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Il Batman di/con Robert Pattinson è uguale a uno zombie de L’alba dei morti viventi, anche dementi e, all’uomo pipistrello, preferisco il mio BIRDMAN da mystery thriller di VILLA CLARA


23 Aug

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Batman, ho sempre preferito Joker e, a Colin Farrell, il Pinguino della De Longhi

Quando uscirà, finalmente, il film Clara di Francesco Longo?

Villa Clara, celeberrima haunted house per eccellenza dell’entroterra periferico della piadina, no, pianura emiliano-romagnola, situata a due passi da Trebbo di Reno ove, nel lontano 2003, rischiai di morire d’incidente stradale ma, per vostra disgrazia, scoppiò l’airbag e dunque sono ancora vivo e vegeto, ah ah.

Credo sostanzialmente che Bruce Willis di Unbreakable sia, rispetto al sottoscritto, Mr. Glass. Ah ah.

In verità, soffro di molte fragilità interiori ma la gente, giudicandomi dall’esterno, mi considera indistruttibile. Appaio infatti superbo. Di mio, posso dirvi che, 10 ore su 24, sono distrutto.

Poi, riesco sempre comunque a ricompattarmi come Robert Patrick di Terminator 2. Ah ah.

Anno Domini T-1000, no, 2003, forse solo dopo Cristo. In cui, prima d’incontrare una ragazza di Trieste che prosciugò il mio sangue, succhiandomi nello sverginamento mio tardivo avvenuto a Modena, no, a mo’ di Zora la vampira in quel di Porretta Terme ove lei mi tese una trappola degna della casa degli orrori di Gardaland al fine di divertirsi con me, con giochi d’adulti adrenalinici da montagne russe di Mirabilandia, ecco… dicevo, un’altra volta mi sono perso nel labirinto di qualche luna park o del mio dedalico e angoscioso, nerissimo passato da ragazzo semi-disadattato da Ken Park. Il quale, smarritosi nei meandri del suo spaesamento esistenziale, dimenticò il piacere di mordicchiare e gustare deliziosamente un morbido zucchero filato, dando un po’ di sugar alle bone bionde qual fu Bridget Fonda de L’armata delle tenebre. Sì, fui un ragazzo tenebroso, più che altro tenerissimo. Ora, durissimo. Ah ah. Diciamocela senza peli sulla lingua, la Fonda di Jackie Brown ha un lato b sul quale Bobby De Niro/Louis Gara andò subito a fondo. Ah ah. Mah, in Terapia e pallottole, De Niro si rivolse allo psichiatra Billy Crystal affinché un duro come lui, per l’appunto, non potesse rimediare figuracce da “ammosciamento”. Di mio, so che il sessuologo-andrologo Maurizio Bossi, dinanzi a Susanna Messaggio, lo ebbe e crebbe più duro dell’ex capo della s… a, no, Lega. Umberto!

Meglio, fidatevi, uno sfigato come Lupo Alberto.

Di mio, non soffro Berlusconi né soffrii di ejaculatio praecox ma fui un enfant prodige quasi Precog. Tant’è che la mia vita fu indagata di Minority Report. A causa dello stress provocatomi, persi molti capelli e rischiai di farmi il riporto…Adesso, qualcuno/a sostiene che sia uguale a Tom Cruise. Gli strani scherzi del destino. Intanto, Francesca Pascale sta con Paola Turci. A questi uomini ipocriti e a tali saffiche, preferirò sempre Via Saffi, gustando un ottimo gelato al limone per rifarmi i baffi. Comunque, a 13 anni volli scopare T. Laffi. Ecco, ora lo sapete. Però, non scassatemi il cazzo.

Basta con la goliardia alla Bruce Campbell/Ash di The Evil Dead e torniamo a parlarvi delle mie notti solitarie d’adolescente ombroso, quasi afflitto dalla malattia del Lombroso, concentrandoci e sprofondando ancora negli insondabili corridoi sinaptici dei miei opachi, tetrissimi pleniluni da Zio Tibia, da ragazzino, più che malavitoso e malmostoso, assai cresciuto già in modo troppo precipitoso e dunque malvisto dagli adulti perversamente vogliosi, ingordi, capricciosamente maliziosi in maniera morbosa, eh già, fui un teenager a livello anagrafico con un cervello da Sam Raimi maturo di The Gift, un ragazzino scambiato per Spider-Man e per Max Pezzali degli 883 da hanno ucciso l’uomo ragno, non si sa neanche il perché, avrà fatto qualche sgarro a qualche industria di caffè, invece già amante di Angel Heart, un grande horror al “semifreddo” di Peter Parker, no, Alan.

Un ragazzo che, già a quindici anni, vide tutta la filmografia di Woody Allen, soprattutto SettembreInteriors e Radio Days, ah ah, perciò fu per il culo preso a morte dai miei coetanei odiosi, sciocchi e libidinosi che mi perpetrarono scherzetti di cattivo gusto da Amici miei precoci o da rincoglioniti anzitempo di M.A.S.H assai, loro sì, permalosi. Capite? Stetti per essere messo a pecora da questi pecoroni inetti con le loro squallide battone, no, battute pecorecce da insetti.

Fidatevi, piuttosto che frequentare questi compagni di merende, è meglio gustare da soli un pecorino, ammirando Paura e delirio a Las Vegas con la fotografia di Nicola Pecorini.

Ah, gli adolescenti sono più falsi dell’amica di Jamie Lee Curtis di Halloween. Dicono cioè a lei, di pure True Lies, di non scegliere come uomo un edonista à la Arnold Schwarzenegger ma poi vogliono diventare tutte fighe come Sharon Stone di Atto di forza. Ma in quale pianeta vivono? Su Marte? Ah ah.

E ho detto tutto…

Di mio, invece, che posso dirvi?

Vidi La casa assai presto e lo rividi per di più mille volte. Anzi, no. Per essere precisi, lo reputai sin dapprincipio un film enormemente sopravvalutato. Lo riguardai soltanto di zoomate alla Pronti a morire per fermare le immagini quando Ellen Sandweiss, aggredita dalle creature notturne risvegliate dal Necronomicon, mostrò il suo boschetto, in mezzo alla foresta, più della già (ec)citata Sharon Stone di Basic Instinct.

Qualche anno fa, auto-pubblicai, coadiuvato dal mio personale editor, autore della bellissima raccolta Lettere dal buio, un’antologia di tales orrifici, intitolata Fantasmi principeschi. Lo trovate in vendita presso le maggiori e migiori catene librarie online. Su Amazon e non sulle amazzoni. Un libro molto bello, così bello da far spavento. Quando si suol dire… è scritto da dio in maniera mostruosa e raccapricciante.

Un libro in cui, a pagina 23, è contenuta una mia breve storia su Villa Clara.

Ah, non volete neanche comprare questo mio libro in eBook a un paio di Euro?

Siete degli ingrati. Come farò a pagarmi le bollette? Capisco, in maniera similare a Jack Torrance/Jack Nicholson del succitato Shining, vorreste asfissiarmi e semmai pure vivo murarmi.

Adesso, sto scrivendo un romanzo su Bologna. Devastante. Ricolmo di ricordi rinati in gloria, pieno zeppo di malinconia e dunque euforia per la mia vita ancora non scivolatami via.

Bensì, ritornata a essere quella del numero uno come ai tempi delle scuole medie. Quando il mio compagno di b(r)anco, il gemello Longo, no, non il regista di Clara, mi disse che ero un genio e che, non potendo essere capito da questo mondo di scemi e illusi-ingenui, sarei per l’appunto impazzito, ammalandomi di metafisica. Sì, me ne ammalai mentre il Longo lo diede lungo e tosto a più di una figa dal culo rotondo.

Ieri pomeriggio, invece, mi ritrovai nuovamente dalle parti di Villa Clara e scattai una foto.

Si racconta che la gente normale abbia paura ad avvicinarsi presso tale magione per timore di essere contagiata dalla tristissima leggenda che su di essa aleggia in maniera macabra. Oddio, maledizione!

Io, in tale casa, v’entrai a sedici anni in un’estate alla Stand by Me assieme a dei ragazzi della mia squadra di Calcio. Quando militai nel Lame Ancora, compagine balistica di quartiere che primeggiò nel campionato provinciale grazie alle mie reti da fallito Maradona. Ah ah.

Ah, della mia vita sapete davvero poco.

Anche della mia attuale ragazza.

Lei mi considera più sexy di Robert Pattinson, io la considero più gnocca di Catwoman/Pfeiffer Michelle.

Quello che posso dirvi è che su Carmine Falcone avrebbe dovuto indagare Borsellino ma fu ucciso forse dagli stessi bastardi che ammazzarono Salvo D’Acqisto. Il carabiniere a cui, tutt’ora, è dedicato il nome della mia ex scuola media.

John Turturro è geniale in The Night Of e, a essere sinceri, non voglio essere figo come Pattinson oppure come Colin Farrell.

Tanto, anche avendo io avuto un’adolescenza da Clara, feci all’amore con una più sensuale di Juliette Binoche di Cosmopolis e la mia lei è molto, molto, molto più eccitante di Julianne Moore di Maps to the Stars. Sono Mark Wahlberg di Boogie Nights? Meglio quello di Max Payne.

Insomma, se siete invidiosi che io sia un maledetto come Jack Nicholson, chiamate Louise Fletcher di Qualcuno volò sul nido del cuculo e sposatevela.

È pazza e brutta come voi. Ah ah.

Comunque, staremo a vedere come sarà questo The Batman.

Nel frattempo, stasera ho voglia di essere Flash Gordon.

Inoltre, odio sia la DC che l’ex Democrazia Cristiana.

Insomma, dinanzi a me, siete ancora all’ABC.

Siete degli ignoranti come Adriano Celentano. Siete delle oche come Ornella Muti o solo mediocri come Alberto Sordi?

Ah, dimenticavo: a Matt Reeves e a questo Pianeta delle scimmie, preferirò sempre Steve Reeves. In quanto, se mi rompi le palle e mi dai patenti sbagliate, posso trasformarmi in Superman.

 

 

di Stefano Falotico

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Coronavirus: siamo in un film di Carpenter? Facciamo le corna…


08 Mar

carpenterRipeto, non credevo che la situazione degenerasse in questa maniera.

Sottovalutai parecchio la questione Coronavirus sino a qualche giorno fa. Quando seriamente e maggiormente me n’informai, constatando personalmente lo stato angosciante in cui quasi tutti gli stati del mondo stanno sprofondando.

L’altra sera, per esempio, mi recai a Castel San Pietro Terme e nell’entroterra limitrofo dell’imolese. Rimanendo agghiacciato dalle misure di sicurezza sanitaria/e intraprese dai locali pubblici.

I banconi transennati a delimitare le zone di pericolo contagio.  Come si fa quando è avvenuto un omicidio e la polizia perimetra severamente le aree interessate alle indagini. Affinché nessuno possa lasciare tracce o toccare, con le sue mani poco igienicamente pulite, anzi sterilizzate, gli oggetti deputati alla prelevazione, non solo sanguigna, del “DNA” metaforico dei possibili incriminati.

Al Gallo Garage di Castel San Pietro Terme, luogo ameno di conviviali bevute, spesso frequentato da ragazze da bersi tutte d’un fiato, senza usare la cannuccia, bensì mordendole di dolci baci aspiranti ogni loro svenevole respiro passionalmente polmonare, assistetti a un desertico panorama tetro e spettrale.

Stesso dicasi della mitica Accademia del Pomelo. Ove, secondo decreto legislativo del sindaco rigidissimo, furono applicate precauzioni da fiaba nera del Pifferaio magico.

Prima di poter solamente sfiorare il vetro di un bicchiere contenente un caldo cocktail, forse più liquoroso dell’ardimentosa cameriera, in cuor suo sempre focosa, indubbiamente sollecitante e solleticante le virili regioni erogene più cremose della morbida e lieve panna spalmata sopra un White Russian squisitamente delizioso, bisogna urgentemente recarsi in bagno per smacchiare le mani sporche ed eventualmente morbose… no, solo affettuose poiché smaniose di tangere i polpastrelli di qualche pollastrella ma probabilmente affette da tale morbo contagioso.

Forse insudiciate per colpa d’aver mangiato un panino col wurstel di salsa piccante gustosa…

E ne vogliamo parlare del LAB0542 di Imola? Che già il nome sembra un codice a barre apposto sopra le confezioni di latte impuro, forse scaduto.

Locale stupendo bazzicato da donne talvolta stupide ma spesso soltanto, a loro volta, stupende.

Che inducono a baci salivari e a limonate spremute come l’alcol più caloroso. E non mi riferisco a quello etilico e disinfettante, bensì a quello ad alto grado di temperatura che, a novanta gradi, potrebbe stimolare qualcosa al limite dell’etico.

Insomma, non ne avemmo abbastanza di Salvini con le sue salviette, no, fascistiche pulizie etniche? Coi suoi dettami altamente castranti le libertarie anche più consapevoli libidini giovanili?

Adesso pure il Coronavirus. Un morbo di cui forse soffrirono le amanti di Fabrizio Corona da lui infettate di edonismo lercio che corruppe le già precarie loro purezze (e)stinte e fetide.

Guardate, uno schifo.

E dire che mai come oggi mi sentii ammalato… di voglie capricciose per toccare la pelle d’una nuova mia vita camaleontica.

Io uscii dalle tenebre della mia notte perpetua da seppellito vivo, risorgendo in tutta estatica magnificenza infermabile anche di giorno come il grande Thomas Ian Griffith/Jan Valek di Vampires.

Un Corvo alla Brandon Lee risvegliatosi miracolosamente da un misterioso sogno primordiale di natura ermeticamente catacombale.

Invece qui sta succedendo un’ecatombe e, per bloccare questo morbo virale, questo virus letale, bisogna essere duri come James Woods/Jack Crow.

Già per troppo tempo, soprattutto in Italia, fummo repressi dalle bugie ad alto tasso moralistico del fariseo Vaticano davvero fascistico. Sì, molte teste e testicolo (s)fasciò.

Ché usò contraccettivi di natura dogmatica per frenare la bellezza dei piaceri più selvaggi, castigando gli stati liberi di coscienza affinché si reprimessero in una falsa, pericolosa giustezza monastica.

Attenendosi falsamente e regole icastiche, oserei dire più nazistiche di quei dementi che, anziché maledirti con l’aglio, ti porgono una svastica.

Atta a sedurre, no, a sedare, in modo orribilmente capzioso, questo sì, vizioso e impuro, i gaudenti desideri insopprimibili e non schizzinosi nostri più profondi che, purtroppo, perennemente resi infecondi dalla finta giocondità del buonismo stronzo, questo sì, blasfemo e inverecondo, si celarono nel buio empio, poco empatico né simpatico, nebbioso e permaloso del nostro dormircela nel gelo bergmaniano più remoto… da ogni contatto fisico caloroso, dunque figo. Più gioiosamente mostruoso.

Come in Fog, i fantasmi delle nostre ancestrali paure, messe in quarantena come Michael Myers di Halloween, riapparirono e riemersero in modo bestiale.

Rabbrividiamo dinanzi a tale pandemia da L’ombra dello scorpione di Stephen King.

Dirimpetto a questo Seme della follia forse troppo allarmistico.

Poiché non dovete, amici e (a)nemici, temere di ammalarvi. Non state chiusi sempre in casa, accarezzando solo un micio. Non spegnete le vostre salubri, godibili micce.

Se vi animalizzerete, no, ammalerete di depressione apparentemente incurabile, con un’altra mia magia di prestigiazione mentale, riuscirò a debellare ogni vostro oscuro male.

Lasciate stare le penose malinconie da Battiato con La cura e, come detto, non date retta alle balle che vi rifilano quelli della curia.

Poiché il qui presente Falò è uomo di sé molto sicuro poiché, checché se ne dica, egli non soffre di nessuna oscurantistica paura né più starà male per colpa delle mentalità più superstiziose fottute d’arroganza micidiale.

Non c’è niente da fare. È un bellissimo genio, statene sicuri.

E, quando vi entra dentro, non potrete più staccarvi da lui…

Anche i vermi lo amano. Poiché lui sguscia e vi penetra piacevolmente sin ad arrivare al ventre.

Quindi, con la sua giacca di nera pelle, vola ancora nel vento.

Sventolate quello che sapete. Avanti. Comunque, presto uscirà il mio nuovo libro dotato di uno spettacolare fronte-retro.

E ricordate: se lungo il vostro impervio eppur impetuoso cammino, incontrerete dei maniaci che attenteranno alla vostra bellezza, usate contro di loro l’ammoniaca.

E non ammoniteli. Vollero spellarvi e ora dovrete espellerli.

Rendiamo grazie a Dio.


di Stefano Falotico

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Sulle scalinate della nostra vi(t)a, il Falò delle vanità incontra Del Sorbo e partono soffici discussioni su Joker e sulle True Lies della società


31 Oct

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Sì, questo video de La Repubblica è da avere e conservare in memoria dei posteri. Anzi, bisogna che salvi di fermo immagine la Joker al min. 0:54 perché secondo me vale il prezzo del biglietto.

Questa ragazza stupenda in minigonna è vivamente emozionante più del capolavoro di Todd Phillips, un film devastante.

E questa ragazza, diciamocelo, è indubbiamente arrapante.

Il mio amico Antonio, uomo dotto ed erudito che sbaglia la pronuncia di Joaquin Phoenix e secondo me anche la sua analisi del film suddetto, da lui ritenuto banale in più punti, però mi provoca e, come se io fossi Christopher Walken de La zona morta, ironizza sul mio cambiamento travolgente, così tanto stupefacente perfino per me stesso.

Poiché, dopo essermi da solo affogato e infognato in notti d’interminabile malessere esistenziale, in me è risorto un vulcanico ardore. Non siatemi esiziali, non fatemi altri danni. Datemi un altro anno e avrò più culo, fidatevi. La vita è questione di ani.

E ora assomiglio, a tratti, ad Al Pacino di Cruising. Un uomo affascinante che indossa una nera canottiera quasi sadomaso allineata alla mia corporatura sia atletica che taurina, intonata al bestiale carisma d’un menestrello che fluttua nella notte e, a differenza di Batman, non usa maschere di doppia personalità da psicopatico.

Il Falò entra nei caffè con aria disinvolta, è un uomo ammantato dalla sicumera del suo tormentato passato oscuro. Che, fra le tenebre dei suoi torpori, emana ero(t)ico calore, conservando però intatta la sua sessualità ambigua o forse la sua intonsa figura che, di primo acchito, potrebbe apparire addirittura  asessuata.

Un uomo che, col solo potere del battito cigliare, accende ogni donna in maniera amabile, ascendendovene di corpi cavernosi e robuste, calorose vene, sorbendosi le invidie di chi vorrebbe storpiarlo e nella cupezza perpetua obliarlo per sempre.

Poi, fa come Michael Beck di Warriors. Se la donna fa troppo la strafottente, la manda a fare in culo in modo poco galante ed irriverente.

Tanto questa è una che ascolta Arisa. Senza di me, può già prenotare il loculo al cimitero. Ah ah.

Il Falò cammina, sapendo il fatto suo, estrae dal taschino una sigaretta e canta lontano da ogni moda ma mettendo su i Modà.

A volte, i suoi modi sono scorbutici e burberi poiché, così come Al Pacino di Scent of a Woman, trascorse solitudini che non videro più lo splendore anche solo del suo ardimentoso cuore, figlie dell’incomprensione altrui, partorite malvagiamente dalle pseudo-adulte pressioni che lo vollero precocemente un comune troione.

Invece, il Falò non sa che farsene di un normale lavoro e dei vostri volgari sudori.

Egli naviga nell’interzona delle sue prelibate, fantasiose (dis)illusioni, mette pepe alle anime spente e insaporisce chi un cazzo capisce. Sfiorando i deficienti delicatamente, sa donare gioia e virtuoso amore non solo alle donne di bocca buona ma anche agli uomini di pregiato e incandescente, riscoperto valore.

Spesso racconta balle poiché, essendo poeta e romanziere, è giusto che esageri. Egli è circense, usa iperboli e, da trapezista, in questo mondo di squilibrati, usa il bilanciere non solo per rafforzare i suoi bicipiti ma anche per moderare gli uomini che si credono fighi ma hanno delle facce da pirla mai viste.

Sì, è vero che fu al Festival di Roma e che The Irishman è un capolavoro. Così come è vero tutto il resto. Cioè che, in mezzo alla platea, il Falò spiccò in mezzo a falsi intenditori di Cinema poiché il Falò non abbisogna di una squallida laurea per attestare la potenza del suo scibile tremendo.

Per l’appunto, non usa trucchetti e giammai imboccò facili scorciatoie. Ovvero, non comprò la stima altrui dietro un pezzo di carta. Pulitevi il culo coi vostri attestati.

E tu, donna facile, devi fare meno la complicata. Allora, deciditi. O sei facile o sei difficile. Non fare la troia, suvvia. Ah ah.

Egli è un uomo misterioso e libero come un uccello in volo.

Dai bigotti viene reputato un depravato, persino quasi un pervertito poiché mai si piegò ai farisei ricatti d’un sistema malato che, se sei nell’anima diverso, ti vuole omologato.

Se ne frega se sarà poco amato, boicottato, sgambettato, deriso e ancora umiliato.

È un uomo che non deve rendere conto a nessuno e non deve spogliare la sua anima per dimostrare se, la sera prima, consumò un coito o, a notte inoltrata, insonne si alzò dal letto per cucinarsi una cotoletta.

Il Falò incarna la dignità di colui che non lecca il culo al mondo per essere apprezzato, baciato, toccato oppure anche ancora più picchiato.

Agli uomini calpestati e complessati, feriti e anneriti, puniti e martoriati, dice loro di non assumere mai psicofarmaci perché, anziché migliorare, verranno solo ingannati e imboccati con sostanze atte a renderli compressi, repressi e fessi.

Il Falò è colui che ebbe il coraggio di sputtanare tutto il sistema ipocrita come nessun altro ed ebbe la forza di ribellarsi anche a sé stesso. A sé steso.

Joker è un capolavoro.

Ora, scusate, devo prepararmi per Halloween.

Farò il cretino, mascherandomi da Michael Myers per provocare una sexy Jamie Lee Curtis di turno.

Ah, quella è da una vita che si fa dei problemi.

Invece al buio, farò come Schwarzenegger di True Lies.

Lei si spoglierà ma poi mi scambierà per un maniaco e mi sbatterà… il telefono in faccia.

Insomma, sarà un’altra batosta.
Sono onestamente fottuto.
Ma è quello che volli, ho voluto e anche lei lo volle, insomma, ha voluto quello.

Ah ah.

Cosa voglio dalla vita?

Ho appena pre-ordinato il Blu-ray di Joker.

Per ora voglio questo. Poi non so che verrà, se verrà. Chissà che cazzo succederà.

 

di Stefano Falotico

JOKER & la Critica snob


12 Sep

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Ebbene, dopo tempo immemorabile, ho comprato di nuovo la nostra rivista FilmTv.

Su suggerimento di un mio amico, mi sono precipitato in edicola.

Gli ultimi numeri da me comprati son stati quelli riguardanti gli speciali dedicati all’immane John Carpenter.

Essendo io l’autore del libro John Carpenter – Prince of Darkness, non posso esimermi dall’essere inevitabilmente attratto da tutto ciò che riguarda il maestro. Compresa, ovviamente, la super-deluxe edizione di uno dei suoi massimi capolavori, rieditata in fastoso Blu-ray di prossima uscita. Vale a dire il 31 Ottobre. Che ve lo dico a fare? La notte di Halloween.

Sebbene, debbo esservi sincero, questa festa pagana, da noi importata abusivamente, essendo noi figli della cultura ellenica-saracena limitrofa a quella mitteleuropea, non appartiene al nostro background e m’ha sempre puzzato di esterofilia peggiore di quella di Alberto Sordi di Un americano a Roma.

Ora, vi domanderete voi, che c’entra Joker con questa colorita prefazione? È stato un preambolo che, a prima vista, parrebbe poco in linea col discorso che qui, in totale umiltà, m’appresto a stilarvi, distillarvi, oserei dire a impartirvi. Che vi sia di monito come il severo cartellino giallo di un arbitro. Ché, mettendo freno alle vostre alzate di testa, ai vostri giochi più che balistici, sì, da ballisti, possa avvisarvi e avvertirvi se ancora, a causa della vostra fallacità, ah ah, commetterete sbagli clamorosi. Amputando film più potenti del sinistro del grande Bonimba, ovvero Boninsegna.

Film imprendibili che cerca(s)te di parare. Dunque stroncare! Ma, con le vostre critiche lentissime, imbarazzanti, appari(s)te soltanto più rincoglioniti di quel buffone di Gigi Buffon. Uno che oramai ha la schiena a pezzi ma non se la sente di ritirarsi. Poiché, se lo fotografano assieme alla sua iper-scosciata Ilaria, deve ottemperare al ritratto del maschio di sana e robusta, fisica costituzione. Deve cioè apparire sempre figo poiché lei è figa. Capisc’?

Dunque, non vuole mollare la presa anche se non ne prende più una. Fu un portiere magnifico, grazie alle sue parate vincemmo il mondiale del 2006. Ma dovrebbe guardarsi adesso allo specchio e ammettere che i suoi riflessi non sono più quelli di una volta.

Inutile tirarsela… da maschione quando sei al massimo, oggigiorno, pur sempre un marcantonio ma anche un bel coglione.

Gigi, lascia perdere. Hai fatto il tuo tempo. Dedicati a una carriera da commentatore e da opinionista. Poiché, ora come ora, come portiere sei molto discutibile. E combini papere a tutt’andare.

Ecco, tale metafora lungamente calcistica voglio qui applicare a quei critici un po’ superati che, sul nuovo numero del cartaceo di FilmTv, con enorme, scandalosa supponenza liquidarono il capolavoro di Todd Phillips, appioppandogli voti alquanto bassini. Figli soltanto della loro mentalità assai retriva, per non dire leggermente cretina.

Non me ne vogliate. La mia stima nei vostri confronti non muta. Come cantava De Gregori, non è da un calcio di rigore che si giudica un giocatore, come sostenuto da Checco Zalone nei riguardi di quel matto di Cassano, invece, non è da uno sputo all’arbitro che si giudica se sei un signore. Ah ah.

Sì, Giulio, Giona e Luca, siete qui sul banco degli imputati. Si scherza, eh. Non arrabbiatevi mica.

Poiché voi, impuntandovi sul Cinema d’una volta, con i vostri voti assegnati a Joker, senz’offesa, in questa settimana vi siete un tantino sputtanati.

Voi assai celermente rifilate sgambetti scriteriati al Cinema forse troppo veloce, troppo avanti rispetto ai vostri difensivismi da coloro che, barricatisi nell’esegetica cinematografica passatista, adottano puntualmente il catenaccio più oltranzista, intollerante e, per l’appunto, troppo moderato ed equilibrista.

Stando appunto sulla difensiva, non esaltandovi più di tanto, anzi per niente, dinanzi a film che, spiazzando le vostre certezze, v’hanno colto in contropiede, mandandovi in fuorigioco.

Qui, io v’ammonisco affinché possiate seriamente meditare sul vostro sensazionale errore e tornare sui vostri passi.

Giona, dico a te, sei un critico di risma bravissimo ma, stavolta, ti sei approcciato a Joker con troppa imperdonabile superficialità. La tua erudizione non t’ha salvato dalla mia simpatica punizione. Hai peccato, insomma, di tua esaltata vanità in tal caso da trombone.

No, il tuo misero 5 manco per il cazzo ci sta. Che film hai visto? Poi, concludi la tua breve disamina, il tuo sintetico trafiletto, dicendo che è meglio Endgame.

Eh no, qui hai trollato di brutto, Giona, hai toppato.

Luca e Giulio, invece, ora dico a voi. Acclama(s)te Ad Astra, stronzata galattica, in quanto siete fidi scudieri di James Gray e mi sottovaluta(s)te con tal vostro prosopopeico fare fanfarone quest’opera immensa di Phillips?

Eh già, mi sa che dovete cambiare prospettiva. E vi dirò anche altro. Dove vsionaste questo film?

Al Festival di Venezia? Mah, a me viene il dubbio che, piratato, lo trafugaste da uno dei produttori della Warner Bros e l’abbiate perciò guardato su un televisore a dodici pollici in b/n degli anni sessanta, prima appunto dell’avvento della New Hollywood.

Se andate alla Comet, vi tirano dietro un tv al plasma della Philips. Con una sola L. Con 50 Euro in più, prendete comunque quello della Sony, è meglio. Fidatevi.

Ah ah.

Ma io vi perdono e qua vi dono l’assoluzione. Per questa volta, vi do da recitare cinquanta Ave Maria e tre Pater Noster più una sberla da Don Camillo.

Alla prossima, non passa. Non transigerò.

Parola di Arthur Fleck.

Un uomo che conosce il Cinema, la vita, anche la figa migliore poiché ne passò così tante che ora se ne fotte altamente.

Sì, ne vidi di tutti i colori. Ebbi sfortune tragicomiche ma sono ancora sveglio, in palla per sapere che Joker è veramente un capolavoro e Zazie Beetz una gnocca mai vista di colore. Zazie colora le notti più cupe, malinconiche e tenebrose grazie al delizioso, eccitante tocco del suo caliente, profumato splendore.

Dio mio, tenetemi fermo. Ah ah. Le voglio saltare addosso, non si può vedere da quando è figa.

Se mi venite a dire che non è così, vi siete rimbambiti come Murray Franklin/De Niro.

Eh già. Usiamo il passato remoto!

Chi vide Joker in anteprima mondiale a Venezia seppe che Arthur Fleck/Phoenix, dopo una vita in cui lo prese platealmente in culo, trovò il coraggio di ribellarsi con furia ai tre manigoldi stronzissimi e bulli in metropolitana.

Quindi, assalito da una forza miracolosa, si precipitò ad abbracciare la sua bellissima Zazie/Sophie Dumond. Non oso pensare a cosa successe, in quella sua notte da ingordo lupo scatenato, fra lui e Zazie.

Un amplesso più devastante della bomba di Hiroshima. Chiamalo scemo… ah ah.

Da quell’orgasmo rinascente, Arthur divenne come Re Artù.

Artù fu il re, Joker è il Principe.

E ora per nessuno ce n’è.

Al momento, nella mia vita affettiva, sentimentale, forse pure sessuale… qualcuna c’è. Una o due o tre? Chissà.

Ma ancora lei, la prescelta, non ha estratto la mia spada dalla roccia.

Vediamo se ce la farà…

Quanto devo aspettare? Sto impazzendo.

Ah ah.

 

Morale della fav(ol)a: Arthur, dopo quella notte, superò ogni sua lentezza, venendo… no, divenendo impetuoso e uno straordinario buffone irresistibile mentre Gigi Buffon, nonostante da anni scopi Ilaria D’Amico, diventa sempre più tristo e polentone.

 

di Stefano Falotico

SMOKE: Avventure di un uomo invisibile che ha scritto una monografia su John Carpenter ma è meno ricco di Harvey Keitel del film di Wayne Wang


30 May

keitel smoke

Sì, sono io l’autore di John Carpenter – Prince of Darkness, opera oserei dire capitale e magna della bibliografia del Falotico. Puro masterpiece che ogni amante della letteratura complicata e raffinata dovrebbe possedere in casa sua se non vuole impazzire e finire come Michael Myers di Halloween.

Vi conosco, sapete? Voi non amate voi stessi e ora passate il tempo a fare gli spaventapasseri, spaventando ragazze super passere come la Jamie Lee Curtis di True Lies.

Non dovete raccontarmi bugie. So che gironzolate nei quartieri periferici, spuntando da dietro i cespugli come il Pennywise. Ma non terrorizzate nessuno, solo voi stessi, sempre più idioti.

Di mio, sono un essere altamente pagliaccesco. Riesco perfino a essere e a incarnare Harvey Keitel, William Hurt, Forest Whitaker e il ragazzino in cerca di un lavoro di Smoke.

Cioè quattro characters in un colpo solo: il tabaccaio cafone che filosofeggia, l’intellettuale sobrio, il mezzo storpio e lo sfigato.

Sì, grazie alla mia visione neorealistica alla Paul Auster, minimalista alla Jim Jarmusch, amante dei piccoli gesti quotidiani che riscaldano il cuore e forse donne più sexy di Jamie Lee Curtis, pur non essendo laureato a Oxford, ho già pronta pure la falotica versione factotum in inglese del suddetto saggio monografico su Carpenter. Con traduzione di alta scuola, pregiata e da fuoriclasse che mi ha fatto sudare sette camicie. Un lavoro estremamente certosino e improbo. Terminato che lo ebbi, stavano per ricoverarmi in un ospedale psichiatrico come Sam Neill de Il seme della follia.

Un libro alla Sutter Cane, sì, di In the Mouth of Madness. In cui sviscerando, scorporando in maniera cronenberghiana la poetica carpenteriana, ho enucleato perfino me stesso, arrivando a percezioni della realtà talmente elevate da non riuscire più, adesso, a vederla con occhi da Roddy Piper di Essi vivono prima che indossasse gli occhiali magici.

Cazzo, un bel macello, che casino.

Per molto tempo, fui scambiato per Nick Halloway/Chevy Chase, appunto, di Memoirs of an Invisible Man.

Tutti pensarono infatti che fossi un nababbo e un cocco fortunato che poteva permettersi il lusso sfrenato di ciondolare nella noia e nel dolce far niente. 

Già, fui preso per il figlio di Berlusconi quando invero, amici, fui solamente un grosso coglione.

Sì, anch’io bramai la mia Daryl Hannah. Di questo ve ne parlai già, giusto? Il mio primissimo, grande, irripetibile amore platonico si chiamava Tiziana ed era bionda come Daryl, forse perfino più bella di questa sirena a Manhattan.

Ma cominciai a deprimermi fortemente, splash, a eclissarmi, a perdere di vista la realtà e anche Tiziana. Che oggi è sposata col mio amico delle elementari e ha pure avuto da lui dei figli.

Mi consolo da questa (s)figa clamorosa, ammirando le scosciate dell’omonima Tiziana Panella di Tagadà. Donna, a differenza di Tiziana la biondina, corvina. Ma che riesce sempre ad alzare il mio umore un po’ supino e anche qualcos’altro da volpino nei miei momenti di massimo languore da lupino, attimi paradisiaci in cui per un po’, lontano dai libri, come un uccello in volo libro, mi libero con atroce, onanistica mancanza di pudore, sfoglio una donna che mi fa battere il cuore e che vorrei sbattere di gran calore, (s)fregandomene di ogni residuo candore.

Sì, appena la vedo, mi ricordo di essere un uomo.

Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster come Ray Liotta di Goodfellas?

Macché!

Sì, credo che gli altri mi vedano parecchio bene, mi sappiano inquadrare alla prima occhiata. Anche Tiziana, non la Panella, bensì quella bionda della mia primissima, virginale infatuazione, ah, che magnifica fata, che lievissima patata, a 13 anni voleva rendermi corporeo, assai tangibile con lei.

Ma io, non so perché, la mandai a farsi fottere.

Sì, finalmente ho compreso la verità. Potevo essere l’uomo con più amici, soldi e donne della storia. Ed è stata solo colpa mia se non ho il conto in banca del marito di Tiziana Panella. E dunque non posso regalarle una vita da elegante signora.

Se dovessi, mai sia, essere invitato alla sua trasmissione, lei potrebbe ammiccarmi di occhiolino, forse verrebbe anche in diretta, fissando le palle dei miei occhi. Ma finirebbe lì.

O forse interromperebbero momentaneamente l’imbarazzo mio e di Tiziana, bagnatissima, con i consigli per gli acquisti degli assorbenti, miei conigli.

La mia vita è stata spesso un’inculata, una mega-sfighissima da figone sfigatissimo, no, una foga, The Fog, una fuga non solo da New York bensì dal mio The Ward. Lasciate che mi sfoghi.

Sì, come Amber Heard, trascorsi praticamente tutta l’adolescenza nel nosocomio delle mie ipocondrie.

Una volta che io stesso mi dimisi, capii che la realtà vera è un manicomio. E che i pazzi sono quelli che si credono sani. Per forza. Più che pazzi, sono scemi. Non capiscono nulla e pigliano tutto a culo.

Al che, per via della mia eccessiva sensibilità, del mio romanticismo alienato rispetto alle triviali animalità dell’uomo assai medio, vengo tuttora preso per Starman.

Alcuni miei amici, quando m’isolo troppo ancora, sospettando della mia buona fede, mi dicono che sono/sia Il signore del male. Sì, pensate, ora devo stare attento a non fare la fine invece di Keith Gordon di Christine. Dopo una vita da nerd mai visto, appunto, vengo corteggiato da pezzi di carrozzeria femminile al cui confronto Alexandra Paul dei tempi d’oro è una Cinquecento.

Comunque, molte donne sono da rottamare. Sì, che palle queste qui. Aspettano sempre l’estate per farsi il bagnetto. Come se poi durante l’anno facessero altro…

Sì, su Facebook, Instagram e altrove, donne stupende mi contattano affinché io possa avere subito con loro fisici, potenti contatti. Ma che è successo? Ho indossato delle miracolose lenti a contatto o, per troppo tempo, la gente subdola, meschina e ipocrita, rivolgendomi a me senza tatto, non capendo del sottoscritto un cazzo, mi aveva scambiato per David Lo Pan e invece oggi tutti scoprono, compreso me stesso, che è stata solamente una Big Trouble in Little Bologna?

Non facciamone, suvvia, una tragedia. Potevo scoparmi pure Kim Cattrall ma rimango una testa di minchia come Kurt Russell. Basta, adesso.

Sì, Smoke è un capolavoro. Il miglior film di Wayne Wang. Mentre io, diciamocela, rimango un bravo ragazzo soltanto come Dennis Dun, ovvero Wang Chi.

Forse, la mia vita non è il racconto di Natale di Smoke, bensì quello di Dickens filtrato dalla visione simile a Ritorno a futuro di Robert Zemeckis con Jim Carrey.

Uno Scrooge così giovane nel cuore da rendervi tutti misantropi.

Signore e signori, spero di avervi allietato col mio libro e con questa bella storia. Adesso, se vorrete tradirmi ancora fottetevi.

Fra amici ci si scambiano confidenze e favori. Dunque, a tutti i cattivoni, or dico ma fatemi il piacere!

 

Firmato Paul Auster?

No, Stefano Falotico

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smoke keitel hurt

 

 

christmas carol

Dario Argento è tornato alla regia e io son tornato a essere quello per cui sono nato


17 Mar

argentotop

 

Ora, sento dire da voi di questa generazione che definire Maestro il signor Dario Argento significa peccare di generosità. Di troppa magnanimità. Perché Argento, al massimo, secondo voi, è un discreto artigiano e uno che da più di trent’anni non ha più girato un grande film.

In questo posso darvi ragione. In effetti, Dario, essendo figlio di un’altra epoca, così tanto è stato innovatore e rivoluzionario della stessa in ambito cinematografico, quanto, non sapendosi rinnovare nei suoi, diciamo, canovacci a loro volta passatisti e anacronistici, ha poltrito in un modo di fare Cinema forse sorpassato, senonché macellato da giovani resisti certamente più svegli. Come se fosse stato colto spaventosamente da un sortilegio stregonesco alla pari della sua eroina di Suspiria. E si fosse incantato, in senso lato.

Ma arrivare a dire che l’appellativo maestro bisogna adoperarlo soltanto per gente come Hitchcock, lui sì, oh, maestro vero della paura, delle ossessioni umane più profonde, perverse e recondite, mi pare alquanto irrispettoso.

Come disse, infervorato e adirato a morte, il giornalista calcistico Franco Ordine, quando a Controcampo, la platea a furor di popolo urlò che Figo era una scamorza, Ordine, con urla disordinate e molto arrabbiato, richiamò appunto all’ordine. E declamò, dico declamò, oserei dire sbraitò, gridò un…ma  sapete di chi state parlando? Di un pallone d’oro. PORTATE RISPETTO!

Quindi, si rivolse a Piccinini e gli disse: – Piccinini, ma perché io devo parlare con dei piccini?

 

Ah ah. Invero, questo non lo disse ma lo dico io. Ah ah.

Un momento comunque, oserei dire, epico.

Dunque, a chi, con ignoranza abissale dice che Dario Argento è un semi-cazzaro, io dovrei suonargliele.

Ma lo perdono perché è incosciente. Sì, non ha coscienza di chi Argento è stato negli anni settanta. E di cosa ha rappresentato, non soltanto a livello cinematografico.

L’unico, insuperabile “folle” che ha avuto il coraggio spropositato, dunque ammirevole allo spasmo, di scardinare totalmente i canoni vetusti del Cinema italiano. Fregandosene di quel Cinema amarcordiano, dunque bolso e felliniano, ripiegato su patetici ricordi di gioventù, sul farlocco concepir la Settima Arte come un diario di memorie personali a magnificazione del proprio piccolo mondo sempliciotto e provinciale sin all’osso. Sì, Fellini aveva rotto.

Non fraintendetemi. A Federico riconosco meriti immani, oserei dire disumani. Ma il Cinema italiano, parimenti alla statunitense New Hollywood, appunto, dei seventies, doveva fare il salto di qualità.

Ovvero emanciparsi da storie, sì, belle, lodevolissime del neorealismo, dalle tragedie del dopoguerra ed esplodere, oserei dire, fiammeggiare turbolento in maniera artisticamente invereconda e potente.

E allora ecco che Dario fa una cosa che nessuno, perlomeno quasi nessuno, aveva fatto sin a quel momento.

“Parlare” di storie dell’orrore, aprirci gli occhi sull’incubo chiamato vita.

Se negli States, il grande John Carpenter inventava e tirava fuori dal cilindro il suo archetipico psicopatico per eccellenza, cioè Michael Myers, con Halloween, datato 1978, il signor cazzaro Argento, come dite voi, aveva già girato “filmetti” come L’uccello dalle piume di cristallo4 mosche di velluto grigioProfondo rosso e, appunto, Suspiria, datato 1977.

Vero? Ora io che dovrei farvi? Spaccarvi la capa e accoltellarvi alla mannaia, no, maniera di Myers?

No, sono clemente e vi scagiono da ogni colpa, figlia della vostra smemoratezza, della vostra avventatezza, della vostra impavida, diciamocelo, scemenza. Ah ah.

Sì, Dario Argento, peraltro, sta preparando, a essere precisi, una serie. Ancora le riprese non sono iniziate.

E in streaming, forse su Netflix, la vedremo.

Se dite che Netflix non è il futuro, pigliatevi il drivein. E smettetela.

Sì, dovreste veramente finirla. Andare al cinema è bello, è bello gustarsi i grandi film sul grande schermo.

Ma lo ribadisco, senza vergogna. Le sale d’essai son sempre meno, soppiantate oramai da un ventennio abbondante dalle multisale. Che hanno un parcheggio spazioso e poltroncine confortevoli. Ma devi sorbirti mezz’ora di pubblicità, la folla che, mangiando patatine e popcorn, non capisce niente del film e ti distrae con la sua sguaiatezza.

Poi, la sala, diciamocelo, ha perso oggigiorno valore. Sì, non sto bestemmiando. Un tempo le coppiette andavano al cinema per potersi baciare, lontane dagli sguardi malevoli dei genitori e del film se ne fregavano. I ragazzi marinavano e, quando ancora c’erano gli spettacoli mattutini, s’infilavano in una sala per passare due ore in compagnia dei loro eroi.

Il Cinema, non scordiamolo mai, è nato come intrattenimento popolare. Le sale erano un luogo di ritrovo, di aggregazione. Questo valore le sale l’hanno perso per tante ragioni.

Quindi, è inutile che vi ostiniate, duri come delle capre a combattere Netflix e Amazon.

E ripeto: portate rispetto per il signor Argento.

di Stefano Falotico

Halloween, la notte di Ognissanti di un’Italietta poco san(t)a


31 Oct

Anche i lupi mannari ululano e io vi mostro, miei mostri, tutto il mio sexy beast futurista

A NIGHTMARE ON ELM STREET, Johnny Depp, 1984. ©New Line Cinema

A NIGHTMARE ON ELM STREET, Johnny Depp, 1984. ©New Line Cinema

Halloween

Del sottoscritto credo che molta gente abbia frainteso tutto.

Io son un essere cupo, spesso nichilista, pessimista, dunque profondamente realista. E adoro tutto ciò che è noir, trascendente e onirico, favolistico e metafisico. Lo dimostrano i miei libri e anche i miei gusti cinematografici.

Oddio mio, signore aiutaci. Stasera assisteremo alla solita, ammorbante, carnevalesca sfilata di nani piccolo-borghesi che, pateticamente, emuleranno italicamente la celeberrima puttanata americana della notte di Ognissanti.

È alquanto odioso e riprovevole tutto ciò. Le città vengono invase da frustrati studentelli intontiti da film horror che non hanno capito, per via della loro età sessualmente schizofrenica, degli ebefrenici indomabili pittati in viso neanche fossero gli indiani della tribù Apache.

Ma sono perdonati e perdonabili perché saranno catturati nel sogno da Freddy Krueger e probabilmente, quando dovranno pagare le utenze, si sveglieranno dal torpore e davvero incominceranno a capire i film e soprattutto la vita. E non sperpereranno altro tempo a bruciarsi il cervello di escoriazioni da ribelli masochistici maltrattati dai genitori. In lotta col mondo.

A trent’anni forse rivedranno, con occhi più lucidi e meno ottenebrati dai loro squallidi patemi d’animo, Halloween. E finalmente non confonderanno più Jason di Venerdì 13 con Michael Myers.

Poi, avremo gl’impiegati del catasto che, per una serata carnascialesca e goliardica da Amici miei, accatasteranno i loro reumatismi esistenziali e si daranno alla pazza gioia. Ballando ubriachi con le lor bagasce raccattate alla Festa dell’Unità. Con tanto di porchetta in bocca e le battutine da alcolizzati vivaci di “salame piccante”. Per un’altra nottataccia abominevole di birbanterie…

Dimenticandosi che, 5 min prima di conciarsi per le feste, appunto, erano angustiati nel loro impolveratissimo ufficio a far finta di lavorare, tra un caffè “macchiato caldo” e una sbirciatina alle gambe della segretaria del direttore, canticchiando Annalisa e la sua oscena, smancerosa Un domani!

Se chiudo gli occhi, la vedo, la vita che volevo

Funziona solo nei sogni, mi spiace di doverti svegliare

Svegliare

Ci siamo tatuati, abbiamo fatto errori

Ne vogliamo parlare del video? La signorina Annalisa veste minigonna bianchissima, tanto per scatenare qualche sega, su sfondi di avorio fascisti.

Ottimo, continuiamo così. Sullo zotico che l’accompagna nel video, stendiamo un velo pietoso.

Sì, l’Italia è questa. Come una canzone di Annalisa. Come una pacchianeria della De Filippi, coi suoi amori da nani, da cani, col romanticismo tamarro da tronisti e le dolciastre, al contempo arrabbiate retoriche da 5 Stelle.

Tutti vogliono il reddito di cittadinanza e, nel frattempo, cazzeggiano, illudendosi di essere James Dean, da subnormali tra una (s)figa e l’altra, una bestemmia e un altro cinepanettone.


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Dark City

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di Stefano Falotico

John Carpenter – Prince of Darkness not lost o unlost in translation


23 Oct

carpenter prince

Sì, sto traducendo tutto il mio libro su Carpenter, con puntiglio oserei dire “trigonometrico”. Google Traduttore non è male, affatto. Sebbene bisogni correggere alcuni termini che inspiegabilmente non traduce e lascia invariati. Poi, dopo questa traduzione “maccheronica”, sì, mi affiderò a qualche madrelingua per dei consigli. Ma l’importante è fare il più, il grosso. Dopo si limeranno i dettagli.

Notevole questo video in cui potete vedere il mio desktop, ché io non ho nulla da nascondere, a parte un paio di normalissimi porno di pregiata fattura nell’hard disk, e potrete sbirciare per un attimo tra i miei file e soprattutto notare come ho guardato la video-recensione di Halloween di Alò e ascoltato recentemente Springsteen e pure Ramazzotti

Con tanto di Johnny Stecchino.

Halloween di David Gordon Green e First Man di Chazelle m’interessano, o forse nessuno dei due


09 Jun

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Com’era lecito aspettarsi, con l’inizio di Giugno siamo stati bombardati in queste ore dai primissimi trailer della prossima stagione cinematografica. Tre o quattro “anteprime” al giorno di filmoni pronti a sbarcare, quasi tutti da Settembre in poi, nelle sale mondiali.

Quello che non uccide, nuovo capitolo Millennium da Stieg Larsson, uno che assieme a Jo Nesbø ha contribuito non poco alla moda dei thriller nordico-scandinavi che tanto vanno forte, con una Lisbeth Salander interpretata da Claire Foy…, ah, ma questo è il quarto capitolo e lo scrittore è un altro! Ecco che la stessa Foy, richiestissima, è protagonista assieme a Ryan Gosling di First Man. La storia del primo uomo, appunto, sulla Luna: Neil Armstrong.

Trailer lucidissimo, iper-spettacolare, fascinoso ma forse non è il Cinema che desidero vedere. Trama intrigante ma l’immaginifico e lo psichedelico abita lontano da Chazelle. Così come non è che m’interessi poi tanto questo sequel, io direi “apocrifo”, sì, assai poco autentico, dello storico Halloween di Carpenter. Produce lo stesso Carpenter ma forse soltanto per questioni commerciali perché sa che incasserà parecchio.

Non si deve mai scherzare con l’horror, che è roba seria, ma David Gordon Green, regista pulitissimo e ultra-ambizioso, ci vuol far capire ancora una volta in più, come se non lo sapessimo, che lui è in grado di fare qualsiasi cosa, un registra “transgender” che sa cimentarsi con gli intoccabili.

Ma non mi convince. Posso anche sbagliarmi, ma Green non mi sembra abbia la mano, l’acume, l’intelligenza filmica per uscire, tutto sommato, dagli stereotipi e dalla prevedibilità. E infatti il finale del trailer, col colpo di scena telefonato, già lo dimostra.

 

The Irishman di Scorsese rimane ancora, inviolato, al primo posto dei miei attesissimi.

 

di Stefano Falotico

Lezioni di maschilismo parte quinta: diffidate dalle apparenze


08 Jun

halloween_xlg

Persevero in queste mie disamine, affascinato dal lato oscuro dell’uomo.

E mi stupisco di come questa società, che si professa a chiacchiere aperta, sia invece ancora così provinciale, bigotta, pettegola, ossessionata da falsi valori come l’apparenza e il più ripugnante estetismo sterile e controproducente.

Ero in macchina, con sguardo assonnato, in mezzo al traffico. Al che vengo fiancheggiato da una macchinona di tamarri, con la fighella trentenne del “boss” alla guida, donna gagliarda, come no, dalla pettinatura punk di maniera, che alla mia vista è scoppiata a ridere fragorosamente, puntandomi il dito e divertendosi da matta (quale probabilmente è ma ne prenderà coscienza fra dieci anni quando il tipo la lascerà e si farà assistere “socialmente”, non dall’USL ma mendicando pompini sulla strada) assieme alla sua gang che, stimolata dalle sue risate, ha volto lo sguardo verso la mia faccia e, neanche se avesse visto Jim Carrey nelle sue smorfie migliori, si è scompisciata in risate denigratorie, offensive, raccapriccianti.

Molte donne, mi duole assai dirlo, sono così. Frivolette, stupidine, sciocche da morire. Poi si svegliano e capiscono che, anziché guardare L’Isola dei famosi, mangiando yogurt con le ciabattone, anziché cantare come delle dannate nelle loro case nei momenti di frustrazione massima, avrebbero dovuto leggere qualche bel libro di tanto in tanto. Ma forse neanche questo sarebbe servito. Dopo aver letto qualche libro, la maggior parte delle donne si prende maledettamente sul serio e comincia ad assumere atteggiamenti profondamente snob. Alcune di queste addirittura si danno anima ma soprattutto corpo (basti pensare alle parlamentari di Berlusconi e company) alla Politica, ammorbandoci con la loro ostentata, falsa cultura da radical chic.

Perché se citi loro un film di John Carpenter ti scambiano per Michael Myers e ti consigliano di andare da qualche psichiatra. Psichiatra che, non vorrei fare di tutta erba un fascio, venendo spesso da studi prettamente tecnici e teorici, privi di qualsiasi umanismo, non sarà affatto umano con le tue meravigliose “diversità” e ti educherà a far soldi, irreggimentandoti in un lavoro socialmente “retto”, e t’impronterà al totale materialismo dell’anima. Che, depurata da ogni sana inquietudine, da ogni bellissima sua peculiarità, anziché amare Carpenter si darà a Paolo Genovese. Sì, un genio contro uno che si crede un genio ma non gli darei in mano nemmeno una reflex non solo della Minolta ma nemmeno di mia nonna morta. Comunque mia nonna non ha mai avuto una macchina fotografica ma le bastava guardarti dieci secondi per farti la foto. Ah, gran donna, cazzo.

Molte donne sono superficiali, in un uomo guardano la sua “potenza”… di acquisto, in ogni senso lato, soprattutto del loro B offerto in prostituzione della dignità residua. E vogliono la bella vita. Bella vita per loro significa villa e lusso, pellicce e gioielli, mangiare “magro” per non ingrassare e soprattutto vivere da merde, nel menefreghismo più assoluto. C’è un povero che si vuole suicidare? Loro sbuffano, tanto son cose che succedono. C’è uno studente che vuole cambiare il mondo? Gli danno del poveraccio illuso, ah, poverette. E via di patenti e offese.

L’altro giorno una mi attacca, definendomi banalmente sfigato. Perché lei, si capisce, è arrivata alla cima… delle stronze. Per non sentirsi inutile, lavora, eccome se lavora. Con la sua voce da sacerdotessa del piacere, stupra le migliori cover italiane, si, lei sostiene “orgogliosa” che è una cantante di classe! Sì, per il compagno con l’Audi e per quei rimbambiti con gli stuzzichini che la “ammirano”, le urlano che è “grande” e sognano di sbatterglielo nel culo.

Questa è la sua vita del cazzo, ecco cos’è.

Mi raccomando, streghe, continuate pur a rimanere fra quelle che non sapranno mai la differenza fra l’originale e Rob Zombie, e se vi dico David Gordon Green pensate sia Brian Austin Green, uno dei ragazzotti sui cui avete fatto le vostre prime “esperienze, diciamo, tattili…

 

di Stefano Falotico

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