Amleto e, se non la finisci di rompere i co… i, te meno! Carmelo Bene girò, non so se benissimo, Un Amleto di meno, io invece girerò la nuova versione dell’Amleto di Franco Zeffirelli. La mia lei mi ama in maniera disinteressata e gratuita. Vorrei darglielo, no, darle di più. Ma non ho i soldi per comprarle uno zaffiro. A voi ne darò quante ne vorrete. Botte a tutt’andare.

Ohibò, borbotto e do di matto! In quanto sono Mad Max come Mel Gibson, vera Arma letale di testa dura.

Morale: è uscito in Blu-ray il bellissimo Dragged Across Concrete. Acquistatelo e non rompete le palle!

Infine, ricordate: in questa vita siamo tutti impazziti. Nella prossima, non succederà. Anche perché di vita ce n’è una sola. Chi crede a dio è un povero idiota!

Dunque, godetevela fin in gola!

 

di Stefano Falotico

Dubbio amletico: nel Cinema e nella vita, secondo voi, malattia fisica e psichica sono sullo stesso piano? Sono comparabili, equiparabili o incomparabili?


07 Aug

hamlet branaghCaro diario…

Copio-incollo da Wikipedia il famoso monologo di Amleto. Sì, ne ho il libro cartaceo, ovviamente, ma mi darei troppa penna, no, pena a scannerizzare la pagina e a fare copia-incolla dalla medesima scansionata.

«Essere, o non essere, questo è il dilemma:
se sia più nobile nella mente soffrire
colpi di fionda e dardi d’atroce fortuna
o prender armi contro un mare d’affanni
e, opponendosi, por loro fine? Morire, dormire…
nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
deve farci riflettere. È questo lo scrupolo
che dà alla sventura una vita così lunga.
Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
il torto dell’oppressore, l’ingiuria dell’uomo superbo,
gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge,
l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
Così la coscienza ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione.»

Me lo ricordo pressoché tutto a memoria ma potrei sbagliare in qualche virgola o invertire qualche frase e il refuso, la svista e gli errori, di vita e non, non si addicono al Principe della Danimarca.

Io non sono principe di niente, però.

E, sebbene talvolta gli assomigli, non sono neppure Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, detto appunto il Principe Antonio De Curtis, nazionalmente conosciuto come il Principe della risata, ovvero Totò.

Non sono come quel pornoattore orribile, Prince Yahshua, nonostante me ne tirai tante su Brooks Mischa, minchia, e alcuni mi dicono che, se avessi una brava insegnante di canto personale, potrei potenzialmente essere il Rogers Nelson italiano, ovvero il grande Prince e basta.

Purple Rain!

Non intendevo causarti nessun dolore

Non intendevo causarti nessuna pena

Volevo solo vederti ridere una volta

Volevo solo vederti 

ridere nella pioggia viola

, Purple Rain è una delle canzoni più malinconiche di tutti i tempi. Vedo molti giovani insipienti e incoscienti che, quando la mettono su nei locali da ballo, si scatenano tutti belli, pensando che sia una canzone allegra.

Perché l’italiano medio canta le canzoni senza conoscere una sola parola d’inglese. Storpia non solo i testi ma anche le teste altrui.

Poiché, da analfabeta della musicalità delle anime del prossimo suo, da lui visto con troppa superficialità, combina più danni di un bambino di cinque anni se gli dai in mano una chitarra.

Ché, a chi non s’adatta al ritmo generale, gliene suona di santa ragione.

Anche questa storia della santa ragione e della santissima religione. Chi l’ha detto che esista la ragione assoluta e dogmatica, assolutistica? L’illuminismo è stato giustamente soppiantato dal nuovo misticismo, il misticismo a sua volta è stato fottuto dal moderno oscurantismo e qui, in questo mondo buio e triste, fintamente ridanciano, prevedo lacrime amare come quelle di Rutger Hauer di Blade Runner per le più sensibili anime.

Le anime ingenue e pasoliniane, semplici e pure che, in maniera però proporzionalmente inversa all’androide Rutger/Roy Batty, una volta entrate nell’età adulta, bruceranno al doppio della velocità di una persona considerata, anzi, cosiddetta normale.

Quest’arsione da sociale-sessuale tenzone e “inversione di tendenza” non avverrà dal giorno alla notte ma, state pur certi, che molti crolleranno. Ripeto, non sarà una caduta immediata ma progressiva. Anzi, degenerativa e regressiva sino al finale spegnimento emozionale delle loro anime nelle ali tarpate.

Così come avviene per una tumorale malattia fisica. Che puoi attaccare, combattere, cercare di vincerla ma alla fine impietosamente ti uccide, non lasciandoti scampo.

Ebbe ragione Clint Eastwood di Million Dollar Baby quando, dinanzi alla straziante sofferenza provata dalla povera Hilary Swank, fregandosene della legge dell’uomo e di dio, la ammazzò per risparmiarle un calvario senza fine.

Ebbe anche ragione Jack Kevorkian quando, di fronte a malati in stato terminale, praticò loro illegalmente l’eutanasia.

Tanto i miracoli non esistono, non sono mai esistiti e giammai esisteranno.

Azzardo qualsiasi persona sana di mente a contraddirmi. Se mi dimostrerà che è stata miracolata davvero, sì, le prenoto seduta stante un trattamento sanitario obbligatorio alla psichiatrica clinica più vicina.

Per tamponare e contenere subito la sua follia da sedicente illuminato e folgorato sulla via di Damasco.

Ecco, io consiglierei subito una riabilitazione anche agli amanti di Rossi Vasco, gente che s’illude che il Blasco conosca la via lontana da ogni ipocrisia. Poiché loro l’hanno eletto come messia.

Quasi tutti di costoro appartengono alla piccola borghesia oppure non credono più alla Chiesa e pensano che il Vasco abbia rivelato loro chissà quali profezie.

Io non credo alla Chiesa, credo a qualcuno purché non sia chicchessia. Non è che posso andare in giro e stringere la mano al primo venuto. Però, detto ciò, stringerei la mano a qualsiasi ragazza bella con cui venire. Sì, su questo non ho nessun dubbio amletico.

I miracoli non esistono. Io sono un miracolato ma mi son fatto il culo per esserlo. Mica come questi lagnoni che si crogiolano nel piagnisteo. Se la vostra vita vi fa schifo, basta che andiate a rifare il Battesimo e tanto sarà peggio di prima. Ah ah.

Ah, di gente strana ne vedo tanta. C’è un tizio su YouTube, il quale si fa chiamare Silverblacksky 01 che inserisce tutti i video della sua dea, Susanna Dellavia, milf model che ho pure io fra i contatti su Facebook, sebbene io abbia però la foto-profilo vera e non mi nasconda nei l(u)oghi ambigui col faccione di Kevin Spacey.

Susanna è un figone, almeno su questo non ci piove.

C’è un altro, non mi ricordo però in tal caso il nome, che passa il tempo a filmarsi sotto la doccia, cacciando scoregge a tutt’andare.

Coi soldi ottenuti dalle visualizzazioni, il giorno dopo filma di nuovo le sue aerofagie, il suo meteorismo e le sue incontinenze, viste ma fortunatamente non sentite in ogni continente.

In molti, nello spazio commenti, lo mandano a cagare ma lui, imperterrito, ai suoi hater emette e promette, soprattutto, altri video che, dopo che li avrete visionati, a causa del voltastomaco dovrete andare dal gastroenterologo.

Purtroppo, la malattia psichica esiste. Nel novanta per cento dei casi non è di natura genetica od organica.

Si sviluppa per tutta una serie, appunto, di fattori sfavorevolmente concomitanti.

Per malattia mentale s’intendono una serie di comportamenti ano(r)mali rispetto alla normalità reputata conformisticamente ordinaria, data per assodata, cioè azioni atte a compromettere gli equilibri altrui, soprattutto la mente stessa e il corpo di chi n’è affetto. Cazzo.

Sono stato telegraficamente generalista e superficiale in quest’ultima frase ma la brevità di un post mi obbliga a esserlo. A essere o a non essere?

La tragedia pura è ritornare a essere quello di prima ma il prima non c’è più e il dopo chissà cosa può essere. Ora, amici, vi lascio con uno dei miei video più spontanei. Credo che sia il mio più bello. Il più sentito.

Su Facebook, hanno eliminato l’audio finale. Con la scritta: la UMG ha preso provvedimenti.

Provvedimenti di che? Fra l’altro, l’audio si sente pure prima.

Siete voi che non sentite niente. Ah, su questo vi metto la mano sul fuoco. Sì, tanto è uno che non serve a nulla. Possiamo anche bruciargli non solo la mano. Su quella, invece, brucerei qualcos’altro.

E anche stavolta, dopo essere andato da dio sino alle ultime due frasi, ho mandato tutto in vacca. Ma ci sta o non ci sta questa qua? Chi lo sa? E voi invece siete He-Man o Skeleton?

Chissà.

Ecco, sia per quanto riguarda la malattia fisica che quella psichica, la medicina ufficiale non ha ancora trovato i farmaci adatti, nella maggior parte dei casi, per allentare il decorso delle malattie stesse.

Ecco, Michael Douglas è riuscito a curarsi dal Cancro. Sì, vero. Ma perché è Michael Douglas e deve aver sperperato miliardi su miliardi per sottoporsi a cure massacranti dalla mattina alla sera. N’è uscito per miracolo, appunto. Ha potuto, cioè, permettersi il fior fiore di tutta un’iper-specializzata equipe tecnica adeguatamente preparata.

Ora, se la malattia gli fosse stata diagnosticata in fase avanzata, sinceramente, poteva chiamare a raccolta e al suo capezzale Catherine Zeta-Jones, numero uno in fatto di capezzoli, no, i più grandi e dispendiosi luminari ma sarebbe morto lo stesso. Gli è andata, diciamo, fatta bene. Ah, più fatta bene di Catherine, c’è solo Santa Caterina da Siena. Con l’unica differenza che quest’ultima Caterina non ha mai indossato la maschera di zorro per essere beatificata in tutto il mondo.

Che voglio dire con questo? Chi ha orecchie per intendere, intenda, chi è ricchione non sarà mai il suo Antonio Banderas. Secondo me è così… poi fate come cazzo vi pare.

Micahel s’è comunque salvato, come si suol dire, per un pelo, per il rotto della cuffia. Quella da lui indossata durante la chemioterapia.

Ma almeno a Michael Douglas è stata offerta la possibilità di curarsi e di poter ricevere le migliori cure mediche possibili e immaginabili.

Perché aveva e ha i soldi. Molti, come detto, li ha spesi. Ma tanto gli sono stati restituiti dalla banca. Il suo capitale gli frutta molti interessi. Inoltre, tutti i suoi colleghi di Hollywood, visto che s’era salvato, per leccargli il culo, gli hanno pure mandato molti assegni.

Alla gente comune ciò non è permesso. Spesso, si trovano medici superficiali che fanno diagnosi alla buona, i cosiddetti medici della mutua. E i farmaci che prescrivono, eh sì, anziché vincere la malattia, ne accelerano addirittura l’implacabile evoluzione.

Bello schifo.

A mio nonno, ad esempio, fu diagnosticato un cancro al pancreas o al fegato, se non vado errato, se non sono erroneo.

Pareva che fosse stato preso in tempo. Tant’è che lo dimisero dall’ospedale. Poi, pochissimi mesi dopo, cominciò ad accusare fortissime fitte allo stomaco. E vomitò sangue.

Mia nonna chiamò immediatamente l’ospedale. E mio nonno salì dal sud al nord, proprio qui a Bologna, ove abito io, perché gli avevano detto che Bologna è una delle città più all’avanguardia in fatto di malattie tumorali.

Ecco, mio nonno, di lì a poco morì. Le metastasi oramai l’avevano flagellato irreversibilmente.

Stesso discorso per le malattie cosiddette psichiche. Vi auguro per voi, figlioli cari, che non finiate mai in un centro di salute mentale dei dipartimenti statali.

No, non voglio mettere in dubbio la buona fede, la preparazione, la disponibilità e la cultura degli psichiatri che praticano qui il loro lavoro al massimo della diligenza. Ma prendono ordini dalla dirigenza…

E vi posso garantire che hanno troppe persone.

Ora, a volte mi reco da uno psichiatra anche se, onestamente, mi serve solo per fare due chiacchiere e confidare segreti intimi che non si rivelano neppure agli amici per la pelle. Perché qualche amico potrebbe pensare male riguardo certi miei pensieri da beat generation. E potrebbe malignamente tradire i patti d’amicizia, farmi lo sgambetto e stigmatizzarmi in modo cattivo agli occhi degli altri vicendevoli amici, trattandomi da degenerato.

Mi troverei sguarnito, senza difese, se non quelle immunitarie della mia forza di volontà atte a contraddirlo e combattere le sue calunnie. Ma una volta, come si suol dire, che si sparge la voce in giro, la gente parla ed è impossibile fermare le stronzate. Quello che Philip Seymour Hoffman ne Il dubbio chiama, appunto, il pettegolezzo.

Bene, sapete che io non ho nulla da nascondere e dunque, in tutta sincerità e a cuore aperto, posso dirvi che lo psichiatra sopra citatovi, bene, è addivenuto a una conclusione piuttosto tragica. Conclusione a cui, peraltro, io ero arrivato da solo già a vent’anni.

– Devo dirti la verità. La diagnosi è sbagliata, dalla a alla z.

– E come mai nessuno dice niente?

– Sai com’è. Ti hanno dimesso ma scoppierebbe uno scandalo se chi t’ha fatto la diagnosi, diciamo, la smentisse. Ne andrebbe della sua reputazione.

– Questo si chiama insabbiamento.

– Anche inculata con “coglionamento”. Purtroppo, sì.

– Però come mai lei è riuscito a capire tutto e gli altri medici no?

– Anche gli altri hanno capito tutto. Ma la legge parla chiaro.

– Si chiama allora ingiustizia.

– Infatti lo è, anche mostruosa, se proprio vogliamo dircela tutta. A questo aggiungiamo, appunto, il fatto che quelli del pubblico, avendo così tante persone, non hanno il tempo e non hanno neppure la voglia di (psic)analizzare caso per caso ogni singolo paziente. Hanno anche loro i cazzi per la testa, soprattutto le psichiatre. S’innamorano degli infermieri. Preferiscono sbrigare le pratiche con diagnosi a buon mercato e qualche medicinale prescritto ai pazienti da farmacisti, più che da umanisti.

– Lei, quindi, è un umanista.

– No, non sono un fascista.

– Io chi sono?

– Non l’hai ancora capito? Mi troveresti un altro “pazzo” che sappia scrivere un pezzo così?

– Ah, ma allora questa è una super tragedia mai vista.

– No, assolutamente. Molto di più.

 

 

di Stefano Falotico

 

È morto Franco Zeffirelli ma io no e ieri sera a Ravenna è stato presentato il mio racconto Disturbo denirante


16 Jun

Anton Giulio Onofri, su Facebook, ha sostenuto che Franco (non) sia stato niente.

Sì, questo regista non era un granché. E chi lo acclamò prese un granchio.

Al suo Romeo e Giulietta, gli ho sempre preferito quello di Baz Luhrmann.

Al suo Gesù di NazarethL’ultima tentazione di Cristo.

Al suo Fratello sole, sorella luna, Massimo Troisi di Ricomincio da tre quando sostiene che la migrazione degli uccelli sia avvenuta per colpa di San Francesco.

Gli uccelli ne avevano le palle piene di questo qui che parlava loro. Le donne invece, a quanto pare, si riempiono quando migro in loro.

Sì, possiedo il fascino di Mickey Rourke nel biopic sul santo d’Assisi di Liliana Cavani.

E, a proposito di Chiara, Helena Bonham Carter è stata Ofelia nell’unico film, a mio avviso, bello di Franco. Perlomeno vagamente passabile. Il suo Amleto con Mel Gibson.

No, non ho gli occhi celesti di Gibson ma adoro viaggiare in tangenziale a tutta velocità neanche se fossi in Interceptor.

Quando sollevo i pesi, acquisisco anche un sex appeal bestiale da Tom Hardy di Mad Max: Fury Road.

La mia vita è stata tragica, una Callas Forever ma, nonostante le sfighe colossali e qualche figa amabile, nel senso che sarebbe stato possibile amarla tutta la vita ma sono troppo capa rossa per sposarmi, diciamocela, la tragedia non solo scespiriana è incarnata/s’incarnò in me.

Me ne incarnai, sono incarnito, ah ah.

Sì, ho i capelli rossicci da Rosso Malpelo, altro che Storia di una capinera, famoso volatile “passeriforme”.

Già, malgrado abbia perso molto in questa mia esistenza, non vado con la prima Traviata che possa capitarmi a tiro…

Ah, le donne vogliono un(a) Verga ma qui ne vedo poche di femmine vere.

Sì, la mia vita ha seguito un percorso introspettivo, formativo, sentimentale-erotico da fare un baffo a Jane Eyre.

Comunque, il mio amico Gennaro, di professione pizzaiolo, sta messo peggio di me.

Molti uomini, dopo la prima volta, si montano oltre a quella con cui l’hanno fatto, eh già, pure la testa. E diventano fascisti. Bevono insomma un Tè con Mussolini ogni giorno.

Di mio, per alcuni anni ho fatto la fine di Ida Dalser/Giovanna Mezzogiorno in Vincere.

Altro che Filippo Timi, soffrii di atimia.

Sostenni che fui rifiutato dai fascisti e fui accusato di soffrire di disturbo delirante.

Sì, fui scambiato per un personaggio manicomiale solo perché asserii che miei ex amici gelosi a morte del sottoscritto, degli Jago insomma, persone che cercarono nel pagliaio l’ago, non vollero che scopassi la mia Desdemona.

La mia donna non era una Ricciarelli, era una ricciolina molto più bona di Cicciolina.

Scusate, sono un bello e impossibile con gli occhi neri dal sapor medio-orientale come Otello o forse un incosciente che non ha fatto i conti con l’oste del sociale hotel, dunque un povero sfigato adatto a una racchia come Gianna Nannini?

Dico!? Si fanno questi scherzacci da bambini?

Sì, io amo Shakespeare, sono Il mercante di Venezia. Film mai girato da Zeffirelli che, in compenso, filmò La bisbetica domata.

E qui ci rifacciamo agli occhi di Mel Gibson. Sì, questa gente mi urlò come Celentano… chi non lavora, non fa l’amore.

Allora, da ragazzo della via Gluck, anche con in gola il glup o forse solo in bocca un chewinggum, non credetti in me stesso e fu tutta una personale svalutation.

Mi depressi e, mentre gli altri mi sfotterono e trombarono… pure le loro Claudia Mori, io rimasi solo un Moro senza morosa. Mi consolai, mangiando una Morositas e cantando… azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me, mi accorgo di non avere più risorse senza di te. Ma allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te, ma il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va.

Il treno di Giada Desideri nel treno di Luca Ward va!

No, non presi il treno. Il treno, dalla nascita, lo persi. Pigliai la macchina e mi feci un giro in cerca di qualcuna. Ma trovai solo trans che sapete benissimo dove lo prendono. O no?

Mi resero, dunque, un uomo invalido. Quasi muto, nonostante avessi e abbia una bellissima voce.

Mi fecero credere che nessuna Ornella Muti sarebbe venuta con me. Venne eccome. Io sarò pure un bisbetico domato a volte, oltre che misantropo, un po’ stronzo e misogino ma, basta che una donna mi pensi e va’ pensiero sull’ali dorate. E sicuramente lei viene a squarciagola.

Con me le donne divengono delle soprano anche se il mio stile di vita, detta come va detta, non mantiene un gran tenore.

Sono un Nabucco, un Verdi di rabbia come Hulk e appunto un uomo rosso che tutte le arrossa. Arrossiscono, certo. Appena mi vedono, provano imbarazzo. Non ho mai capito se sia perché sono attratte da me o per il fallo, no, fatto che mi prendano per un coglione.

Già, perché sbattersi una comune scema ché poi diventi nuovamente malinconico quando puoi battertela con Carmelina?

Sapete cos’ho scritto, nel mio saggio monografico John Carpenter – Prince of Darkness? Che The Ward non è un grande film ma…

Come diceva al solito illuminatamente Carmelo Bene… a sua volta citando Deleuze:

On n’échappe pas de la machinenon si sfugge da-alla macchina.

Chi sceglie la libertà, sceglie il deserto. Se la democrazia fosse mai libertà. Ma la democrazia non è niente, è mera demagogia…

Non si scappa. Uscendo dalla catena di montaggio, la macchina, la catena di montaggio si fa ancora più forte nella vostra strada che percorrete, poi nel tram, poi in auto, poi a casa, in famiglia… aumenta ancora, si fa sentire l’oppressione della catena di montaggio, si fa sentire il nulla della vita. L’oppressione… financo nell’amore, nella rivoluzione ancora di più e, soprattutto, l’oppressione si sente, si risente, nell’entusiasmo…

Dunque, mi pare giusto che il sottoscritto rimanga un Joker amante di Bob De Niro. Se pensate che sposarvi vi renderà persone felici, state freschi. Anzi, state al fresco.

Ogni istituzione serve solo a istituzionalizzarvi. Io credo che l’uomo sia una scimmia dotata della facoltà di credere a Dio. E, dai suoi credo, nasce la civiltà. Per il resto, è un film retorico da Zeffirelli.

Sono stato Re per una notte.

Anche Leonardo DiCaprio di The Wolf of Wall Street.

Sì, non sto scherzando. Come già scrissi, il mio breve racconto intitolato Disturbo denirante è risultato fra i vincitori del concorso letterario indetto da RuleDesigner e inserito nel primo volume di un pregiato, nobilissimo libro della Historica Edizioni. Attualmente già in vendita. Racconto ch’è stato inserito assieme a quello di altri 19 autori-colleghi.

Negli altri volumi, sono stati inseriti gli altri vincitori.

Ora, la domanda d’uopo che vi sovverrà subito, lo so, è questa.

Stefano Falotico, autore del succitato Disturbo denirante, si è presentato alla manifestazione o ha dato forfait come suo solito e secondo il suo inappuntabile, discutibile stile?

Ça va sans dire, il Falotico incarna la parola schivo, è infatti talmente riservato da assomigliare ai migliori film intimistici di Nanni Moretti e, al momento, è molto simile al suo personaggio di Ecce Bombo. Infatti, a molti, per questo suo ritroso atteggiamento, Falotico risulta fastidioso, addirittura permaloso e a tratti odioso. Insomma, ad alcune persone fa schifo, essendo lui schivo. Ma del giudizio di chi non ci vuole bene non dobbiamo divenire schiavi. O no?

Falotico appare, scompare, vede gente, fa cose, poi si isola, ama la solitudine eppur non tanto non regge, malgrado voglia distinguersi dal gregge, la mancanza troppo protrattasi nei mesi di compagnie, anche di una bella, dolce compagna. Questo lo manda in fasi mentali di scompenso. Al che in lui si alternano momenti di gloria a frangenti oserei dire st(r)ingenti, vi si accavallano crisi depressive, malinconie galoppanti che lui cura coi film di Bergman e con Silence di Scorsese. Ah ah.

Insomma, Falotico ci è o ci fa? Ci è andato o no?

Non vi svelerò l’arcano. Dovete indovinare voi. Secondo voi, quindi, ha preso su il microfono sul palco e, come Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street, ha dato sfoggio del suo istrionismo, facendo il gigione, imbrodandosi sopra le righe, oppure al pari di Woody Allen, proverbiale (in)giustificato assente agli Oscar, è rimasto in casa a scrivere, semmai, un altro racconto?

Non posso rispondervi e fornirvi delucidazioni in merito.

A volte, non so nemmeno io dove mi trovi. La gente meschina mi calunnia, dicendomi che non esco mai dal mio guscio come Tim Roth de La leggenda del pianista sull’oceano e invece, proprio in quell’attimo in cui la maldicenza viene espulsa da esseri calunniosi, in verità soltanto gelosi, ah, fottute malelingue, sto usando la mia lingua con un’amante di Baricco.

Quello che posso asserirvi con certezza scientifica è che non sono ricco come Baricco, nemmeno come De Niro. Che ora, a quanto pare, deve dare all’ex moglie ben 500 milioni di dollari di risarcimento.

Ma risarcimento di che? Questa donna, Grace Hightower, non era nessuno prima di sposare De Niro. Ma che vuole?

Anche io non ero nessuno prima d’incontrare Bob.

Da quando sono coniugato, di affinità elettive, ai suoi migliori personaggi, posso affermare orgogliosamente di essere migliorato molto come persona.

Sì, prima di adorarlo e venerarlo, idolatrarlo in Taxi Driver, ero davvero solo come Travis Bickle.

E passavo il tempo a credermi Sylvester Stallone di Rambo. Ridendo coi film con Christian De Sica.

Anche ora non ho tantissimi amici, a esservi proprio sinceri. Ma è colpa mia. Sono molto introverso anche quando me la tiro… da duro come Max Cady di Cape Fear.

Comunque, Disturbo denirante, a mio avviso, altrimenti non l’avrei scritto, è un ottimo racconto.

Dato che ne detengo appieno i diritti d’autori, posso pubblicarlo quasi integralmente anche qui.

Se vi va, leggetelo. Se vi va di sapere come va questa storia, compratelo.

Disturbo denirante

Ecco, ho necessariamente l’impellenza d’alleggerirmi la coscienza e sgravarmi dal gravame stesso di assidue preoccupazioni che, da tempo immemorabile, mi stanno affliggendo infinitamente, inducendomi in un imperterrito circolo vizioso di resilienze emotive assai dannose.

Sì, da tempo infinito, son assillato da perenni, turbolente, assillanti incognite che, strisciando e aleggiando angosciose nella mia anima, disossandola e scarnificando il mio cuore, ininterrottamente mi tormentano. E m’han lasciato spossato, svilito, svuotato. Essiccato come se fossi completamente arso e denudato, totalmente inerme dirimpetto al crescente, strozzante lor martellarmi dentro irrefrenabile, morboso, ferente. Come se, non potendo io contrastare questo lor salirmi nel cuore in maniera ardentemente focosa e crudamente nodosa, mi stessi dissanguando e sciogliendo vivo, strangolato da lancinanti, infermabili dolori interiori.

Come se all’improvviso, questa mia vita, rimanifestatasi in tutta la sua slanciata e poderosa, dinamica irruenza portentosa, ancor la temessi e, impaurito dal troppo esperirla d’emozioni tanto violentemente gioiose quanto avidamente conturbanti, col suo carico di spine inevitabilmente taglienti e maliziose, pregna di delusioni sempre latenti e tremende, non la sapessi vivere nuovamente.

Come se, per sopperire a quest’ansia ciclopica, per rifuggirla codardamente, perennemente mi trascinassi in un malinconico delirio sognante dentro cui, immaginando una realtà più serena e soave, poi danzassi nel suo immaginifico ventre, lasciandomene felicemente trasportare, irradiato di fulgida, illuminante estasi che, da tanta straziante angoscia e quotidiana vita livorosa e feroce, mi consola.

Un delirio piacevole, certo, sebbene illusorio.

Anzi, a essere più precisi un De Niro.

Sì, avete letto bene. Non è un lapsus. Ho scritto De Niro. Robert De Niro.

Io credo di essere suo ammiratore sconfinato e impareggiabile da tempo insuperabile.

Sì, divenni suo fan e strenuo seguace moltissimi anni fa.

Quando, al tintinnare dei primi, ferali fremiti adolescenziali, allo scoccare nevralgico dei primissimi turbamenti ansiosi, egualmente acuminati ed efferatamente selvaggi, per caso guardai Taxi Driver alla televisione.

Il suo protagonista, come sapete, è Travis Bickle, un uomo del sottosuolo, interminabilmente insonne e pensieroso. Una sorta di straniero iper-nervoso. Schizofrenicamente forse pericoloso.

Un ectoplasma martoriato dal suo esistenzialistico, doloroso ed esiziale navigar nelle fluorescenti luci della più cupa notte di New York, una specie di Caronte macilento, un teschio vivente, uno zombi magrissimo ed emotivamente assai instabile e poi furiosamente incandescente, forse solo un diavolo innocente a traghettare anime dannate lungo la dedalica capitale mondiale dei disagi metropolitani per eccellenza.

Un angelo infernale, un tassista cherubino che, nella sua anima, distrutta e flagellata da mille demoni, sta indubbiamente male.

Ecco, all’epoca, subito in lui m’identificai. Perché, parimenti a Travis, in quel periodo così emozionalmente complicato che è l’adolescenza col suo ineludibile, frenetico accavallarsi di purezza rabbiosa, mi sentii tanto similmente speculare alla sua anima spettrale.

 

Detto e fattovi leggere ciò, amici, nemici e anche emotivamente anemici, andiamo tutti quanti al cinema a vedere The Irishman appena uscirà di casa? No, scusate, volevo dire se non lo proietteranno, in versione da pochi pollici, solo per visioni casalinghe da Netflix ma lo distribuiranno in grandi sale per un super pollice SU?

Dai, dai.

 

di Stefano Falotico

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L’ultimo imperatore è la storia di ognuno di noi, che vi piaccia o meno: io sono bello come il Sole d’Oriente, forte come John Lone


01 Dec

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Ah, il grande John Lone, protagonista di questo film iper-oscarizzato di Bertolucci, nei panni di Pu Yi adulto, e splendido Joey Tai del magnifico L’anno del dragone di Michael Cimino.

Morando Morandini si è così espresso nel suo Dizionario, oggi ereditato dalle figlie Laura e Luisa:

Tragitto di un uomo dall’onnipotenza alla normalità, dal buio della nevrosi alla luce della quotidianità, ma anche parabola di un attore coatto, di qualcuno costretto – bambino dai compatrioti, adulto dai giapponesi invasori – a recitare una parte che, in fondo, gli piace. Cinema alla grande e talvolta grande cinema.

Praticamente, la parabola esistenziale di chiunque di noi.

Ah, per anni son stato trattato da principe machiavellico e anche come Principe Amleto. Ma, in verità, uno dei miei film preferiti è Il signore del male. Ah ah.

Nella totale libertà, nella grandiosa “prigione” di un’educazione troppo permissiva da parte di genitori che non ti hanno mai obbligato a scelte forzate e ti hanno donato l’immenso regalo dell’anarchia-autarchia strepitosa di neuroni slegati da regole comportamentali conformistiche, improntate soltanto alla squallida efficienza sociale, la gente, superficiale e falsa, ipocrita e malvagia, vorrà vedervi follia. Perché, si sa, la folla ama i luoghi comuni e non tollera chi ragiona a mo(n)do suo.

I prìncipi senza precisi princìpi istruttivi, pensò questa gente, o son già pazzi o impazziranno. Perché la vita, soprattutto occidentale, prima o poi ti farà soccombere. E le persone libere saranno sempre invise, ricattate, messe alla prova. E, se si azzarderanno a trasgredire ogni principio di “normalità”, le si sbatterà in manicomio, le si educherà oscenamente a ripartire da capo, anzi, dai capi di quest’organizzazione gerarchicamente nazista, le si ficcherà in qualche centro di salute mentale al fine che, in seguito a devastanti lavaggi del cervello, a farmacologiche sedazioni, a contenzioni repressive, possano morbosamente riequilibrare le loro personalissime, immense “diversità”, sviluppate nei loro vuoti fortilizi, nelle loro solitudini bergmaniane, nelle loro immense atipicità emozionali, cosicché verranno destrutturate della loro autenticità e saranno rese provate. Se, dopo questo trattamento, continueranno a comportarsi in maniera anticonvenzionale, le si taccerà di essere pericolose e si farà di tutto per incriminarle, con qualche scusa, così come s’è fatto con Oscar Wilde, affinché agli occhi delle persone comuni, mediocri e stolte, gli ignoranti funzionali, tali persone discriminate, offese, a sangue picchiate nell’animo, costoro, sì, tali “impostori” appariranno come dei criminali da La piovra.  O come Renato Vallanzasca. Un angelo del male..., il bandito gentiluomo.

Noi tutti, voi soprattutto, siete degli attori coatti. A cui prescriverei un bel TSO coattissimo.

Dei poveracci che, dietro maschere da voi ostentate per ottenere la compiacenza bugiarda dell’accettabilità sociale, avete rinnegato i vostri intimi sogni più puri a favore di un allarmante adattamento buonista, insincero, infingardo, a mio avviso criminoso. Perché questo vostro atteggiamento comodo e menzognero, davanti al vostro specchio, ha incrinato e già inquinato l’essenza del vivere.

Com’è straordinario il delirio onnipotente dell’innocenza mai perduta, la limpidità romantica della bellezza, della verità. Orientale e a infiniti panorami orientata.

Questa è poesia, questa è la vita, questa è la giustezza.

Questa è la giustizia.

Firmato John Lone,

un genio alone in mezzo a un mondo di volponi e opachi aloni

 

Attori rinati: Mel Gibson, l’arma letale dei suoi occhi azzurri come lapislazzuli


25 Aug

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Oggi vi parlo di Mel Columcille Gerard Gibson, più comunemente noto as Mel Gibson.

Chiariamoci innanzitutto molto bene. Molti lo considerano australiano. Sbagliatissimo.

Mel Gibson è in verità nato a Peekskill nello Stato di New York il 3 Gennaio del 1956. Sì, ha vissuto per molto tempo in Australia, ma lui giustamente si considera statunitense e non ha mai rinunciato alla sua cittadinanza USA.

Chiarito questo, andiamo avanti.

Gibson è il sestogenito di una famiglia numerosissima.

E, a differenza di quello che si possa credere, non si è imposto nel Cinema soltanto grazie alla sua bellezza, quella evidentissima dei suoi fotogenici anni giovanili, perlomeno prima che la sua fronte non si corrugasse profondamente e prima che perdesse molti capelli. Mel Gibson, infatti, si è diplomato a una prestigiosa scuola d’arte drammatica in quel di Sydney, e ha fatto tantissima gavetta.

Nel 1979, George Miller lo designa protagonista dello strepitoso Interceptor, che avrà due seguiti, uno più post-apocalittico dell’altro, e Gibson diviene subito nell’immaginario collettivo il giustiziere-vendicatore Mad Max, stupefacendo le platee mondiali. Gibson è atletico, scattante, con due occhi azzurri penetranti che non si scordano.

Come sapete, la saga di Mad Max sarà ripresa e reinventata dallo stesso Miller con Tom Hardy in Fury Road… ma questa è un’altra storia.

Gibson, nel frattempo, diventa amico anche di Peter Weir e con lui gira due splendide pellicole, Gli anni spezzati e Un anno vissuto pericolosamente.

Recita ne Il Bounty di Roger Donaldson con Anthony Hopkins, ne Il fiume dell’ira con Sissy Spacek e assieme a Diane Keaton in Fuga d’inverno ma è nel 1987, probabilmente, che Gibson si trasforma in una star vera e propria. Con Arma letale di Richard Donner, film che riscuote un successo pazzesco, tanto da generare tantissimi sequel.

E Gibson azzecca un personaggio indimenticabile, quello dello sballato poliziotto “pericoloso” Martin Riggs, ex reduce del Vietnam con pensieri suicidari, per cui gigioneggia spassosamente con Danny Glover. Arma letale diventa uno dei più originali, divertenti e trascinanti buddy cop film, una variazione sul tema di 48 ore.

E si concede perfino di essere il più “pazzo” principe di Danimarca della storia, in Amleto del nostro Franco Zeffirelli. Un Amleto singolare, molto fisico e americano, lontano anni luce da Laurence Olivier e Kenneth Branagh.

Quindi Gibson, cementata e consacrata la sua popolarità, decide di cimentarsi alla regia, dirigendosi ne L’uomo senza volto, film molto interessante ma parecchio imperfetto. Le critiche sono controverse, Gibson però non demorde e spopola con Braveheart, pellicola che vince 5 Oscar, fra cui la statuetta per la Miglior Regia.

A questo punto, Gibson abbandona per un bel po’ la regia e ritorna al puro Cinema d’intrattenimento e di genere, come Ransom di Ron Howard e Ipotesi di complotto con Julia Roberts sempre per Donner. Incrocia anche Wim Wenders per The Million Dollar Hotel, con Bono degli U2 in veste di produttore e autore del soggetto e della colonna sonora. Un mezzo pasticciaccio, ahinoi.

Gira pomposità indigeste come Il patriota di Roland Emmerich e We Were Soldiers, ma conquista una nomination ai Golden Globe per What Women Want – Quello che le donne vogliono e fa la sua bella figura in Signs di M. Night Shyamalan.

Poi, dopo una piccola parte in The Singing Detective con Robert Downey Jr., fra indubbi e da lui mai negati problemi di alcolismo, liti coniugali e cause di divorzio dispendiosissime, Gibson si ridà alla regia con gli ambiziosissimi La passione di Cristo Apocalypto.

Hollywood però pare averlo un po’ emarginato e lui si piglia la patente di rissaiolo, di uomo intrattabile, manesco e irascibile.

Tant’è che, prima di recitare ancora, fa passare molti anni, e ritorna performer soltanto nel 2010 con Fuori controllo di Martin Campbell, il regista di Fuga da Absolom e degli 007eiani GoldenEye con Pierce Brosnan e Casino Royale col primo e forse a tutt’oggi ancora migliore James Bond targato Daniel Craig.

Gibson se la spassa, recita nell’impegnato, drammatico ma irrisolto Mr. Beaver di e con Jodie Foster, e ancora fa il gigione a tutto spiano e a briglia sciolta nei divertissement Machete Kills di Robert Rodriguez, I mercenari 3 con Stallone e la sua “allegra” combriccola, e Blood Father.

La sua stella sembra tuttavia un po’ appannarsi. Decisamente.

E Gibson, oramai l’abbiamo capito, quando se la vede brutta, ecco che si ributta dietro la macchina da presa, anima e corpo.

Così, nel 2016 sforna La battaglia di Hacksaw Ridge con Andrew Garfield, film che viene molto applaudito al Festival di Venezia e, nonostante violentemente divida la Critica, si becca ben sei candidature agli Oscar. Gibson viene nominato ancora nella cinquina dei migliori registi dell’anno.

Gibson ha ritrovato nuovamente fiducia e gira film a getto continuo.

Prossimamente lo vedremo in Dragged Across Concrete dell’acclamato S. Craig Zahler (Bone TomahawkCell Block 99: Nessuno può fermarmi), in Boss Level di Joe Carnahan (NarcThe Grey) e in The Professor and the Madman con Sean Penn.

Assai presto inizierà le riprese di War Pigs con Colin Farrell, e sarà ancora director con un altro war movieDestroyer nel quale dirigerà Mark Wahlberg.

Insomma, questo Gibson, nonostante abbia superato da un pezzo la sessantina, e dunque non è certo di primo pelo, sta vivendo attualmente una seconda, prolifica seconda giovinezza.

Che uomo!

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di Stefano Falotico

 

Le solite giornate stressanti della nostra vita amletica


03 Apr

American Hustle

Sì, spesso la vita non è come l’avevamo sognata. Insomma, quando avevo tredici anni, chissà perché, mi ero iscritto al Liceo Scientifico e avevo sogni d’astronauta, poi m’innamorai del Cinema di Scorsese e degli anni Settanta, diciamo anche che “impazzii”, sì, per dovere morale alla coscienza che non può più mentire, sì, lo confesso, il mio cervello sbandò e visse di nottate da licantropo, forse memore del film con Michael J. Fox, Voglia di vincere, ma anziché trionfare da “lupetto” divenni un po’ “infetto”. Alcuni, i maligni, dicono inetto, io continuo a credere che fossi in quel periodo un po’ bimbetto con un bell’uccellone. Sì, un mezzo guaglione eroticamente sempre “ardente” eppur poco nella realtà “ficcante”. Sì, scalognato, vessato, angariato, di offese subissato, crocifisso e forse di miei rituali un po’ fissato. Eppur di nuovo nella vita giornaliera mi son issato, ancor spesso nel costato trivellato e dai cattivi “sodomizzato”. Eppur si va, e i dì si fan impegnativi, ardui e strenuo (r)esisto nel casino generale, ove laureate in Girisprudenza mi fan prudere di rabbia perché si son prese il titolo solo per legiferare su chi non ha una casa, altro che cause. Son donne “buone”, sì, quasi tutte queste son pimpanti, han fisici slanciati, son statuarie e sanno come circuire un maschio, irretendolo nella loro spirale di calze a rete “illegali”.

Sì, a dire il vero sono solo delle fanatiche del culo, quello che hanno loro dopo ore di palestra tonificante e quello di chi si son scelte come fidanzato, un tipo che fa invidia all’avvocato Agnelli. Ah, mie caprette, dovete conoscere la “Costituzione” di queste donne, donne che vogliono i soldi e non voglion restar sole. Non fraintendiamo quando dico sole. Non creiamo disambiguazioni. Sole non sta per la sfera che illumina la Terra, né come abbreviativo un po’ in romanesco di suole, né come sostantivo per identificare le persone rimaste in solitudine, io parlo di vere sòle, cioè donne che sono una fregatura, sì, vi raggirarono, e fu solo un piacere imbrogliante. Sì, quando stavate con loro v’imbrodaste ma ora siete rimasti di nuovo soli senza Sole e al tramonto bevete un brodino aspettando il rosso di sera ché bel tempo si spera. E, sperando, va la malinconia andante.

A parte questa constatazione, questa afflizione, so che le abbuffate pasquali vi hanno reso pienotti come Christian Bale di American Hustle. Sì, prima del giorno della Redenzione, pesavate trenta chili in meno e, adottando un metodo naturale d’ingrassamento, “puro” Actor’s Studio non premeditato, adesso potete competere per interpretare la parte di Jake LaMotta in Toro scatenato, sì, quando Bob De Niro diventa un panzone deforme.

Ieri sera, ho visto finalmente Assassinio sull’Orient Express di e con Branagh. Ecco, avevo letto cose infami su questo film. Questa gente si dovrebbe vergognare di dichiararsi critica. Criticasse la sua pochezza, più che altro, e si astenesse da giudizi affrettati, ché poi non si distorcono solo i film di qualità ma anche le persone di giusta sanità. Date valore agli uomini di buona volontà!

Ad esempio, alla fermata dell’autobus vedo sempre un tizio che mi sembra un deficiente e mi asterrò qui dal dirne il nome, ma probabilmente è un genio ed è solo il mio occhio, diciamo, “epidermico”, che lo giudica a “pelle”, ad averlo relegato in un’infima categoria sociale. Semmai, se avessi modo di conoscerlo, di entrare in empatia col suo vissuto interiore, non mi limiterei a un voto così ingiurioso.

Vabbe’, leggetevi la mia recensione e capirete che so, so… Sembra che io non sappia poiché vivo una vita da seppia, eppur io sempre seppi, lo sa anche Giuseppe. Facciamo il presepe, sì, dopo Pasqua viene Natale e Pasquale è il nome reale di Banfi Lino.

Stamattina, ho dovuto scrivere degli articoli in cui non credo molto ma servono per sbarcare il lunario.

Quindi, dopo un pranzo lauto, rincominciarono le cose odierne poco liete.

Sì, ricevo una mail da IBS.it, e mi han detto che il mio ordine di Twin Peaks non può essere completato perché PayPal non “risponde”. Invero, la carta di credito mio prepagata è scaduta, dopo dieci anni, proprio il 4 Aprile, giorno di Pasqua, no, invero è oggi, no domani, ma a quanto pare la banca, insomma, che casino! E dire che l’ordine l’avevo effettuato il 29 Marzo e pensavo che mi avrebbero spedito il “prodotto” prima della scadenza. Al che ho dovuto aggiornare il metodo di pagamento, inserendo la nuova carta, in questi giorni arrivatami, dunque è partito in automatico l’ordine ma, nel frattempo, manualmente avevo ripagato lo stesso ordine. Insomma, partirono, son partiti due pagamenti. E io stavo partendo… oh, nessuno ha voglia di rimetterci dei soldi. Perciò ho dovuto telefonare all’assistenza clienti e spiegare l’equivoco. Il problema pare risolto.

Ecco, risolto un problema se ne presenta un altro. Una mia amica mi dice che il video di presentazione del mio ultimo libro, da me scrupolosamente allestito, non è riuscita a scaricarlo, o meglio è scaduto il file WeTransfer.

Per fortuna l’avevo salvato, e ho dovuto rispedirlo. Ma dico… se lo spedii perché dovetti rimandarlo? Ah, qui si rimandano le scadenze.

Ah, quello mi è scaduto. Io non son decaduto, ma decadente.

Al che mi telefonano… è arrivato il lettore Blu-ray che avevo ordinato ma oggi pomeriggio non posso ritirarlo.

Sabato scorso, a mezzanotte e mezza, mi han suonato al campanello. Era un amico dell’inquilino terzo piano che aveva sbagliato, ma siamo sicuri che sbagliò?

Si pena, si pensa, e tutto pesa ma pigliamola con filosofia. Sì, potrei laurearmi in questa facoltà. Ma non sono facoltoso. Insomma, è una scelta facoltativa ma bisogna essere abbienti per certi “ambienti”. Lei è benestante? Ben le stia, evviva le carestie!

 

di Stefano Falotico

Nolan e il suo finto capolavoro di Dunkirk


29 Aug

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Sì, son duro a morire e Nolan mi ha sempre puzzato di “adattamento alla massa”, per come compiace un gusto medio oramai fastidiosissimo che ha sostituito il grande Cinema con lo spettacolo, a mio avviso abietto e uso un eufemismo per quanto possiate pensare che esageri, più facile a “insaporire” il palato di spettatori che oggi s’improvvisano critici quando, invero, son persone spesso fustigate da vite mediocri che non amano gli alati deliri del Cinema più schietto, non come quello di Nolan “chiatto” ad accontentare le vostre bocche “buone”, cari ubriachi appunto di mediocrità. Le fiaschette, nella cantina di tal vostra “opulenza” olezzante, vi aspettano affinché possiate bervi, imberbi, la nuova stronzata spacciata per arte raffinatissima. Quelli di Nolan sono giocattoloni buoni per chi dal Cinema e dalla vita ama quella “perfezione” virtuale che sempre cozzerà col mio realismo poetico, aderente a una poetica del vivere che non sia trastullarsi coi balocchi, miei allocchi. So che non vengo sopportato per questo mio atteggiamento cinico e dunque atrocemente sentimentale, attenzione non sentimentalistico, e che il mio sfrenato romanticismo in cerca della vera bellezza possa esser tacciato e scambiato per follia, cari pecoroni di tal esultante folla smaniosa di vederlo…

Son altre le cose che attirano la mia curiosità, come “incendiarsi” dinanzi a una sigaretta nel tramonto che fiorisce nel crepuscolo della pura, quella sì, estatica immaginazione.

Altro che visioni “immersive”, parola che fra l’altro non esiste neanche nel vocabolario.

Basito, osservo la rovina.

 

Mi spiace per chi non capirà, ostinatamente, l’ironia che sottende quanto da me detto e “recitato”.

Comunque, non cambio molto opinione su Nolan.

 

di Stefano FaloticoBodega Bay

Amleto, essere o non essere, evviva il malessere per colpa della fig(li)a del dottore


22 Apr

Amleto usò l’amuleto per not being nelle donne bagasce da “Bingo”, da cui il suo “malessere” perché solo quelle scommettitrici da bische volevano il suo “pazzo!”

Ma Amleto scommise tutto sul suo cavallo imbizzarrito e mandò a monte lo zio che si montò quella finta monaca di Gertrude!

 

Sì, Amleto è sempre stato uno che rifuggiva dalla figa, perché conosceva quanto quell’arpia di Gertrude fosse in combutta, che bottana, con chi “detronizzò” lo “scettro” del padre, deceduto per troppa ninfomane a sfruttar il casato di complotto “irreale” eppur re(g)ale, da cui il monologo del “cazzo” (secondo me, sopravvalutato, e dopo vi spiegherò perché…), ah ah!

 

Essere, o non essere, questo è il dilemma:
se sia più nobile nella mente soffrire
i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna
o prendere le armi contro un mare di affanni
e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire…
nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
deve farci esitare. È questo lo scrupolo
che dà alla sventura una vita così lunga.
Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo,
gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge,
l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà (AHO!)
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
Così la coscienza ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione.

 

Insomma, è del cazzo… sì, ma di un livello altissimo, aulico, poetico, rinomato e romanziere alla Falotico, sì, Amleto non aveva mai trovato una donna in grado di “valorizzarglielo” e al che si lamentava “ardimentosamente” da disperato.

In realtà, io vi dico che Amleto voleva Gertrude, la Maddalena del Vangelo rielaborata da Shakespeare ma preferì gli spiriti della notte pur di non svendersi.

E alla fine, turbato da tante bugie e bisbiglii dei falsi, fece un casino della Madonna.

E fu eletto santo patrono degli stronzi.

Con tutta la ricevitoria a imbastir un gran ricevimento di applausi perché sputtanò tutti con un ingegno da vero genio.

Genius-Pop

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