Archive for January, 2019

Abbiamo un grosso problema in Italia. Tutti si credono artisti e invece non lo sono, sono proprio giocondi


14 Jan

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Solo io lo sono. Ah ah. Questo mi pare evidente, palese e riconosciuto anche dal Vaticano. Il Papa, infatti, mi ha contattato per scrivergli l’Angelus. Voleva che edulcorassi, con qualche mio tocco di classe cazzuto, il suo discorso troppo dolcemente ecumenico. E potessi dare una pennellata di maggiore sintassi realista alle sue stronzate buoniste.

Gli ho risposto che non ho tempo, a differenza di Michelangelo, per facilitargli il papato. Affrescando le sue “cappelle”. E che ho da mangiar la pappina.

Sì, mostro un mio libro a una mostra ma non nel senso di presentazione, appunto, di qualcosa in vetrina, bensì come femminile di mostro, cioè un cesso di donna. Ah ah. Cioè non le “opere d’arte” di Cattelan, vendute a caro prezzo ai fessi, grazie alle quali Cattelan si è comprato ventimila bagni nuovi, ma quelle donne diarreiche. Le merdose. Si trovano in ogni angolo delle topaie, sì, son tope da biblioteche che si credono gran signore ma invero vi dico son più zoccole di Marina Ripa di Meana. Una che provocava Sgarbi con le sue merde d’artista.

Una di queste è venuta a rompermi il cazzo, ieri sera.

Ripeto, le ho fatto leggere la sinossi del mio libro per chiederle umilmente se le piaceva.

Al che, con toni cattedratici da maestrina tu mi stufi, si è posta così.

– Chi l’ha scritta?

– Secondo te, chi l’ha scritta?

– Non dirmi che l’hai scritta tu.

– Sì, io sono il factotum. Sono io il curatore delle sinossi.

– Tu dovresti essere il curatore del tuo asino, figliolo. Ci sono troppi aggettivi. È impresentabile.

– Adoro lo stile massimalista. Barocco, eccessivo, caricato. Mah, Baricco. Tu invece ami lo stile minimalista?

– Io adoro lo stile.

– Sei una stilista, quindi, mah, pensavo che fossi una critica letteraria. Insomma, sei una donna da prêt-à-porter. Sì, mi sembravi Charlotte Rampling di Portiere di notte, invece mi hai denudato e pure sbattuto le porte in faccia.

– Ehi, ma che dici? Sei pazzo?

– Sì, talvolta sì. Soprattutto se qualcuno mi sbacchetta. Sono io che uso il bianchetto sui miei aggettivi, nessuna può “aggettivizzare” le mie opere. Le mie opere sono indescrivibili. Dobbiamo essere oggettivi, non puntigliosi sugli aggettivi.

– Nel senso che sono talmente brutte da essere inclassificabili?

– No, sono talmente belle ma così tanto belle in maniera inversamente proporzionale alla tua bellezza.

– Cioè?

– Cioè, secondo il calcolo delle proporzioni, Mariangela di Fantozzi, in confronto a te, è Monica Bellucci. Volevo usare un aggettivo dispregiativo di troppo ma avrei peccato di eufemismo.

– Senti, testa di cazzo. Chiariamoci molto bene. Tu quanti libri hai letto?

– Non lo so.

– Non lo sai perché ne hai letti davvero pochi, credo.

– Tu invece sai quanti ne hai letti? Cos’è? Finto che hai di leggere un libro, metti la crocetta? Arrivata a quota mille, sarai ospite del nuovo telequiz di Gerry Scotti, intitolato Per essere sapienti bisogna aver frequentato La Sapienza. Dai, saputella. Vedi di crescere.

-Dimmi, stronzo. Quali sono i tuoi scrittori preferiti?

– Nessuno. Ho i miei libri preferiti ma i loro autori non si sono mai ripetuti a quei livelli. Solo una o alcune delle loro opere sono perfette. Le altre no.

– La perfezione non esiste ed è meglio così.

– Invece esiste, seppure sia raro trovarla. Vorresti contestare la Mona Lisa solo perché tu non ti senti gioconda e ti piace fare la snob, dicendo che il Da Vinci poteva fare meglio?

– Infatti, poteva fare meglio. È un capolavoro ma, in linea teorica, poteva essere meglio.

– Ecco, in linea invece molto pratica, tu che fai nella vita?

– Pensavo lo sapessi. Sono una critica.

– Critica di che?

– D’Arte. Io ho studiato Arte.

– Ah sì? Quindi, hai studiato Arte e vuoi contestare il mio artista?

– Tu non sei un artista. Lo so perché conosco l’Arte.

– Quante opere hai realizzato tu?

– Io? Nessuna. Io valuto le opere. Non le realizzo.

– Ah, capisco. Tu quindi te ne stai stravaccata a giudicare il lavoro degli altri e il tuo lavoro sarebbe guadagnare nel lanciare giudizi sul lavoro, bello o brutto, del prossimo mentre ti gratti la figa. È un bel lavoro, sai?

– Senti, porco di merda. Io sono una seria. Per chi mi hai preso?

– Per quello che sei.

– Tu mi hai dato della puttana.

– No, ci mancherebbe. Ti ho dato di peggio.

– Ora, ti denuncio.

– Perché ho fatto una critica oggettiva alla tua vita?

 

Ebbene, dopo insulti voraci telefonici e tramite Messenger scagliatimi dalla povera disgraziata che m’ha ingiuriato in preda a crisi isteriche da Villa Baruzziana, famosa e infausta clinica psichiatrica dei colli bolognesi a cui manco accederebbe perché, sì, costei è pazza ma in tale villa accettano solo pazze decorose e non pazze che potrebbero rovinare la reputazione e gli equilibri dei veri malati di mente, bisognosi soltanto di calma e tranquillità, ah ah, l’irrecuperabile villana, appunto, m’ha detto che, se è vero che il mio scrittore preferito è Dostoevskij, lui si sarebbe rivoltato nella tomba a leggermi. Perché il Dosto dava importanza al contenuto e non alla forma.

– Ah sì? Sì, sai, credo che tu abbia ragione. Il suo contenuto, e infatti con quel disagio doveva contenersi, sennò diventava come te, era che siamo destinati all’inquietudine se esseri senzienti e profondi. Al che, invece che scrivere romanzi di cinquecento pagine, pieni di sottilissime descrizioni, avrebbe dovuto semplicemente scrivere un lungo telegramma con questo contenuto… la vita fa schifo, ogni giorno medito al suicidio. Cercasi una tomba al cimitero ma il becchino di San Pietroburgo m’ha detto che non ci sono posti per seppellirmi sino al prossimo anno. Quindi, se mi ammazzo, mi seppellirò vivo. Devo aspettare almeno una pompa funebre più in linea col mio pensare in grande.

 

Ecco, io dico. Perché fate le maestrine senza aver provato a fare niente? È troppo comodo giudicare. Anche io lo faccio. Quando recensisco un film. Ma, quando lo recensisco, provo sempre a immedesimarmi, almeno, nel punto di vista del suo regista. Che, secondo i miei canoni, può essere sbagliato ma è comunque già molto apprezzabile e lodevole perché, a differenza di chi giudica e basta, ci ha messo la faccia. A costo di rimediare figuracce.

Ho detto tutto.

Io ho un solo plateale difetto. Sono molto pigro. Ma se mi fate girare i coglioni, se non vi vado a genio e volete fare i fenomeni, vi sistemo a regola d’arte. Poi, non piangete se ho fatto il “teppista” delle vostre idiozie. Sì, uso lo scalpello. Un ritocchino qui, uno lì e vi pietrifico.

Il quadretto che verrà fuori non sarà però da Louvre Museum. Ma da museo delle cere. Non dovete arrabbiarvi. Non vogliamo mostri in giro. Ma solo mostre. Quelle belle, però.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

L’estradizione di Cesare Battisti spetta soltanto a Giovanni Battista, evviva Dave Bautista e io rimango un imbattibile battutista


14 Jan

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Ah, ma non avete niente da fare che fingere di essere interessati alla questione Cesare Battisti? Si stanno alimentando faide e il popolo, in rivolta, con la clava, inneggia al più becero giustizialismo.

Appoggiato dal suo emissario Salvini, nuovo Duce camuffato da populista. Sì, un ritorno tribale all’animalità più pericolosamente ferale sta di giorno in giorno attecchendo nelle coscienze di quest’Italia sprovveduta e abbandonata. Che, assillata dai debiti e da una vita miserabile, si è ora affidata a quattro pagliacci d’avanspettacolo meno degni di Pippo Franco del Bagaglino.

Di Maio, il quale non sa neppure chi sia Gabriel García Márquez ed è stato salvato dai suoi cent’anni di solitudine grazie a un Grillo parlante, continua a imperversare da Pinocchio e indubbiamente con la sua faccia da finocchio.

No, non sono omofobo ma personalmente preferisco i finocchi conditi con l’aceto, non i Di Maio acidi in questo governo “integrale” come la nuova, poco florida insalata parastatale.

Sì, che sono questi fondamentalismi? Mi par fondamentale aver le basi per poter governare. E qui mancano i presupposti basici anche per coltivare una piantagione di basilico. La piantasse questo contadino del Di Maio a seminare il suo subdolo mais e a invogliare la gente incolta che si sente tradita e rivendica abissali vendette bibliche, nello stimolare capzioso, bieco populismo d’accatto, a elemosinare il suo potere con un facile consenso popolare. Mai dire Mai? Invece sì, non sarete mai Sean Connery.

Siamo ritornati nella barbarie. Sì, adesso non vanno bene neanche le bambine che giocano con la Barbie.

Vengono prese per bimbo-minchia, termine da abolire, dalle loro madri che si scopano i toy boy. E le ricattano perché non sono economicamente autonome. Gli uomini, anche i più sfaticati, vogliono la casa di Big Jim ma son talmente paradossalmente ridicoli che non fanno ridere neanche Carrey Jim. Affittatevi una palafitta e vi passeranno al fegato le fitte. Tu, donna, visto che frittata?

Sì, la gente, avendo capito che non vale un cazzo, urla Voglio vivere come nuovi Nomadi!

L’ha preso troppo in culo per an(n)i (im)memorabili e, non memore della storica, italiana memoria, ha eletto in gloria Salvini. Sì, non contenta dei danni del fascismo, adesso rivuole il coprifuoco e desidera incendiare la pelle dei negri perché questi immigrati son dei clandestini troppo accalorati, piacciono alle donne bianche e invece vanno bruciati come il carbone.

Eppure Salvini, nel suo armadietto, ha tutta la collezione di Lexington Steele. Lo so.

I privilegiati, poi, a loro volta strumentalizzano la questione del Battisti per portare acqua al proprio mulino. E non vedevano l’ora che accadesse la cattura di Cesare per fare opposizione “culturalmente” virtuosa, sciorinando retoriche più false della buoncostume. Che casino! Ma quale battistero! Date a Cesare quel che è di Cesare, cioè il carcere. Date alla zona Cesarini un goal che ci salvi dalla serie B.

Interviene anche la super zoccola per antonomasia, Valentina Nappi col suo manifesto Sono stata stuprata da Salvini. Non esageriamo, continua a dar via il culo. Vittorio Sgarbi, che comunque non sopporto, conosce la Venere di Botticelli e non la bottana venerata da chi vuole la botte piena e il marito ubriaco che, senza la moglie, si guarda i tuoi filmetti. Basta con le tue bottarelle, io non mi scandalizzo per le tue leccate, Valentina.

Tu hai scritto ciò:

perché al di là di aspetti anche condivisibili (che pure ci sono) delle sue scelte concrete, e al di là del fatto che molte responsabilità non sono solo sue, Salvini ha riabilitato la peggiore cultura identitaria nazionalista, quella rappresentata dalla triade Dio-Patria-Famiglia. Babbo Natale, la Befana, niente Ramadan, sì al panettone rigorosamente a Natale, la colomba a Pasqua, la cucina tradizionale, i gay sì ma la famiglia solo quella tradizionale, i crocifissi rigorosamente nelle aule, Dio nei discorsi degli esponenti politici e tutta la plebe unita comunitariamente dai vecchi ‘sani’ valori identitari nazionali tradizionali. Non so voi, ma questa io la chiamo cultura di sapore fascista. Ed è uno stupro culturale di proporzioni immani. La questione dell’immigrazione, al di là dei complessi aspetti pratici su cui non intendo dilungarmi (la mia opinione è che una gestione razionale dei flussi migratori è — e soprattutto sarà — necessaria), è una questione culturale. Io non voglio vivere in un paese con una cultura ufficiale unica, cattolica di destra, nazionalpopolare. Io voglio vivere in un paese ateo, multietnico, con un’identità culturale che affondi le proprie radici nell’Illuminismo e nel marxismo più illuminato, e che sviluppi queste ultime all’altezza della modernità contemporanea. Il linguaggio grezzo, i modi spicci e i toni al limite del violento, invece, ci riportano a una cultura tribale che produce una violenza contro il diverso (come abbiamo potuto vedere) simile a quella che si dà in molte specie di primati non umani. Rispetto a tutto ciò, il genocidio è qualcosa di differente solo per grado.

 

Ma che vuoi saperne tu di cultura italiana, Valentina? Tu oramai vivi all’estero, sei interraziale e, più che marxista, mi pari filo-fancazzista. In ogni senso e anche nel tuo grosso seno. D’altronde, come dice il detto, Spagna o Francia basta che se magna. E tu, fra spagnole o baci al francese e anche a un irlandese, basta che te lo pappi con tanto di maionese che fa più patatina da cagnolina a caprese. Manco hai il pappone! Autogestisci tutto! Ah ah.

Che ne sai, Valentina, degli amori alla Rodolfo Valentino?

Ché, fra un Rocco Siffredi e un Manuel Ferrara, canti con Lucio Battisti, sì mia Linda, mica tanto, balla e bela come sai.

Non mi sembri un’innocente da La canzone del sole. A quello, dinanzi alle tue poppe, sale ed è un viaggiare, evitando le buche più dure ma non evitando affatto quello suo duro nei tuoi buchi. O no?

No, non sono un moralista, fai pure quel cazzo che vuoi, tanto non te ne fai solo uno. Ah ah. E non sarò certo io a mettere il dito. Ah ah.

Amarsi un po’

è un po’ fiorire

aiuta sai

a non morire

senza nascondersi

manifestandosi si può eludere

la solitudine

Quindi, basta con queste manifestazioni di amore. Ma che manifestate? Che sono tutti questi baci e abbracci da Giuda?

Io sono Giovanni Battista e vi benedico. Che la pace sia con voi. E con il tuo spirito? No, con la vostra pece. E mettetevi l’anima, appunto, in pene.

Poveri cristi, lasciatemi ora vedere un cazzo di film.  Ho il mio culo da portare avanti. Quindi, se voi avete tempo da perdere, fate pure.

Chi è senza peccato scagli la prima pietra! Tu sei più buona, Petra. Lascia che te lo pietrifichi con bon ton e apriremo le porte del Paradiso come San Pietro, mangiandoci poi un tonno e tutti questi tonti. Mi raccomando, non scagliatevi contro di me. Non sono Vallanzasca, non sono un santo, non so se sono del tutto sano eppur evviva Batistuta che gridò Irina Te Amo!

Allora non servì a niente Garibaldi a Teano né scacciare i nazisti da Teramo.

Sì, lo so, Salvini è un bugiardo. Ce l’ha con i diversi e non sopporta il colore viola. Ma io so che, quando scopava la Isoardi, da cui il famoso detto tanto la va gatta al lardo che ci lascia lo zampino, metteva in sotto(s)fondo Rihanna con la sua hitTe Amo? Appunto? No, Umbrella ed evviva Rossella!

Diciamocelo! Siete, chi più chi meno, tutti colpevoli! Io no. Io no? No, no, no e non sono un nonno! Nonnetti rincoglioniti, via dai coglioni, donnacce, via dai marroni! Uomo, prendi questo! Donna, prendi quello del mio amico. Stasera, mi hai rotto le palle. Lasciami cazzeggiare da solo!

Applauso! E fottetevi. Ergastolo di massa. Su, secondini, sbatteteli tutti al fresco e sbatteteli anche al caldo. Ah ah.

Quello che ho scritto è vergognoso?

No, è cosa buona e giusta.

Sì, avete stancato. Meglio un film tosto col Dave Bautista. Guardate che uomo. Tiene per mano la sua bella e incula. Fra un Blade Runner 2049 e Dune, Bautista si fa la sua bionda e anche un altro film di Denis Villeneuve.

 

 

di Stefano Falotico

 

True Detective 3: requisitoria sociale contro i puttanoni alla Stephen Dorff, il ritratto dell’idiot savant


13 Jan

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Addentriamoci in questa stagione e inoltriamoci anche nella testa di questo Rust Cohle, ovvero il Falotico sottoscritto, oddio mio, Stephen Dorff, il troione per antonomasia.

Sì, appena vedo Stephen Dorff ho dei rigurgiti. Poi l’avete visto come sta combinato in questa serie? Con capelli posticci, un mezzo parrucchino impresentabile.

No, non sono un parruccone ma odio i parrucchieri. Sì, il mio barbiere, Franco, con me c’impiega cinque minuti a tagliarmi i capelli. Gli dico soltanto di farli più corti. Un’acconciatura decorosa senza look da bambocci.

Sì, Stephen Dorff è la nemesi del sottoscritto, il Falotico. Rappresenta la quintessenza d’un pornoattore che, un tanto al chilo di suoi addominali a tartaruga, grazie al suo stronzo agente cinematografico, riesce a incappare in qualche buona produzione.

Immagino sempre quando i produttori devono scritturarlo.

– Per questo film, si è candidato Stephen Dorff.

– Ma no. È un puttaniere conclamato. La qualità del film ne risentirebbe. Non ha l’allure di un uomo di classe.

– Lasciamici pensare. Uhm, be’, non abbiamo di meglio. Jude Law è impegnato al momento, McConaughey ha già girato True Detective, De Niro è troppo vecchio oramai, ci sarebbe quello lì disponibile. Sì, mi risulta che in questi giorni sia libero. Viggo Mortensen.

– No, Viggo chiede troppo. Dai, prendiamo Stephen.

– Ma fa schifo al cazzo.

– Sì, ma non vuole una grossa cifra. Tanto che te frega? Fa la parte secondaria. Poi non è male. Piace alle donne, alza l’audience. Sì, a tutte queste bimbette con gli ormoni a mille, malate di serie televisive, non interessa nulla della diegetica della storia e della messa in scena. A queste zoccoline in erba interessa solo un bel faccino. Le visualizzazioni aumenteranno.

– Mah, non sono convinto. Dorff non ha niente di affascinante. L’unica parte davvero adatta a lui è stata quella in Somewhere, cagata micidiale premiata da Tarantino a Venezia. Ma come cazzo ha fatto Quentin a premiare un film beceramente idiota come questo? Sì, Stephen è accettabile però, qui. Interpreta sé stesso, il burino arricchito, scambiato per star, che passa le giornate a fare il voyeur e a farsi spompinare da Laura Chiatti, andando a dire che ha recitato con Meryl Streep, tanto Simona Ventura di Telecaz’ è andata sempre avanti, lo sapeva bene Stefano Bettarini. Pezzo di marcantonio, un marcatore a zona delle palle nella mentecatta catodica simpatica come il culo.

– Be’, sappiamo che Quentin ha premiato quel film perché si scopava Sofia Coppola.

– Ammazza che orrore. Non sarei stato nella loro camera da letto manco se mi avessero dato venti milioni di dollari. No, Stephen Dorff è un bel ragazzo e come attore è una merda, ma vedere i freaks che s’accoppiano è roba da pervertiti.

– Guarda che Quentin è stato anche con Uma Thurman. Tanto brutto non deve essere. Un certo fascino ce l’ha, diciamo, un qualche ascendente sul gentil sesso.

– No, non è mica brutto. Sembra solo Boris Karloff di Frankenstein ma possiede una testa ottima. Comunque, Uma è stata con Quentin perché le ha dato il ruolo della Sposa in Kill Bill. E Uma, per ringraziarlo dall’averla salvata quando a Hollywood se l’inculava soltanto Ethan Hawke, ha ricambiato il favore in termini carnali. Quindi, quest’altra Uma la finisse di fare la femminista che ce l’ha con Weinstein. Se non era per Harvey, non avrebbe mai recitato in Pulp Fiction. Ah, tutte queste bagasce!

– La Thurman è stata anche con De Niro.

– Sì, aveva venticinque anni o giù di lì. Doveva pur succhiare l’uccello del più grande attore del mondo per fare carriera e spacciarsi come una “talentuosa”, no? Ah ah.

 

Ma torniamo a Dorff. Sì, nel suo carnet può vantare scopate e flirt da Soul Asylum, ah ah, proprio un “Religiavision”.

È stato con la bombastica più puttana di tutti i tempi, Pamela Anderson. M’immagino le loro giornate assieme. Stephen tornava a casa. Lei, con foglie d’insalata fra i denti, gli sussurrava che si era annoiata a fare la ceretta e gli preparava la “cenetta”.

Una vita elevatissima. Di salsicciotti e pollo arrosto. Con Pamela che, mentre glielo menava, stava attenta a non rompersi le unghie.

Sì, Stephen Dorff, l’incarnazione del tamarro par excellence diventato attore perché, fra una Lela Star fottuta dietro scontrino fiscale e una sua bevuta di s… a, no, di birra, guardava i neri dell’NBA che facevano canestro mentre stava già pensando a come far il bucaniere con un’altra gallina che l’avrebbe spennato.

Insomma, è credibile secondo voi uno con questa faccia da ganzo con a fianco la mignottona che gli sussurra nell’orecchio… no, non sei un ricchione, sei molto ricco però, tu sei il mio uomo, facciamogliela vedere. Scopiamo qui, davanti a tutti, come ricci, mio ciccio.

Sì, è identico a Pasolini, Dorff. Non credete, ah ah.

Tanto la madre delle baldracche è sempre incinta e va a nozze il lucky bastard. Ah ah.

Sì, non vi sopporto più. Avete la fissa del sesso. Lo mettete in bocca… dappertutto. Avete ribaltato tutto. I rockettari cafoni alla Tommy Lee sono dei grandi perché sanno di maschio zozzo, ruvido, porcello. E votate Salvini, continuando nei bullismi, nei più biechi fascismi, avete tutti la stessa faccia. Sembrate spuntati da Brazil di Gilliam, offendete chiunque, voi ve ne fottete, sapete come si sta al mondo.

Voglio ora parlarvi di un tipo di nome Calzolari. Uno sciroccato che incontrai, per mia disgrazia, molti anni fa. Dopo essere andati a vedere The Aviator di Scorsese, costui, in preda a un delirio co(s)mico, mi guardò con aria compassionevole. Mi chiese, a visione terminata:

– Cosa ne pensi, Stefano? Ti è piaciuto?

 

Gli dissi cosa ne pensavo con una disamina di circa trenta minuti mentre lui, non ascoltando nulla di quello che gli dicevo, stava a pistolare col cellulare, cercando di circuire una sgualdrina contattata in chat per “uccellarsela”, come diceva lui.

Al che, stufato dalla mia recensione “in diretta”, forse perché la tipa l’aveva mandato a farselo dare nel culo, mi vomitò queste esatte, lodabilissime parole da vero “studente” di Scienze Politiche e Amministrative.

– Mi hai rotto! Basta! La gente scopa, si diverte, va alle feste! Demente!

 

Ma costui in fondo è un poveraccio. Molto peggio quelli che per anni si son fatti scarrozzare, poi guardavano i peggiori blockbuster filo-fascistoidi di Roland Emmerich e puttanate affini. Sognando di farsi la guagliona puzzolenta dopo una settimana di genitori fustiganti e liberavano i loro alien(at)i in un cazzone Independence Day.

A canticchiarmi le loro derisioni nello sputarmi addosso il ritornello degli Jarabedepalo, Depende.

Sì, di solito, alle persone scambiate per Flavia Vento, si dice… ah sì, dipende dai punti di vista.

Peccato che anziché essere Flavia Vento assomiglio molto di più a Blade.

Vi sta venendo un forte dubbio. Avevate scambiato uno così per il Dorff di Cecil B. DeMented?

Credo proprio di sì. Non siete stati attenti a forza di pensare alle vostre donnette alla Melanie Griffith.

In Italia siamo messi male, abbiamo i romanzetti rosa, i gialletti, i galletti e Marco Giallini. Ho detto tutto.

Come dice il grande Lee Van Cleef in Per qualche dollaro in più: – Ragazzo, sei diventato ricco.

– Siamo diventati ricchi.

– No, tu solo. E te lo sei meritato.

– E la nostra società?

– Un’altra volta…

 

Che film ragazzi. L’Indio sta ammazzando Lee e spunta Clint.

Sei stato poco attento, vecchio.

Si alza la musica.

Colonnello, prova con questa. Indio, tu il gioco lo conosci

Continua la musica e a Gian Maria scende la lacrima e gli tremano le gambe. Che si può dire di me, invece? Sono un rigorista. I portieri pensano che voglia piazzare la palla in un angolo e invece si trovano sempre spiazzati. Alle volte, gli arbitri mi danno del pazzo, mi ammoniscono, talvolta vengo espulso, sto in panchina e quindi rientro in gioco. Faccio il difensore, il terzino, il mediano, l’ala fluidificante poco ficcante che sei tu e il centravanti coi suoi colpi di testa. Ficco le palle in buca ma non mi buco. E, in questo spiazzamento collettivo, mangio un gelato un piazza. Dopo una buona pizza. Ah, guarda quella. Calze col pizzo. Chissà se le piace il mio pizzetto. Sì, vorrei da quella un pizzicotto ma di me non è cotta, andasse a bagnarsela nella fontana, lurida bigotta. Ma sì, non pen(s)iamoci, siam pieni di mignotte.

Ehi, Biondo, la sai di chi sei figlio tu?

Direi di finire con C’era una volta in America.

Sì, facciamoci un bagno.

Adesso, scusate, devo andare a pisciare.

Il Monco: – Colonnello, ma tu… sei mai stato giovane?

Colonnello Mortimer: – Mh, sì… e anche incosciente come te. Fino al giorno in cui mi accadde un fatto… che mi rese la vita estremamente preziosa!

 

 

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di Stefano Falotico

The Punisher 2: siete veramente penosi, parola di Frank Castle, uomo rompiballe, soprattutto delle sue


12 Jan

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 Come vedo il futuro di questa triste umanità? HO DETTO TUTTO

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Sì, tanti anni fa credevo che la realtà fosse enigmatica, un rebus. Non prendevo neanche più l’autobus, la mia esistenza era un rompicapo, rimediavo batoste devastanti a tutt’andare. Da nessuna parte andavo ma mi ci mandavano. Agghiacciato da un mondo che mi appariva divorante, squagliato nella sua idiozia perpetua, procrastinata in solite settimane lavorativo-scolastiche per aspettare il giorno festivo in cui, stravaccati, guardavate Buona Domenica. Nell’attesa che alla tettona Sara Varone scivolasse, nel vostro “passatempo” preferito, il reggiseno. Allupati e arrapati come non mai, eravate ipnotizzati da tutte quelle ballerine scosciate che si dimenavano mentre ve lo menavate, tentando il giorno dopo di spacciarvi per uomini ben migliori di Pierino ma invero rifornendovi dallo spacciatore. Sì, dicevate che il vostro film preferito era Light Sleeper di Paul Schrader ma in verità vi dico che il vostro era solo un esistenzialismo di maniera, ve la tiravate… da maledetti col poster di Kurt Cobain nella cameretta ma per lo più eravate già più impasticcati nel cervello di quella strafatta di Courtney Love. Col passare degli anni, quando le vostre botte di culo son passate, quando gli ani da fottere son diventati più duri e la vita ora vi si è mostrata in tutto il suo allucinante splendore nudamente terrificante, avete finalmente preso coscienza.

Il pasto nudo!

E finalmente vi siete accorti che i moniti che vi lanciai tempo addietro, quando invece mi pigliavate tutti per il didietro, si sono tragicamente avverati. Tutte le vostre bacate illusioni sognanti momenti di gloria alla Vangelis si son dissolte come neve al sole e forse qualcuno di voi, il più lucido e coerente, più veritiero e coscienzioso, meno menzognero, è ora su una nave ad ammirare i delfini di notte che, zampillando nell’oceano, v’inducono ancora a esser speranzosi per albe migliori.

Sì, prima o poi approderete su una verdeggiante costa con la vostra camicetta Lacoste e dopo esservi creduti Kevin Costner e, dopo una vita in cui avete costeggiato la vostra natura selvaggia da Rapa Nui e Balla coi lupi, reprimendola dietro il paravento di chimere effimere, finalmente ignudi, spogli di tutto, troverete su un’isola felice il vostro porto cheto, attraccando nella boscaglia di una donna selvatica e con lei immergendovi in amplessi fluidi ai piedi di una rinfrescante cascata.

Ricordate però che non siete Tom Cruise di Cocktail. E non scoperete né Elisabeth Shue e nemmeno Brooke Shields di Laguna blu. Ma sì, forse ve le scoperete. Sai quanto me ne fotte.

Ah, qui gli asini cascarono. Nell’isola ove King Kong fu padrone degli ominidi che siete sempre stati, nell’adorazione pagana d’idoli di cartapesta. Urlaste Madonna impestata nei momenti in cui la vostra ambita ragazzina del liceo non ve la dava nonostante vi foste per una buona volta affamati, no, affannati a studiare con dedizione la preistoria per elevarvi un po’ dai tabù primigeni di una vostra testa sottosviluppata da uomini di Neanderthal. No, non ve la chiavaste, da soli vi deste martellate sulle palle con la clava ma poi, fingendovi dei bravi cristiani, figli di famiglie catto-borghesi, vi riunivate in conclave affinché un amico della vostra cricca, della vostra malsana congrega, vi elevasse a signore delle mosche. Sì, quel celeberrimo romanzo della controcultura che voi non avete letto. Mentre voi, uomini, desiderate Leotta Diletta e voi, donne frust(r)ate, vi dilettavate nei letti, sognando Christopher Lambert il Greystoke, sì, quello delle scimmie e quello adatto a voi, le sceme. E, ancor pubescenti, in malfamati pub di rock and roll ebefrenico, agognavate un pompino nel bagnetto con una zotica parimenti decerebrata. Zac alla cerniera e si gonfiava il muscolo alla Efron come una mongolfiera, mie fiere. Ma non potevate di voi andar fieri. Che schifo. Una vita da finti studentelli soltanto per arrivar a giocar di uccelli. Sì, eravate dei velociraptor in erba, nel senso di canne, nell’attesa delle ferie. Oh, mio Dio!

Vi misi in guardia dai pericoli di una noiosa vita borghese piatta ma mi scagliaste contro epiteti allucinanti, maltrattandomi da sguattero che non faceva un cazzo e non faticava neppure per lavar i piatti.

Ah, mie piattole, vi struggevate per le belle coscione di quella dolce e giovine passerina che in tutù viaggiava sui pattini, immaginando di farle totò sul popò, svegliandovi da una vita da Qualcuno volò sul nido del cuculo, nel vostro far cucù di volatile uscito dal guscio, sciogliendo le vostre rabbie da adolescenti fustigati da genitori castranti, vi scaldavate per film meno cinici delle vostre finte arroganze da teenager incazzati e già persi, eppur sognavate di succhiar i capezzoli della burrosa Jennifer Connelly, stuzzicandovi in onanismi forse davvero degni d’una purezza oramai estintasi nel bieco, ingannevole porcile a cui, goderecci e or con panze piene, avete abdicato in nessuna remissione dei vostri peccati anche piccanti e dei vostri, vivaddio, atti impuri auto-lo(r)danti. È tutto oramai un prenderla a culo nello sfogatoio di bacheche Facebook per morti dementi più lugubri degli zombi di Romero. Una cantilena davvero mortificante e tristissima d’invettive quotidiane, di vacui e sterili esibizionismi isterici per cui, adoperandovi a sfoggiare millantati talenti pur di ottenere i vostri 15 minuti di celebrità alla Andy Warhol, rimediate solamente cinque minuti netti e scarsi di commenti denigratori a cui, costernati da tali offese giuste e sanamente cattive, opponete la patetica resilienza angosciosa d’ire represse di colpo esplose che, impunite, replicano agl’insulti con la stessa bassa volgarità con la quale il vostro vigliacco assalitore, dietro profilo falso e anonimo, vi ha ignominiosamente coperto di vergogna forse sacrosanta.

Quella che vi siete meritati. Vi siete pure maritati!

Sì, vi vedo, sapete? Ma che sapete? Non sapete nulla. E voi sareste i sapientoni? Dopo un lungo coma da Ben Barnes, oramai imputriditi dal vostro viaggio al termine della notte squagliatosi in giornate senza sole nell’anima vostra andata completamente a puttane, tirate a campare, pigliandola come viene.

Il fatto, anzi, il fallo è che quella manco viene. È frigida e sta a pecora più di voi.

E, in questa posa speciale, su Instagram sfilano le sue foto eccitanti di gigantesco lato b attizzante e sul suo retto vi siete smarriti, ritrovandovi in una selva oscura come dei danteschi uomini da Purgatorio senza però Beatrice e senza quell’altra zoccola della leopardiana Silvia. Quella a Giacomo rimembrava il suo amor impotente ma mai volle il suo membro. Silvia andava col figlio di Silvio e v’ha trombato.

A forza d’idealizzare le milf “dee” vi è rimasta una vita di merda della quale non potete avere l’idea. Solo l’IKEA.

Manco quella avete. Nessuna (i)dea. E, idealizzando le vostre esistenze da tempo immemorabile a novanta, vi scattate selfie pensandovi Marlon Brando quando invero di Brando avete, ed è così, solo la sua stanchezza quando di anni il buon Marlon ne aveva ottanta.

Ah no? Siete magri e palestrati? Sì, certo, ma comunque this is the end…

– Ehi Falotico, ma chi credi di essere, Jim Morrison?

– Magari. Sarei morto a 27 anni e non avrei più sofferto pene dell’inferno di questo mondo marcio.

– Allora ti credi Kurtz?

– Magari. Quello non fa un cazzo da mattina a sera, è pazzo completamente e si fa servire e riverire. Mangia la selvaggi(n)a.

– Perché tu non sei pazzo?

– Magari. Vorrei tanto essere pazzo. Purtroppo non riesco a esserlo. E saranno altre inculate, fidati, fratello. Ora che la linea d’ombra è terminata da un pezzo, come diceva Peter Boyle in Taxi Driver… siamo tutti fregati, chi più chi meno.

Se tu, ragazza, pensi che non sarà così, non conosci Stefania Sandrelli di Io la conoscevo bene.

Se tu, esaltato, credi che io sia un coglione e non abbia mai avuto le palle, forse hai ragione tu.

Non valgo un cazzo. Sono modestamente mister superbia. Meglio che essere Mr. Universo. La vita di Schwarzenegger è stata solo quella di aver interpretato Terminator. Sai che roba.

 

Parola del Signore.

Sono una persona che suscita tristezza? E che volevi che fossi Mike Bongiorno?

 

di Stefano Falotico

Falotico scatenato, un Raging Bull a cui nessuna camicia di forza riuscirà a contenere il suo Genius esplosivo!


12 Jan

 

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Pindarico, egli s’insinua tra la folla mattutina, entrando in un bar con far smargiasso, scolandosi un cappuccino su occhio cremoso e capelli schiumosi, sì, appena docciati con shampoo carezzevole su alopecia leggermente accennata di stempiatura sexy indubbiamente affascinante.

Con carisma da Sean Connery, figlio di un’epoca romantica e medioevale, il Falotico al bar si beve gli oscurantismi della gente bigotta e ubriaca la cameriera con un gioco inaudito di accigliate sopracciglia smodatamente ammiccanti per indurla a “bevande” sovreccitanti. Affinché la donzella estragga la sua “spada nella roccia” e la conficchi morbidamente dura e scintillante in mezzo alle sue gambe fragranti senza cinture di castità ammorbanti. Egli pietrifica le donne col suo sguardo suadente e le rende morbidamente arrapate, sciogliendo ogni lor dubbio moralistico grazie al suo infallibile, forse anche fallico, fiuto da cavaliere a volte senz’arte né parte eppur sempre galoppante per altre cavalcate imbizzarrite da uomo irrefrenabile.

Alza il ponte levatoio della donna arroccata nelle sue ansie ermetiche e le leva tutto, elevandola in gloria rocciosa e semmai a qualcun altro dandola in sposa. Sì, prima lui la spossa ma poi, come un altezzoso signorotto, non gliene frega un cazzo di averla come regina e, irredento e sotto i baffi ridenti reo, è sempre più un principe cerca moglie con la sua voce da Tonino Accolla. E dotato più d’un nero Eddie Murphy.

Sì, stanno preparando il seguito di questo film di John Landis, ancora i vili miserabili mi perseguiteranno ma orsù, donne, per altri sogni poetici ed ero(t)ici di amori prelibati seguitemi a fiotti in altre fiorite e fiorenti lande. Lontano da me però le mignotte! È pungente il mio fioretto, pungente nel tuo grilletto e or vi do dentro da fur(b)etto con un orgasmo schietto. Tutto ritto e lì diretto, il Falotico guarda un filmetto e poi mangia un buon filetto. Finito che ha di fare il gagà, sublima una scopata mai avuta con Lady Gaga, fottendosene altre a gogò. Egli non è mica uno squallido gigolò ma un uomo che sa donar calore a ogni ore senza mercificarsi, a differenza di voi, da fetido puttanone e da cinico senza core.

Egli ama, non ama, forse è solo l’incarnazione di un Mah…

Dunque, ritorna a occuparsi di Cinema con classe elegante dopo il suo corteggiamento galante.

Imprendibile, corre nei suoi neuroni belli e impossibili, elucubrando teorie sulla Settima Arte e allestendo pensieri proibiti e inconfessabili sulla vicina di casa dalla quarta abbondante, artisticamente poco elevata ma donna che tira su un uomo con rozze eppur toste piluccate scoppiettanti. E, bagnando di qua e di là, piove a voi e in te, donna, ancor spiovve liquidamente in una notte di gran alcova fottutamente penetrante in cui, cogliendotela in (de)flagrante, m’hai ancor nuovamente reso brillante!

Giammai arresosi, il Falotico è proprio una testa di cazzo inarrestabile e pimpante, pompante, talvolta farneticante e blaterante eppur sempre aitante.

Se non è un Genius questo, ertamente non lo sei tu, faccia da culo devastante.

Insomma, diciamocela, non solo ha uno strepitoso glande ma è in verità proprio il più grande.

E ricordate:

 

– Chi? Falotico? Non lo voglio più vedere – disse l’uomo invidioso del suo talento.

– Chi? Falotico? Glielo voglio ancora vedere, sentire e toccare – rispose la donna ancor memore di tanto godimento.

 

di Stefano Falotico

La nostra piccola Italia politicamente confusa vien tirata su da Tiziana Panella, la giornalista più sexy del piccolo schermo, antipatia scosciata di gran seduzione


11 Jan

panellaTiziana Panella è da svenimento. Nessun ormone maschile, sinceramente, può resisterle. Abbiamo idee politiche assai divergenti, profondamente in antitesi e lei suscita antipatia a pelle. Ma è da ammirare sconfinatamente la sua bellezza suprema, una donna dalla venustà accecante, impossibile staccarle gli occhi di dosso. Al minuto 112 e 15, poi, con uno sfolgorante accavallamento di gambe con questa mise rosa violaceo è strepitosa. Gran figa.

 

Non ha niente a che vedere col Cinema? Perché no? Io, se fossi Paul Verhoeven, subito la scritturerei per Basic Instinct 3.

E se fossi Ryan Gosling di DRIVE? Sì, il Batman italiano, anche il JOKER


09 Jan

MV5BMTQ2ODExNTc4OF5BMl5BanBnXkFtZTYwMjEwMDg3._V1_04544438 MV5BYTE5Yjg0ODYtZDNjZS00MWZhLTkyM2QtYWQ1MmI2NDlhNzkzXkEyXkFqcGdeQXVyMjU0MzA2NjM@._V1_SY1000_CR0,0,1556,1000_AL_

Sì, sapete che non l’avevo mai visto? Ah, colpa gravissima. Io, cinefilo incallito e amante del noir più sfrenato, futurista ante litteram e letterato incallito, L’ho anche recensito ma a dire la verità non è che mi sia piaciuto tantissimo. Una mescolanza di Cinema realizzato altrove meglio che, secondo me, come detto, basa moltissimo del suo risultato emozionale per via di questa canzone strepitosa:

Sì, Stefano Falotico, il qui presente sottoscritto, se vogliamo definirlo, è indefinibile, sfuggente, un driver l’imprendibile. Con accenni malinconici alla Travis Bickle innestati, innervati su una carrozzeria del cuore da Cinema di Michael Mann. E veloci schizzi romanticamente violenti.

E questo libro, nonostante le troppe virgolette, qualche neologismo furibondamente eccentrico, rimane un masterpiece.

Sì, io sono l’autista notturno di tutto, soprattutto delle mie emozioni sepolte che, nello sfrecciar di gomme pneumatiche, riempiendomi di calore nelle strade della mia anima dissestata, sbattono contro il mio parabrezza psichico e dilaniano l’anima, spandendola nella lost highway.

Non voglio più sentire stronzate sul mio conto. Anni fa, uno sciroccato di psichiatra, non capendo un beneamato cazzo della mia vita, disse che andavo istradato a una vita normale. Orrore degli orrori. Non voglio ridurmi come una donnetta lagnosa che ascolta Elisa e si consola dalle sue frustrazioni affettive, riguardando alla tv, con la lacrimuccia e rimmel sbavato, Paura d’amare.

Basta, non se ne può più delle assurde dicerie sul mio conto. Se vogliamo dire che io non so cos’è la parola amore, diciamolo pure. Perché io non amerò mai come la maggior parte di voi. Il vostro non è amore, è bisogno di stare con qualcuno per paura di rimanere soli. Per attimi patetici di calore. E confondete spesso il sesso con l’amore. Ché quasi mai sono in congiunzione, se non in rari casi, e allora, soltanto in questo frangente miracoloso, potete considerarvi soddisfatti, pienamente appagati e probabilmente, oltre che fortunati, modestamente felici.

La maggior parte delle persone viene folgorata, da cui il colpo di fulmine a cui io credo, dal sesso opposto, anche dal sesso identico se sono omosessuali o lesbiche, e il primo impulso che brucia in loro è istintivamente l’attrazione fisica, la chimica esplosivamente ormonale.

Poi, se ci scappa una scopata, se con quella persona con cui ti sei accoppiato/a s’instaurano delle affinità elettive, si sviluppa il piacere di starci assieme e non solo a letto, vi fissate con questa parola abusata, amore.

Ve ne riempite la bocca, sciocchi.

Anche perché siete ossessionati dalla moralità piccolo-borghese. E, guardandovi allo specchio, vi reputate ignominiosi se fate sesso senza credere che l’abbiate fatto solo perché vogliosi di lasciarvi andare. Dovete necessariamente, per via del vostro inestirpabile, abominevole retroterra moralisticamente cattolico, affermare che avete fatto sesso perché sentivate qualcosa che andava al di là del puro, carnale, duro, detonante, furioso o dolce rapporto fisico lussurioso. Che voi non siete appaiabili alla sconcia e squallida animalità sanamente, sì lo è, connaturata alle vostre termodinamiche sensoriali e corporee, bensì, essendo figli del vostro illusorio Dio, della vostra bacata idealizzazione di Dio e cosicché anche dell’alterato, anzi adulterato concetto mitizzato e appunto divinizzato dell’amore, voi fate sesso solo quando romanticamente innamorati. Perché, se mentiste a voi stessi, dunque riconoscendo la chiarissima verità, di fronte a questa bugia immane che vi raccontate, per via sempre della vostra educazione distorta, vi sentireste gravemente in colpa, sporchi, e invece siete brave persone, vero?

Non ci crede nessuno, smettetela.

Io ho un concetto dell’amore molto simile a von Trier. Totalizzante. E non limiterei, tumefarei l’emozionalità del significato della parola amore al solo amore fra due persone. L’amore cioè inteso in senso relazionale di coppia.

Amore è anche guardare un bambino e, osservando la cristallina innocenza del suo sguardo, sorridergli, augurandosi che la sua vita sia fottutamente bella, piena di speranza e sogni.

Amore è soffrire nella solitudine più devastante e commuoversi per un attimo fugace di poesia.

Amore è ricevere una telefonata mentre stavi guardando un film con Stanlio e Ollio e sapere che la persona di cui eri innamorato è tragicamente morta.

Sapere che è tutto finito.

Amore è forse Ron Perlman di questa serie televisiva, un uomo che da piccolo mi spaventava a morte.

Amore è l’ingenuo Salvatore de Il nome della rosa e forse, a proposito di poesia e Sean Connery, quest’altra è una delle scene più belle di tutti i tempi.

 

– Scusi, ma lei, Falotico, come fa a sapere de La bella e la bestia con Ron Perlman?

– Io so tutto. Sono o non sono John Connor?

– Falotico, lei mi sta facendo girare le palle! Ma chi crede di essere per vivere così? Lei deve darsi una regolata. Lei non è Superman.

– Io direi molto di più. No?

 

di Stefano Falotico

Adoro talmente Scorsese che, prima di guardare un suo film, mi faccio il bagno e indosso lo smoking, come a un matrimonio


08 Jan

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THE ADDAMS FAMILY, Raul Julia, 1991, (c)Paramount

THE ADDAMS FAMILY, Raul Julia, 1991, (c)Paramount

Sì, in 39 anni di vita, dei quali soltanto quindici sono stati forse di vita vera, il resto è stata una fantasia immane forse più sincera, non ho mai indossato giacca e cravatta. Mi credereste?

Sì, mi dovete credere, neanche alla Prima Comunione. I miei genitori, e infatti noi siamo imparentati con la famiglia Addams, non vollero che mi acconciassi come Silvio Berlusconi e, rispettando la mia purezza da infante innocentissimo, nonostante mi sarebbe entrato tutto dentro il corpo di Cristo, mi comprarono un completino tutto bianco col papillon.

Il prete, l’allora vivo Don Giuliano, sgridò i miei genitori perché non si erano attenuti all’etichetta della cerimonia. In quanto si esige che i bambini, pur essendo appunto bambini, vestano come adulti alieni di Essi vivono.

Sì, come uomini grigissimi in doppiopetto e abito firmatissimo con la ventiquattrore dei confetti rosa su sorrisi di plastica a iosa. Ah, a me questi qui hanno sempre inquietato. E se, nella ventiquattro, anziché i confetti e le bomboniere, ci fossero state soltanto delle bombe? Mah.

Sì, da allora, il mio vestiario non è cambiato molto. Sono sciattissimo nel vestire, se fosse per me i negozi di abbigliamento fallirebbero e tutte quelle commesse oche e guardone, le quali spiano i maschioni che han più palle dal buchino del camerino, andrebbero a vendere il pesce al mercato. Loro che di squali se ne intendono. Sì, non amano gli uomini puri da delfinario ma quei troioni ricconi pieni di baiocchi. Sì, così, dopo essere state in negozio a rifarsi gli occhi e a misurare le taglie del cavallo, si fanno cavalcare fra un cocktail serale-liscio e Un posto al sole alla tv. Che donne! Quando si dice, queste hanno i coglioni, ci hanno scavalcato.

L’uomo che le fornica, e anche cornifica con altre sciacquette, è un imprenditore come Flavio Briatore. Un uomo intoccabile che eppur tutte le tocca. E vuole anche il ritocchino. Costui in loro sa far scoccare il rintocco, eh sì, miei tocchi che avete il senso di colpa pure soltanto se vi toccate. E vi considerate dei falli(ti).

Sì, Briatore se ne sbatte… delle vostre timorate educazioni cristiane e non c’è Cristo che tenga. Tutte le diavolesse del piacere glielo smaltano mentre lui mette a novanta, sul suo yacht, un negro delle pulizie che si fa il culo a lustrargli a rendergli luccicante il barcone ove Flavio usa il forcone. Sì, mangia come un porco. E adora far a fette i ragazzini da lui creduti sciocchini, divorandosi un altro polpettone.

Ah, proprio un grasso, laido cafone. Che sporcaccione!

Di mio, non ho bisogno di corrompere nessuna donna col potere del vile danaro. Sì, preferisco bere l’amaro Averna in quanto quintessenza io son incarnata dell’antitesi a ogni vostra visione affaristica, edonistica e puttanesca. Io non metterò mai in mia (s)cena e per nessuna scema la vostra iniqua sporcizia, voi, che andate a teatro a vedere l’Avaro di Molière e non ne avete compreso la tematica figlia delle vostre sconce liquirizie.

La liquirizia viene reputata una spezia afrodisiaca. E dicono che serva ai tabagisti per smettere di fumare.

Non ho bisogno di nessuna liquirizia, in quanto non sono un salutista. Fumo tre pacchetti del giorno e, se mi verrà un Cancro ai polmoni, significa che dovevo morire prima del previsto.

Tanto se devi schiattare, puoi anche non fumare una sola sigaretta light per tutta la vita e non bruciarti i polmoni ma, semmai, scoppia un incendio nel tuo palazzo e muori soffocato. Anzi, pure peggio. Chi fuma si beccherà sicuramente un infarto? Sì, quello te lo puoi prendere anche se conduci una vita mestissima e ieratica, ascetica da monaco tibetano, poi accendi Instagram e ti compare un culo stratosferico. Roba da spaccarti tutte le coronarie in un nanosecondo e non basteranno preghiere con le coroncine

Sì, la vita non è un Corano e neppure bisogna esserle accorati. Ho conosciuto persone sempre innamorate della stessa donna. Dopo quarant’anni hanno scoperto che lei si faceva Briatore quando invece loro erano a sudare sotto il sole cocente, guidando un trattore.

Sì, meglio ficcarsi… in bocca delle buone tagliatelle alla boscaiola in una rustica trattoria. Queste non deludono mai. Poi, non costano neanche troppo. Le belle donne invece vogliono sempre cenare al ristorante di lusso.

Io non posso permettermi questa lussuria, no, tutto questo sfarzo. Meglio una donna che ti chiede solo il tuo spaghetto al cartoccio senza pompe magne. Sì, una succhiata agreste, secca come il buon sughino, senza ulteriori scontrini.

Meglio una campagnola di queste civettuole che esigono comodità a gogò, gioielli come Brigitte Bardot e orgasmi al bordò. Sì, non si accontentano mica del primo… che capita. Vogliono pure il secondo, il dessert e tutta la banana. E che cazzo.

Come dico io, meglio ridursi con un fisico a pera che far melina con queste teste di melone. Sì, il loro prosciutto è magro e di cosce vellutate si appaia appunto col melone. Eppure, una bella donna può anche avere una testa da minchiona ma io non sono il cocomero di nessuna. Andassero a leccare la polpa a chi si prenderà un granchio.

Ora, le mie gambe mi sgranchisco e ordino pollo al limone.

Altro che liquirizie e questi orifizi, altro che orefici per cui spendere un patrimonio solo per inanellare da fico una che fra moglie e marito mette appunto il dito ben condito…

Sì, ci sta, orefici, fico, fichi d’india e fighe marce. Non fa rima ma è la verità.

Però mi piace Silvia, anche Marzia, son spesso un asessuato di ascendenza marziana eppur per Mariana io lei sarei tutto l’anno nell’ano. Ci sta, si chiama eccezione che conferma la regola. Anche sempliciotta che vuol solo una genuina botta, senza altri cazzi vari e tradimenti inculanti da parte di quella che è, io vi dico, soltanto una mignotta.

Sì, sono poche le donne che stimo. Non stimo neanche la Madonna. Secondo me, è stata la prima responsabile di questi parti artificiali che generano, di geni malati, persone schizofreniche che si credono Cristo. Sì, lei fu inseminata da Dio nello spazio. E ne vennero le manie religiose. E manco Dio, che è Dio, venne. Quando dite che volete essere Dio, sappiate che non verrete. Peggio di Alien – La clonazione. Che, comunque, è un ottimo film. E può vantare una Sigournet Weaver e una Winona Ruyder pelate a zero eppure al top della topa loro forse rasata. Sì, potrebbero piacere molto queste fighe rasate e depilate a quello lì, Giuseppe Simone.

Adesso trovo il suo contatto e gli regalo il dvd. Per seghe spaziali, fantascientifiche. Bisogna far pure del bene, dare ancora pene. Ah ah.

Sono pochi anche gli uomini che stimo. Fra questi, come dissi poco tempo fa, vi è Kenneth Branagh.

Ma naturalmente la mia stima assoluta è rivolta innanzitutto a Martin Scorsese.

Sì, prima di guardare i suoi film, pulivo e disinfettavo la vasca col Vim Clorex per liberarla da ogni batterio, quindi in un batter d’occhio m’immergevo nell’acqua con tanto di bagnoschiuma super-neutro e mi detergevo tutte le palle, rinfrescandomele nello scroscio più massaggiante e turgido.

Finito il bagnetto, indossavo l’accappatoio di seta, o forse era d’organza di cotone liso, come De Niro di Casinò.

E, in religioso silenzio, mi sparavo i suoi film a tarda notte. Quando non volava neanche una mosca.  Anche se Silence l’ho visto al cinema con una vecchia che, seduta vicino a me, si scaccolò durante la proiezione e, alla vista dell’inquisitore, urlò: – Sei proprio un bel cinesino!

Le risposi: – Guardi che è giapponese.

– Ah, va bene lo stesso. Eschimesi, gemelli siamesi, cani pechinesi, circoncisi o russi, fruttivendoli o pesci lessi, sa, sono vecchia, si arriva a una certa età, non si va più per il sottile e si abiura! E voglio anche del burro! Forza, burini! Non me ne fotte più di nessuna morale. Che mi fottano tutti. Si fottano! M’inculino, mondo, vaffanculo!

 

La faranno santa?

No, non credo.

– Ah, lei non crede?

– No, non credo.

– Allora è ateo, miscredente! Si vergogni! Avete sentito? È un ateo! Amici, picchiatelo!

 

Partì una rissa e un pestaggio da Quei bravi ragazzi.

Ah, che film L’età dell’innocenza. Anche se non è sull’ingenuità e sulla tenerezza giovanile ma sui rapporti sociali alterati, adulterati dalla posizione sociale che avvelena anche l’amore più puro.

E ho detto tutto.intocc31 silence-04007 clo21-1al11-1

 

di Stefano Falotico

Sogno un remake di Suspiria con Sharon Stone nei panni di una strega educatrice cattiva e Danny Trejo nella parte del monachicchio


07 Jan

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Ve ne ho già parlato del monachicchio, vero? Idolo del folclore lucano. Infatti, mio padre è della Basilicata.

E mio nonno paterno, quando d’estate andavo da lui in vacanza e facevo il bambino cattivo, tirando i capelli a mia cugina, mi diceva che non mi avrebbe punito ma a punirmi c’avrebbe pensato il monachicchio. Un essere buono e caro ma infido al momento opportuno. Che si aggira fra i vicoli paesani di notte e, da dietro i colonnati, spunta all’improvviso e ti fa il culo.

Ah ah.

Ho commentato questo bellissimo video…

Dario Argento è sopravvalutato?

Io ho l’ho ascoltato solo nelle interviste. Su molte cose ha ragione, è un teorico del Cinema ma forse si pone male e risulta antipatico. Ci sono interviste, anche disponibili qui su YouTube, in cui afferma delle cose nelle quali mi trovo d’accordo. Cose che oggi dicono tutti ma che tanti anni fa in pochi dicevano. Ad esempio, che certo Cinema era già superato all’epoca. Ovvero il Cinema basato su “storie vere”. Disse che, a parte qualche eccezione, un film col titolo based on a true story è già sbagliato in partenza. Perché spesso è una storia romanzata, agiografica, falsata rispetto agli accadimenti appunto reali a meno che non la si filtri con la propria poetica. Disse anche come dice tuttora che molto Cinema è “borghese”. Ovvero fatto per piacere, ricattatorio, ipocrita e falsamente mieloso. E che invece il Cinema vero, o almeno stimolante a livello inconscio, deve essere disturbante, spiazzare e disattendere le aspettative e non accontentarle per il facile applauso, deve incutere paura e inquietare. Perché la vita di tutti i giorni è già abbastanza monotona di per sé. E il Cinema, e la penso allo stesso modo, deve generare storie al di là del mondo tangibile. Essere metafisico, trascendente, onirico. All’inizio di carriera, in gran parte è riuscito a essere fedele alla sua visione cinematografica. Poi, sì, si è preso troppo sul serio. E non si è mai aggiornato, rimanendo vecchiotto nel modo di girare, perfino scontato e pacchiano, anzi inguardabile. Il Cinema di Argento va collocato, credo, in quel periodo storico. Noi, spettatori odierni, siam cresciuti con la violenza, la suspense e l’orrore. Dunque, anche i suoi vecchi film ci appaiono sopravvalutati. Ma all’inizio degli anni settanta non erano in effetti tanti i “coraggiosi” come Argento che giravano storie di streghe, di killer e psicopatici assassini, almeno in Italia. Infatti, mio padre ancora oggi, quando vede uno per strada con una faccia da mettere i brividi, urla: – Ah, se lo vede Dario Argento, lo scrittura subito!

Ah ah. Sì, mio padre spesso di Cinema non capisce moltissimo ma se ne salta con trovate geniali. Tipo che Danny Trejo di Machete è uno scartellato. Scartellato, nel suo dialetto, significa uomo impresentabile, brutto forte, un cesso. Ma non un uomo ripugnante, anzi, amabile e perfino tenero e affabile ma buffo e ridicolo. Uno che, se non avesse i soldi, non si scoperebbe neanche una di novant’anni. Sì, secondo mio padre, Danny Trejo è uno scartellato.

Detto ciò, chi è invece il Falotico, ovvero il sottoscritto? Non lo so e non ne posso parlare con obiettività, in maniera oggettiva, diciamo, poiché il giudizio di me stesso è inficiato da come vedo io il mondo. E perciò, essendo noi tutti esseri diversi gli uni dagli altri, anche dagli Unni, non avremo della mia persona mai e poi mai una versione corretta. Perfino dei fatti. E dei miei falli.

Sì, a dodici anni avevo già visto quasi tutti i film di Scorsese. Be’, forse ne avevo quattordici. Fatto sta che la gente era impressionata dal sottoscritto. E mi dicevano tutti che ero un genio. Già molto in là. Tanto in là che infatti ora mi sembra stare nei Viaggi di Gulliver. Reputato un gigante anzitempo, sì, come Stallone di Rocky III, gigioneggiai da coglione per un tempo siderale, basandomi solo sul mio campione già acclarato che non aveva bisogno di dimostrare nulla e infatti si ammalò di adorabile misantropia e di DOC come Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato, annoiato a morte, decaduto in stati di atarassia emotiva da far impallidire gli zombi di Romero. Roba che Dostoevskij de Le notti bianche mi avrebbe portato in trionfo per come incarnavo ogni suo disagio simile a Le memorie de sottosuolo trasfuso nell’inquietudine esistenziale da Travis Bickle di Taxi Driver. E Paul Schrader conosce molto bene questo Dosto…

Sì, un enorme dormiveglia di notti fosche fu quella mia adolescenza cupa da solitario lupo, ero anche Nicolas Cage di Stress da vampiro, fidatevi. In quel periodo e patibolo, non mangiai mai uno scarafaggio vivo ma lo “scarface” ero io, e sognavo di leccarla a Jennifer Beals, distrutto da non riuscire a ballare con lei una flashdance.

Notti insonni, di dolori devastanti, di desideri inappagati, di bulimie incredibili per soddisfare la fame mai saziata del mio nevrotico essere-non essere pazzesco.

Così, un bel giorno mi risvegliai e fu un bel bordello. Sì, divenni un invasato, un posseduto, anche Glenn Close mi sembrava una figa sesquipedale. E dilapidai un patrimonio sui siti porno, diciamocelo.

Mi sverginai pure ma non servì a un cazzo. Ebbi crisi ciclopiche, persi la bussola e sbattei… una donna? Sì, un’altra, sì. Ma non godetti moltissimo, tutt’altro. Soffrii immondamente di maggiore testa di minchia.

Ora, sono tornato abbastanza in forma.

E voglio reinventare il mio Suspiria.

Sì, non so se l’avete notato. Sharon Stone, dopo essere stata fiera paladina del sex appeal più altolocato e piccante, dopo esser assurta a vetta pressoché irraggiungibile della sensualità angelica mista a uno sguardo atrocemente diabolico, con l’invecchiamento ha assunto una fisionomia da fattucchiera porca. Raggrinzita in volto, nonostante i tanti lifting, smagrita in maniera innaturale per via della menopausa galoppante che sta alterando il suo metabolismo non più voracemente potente, oggi appare fottutamente ossuta, cerea in viso, macilenta e dai tratti sempre più spigolosi. Si abbiglia da signora di classe, elargendo a tutti il suo sorriso tumefatto eppur ancora smagliante, con doppie punte d’una capigliatura intirizzita, addomesticata nell’amarezza più inaudita, foriera delle tristi rimembranze dei tanti maschili membri che aizzava con la sua figa calda di attizzante permanente inchiodare gli ormoni virili in quella strategica sua zona erogena, poco santa. Come si evince nell’epocale accavallamento platinato della sua fenomenale scosciata in Basic Instinct. Una che, come si suol dire, metaforicamente e non, ti faceva pelo contro pelo e ti bruciava vivo. Deflorando, di suoi fori essiccanti, ogni pudico resisterle con tutte le nostre forze asceticamente calme. Sì, una predatrice sessuale (ig)nobile, di alta scuola sopraffina, specializzata nella seduzione più peperina da imbattibile provocatrice a cui bastava inarcare le sopracciglia per alzare le temperature bollenti degli uomini ardenti già prostrati e inchinati dinanzi alla sua dea tanto scalpitante, succhiante e a(l)itante sospiri roventi in amplessi morbidamente pompanti.

Sì, dopo Alida Valli, Joan Bennett e Tilda Swinton, è lei che designerei per un altro remake di Suspiria, da me sceneggiato, un horror demenziale dai toni grotteschi, un incubo a luci rosse, nel senso di atmosfere torbide, eroticamente purpuree e proibite, molto cazzuto e schizzato su gore truculento e succulento.

Trama…

Siamo in una cittadina dell’Umbria, regione ove svettanti si ergono castelli medioevali e in cui la natura selvaggia è ancora incontaminata. Terra di stregoni e maghi, di zoccole e puttanieri che però credono a San Francesco d’Assisi, ove Sharon, mangiando i baci Perugina, oramai in pensione, alloggia in una ricca magione gotica alle pendici del Gran Sasso. Qui, nel Corno Grande, dopo aver reso vedove molte donne col suo enorme sesso cornificante, inducendo i loro fraudolenti mariti a tradirle, anche solo virtualmente, su onanismi alla Sliver, Sharon passa le giornate a ricordare i tempi d’oro in cui Michael Douglas la cavalcava. E, fra una nostalgia e l’altra, prepara il brodino e cucina degli ottimi pasticcini cremosi.

Nel pomeriggio, dà ripetizioni ai bambini delle elementari. Lei, maestra insuperabile e donna (s)fatta, che educa i bambini a crescere in fretta…, invogliandoli e imboccandoli prematuramente a scoperte sessuali degne di Henry Miller.

Al che, i genitori dei bambini, capendo che gli sguardi dei loro figli son ora divenuti perversi come in Villaggio dei dannati, credono che siano stati posseduti dal diavolo e chiamano un esorcista. Attraverso una seduta spiritica, evocano Gabriele Amorth. Ma Amorth è bello che morto e vuole essere lasciato in pace. Così, grida a costoro: – Perché avete turbato il mio sonno? Ero lì che sognavo Sharon Stone ignuda nella valle del Signore e stavo per esserle buon pastore nella sua pecorina.

Al che, sconvolto, dall’aldilà grida assatanato con tanto d’imprecazione dialettale: – Vaffanculo a voi e Chi v’è muort!

I genitori, scomunicati e demonizzati da Amorth, decidono di rivolgersi a Matthew McConaughey di True Detective. Perché credono che in città si aggiri un mostro attentatore delle giovanissime verginità violate.

McConaughey, invece, risponde loro che la parte è andata ora a Mahershala Ali e non ha più voglia di farsi il culo come un negro.

Disperati, non assistiti, se non dal reddito di dignità di Di Maio, non contenti degli ottanta Euro del decaduto Renzi, ché non serviranno a nessun altro zainetto, i genitori e le ziette optano per una vendetta punitiva.

E, in piena notte, si recano mascherati sotto la casa stregata abitata da Sharon.

La quale, dopo aver assunto delle pastiglie contro le vene varicose e alcune pesanti per il diabete, impaurita da tutto quel casino, chiama la polizia.

Ma la polizia non fa in tempo a soccorrerla che i genitori di quei bambini traviati sfondano la porta e la trivellano a colpi d’ascia e all’urlo di Christian De Sica… beccati questa, ah buzzicona d’una zoccolona!

Aiutati da Danny Trejo, ora sagrestano pagano della parrocchia locale, che la divelle in due.

Insomma, una tragedia.

I genitori assassini e cannibali vengono spediti in manicomio, nel peggiore e più duro ospedale psichiatrico giudiziario.

E i bambini, liberi e felici, senza più rotture di palle, guardano IT alla tv.

Godendosela da matti.

E finalmente capiscono che Sharon Stone è stata furbissima a stregare non solo loro ma Hollywood. Perché, nonostante cinquemila film da lei girati e malgrado tanti uomini raggirati e coglionati, ficcati e poi sfanculati, l’unica pellicola in cui ha recitato come Dio comanda è stata Casinò.

Il resto è una puttana, no, puttanata.

Capolavoro!

Oscar alla Migliore Sceneggiatura originalissima eppure non Originale perché ispirata alle due precedenti opere dell’Argento e del Guadagnino.

Di mio, ora devo prepararmi il tè e ficcare il prosciutto crudo nel panino.

Sono la “schizofrenica” Susie Bannon?

Ma che state a di’?

Voi vi giocaste il cervello, fidatevi.

Cosa ne penso di Dakota Johnson?

Sì, una buona passerona ma, essendo io erede del santo già succitato, nato a Giovanni di Pietro di Bernardone, non credo che Dakota parlerà col mio uccello.

E ho detto tutto.

Ma comunque è ancora presto per esalare l’ultimo Suspiria, anche se la mia vita è un De profundis.

Ma non quello del sottotitolo del Guadagnino e nemmeno l’opera omonima di Oscar Wilde. Perché non sono omosessuale.

Sono solo un uomo profondo, tanto profondo che, a forza di pensare e sognare, non ho più fondi.

Andrò a scommettere sui cavalli, ricordando quei momenti irripetibili in cui adorai quelle cosce immani di Sharon, che cavallona.

 

 

 

di Stefano Falotico

Il problema stronzo dell’editoria, del Cinema indipendente, anche dell’uomo autarchico e analisi sui Golden Globe


07 Jan

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Bene, partiamo molto in souplesse. Dai Golden Globe. Che non ho visto e chissà se guarderò le clip su YouTube.

Da anni, oramai, la mia vita non è più orientata all’ammirazione verso i divi del Cinema e, sinceramente, ho cose personali più serie da portare avanti. In giornata, ad esempio, dovrei finalmente ricevere l’impaginato in PDF del mio nuovo libro, a cui devo dare il visto si stampi. In Kindle ed eBook è già in vendita da circa un mese ma il cartaceo, come detto, non è ancora pronto. I file definitivi li avevo ricevuti, invero, sabato scorso ma vi è stato un errore di trascrizione nella sinossi e vanno cambiati i font del dorso che devono essere identici a quelli della cover.

Sono preciso e meticoloso al pari di Mahershala Ali in Green Book. Mahershala, uomo di alta finezza, da me ribattezzato oramai il maresciallo. Perché, al di là dell’assonanza impressionante col suo nome, maresciallo gli calza a pennello. Come un maresciallo, infatti, Ali è uomo tutto d’un pezzo, granitico, adoratore della sua elegante divisa da true detective. Uomo serissimo ma anche autoironico, un po’ alla Falotico.

Ebbene, adesso state esagerando. Dopo averlo snobbato per un tempo immemorabile, or bombardate di premi Jeff Bridges. E gli avete assegnato pure il premio alla carriera. Lo so, nonostante gli abbiate appioppato l’Oscar per Crazy Heart, voi a Hollywood volete ancora discolparvi per averlo sottovalutato sempre. Solo in tempi recenti, avete compreso che il suo “alieno” di Starman è una sua prova recitativa strepitosa e vi vergognate di non avergli dato niente, nemmeno una nomination, per il suo epocale Lebowski.

Ma adesso, Jeff Bridges, osannato in maniera paradossalmente eccessiva, si sta prendendo troppo sul serio e oramai non si sgancia più dalla sua barbetta incolta e il look trasandato da grinta…

Si è incarnato, fin alla morte, nel Drugo. Che tristezza. Sei molto più di un’icona, caro Jeff, cambia registro, non sei una figurina. E, a forza di riproporti uguale all’etichetta che ti hanno rifilato, fidati, non ci fai un gran figurone.

Come sempre, alla cerimonia dei Golden, c’erano delle ottime figone, stangone elegantissime ma mi dovete spiegare che ci trovate di così attraente in Charlize Theron.

Non è così bella come dite. Secondo me le puzzano i piedi e ostenta perennemente una faccia da frustrata.

I premi comunque son tutti sbagliati. Senz’eccezione alcuna.

Rami Malek? Bravo ragazzo, per l’amor di dio. Ma che c’entra con Freddie Mercury? Ah, capisco, non è la sua un’adesione carnale al ruolo ma una versione sui generis mimetica. Ok, bella stronzata.

Christian Bale ha vinto per Vice? Credo che non vincerà l’Oscar. Segnatevela perché, se dovessi essere smentito, me le suonerete. Sì, pretendo di esser picchiato a sangue. Impiccatemi anche!

Alfonso ha vinto per Roma? Che brutto abbaglio. Il film più sopravvalutato dell’anno e forse di tutti i tempi.

Gli unici due premi giusti sono quelli andati a Glenn Close, indiscutibilmente già vincitrice dell’Oscar, e quello, appunto, al maresciallo…

 

Rido spesso da matti quando mi sento dire che, essendo un selfpublisher, essendolo orgogliosamente dal 2014, non sarei uno scrittore a tutti gli effetti, bensì un dilettante. Ah ah. Perché il mio libro non porta il marchio pseudo-autorevole-autoriale di una casa editrice a “5 stelle?”. Che poi potrebbe essere patrocinata dall’alberghiere truffaldino Al Pacino di Ocean’s Thirteen?

Dovremmo sfatare molti beceri, vetusti e retrivi luoghi comuni sulla Letteratura, in senso generale sull’Arte tutta. Anche sul Cinema e sugli uomini. Miei caporali!

Per colpa della nostra cultura vecchia e istituzionalmente scolastica, lo so, molti di voi son erroneamente convinti che solo un attestato possa essere, con tanto di certificazione ciclostilata, francobollata e laurea annessa, un lasciapassare obbligatorio verso l’assoluta, inconfutabile bravura e grandezza. Il vero, irrefutabile, aureo riconoscimento della nostra anima vergata, sacrificata per un bene supremo, pubblicata davvero?

Dovreste smetterla. Conosco un sacco di gente veramente talentuosa che si auto-pubblica e promuove da sé. Forse più onesta, forse solamente più narcisista, forse semplicemente non vuole più farsi ingannare da false promesse giammai mantenute, da glorie effimere, da pezzi di carta spesso menzogneri.

Oh, quanta gente pubblica per Mondadori ma siete ben coscienti, spero, che tanti di questi libri son soltanto ricettari di personaggi televisivi, di Parodi e parodie, senza un briciolo di sale in zucca. Di politicanti da strapazzo, di ochette che ci raccontano delle loro erotiche avventure private per alzare le vendite del lettore incuriosito, del bieco gossiparo di massa per far lievitare anche qualcos’altro a quello voyeuristico che adora spiare la denudazione, sovente insincera e romanzata, della ricca malfamata così tanto puttanesca e di amori materialistici affamata.

Non mi sono mai piaciute le biografie, neppure quelle di Marlon Brando e De Niro. Sono libri destinati ai fan libidinosi, libri che enfatizzano accadimenti piuttosto banali di lor vite private morbose che poco m’interessano. A me non può fregar di meno se Brando aveva una tresca bisessuale o se De Niro, davvero, quella notte maledetta era assieme a John Belushi quando quest’ultimo morì di overdose. Io li ammiro per le loro interpretazioni. Così come ammirai molto Kevin Spacey e, sinceramente, se sia stato o meno con dei minorenni son affari sporchi che non mi competono. Non sono il moralista giudice dei suoi cazzi.

Mezzanotte nel giardino del bene e del male dovrebbe esservi di lezione. Ché non avete imparato, guardoni! Dove sta la verità? La verità non esiste. Siamo tutti colpevoli, in fondo. Ognuno ha i suoi scheletri nell’armadio.

Le biografie sono caricate, false, agiografiche e perfino calligrafiche di commerciale calligrafia.

Non mi piace che svendiate un talento invendibile. Ché, pur di vendere, raccontate fandonie sul suo conto, anche su quello in banca.

Non son del vostro branco, io seguo la via autarchica, in quanto padrone delle mie emozioni non sputtanate per due soldi in più. Annegherò nelle mie branchie ma non soffocherò nella vostra Branca… Menta. Evviva la mia fresca mente. Via da me, uomini dal cattivo alito, non possedete il mio epico afflato.

Detto ciò, io pubblico non solo da solo. Innanzitutto, mi avvalgo di un personale correttore di bozze eccelso e bravissimo, pressoché infallibile. Ci tuffiamo, io e lui, in analisi profondissime del testo e, se vi vorrete gentilmente recare su Amazon, dei miei libri potrete leggere gli impeccabili estratti.

Il refuso è bestia nera ma io son bestione che lo smacchia e mi detergo nella pulizia formale anche riccamente contenutistica. No, non mi contengo, vulcanico creo dalla creta della mia anima e, subacqueo nel liquido mio cuore magmatico, plasmo opere di sapida eru(di)zione!

Col tempo, allenandomi con la voce, son divenuto maestro delle poliglotte dizioni più sopraffine, oggi sono in una grotta e domani la fronte aggrotto, oh mia donna, per render rosee le tue gote e dar fiato a ogni tuo libero rutto, dopo che dei nostri amori eruttammo con le pelli rotte. E potrei scrivere io stesso un dizionario della Lingua italiana da me risciacquata al bacio mio e tuo in Arno ma anche a Salerno, nel marmo del mio cervello mobile e nell’inferno del mio esser a volte incerto, forse infermo o soltanto nel mio duro inverno.

Ah ah.

La Newton Compton non accetta manoscritti di sconosciuti anche se lo sconosciuto potrebbe essere il nuovo Shakespeare. Perché al giorno d’oggi Shakespeare la gente sa chi è stato ma non ha mai letto un suo libro, citandolo di frasi imparate a memoria. Essere o non essere? La gente preferisce non leggere e vivere leggera. Capirai… La gente non è, io sono oggi e domani ho solo sonno. Ma son sommo e dimmi, qual è, somaro, la summa dei miei libri? Sintetizzali. Non t’importa? A te frega solo della scosciata Monica Somma. Insomma, non hai tutti i torti. Quella è semi-analfabeta, legge il gobbo ma, secondo me, ha delle ottime cosce per farsela al galoppo.

Sì, quella ispira… tira ma non so se sa stirare. In fondo, è sol una donnetta che non sa neanche preparare le uova strapazzate ma tutti vogliono strapazzarla, usando però il preservativo perché altrimenti potrebbero fertilizzarla negli ovuli. Che uomini!

Eppure, ho recentissimamente pubblicato un mio racconto per Historica Edizioni e presto proporrò un altro mio esistenziale resoconto a una casa editrice prestigiosa.

Perché sono come Tarantino, oggi va bene l’indie, Weinstein, per colpa dei falli del suo fallo, fallisce e allora mi do alla major. A costo di esser fallace.

Non amo le maggiorate e guardo quelle molto più che maggiorenni. Codeste mi scambiano per un minorato eppur vi dico che sono un genius prelibato molto dotato. Da leccare e gustare di armoniche p(r)ose. Son l’uomo fattosi poesia e così sia.

Quando uno o una crede di aver capito qualcosa di me, io lo fuorvio e inculo, anche me stesso, fra un cazzeggio e bermi una birra a Reggio. Scoreggio anche se mi va e benedico l’ignoranza e le vostre panze che non reggo.

Leggo, rileggo, mi critico e faccio della cinematografica Critica. Son oggi bellissimo e domani un cesso.

Ma giammai cago stronzate. Anche quando ho la diarrea, la mia merda è profumata.

Forse.

Leggetemi meglio. Capirete molto di me. E, quando capirete qualcosa, io sarò immortale eppur già morto. Ma saremo morti tutti e i libri non esisteranno più. Il mondo sarà defunto.

Così è, così sia fatto, così sia scritto.

Adesso, devo andare a cagare. Come chiunque eppur non sono uno qualunque. Dunque… Non voglio venir insignito di niente, non voglio però essere insignificante ma i miei libri hanno svariati significa(n)ti. Ecco, questo è il nostro ipocrita globo. E dell’oro non so che farmene.

Finisco con questa: mia cugina mi ha chiesto cosa deve fare per pubblicare un libro. Le ho detto di lasciar stare. Lei mi ha risposto: – Guarda che non sono più la scema di venti anni fa.

Io: – Infatti, sei più scema di prima e più vecchia.

Ah ah.

TRUE GRIT

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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