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Federico Frusciante non ha capito nulla di JOKER: ha poco a che vedere con FALLING DOWN di Joel Schumacher ma ha molto da spartire con DOG DAY AFTERNOON e THE SILENCE OF THE LAMBS


29 Jan

Da circa un anno, sono in contatto con una ragazza per girare un cortometraggio. Al che, intervenni su un suo post in cui dissi, scherzando, che DiCaprio è meno bello di me.

Senza motivo alcuno, lei mi scrisse in chat che dovrei guardarmi allo specchio. Sì, dopo che lesse la mia sceneggiatura. Capace pure che me l’abbia fregata.

Ma chi cazzo credete di essere? DiCaprio lo vedrete col binocolo e mi sa che, se continuerete a tirarvela, vedrete anche qualcos’altro da lontano, di riflesso, diciamo.

Sì, quando m’incazzo, Vittorio Sgarbi mi fa un baffo.

Sono diventato uno psichiatra “cannibale” delle idiozie e delle battutine di cattivo gusto. Alla pari di Hopkins nella scena de Il silenzio degli innocenti in cui viene provocato dalla senatrice e lui psicologicamente la annienta, dicendole che i suoi capezzoli sono ora tropo duri dopo che allattò la piccola Catherine.

Al che, la senatrice gli urla che è un mostro orribile. Lui ridacchia e poi la sconvolge ancora. Rivelandole il nome dell’assassino, anche se non è lui.

Sì, per colpa di gente bigotta che me la combinò (s)porca, in questi anni mi sono indurito veramente troppo. Diventando una sorta di Matthew McConaughey di True Detective.

Un po’, anche, come Max Cady di Cape Fear.

Insomma, incontri Errol che vuole svezzare con crudeltà la verginità altrui. Col piccolo dettaglio che Errol ora ha di fronte uno più cattivo di lui. Questo non l’aveva previsto, però.

Sì, io sono amichevole, anzi amicale, spesso ammiccante con tutti. Tanto amico di tutti che, nel cammino della mia vita, fui accusato di essere solo come un cane.

Sì, poiché non attenendomi ai parametri istituzionali della borghesia felsinea, già ai primi vagiti della mia adolescenza tormentata, dunque già al fiorire di miei desideri, sin troppo pronunciati e marcati, presto stigmatizzati e marchiati, verso le vagine più rimarchevoli, eh sì, non comprendendo io la filosofia nerd dei miei coetanei, indaffarati più che altro a giocare col pc in videogame come Doom, le mie cosce, no, la mia (in)coscienza s’ottenebrò e sin da subito mi spompai e tutto s’annacquò. Questo mio (d)eludermi dal mondo, questo mio prematuro essere invero già troppo maturo, indusse gli adulti, anzi la gente che si considerò più grande psicologicamente e intellettivamente di me, gente che presuppose di essere, rispetto a me, molto più matura, ecco… dove minchia ero rimasto, andiamo avanti anche se, come appena accennato, molti pensarono che fossi rimasto indietro, insomma degli arretrati, portò gli adulti a vedermi come ragazzo vulnerabile, innocuamente indifeso.

Cioè, scambiarono uno che, anziché innamorarsi di Liv Tyler di Io ballo da sola, smanettava di brutto sulla figona del video di Vasco Rossi, Rewind.

Sì, me ne sarò sparate circa diecimila su quella lì. Anche se, in quel periodo pieno di seghe non solo mentali, andai matto pure per la super figa ciclopica di Smack My Bitch Up dei Prodigy.

Registrai, dopo la prima visione, immediatamente da MTV la suddetta, molto da me sudata, ah ah, clip con tale gnocca esagerata.

Però, dovevo premere pause, anzi stop prima del finale esplosivo, no, scandaloso. Sennò mi s’ammosciava proprio prima dell’attimo deflagrante e più schizzante del piacere focoso. Eiaculante! Eh già.

Che uomo brillante! Ah ah.

Non era una donna, bensì un uomo poco arrapante e, a darcela tutta, no, dircela, anche un po’ peloso.

Avrei da raccontarvene di quel periodo veramente sfigato del mio essere Quentin Tarantino di Dal tramonto all’alba.

Eh, come ancora me la tiro. Un paio, in effetti, me ne tirai anche su Juliette Lewis… di Cape Fear. Ah, quelle cosce morbidamente vellutate, lisce come pesca da accarezzare di primo mattino e deglutire come una sveltina ah, che spensierata sobrietà fu quella mia dolce volgarità nel mio allisciarmelo da lupo cattivo come Max Cady/De Niro.

Datemi pure del cretino, io so che Juliette ama molto il cremino…

Molti credettero che fossi un vizioso viziato assai capriccioso e più complessato dell’appena eccitante, no, citata Juliette. E pensarono che mio padre fosse Nick Nolte, cioè un ipocrita che di giorno svolgesse un lavoro utile alla burocrazia e di notte, segretamente, “racchetasse” sulle milf che, giocando a squash, via cavo sviluppavano le sue malsane voglie sulle donne più perversamente sexy.

Sì, Illeana Douglas di Cape Fear è un po’ come la signorina Silvani/Anna Mazzamauro di Fantozzi.

Oggettivamente, fa schifo al cazzo ma forse, proprio per via della sua evidente bruttezza inconfutabile, emanava un non so che di morbosamente attraente.

No, mio padre non fu avvocato, si laureò in Scienze politiche. Che è un ramo di Giurisprudenza.

Svolse il lavoro di capufficio. Non gli piaceva affatto ma doveva pagare il mutuo della casa.

Di mio, rimasi muto, spesso nella cameretta. Ah ah.

Ho sempre saputo che, quando io e mia madre eravamo in vacanza d’estate nel paese dei miei genitori, mio padre deve averci dentro a più non posso pure sulle tenniste che, verso quel periodo, mostravano le gambe, più di una valletta, sulla terra verde di Wimbledon.

Non so quali fossero le sue preferite. Di mio, posso dire che, appena vedevo Gabriela Sabatini, qualcosa non rimaneva più piccino e s’ingrandiva più delle mie pupille dilatate su vasi dilatatori tesi alla massima potenza. Mio padre non è originario di Potenza, bensì di un paesino vicino Matera, eh sì, uomini maturi.

Siete duri nella testa come dei Sassi ma molto mosci altrove. Ficcatevelo/a dove dico io.

Anzi, pazzo come John McEnroe, arrivavo subito all’ace a mo’ di Pete Sampras.

Sì, vi ho detto che ero già precoce, anche di eiaculazione. Nella vita e nella figa volevo arrivare istantaneamente al sodo, senza girarci attorno e senza far godere lei.

Sì, non è che vivessi una vita godibile. Onestamente, vissi molte fighe virtuali ma assai poche a livello tangibile.

Ah ah, questa è bellissima. Sì, mi toccavo come un ossesso ma, in quanto a reale sesso, la mia quaglia poco quagliava. Anzi, appena incontravo una, lei violentemente mi offendeva in tre secondi ritti, no netti, e me la squagliavo mentre lei, sicuramente, con un altro se la squagliava…

Sì, le ragazze non vogliono un tipo sveglio, sincero o troppo svelto, bensì uno che se la tiri/a da dritto e nelle gambe, no, in gamba.

Sì, dei cazzoni farisei. Come detto, felsinei. Sì, il bolognese medio parla di donne a destra e a manca ma, sostanzialmente, mangia solo la carne dei tortellini.

Ah ah.

Anni fa, un’altra che mi fece perdere la testa, soprattutto i testicoli, di dritto e rovescio… fu Flavia Pennetta. Come direbbero a Bologna, in fallo, no infatti… un’ottima penna. Traducibile in passera di livello superiore alla media. Già oltre, come me, gli onanismi scolastici assai ombelicali della scuola media e più dotata in maniera da 110 e lode. Diciamo che non ho bisogno di allori e lauree, ce l’ho profumato di quasi trenta centimetri. Parlatene con colei che mi sverginò e capirete perché mi disse che, non solo gli altri, bensì io stesso di me capii un cazzo.

– Siamo sicuri che, prima di questa selva, no, di questa sera… tu fossi vergine? E sei sicuro di essere uno da Cinema di Bergman, depresso che odia il contatto fisico? Non hai mai pensato che Mark Wahlberg di Boogie Nights è come il tuo “Grande Lebowski” che cura ogni frigida e la rende rossa, non solo nei capelli, come Julianne Moore?

– No, non ci avevo mai pensato. Fammici penare meglio, no, volevo dire pensare.

– Per forza. A furia di sentirti dire che eri meno dotato, te n’eri convinto. Parte tutto dall’ipofisi, sai? Ti hanno suggestionato. Direi invece che, stanotte, tu hai sanato ogni mio pensarmi poco donna.

– E come avrei fatto?

– Mi sa che la vergine ero io…

 

Ah, gambe toniche quelle di Flavia Pennetta, miei uomini con la panza piena che aspettano solo la domenica per magnare le pennette all’arrabbiata perché vostra moglie non vuole che amiate il gioco, non delle palline, bensì del pallone.

Siete dei palloni gonfiati.

E da tempo immemorabile, davvero poco memorabile, oramai i coglioni che non siete altro, eh già, hanno rotto quella, no, la scapola dell’ultimo scapolo, oh, miei ammogliati.

Ora, questo lungo e grosso pene, dopo tale disamina vera da uomo penoso, spesso fallace, fallico o solo pen(s)ante, no, questo palloso panegirico, per venire… a una questione che mi (s)preme di più.

Cioè, credo che la gente di me non avesse capito nulla.

No, non sono mai stato il tipo da canzoni di Leonard Cohen e da La Mer da Charles Trenet. Anche se, crescendo, odio sempre più andare al mare. Appunto… ah ah.

Credo di essere un montanaro come Max Cady.

Vi ricordate la scena del pestaggio di Cape Fear?

Avvocato. Avvocato, sei tu, vero? Avvocato. Vieni fuori, dai forza, fatti vedere. Io non sono un povero pezzo di merda. Io sono meglio di tutti voi. Io imparo meglio di voi, leggo meglio di voi, ragiono meglio di voi e filosofeggio pure meglio di voi. E durerò più di voi. Ti credi che un po’ di botte mettano fuori combattimento questo vecchio montanaro?

 

Bob De Niro, per questo ruolo, fu candidato all’Oscar ma fu battuto da Anthony Hopkins de Il Il silenzio degli innocenti. Sapete, no, che Jonathan Demme, prima di affidare la parte ad Hopkins, pensò proprio a De Niro?

Infatti, qualche anno fa, De Niro e Bradley Cooper avrebbero dovuto lavorare nell’ancora irrealizzato Honeymoon with Harry. Che doveva essere diretto da Demme.

Cazzi loro…

Per farla breve, io fui accusato di fobia sociale, di semi-schizofrenia diabolica come Linda Blair de L’esorcista, di essere l’incarnazione, ah ah, dell’innocenza del diavolo. Mi diedero la patente di attore monstre delle sue menzogne, di Pinocchio, di finocchio, soprattutto di figlio di ‘ntrocchia, questi figli di troia.

Di mio, posso dire, che d’inculate ne ricevetti tante.

Posso dire che colei che mi sverginò era di Trieste ma non apparteneva alla minoranza slovena.

M’insegnò tutto, dove toccarla e come incularla ma alla fine mi coglionò e mi mandò a fare in culo senza più bisogno di fotterla. Ah ah.

Se fossi voluto andare con una dell’est, bastava che chiedessi alla ragazza delle pulizie del mio pazzo, no, del mio palazzo, di smettere di farselo da sola.

La mia seconda tizia era più grande di me. All’anagrafe. Io avevo 28 anni, lei 33. Che colpo d’ano.

Oh, non è colpa mia se non ci arrivate…

Così come non è colpa mia se odiate Philadelphia di Jonathan Demme perché siete omofobi e considerate Bruce Springsteen un troione. Pigliatevi pure Eddie Vedder, quel pelato di Billy Corgan, Kurt Cobain e tutti quei froci. Ah ah.

E non è neppure colpa mia se odiate la classe della prima della classe, Jodie Foster.

Ora, che c’entra il Frusciante?

C’entra il Frusciante, eccome. Mi specchiai, mezzo nudo, davanti allo specchio.

Mi sa che sto facendo la fine di Anthony Kiedis.

Dunque, non voglio più sentirmi accusato di stronzate.

Pigliatevi Muccino, suo fratello e tutta la retorica catto-borghese di quest’Italia di (po)lentoni, di tardone e ritardati, e soprattutto vedete di non rompere più i maroni.

Purtroppo o per fortuna, sono diventato identico a Rust Cohle.

Metto le corna al diavolo e pure al mio miglior amico. Partono risse mai viste.

 

di Stefano Falotico

Joaquin+Phoenix+26th+Annual+Screen+Actors+uxtVVScSEVTl

 

Si accendono discussioni infuocate in seguito alla video-rece di Frusciante su JOKER ma C’era una volta a… Hollywood non vale Public Enemies di Michael Mann, prodotto da De Niro, escluso per THE IRISHMAN?


15 Jan

public enemiesmoglie strega eleonora giorgiSì, sono ancora sotto shock. Più che altro, incredulo. Preventivai l’esclusione di De Niro alle candidature agli Oscar ma, sino alla fine, sperai che comparisse nella cinquina. D’altronde, era nell’aria che sarebbe stato clamorosamente snobbato.

Mi pare un’irriverenza e una sgarbatezza veramente schifosa. Sì, De Niro è stato candidato agli Oscar per The Irishman come produttore.

Joker, ove interpreta la parte del conduttore televisivo Murray Franklin, è il film che ha ottenuto più nomination.

Cioè, sia come protagonista che come non protagonista, è praticamente stato il protagonista dei due film più candidati dell’anno ma lui non è stato candidato in nessuna categoria attoriale.

Questa, scusate, mi sembra davvero una presa per il culo epocale e oscena rifilata al signor Bob De Niro.

Il quale comunque si presenterà signorilmente alla Notte degli Oscar in quanto, come detto, se The Irishman dovesse vincere come Miglior Film, lui salirà sul palco, impugnando la statuetta assieme a Jane Rosenthal, Martin Scorsese e ad Emma Tillinger Koskoff. Soffermiamoci, un attimo, sulla Koskoff.

Non l’aveva notato nessuno? La Koskoff è candidata anche come produttrice di Joker.

Insomma, ha fatto l’en plein.

Detto ciò, arriviamo al nocciolo della questione.

Frusciante, sul suo canale YouTube, demolì nel pomeriggio di ieri, Joker. Commentai in pieno disaccordo. Fatto sta che Margot Robbie non è stata candidata come non protagonista per C’era una volta a… Hollywood, bensì per Bombshell. Ma che sono queste storie? Facciamo i bilancini? Visto che dobbiamo candidare un po’ tutti, lasciamo fuori uno o una da una parte e ficchiamo pinco pallino in quel posto? Jennifer Lopez, nonostante la sua celeberrima assicurazione al suo posteriore, lo pigliò in culo. Ora, l’inculata qui ci sta. Chiariamoci. La pornoattrice Lena Paul, in quanto a fondoschiena, batte J. Lo di Amore estremo, recitando di labbra carnose con attori anche più bravi e dotati di Ben Affleck. Ah ah.

E la dovrebbe finire quel bellimbusto di John Cena di fare il simpaticone nelle commedie leggere e poi tirare di pesi, di notte, con altre zoccolone. Comunque beato lui. Dopo aver pompato i bicipiti per anni come lottatore wrestler, pompò un altro muscolo anche con Kendra Lust. Di cui, modestamente, posseggo quasi tutti i dvd.

Le mie sono notti da Arthur Fleck, figlioli. Notti in cui il lupo occhieggia, malandrino smanetta, silenziosamente ulula e poi ancora scarica. Andando quindi in bagno ad asciugare la “cosmesi decorativa” del make up colorato candidamente. Ah ah.

Sì, Jennifer Lopez non è un’attrice. È una pornostar che recita pure con discreti registi perché la dà anche a loro. Ah ah. L’unico uomo che potrebbe fidarsi di questa qui è Jim Caviezel di Angel Eyes. Ovvero il protagonista di Montecristo e de La passione di Cristo. E ho detto tutto… Uomo buono, il Caviezel, credette davvero che in questo mondo, eh già, si potesse vivere felici su un atollo e immacolati come Apollo, lontani da La sottile linea rossa. Non del tanga cremisi di Jennifer, bensì di altri figli di puttana come Sean Penn. Che te la sbattono in faccia e rimani fottuto, ah ah.

Di mio, che posso dirvi? Vedo gente che si scanna sugli Oscar. Guardate che a voi non verrà un cazzo. Aveva ragione Larry David di Basta che funzioni. Certo, continuate ad applaudire gli attori. Così, loro si faranno altre ville con piscina a Beverly Hills e voi farete la fine di Luke Perry. No, povero Luke, ebbe l’ictus mortale. Mi riferisco al Luke del film di Tarantino.

Chiariamoci anche su un altro punto molto importante. Il vero capolavoro assoluto di John Carpenter è Il signore del male. Film purissimo alla Falotico.

Sì, purtroppo provai a cambiare. Con enorme dispiacere e forse vostra contentezza, non voglio fare il patetico come Leo DiCaprio/Rick Dalton. No, non mi pare il caso di ricevere complimenti dalle bambine e dalla zie, snobbo il sesso, se non apaticamente masturbatorio tanto per non sapere che cazzo fare fra un girarmi i pollici e uno spararmela di grilletto facile. Ah ah.

Rimango un metafisico. Non mi piacciono le pacchianerie, il caos, la ciarliera confusione, il giorno con le sue caciare e le sue popolane.

In chat, donne di varia estrazione sociale, mi contattano dopo aver visto il mio bel faccino. Sinceramente, vorrebbero estrarmelo e infilarselo. Ma mi sporcherei e poi, putrefatto, finirei davanti a una psichiatra e le direi:

– Non raccontiamoci più barzellette. Questo mondo è un manicomio.

 

Adesso, molti si sono chiesti se Joker, nella scena finalissima, sporcando il pavimento coi piedi insanguinati, abbia ammazzato la dottoressa. Ecco, la storia è questa. Arthur saltò addosso alla dottoressa ma capì di trovarsi in un film di Dario Argento, Suspiria.

Sì, la dottoressa era in verità una strega. Insomma, non vedeva l’ora che Arthur s’incazzasse per fotterlo.

Ma Joaquin Phoenix usò del sangue finto come in molti film di Dario Argento.

Al che Gioacchino le disse:

– Senta, signora Eleonora Giorgi di Inferno, lei lo sa che è solo una mignotta?

Usi del Borotalco. Guardi che sono pazzo ma non sono mica Il volpone/Paolo Villaggio. Lei pensa veramente che un po’ di figa mi sanerà?

Cosa ne sa lei della schizofrenia? Guardi A Dangerous Method, Scanners A History of Violence.

E compri il libro David Cronenberg, poetica indagine divorante.

Con chi pensava di parlare, povera campagnola come Jodie Foster de Il silenzio degli innocenti? Col primo venuto? Guardi, per far venire me, sono cazzi. E non mi faccia ascoltare manco quel cazzone di Mario Venuti. No, lasci stare. Non mi vedo proprio ad aspettare la domenica per mangiare du’ tagliatelle e fare il bagno con una donna della minchia. Sono fatto così. Se cerca un ragazzo di vita pasoliniano, vada a fare la psicologa in un centro di salute mentale. Sa lì quanti giovani incoscienti che non vedono l’ora di essere imboccati?

Gli esiti dei miei sforzi per normalizzarmi furono nefasti. Per fortuna, i diversi esistono. Persone capaci di ascoltare l’evocazione di Dio e di Satana allo stesso tempo, di allontanarsi dal mondo e poi, con la loro voce, recitare libri da loro stessi scritti.

Insomma, guardiamo Manhattan Melodrama al cinema, identificandoci con Clark Gable. Nemico pubblico, altro capolavoro di Michael Mann. Avanti, so che mi ucciderai, amico. Sono stanco.

 

di Stefano Falotico

Frusciante: Meglio e Peggio 2019, non concordo su Tarantino, no, no


08 Jan

frusciante 2019

Federico Frusciante uscì col suo vademecum, col suo promemoria riguardo l’annata cinematografica appena finita.

Questo il mio commento. Secco, nervoso, sbrigativo e lapidario ma giusto.

Rocky IV è veramente impresentabile ma è asceso negli scult, quindi è un guilty pleasure. Talmente edonistico e pompato da lasciare senza fiato. Sostenuto, come il terzo, dalla colonna sonora dei Survivor. Gli spinoff, oddio! No, macché. I padroni della notte è un noir di prima scuola, sofisticato, apparentemente di genere, invero stratificato e pieno di rimandi col solito Joaquin Phoenix superlativo.

Ad Astra (trovate la mia recensione su Daruma View) è pura new age di seconda mano, un Apocalypse Now nello spazio di 2001 con un Pitt imbambolato. Bocciato appieno, il primo flop di James Gray.

Ritorni coi piedi per terra e la smetta coi voli pindarici. Siamo nell’insufficienza piena. Insomma, lo vidi a Venezia. Riuscii a non addormentarmi perché volevo vedere le cosce di Liv Tyler ma Liv non mostrò nulla, se non la sua versione femminile del suo essersi imborghesita nella “family woman”. Il corriere, non un capolavoro ma una perla. Film “minore” ma bellissimo, qui concordo con te. Soffuso, crepuscolare, irrinunciabile. Con un Eastwood da pelle d’oca.

C’era una volta a… Hollywood, inguardabile come The Hateful Eight. Insulso, Tarantino al rincoglionimento assoluto. Date l’Oscar come miglior attore non protagonista ad Anthony Hopkins de I due Papi e spolverate Brad Pitt. Una bella statuina che qui non serve. Manca all’appello di The Irishman perché è di Netflix, eh eh? JOHN WICK 3, bello anche questo anche se già stanco e pieno di ripetitive scene d’azione che, alla lunga, annoiano. Ma Keanu Reeves oramai possiede un carisma imbattibile, lui è il principe della figaggine. Un uomo di quasi sessant’anni, atletico come Bruce Lee e con occhi nero-castani alla Joker Marino, cioè il sottoscritto, alias il Falò delle vanità, ovvero Stefano Falotico, maestro del trasformismo, dell’ubiquità, del futurismo combattivo, incarnazione, sì, in me, essere trasandato, cazzuto e anche cazzone, farfallone e poi dal fisico stilizzato e fumettistico, creatore di mirabolanti piroette anche verbali, quindi fortissimamente fisiche come un re zen, come un Neo di Matrix, come uno che schiva ogni pallottola, grattandosi le palle fottutamente. Benvenuti a Marwen, semi-masterpiece. Un duro colpo al nazismo di massa, Grandissimo Zemeckis. Si fottessero in culo questi merdosi.

Bohemian Rhapsody, agiografico, plastificato, romanzato ma con momenti incredibilmente commoventi. Purtroppo, so che non ti piacerà che dica io ciò ma è un film emozionante, sebbene ricerchi l’emozionalità con furbizia e ammiccando platealmente ai fan di Mercury. Sul resto avrei da obiettare ma ora devo scrivere un pezzo. Rivedrò tutto in un momento di maggiore souplesse.

Di mio, m’è giunto a casa il mio nuovo libro. Romanzo che sa il Falò suo.

 

di Stefano Falotico

 

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Francesco Alò stroncò impietosamente THE IRISHMAN, io sparai la bomba su Facebook e si scatenò un caso “giudiziario” – Attenti a RICHARD JEWELL!


28 Oct

alotheirishman

richard-jewell-clint-eastwood-paul-walter-hauserOddio, cosa combinai.

Inserii, in totale buona fede, un post su FB.

Scrivendo semplicemente che, a mio avviso, Alò prese un abbaglio epico nell’affermate che Avengers sia molto più bello di The Irishman.

Dopo pochi istanti, partì una faida tra cinefili.

Io mi limitai ad osservare, divertito, incuriosito, intellettualmente stimolato, il confronto-scontro fra questi amabilissimi appassionati di Cinema.

Partiamo col dire che Alò è un critico che, a prescindere dai suoi gusti, opinabili o meno, sa eccome il fatto suo.

Ma, come sovente sta capitando sempre più prepotentemente, in modo precipuo (precipuo è un termine capolavoro, ah ah) ad Alò, ultimamente, interessano le visualizzazioni. Al che, secondo me, per aumentare le sue rendite, alla fine della sua video-recensione se ne saltò fuori con una frase che, nel bene o nel male, rimarrà negli annali della Critica cinematografica.

Complimenti poi per il coraggio. The Irishman è l’unico film della storia della Settima Arte a non aver ottenuto nemmeno una recensione negativa, tranne la sua. Al massimo, il voto più basso sono le 4 stellette, su una scala di cinque, di Anton Giulio Onofri su Close-Up.it – Storie della visione.

All’unanimità, di suffragio oserei dire universale, può vantare cioè una media recensoria da far invidia alle forme fisiche della Monica Bellucci degli anni novanta.

Ora, se mi venite a dire che Monica Bellucci dell’epoca era criticabile dal punto di vista prettamente fisico, vi consiglio non solo di non andare a vedere i film in sala ma di farvi una sauna. Poiché siete veramente freddissimi e dovete evaporare quanto prima.

Se invece mi venite a dire che Monica, come attrice, fa schifo al cazzo, in senso non letterale è così, è un’attrice insufficiente appieno.

In senso non metaforico, anzi inseno, diciamo pure con un seno così che stimola a fornicarla in ogni suo foro, al cazzo credo che possa fare schifo solo a chi non vuole abiurare come in Silence.

Joker e The Irishman, ribadisco, sono al momento i film più belli del 2019.

Ma io starei attento anche a Richard Jewell.

Ce ne rendiamo conto?

Alla soglia dei novant’anni, Clint ha il coraggio di sputtanare l’intero sistema giudiziario degli Stati Uniti.

Cioè, cosa fece l’FBI?

Scambiò un eroe per un criminale. Insomma, questo Jewell fu indagato per aver salvato molte persone. Ora, concluderei in tale modo, anzi alla Un mondo perfetto. Un mio amico, tanti anni fa, disse che gli ricordavo Sam Rockwell. Sino a due anni fa, la mia fisionomia psicofisica assomigliò non poco a Paul Walter Hauser. Ragazzi, non assumete mai farmaci. Fanno ingrassare e poi, se vedete Olivia Wilde, sarete talmente sedati che non esploderà nessuna miccia.

Ho detto tutto…

 

di Stefano Falotico

francesco alo

JOKER è stato ospite di “Live – Non è la d’Urso”, esibendosi nell’imitazione di Federico Frusciante, Andrea Roncato, Maurizio Costanzo e Max Cady/De Niro


25 Oct

juliette lewis cape fear

Come no?

Non mi credete?

L’ho visto oggi pomeriggio. No, non era al Murray Franklin Show, bensì dalla regina dei piagnistei in diretta. Ovvero la Barbarona nazionale. Donna che non vede l’ora che qualcuno perda tutto e diventi barbone per aumentare l’audience, fingendo compassione catodica.

Con tutti i maschi italici che, dopo aver ammirato, bavosi, le cosce di Tiziana Panella su Tagadà, si redimono, cambiando canale e sintonizzandosi su Canale 5.

Non ci sarebbe niente di male. Tiziana è bella, ha una voce sgraziata ma per il resto può passare in seconda serata dopo un film alla “volemose bene” di Giovanni Veronesi.

Sì, Tiziana la vedrei bene in un softcore trasmesso da qualche locale emittente televisiva. Insomma, la Shannon milf Tweed italiana.

Però io sono perdonabile, non sono sposato. Molti di voi, invece, portano l’anello sull’anulare.

Quindi, miei guardoni, non fate poi del voyeurismo moralistico, recitando la parte dei preti nel simpatizzare per i poveri derelitti e reietti, freak e sfigati vari, per i patetici, speciali casi umani e penosi, per gli involontari protagonisti di storie più inquietanti del film capolavoro di Todd Phillips, che sfilano (certamente non in passerella da Festival di Venezia) nella galleria di mostruosità che la vostra società edonistica, a causa delle immani, ingiuste iniquità socio-economiche, ha partorito.

Sì, gli ipocriti non li sopporto. Sono le classiche cosiddette brave personcine che ogni domenica intingono la manina nell’acqua benedetta e, il mattino dopo, si credono maledetti solo perché amano Joker col conto in banca di Maurizio Costanzo.

Si capisce, basta indossare la maschera e il trucco è rifilato di fregatura ficcatavi. Pensate alla salute!

Una volta, Corrado presentava Il pranzo è servito, poi avete regalato pure i funerali di Stato a mr. Allegria, Mike Bongiorno.

Quando è morto Gianni Boncompagni, tutta la Roma “bene” s’è mobilitata con tanto di sua ex storica, bellissima fiamma, oserei dire, tricolore, Isabella Ferrari.

D’altronde, chi non vuole nella vita avere un’Isabella, ascoltare Drake ed essere il commendatore di Maranello, miei cicciobelli? Ah ah.

La grande bellezza!

Ora, anni fa è morto Lucio Dalla, idolo dei bolognesi. A Bologna dicono che sia stato un grande poeta, cantore-cantante degli ultimi, dei deboli e degli indifesi.

Sì, però ogni domenica pomeriggio, quando il Bologna Football Club giocava in casa, era in tribuna allo stadio Renato Dall’Ara. Con tanto di abbonamento prepagato dal sindaco in pectore!

E, se il Bologna perdeva, assieme a Ron gridava: ride bene chi ride ultimo!

Ah ah.

 

Ah, adesso abbiamo Vincenzo Merola, sempre meglio di Mario Merola, comunque un uomo vero. Anzi verace.

Comunque, non molti lo sanno ma io sì… Scott Silver e Phillips, sceneggiatori e regista di Joker, per allestire lo script dell’appena suddetta e sudata loro pellicola, non si sono ispirati soltanto a Taxi Driver e Re per una notte.

Hanno chiesto perfino i diritti della hit di Dalla, Attenti al lupo, per trasporre il testo di questa canzonetta celeberrima in ambiti metaforicamente cinematografici.

Da cui il detto lupus in fabula. Ah ah.

Eh sì, miei lupetti, pupacchiotti, pupacchione (termine dialettale per indicare una fanciulla bona), volponi, fringuelli, marmotte e uomini in cerca sempre di ricotta, mentre voi siete oramai cotti, io faccio il tragicomico e mi faccio pure pagare a cottimo.

Cioè, non guadagno quasi un cazzo. Poiché la gente mi chiede di scrivere come un matto ma mi paga assai meno di un’ospite della d’Urso. A proposito, alcuni siti mettono la d minuscola, altri la D di Domodossola. Ah ah.

Il quale, pur di avere i suoi 15 minutes di celebrità alla Andy Warhol, pur passando per disgraziato storico, dunque uomo assai stoico ma inevitabilmente stolto, va da Barbara a raccontare che, da quando è stato lasciato da sua moglie e ha perso il lavoro, è diventato Max Cady di Cape Fear.

Era troppo ingenuo e ha reagito all’ingiustizia in modo aggressivo e violento. Non sapeva esprimersi e, quando è stato indagato, sì, in effetti ha commesso il fatto, dunque il “fallo”, ma non aveva gli strumenti intellettivi per autodeterminarsi e adeguatamente difendersi.

Così, dopo aver perduto tutto, s’è truccato per non perdere almeno la faccia.

Insomma, un genio assoluto.

Vi saluto, dementi.

Anzi no.

Vasco Rossi è appena uscito con Se ti potessi dire.

Se potessi raccontarti per davvero le abitudini di cui non vado fiero,

le malinconie, le nostalgie perfino dei rimpianti per le cose che se avessi adesso ancora

qui davanti,

le rifarei.

Eh certo, come dico io, grazie al cazzo. Tanto se Vasco piglia una denuncia, gli basta un concerto per pagare tutti gli avvocati del mondo.

Se invece a un comune mortale, come si suol dire, parte la brocca e si mette nei guai, ha due possibilità: va ospite da Barbara, così coi soldi dell’ospitata può pagare un avvocaticchio, con la clausola però che rimarrà stigmatizzato a vita, oppure per consolarsi, eh già, canterà distrutto… io sono ancora qua!

Morale: si è trattato di uno scherzo di cattivo gusto? Di sarcasmo un po’ esagerato? No, si è trattato di criminali mascherati da gente in gamba ed è stata dunque istigazione al suicidio, quindi omicidio.

Una delle più grandi tragedie che l’umanità potrà ricordare. Ecco, la notte, prima di andare a dormire sogni tranquilli, immaginando già le altre porcate dei loro impuniti e irredenti sabati sera, perché questa gente non va in cucina e apre il gas?

 

di Stefano Falotico

Il Cinema esiste ancora? E cos’era il Cinema prima dell’avvento di Netflix, dello streaming, di Amazon Prime e di Internet?


14 Oct

netflix irishman netflix irishman 2

Ieri pomeriggio, verso sera, su Facebook l’ho buttata lì.

Affiggendo, diciamo, la recensione del Guardian inerente The Irishman di Scorsese.

Definito da quest’importantissima testata come il film più bello di Martin degli ultimi trent’anni.

Subito, il mitico Federico Frusciante s’è lanciato e scagliato ancora una volta contro Netflix. Al che, nel giro di pochissimo tempo, s’è scatenata una faida tra cinefili incalliti. Fra guerrieri dei sogni perduti e fautori avanguardistici di Netflix, fra paladini del Cinema in sala e sostenitori a spada tratta dello streaming.

Scorsese, ospite del London Film Festival, ove il suo The Irishman è stato accolto, per l’appunto, da critiche entusiasmanti, ha vivamente e orgogliosamente dichiarato che, senza Netflix, questa pellicola già storica ed epica non avrebbe mai visto la luce. Poiché la Paramount Pictures, con la quale aveva già firmato il contratto per farselo produrre, all’ultimo momento, essendo salito vertiginosamente il budget a causa del notevole dispendio e dispiego dei massicci effetti speciali della CGI, non se l’è sentita di rischiare con un film che ha, ringiovanimento deaged a prescindere, un cast a base di anziani. Che, ovviamente, riscuote scarso appeal commerciale presso le platee più giovani. I teenager sono, si sa, i maggiori fruitori di Cinema e oramai il pallino del gioco ce l’hanno loro.

Sì, per quanto The Irishman annoveri in prima linea tre mostri sacri premi Oscar imbattibili ancora emulati e presi a modello dagli stessi ambiziosi giovani (d’altronde, chi non sogna a tutt’oggi di diventare il nuovo De Niro o la reincarnazione di Al Pacino?), la Paramount bloccò, a pre-produzione già in fase avanzata, il progetto.

Dunque, volenti o nolenti, Netflix ha vinto. Poiché è una piattaforma concettualmente variegata che guadagna soldi a non finire. E può permettersi perciò di offrire ai registi e agli attori delle loro pellicole dei cachet faraonici.

Ciò indubbiamente può infastidire, indispettire e disgustare i cinefili romanticamente agganciati a un’oramai visione del Cinema come luogo di aggregazione e di solidale passione da condividere tutti assieme appassionatamente.

Ma, come ho scritto nei commenti del mio post, siamo stati noi cinefili a disertare, pian piano, le sale. Poiché stufi del casino e della volgarità delle masse che, nel fine settimana, s’accalcano trivialmente nelle sale medesime.

Rovinando, col loro baccano, la magia dei sogni puri. Da gustare armoniosamente in silenzio religioso.

Forse, il significato di C’era una volta a… Hollywood è questo: della suadente, commovente magia, d’un tempo, eh già purtroppo, oggi è rimasto ben poco.

La poesia e l’Arte sono state scalzate e soppiantate dalle idiozie delle stories su Instagram, oggi tutti si dichiarano intenditori infallibili della Settima Arte ma non sanno neppure relazionarsi col vicino di casa.

Allora, abbiamo l’avvocatessa in carriera che, avendo studiato, peraltro malissimo, solo Giurisprudenza, non è prudente nei giudizi recensori dei film. Ed è dunque ovvio che consideri Joker un film pericoloso alla pari del pazzo che lei difende perché, per deontologia professionale, il pazzo le dà i soldi per salvarlo in tribunale. Lei ci sta!

Così, coi soldi elargitele dal maniaco, lei può difatti rifarsi la dentatura e, malgrado abbia dato alla giustizia un’orripilante fregatura, può leccarsi la bocca a Formentera con un “figo” che scambia Al Pacino per Fabrizio Corona.

È stata colpa di noi tutti se abbiamo perso, forse, le nostre anime.

Ho conosciuto, infatti, sedicenti professoresse d’Italiano e Storia che non sono mai andate a vedere un film di Ken Loach poiché considerano i film di Loach deprimenti. Film che alla povera handicappata, capito, facevano e fanno tristezza.

Ma che insegnante è costei? Dell’ilarità più meschina, frivola e manichea. Una donna che insegna ai ragazzi come diventare leader nazi-fascisti?

Ho visto psichiatri che hanno sporcamente giocato sulla dabbenaggine delle persone malate e ingenue, facendo credere loro di essere diverse. Stigmatizzandole soltanto perché, a loro avviso, anzi a loro ammonimento, non sono adatte ai canoni oscenamente competitivi di questa società di merda.

E le hanno impasticcate, hanno praticato loro lobotomie e castrazioni. Ricattandole al motto di… provi a ribellarsi e, anziché sbatterla in ospedale, chiamo la polizia e l’arresto.

Ha ragione Francesco Alò nel definire Joker un film bellissimo, ha ragione Mr. Marra a definirlo alla stessa maniera. È davvero meravigliosa quella scena quando Arthur Fleck ride e piange allo stesso tempo in mezzo alla folla che l’osanna con la bocca macchiata di sangue e l’espressione grandguignolesca.

E avevo ragione io quando, al Festival di Venezia, dissi subito che era da Leone d’oro.

Sapete qual è la verità?

Richard Jewell sarà, assieme a Joker e a The Irishman, il film più bello dell’anno.

 

di Stefano Faloticonetflix irishman 2

JOKER è il film più importante di sempre, siamo stanchi di Tarantino e dei solipsismi vari


21 Sep

joker apocalisse testi milian dollaro bucato vera gemma

E non voglio sentire ragioni.

Non voglio sentire, per esempio, Federico Frusciante delirare e obiettare in merito. Innanzitutto, durante la lavorazione di questa pellicola, ne disse peste e corna, inconsapevole che non fosse un cinecomic.

Ma Fede è perdonabile per via della sua natura da livornese ruspante che, appunto, non la manda a dire.

Ma è victorlaszlo88 che a raffica sta vomitando cagate a iosa.

Victor furoreggia su suoi capelli da Angelo Branduardi. Sì, se Angelo cantò Alla fiera dell’est, Victor per du’ soldi di tremila visualizzazioni in più, cazzeggia a tutto spiano, trolleggia da saputello nerd, sostenendo che l’ultimo film di Tarantino sia un capolavoro assoluto quando invece, a confronto, Un dollaro bucato con Giuliano Gemma/Montgomery Wood e I quattro dell’apocalisse di Lucio Fulci con Fabio Testi e Tomas Milian sono talmente trash da superare di guilty pleasure quest’immonda scemenza di Quentin.

A cui consiglio, onestamente, solo un piatto di fagioli da Terence Hill de Lo chiamavano Trinità. Poiché non deve più scoreggiarci certe cagate.

Sì, fu proprio Tarantino a inserire nelle retrospettive dei western all’italiana di serie b, in Sala Perla, al Festival di Venezia di molti anni or sono, queste perle scult.

Sì, prima che morisse, vidi Giuliano Gemma dal vivo vicino all’Hotel Excelsior. Leccò un gelato. Poi, senza dare nell’occhio, lanciò il cono in mare, continuando a camminare con signorilità e portamento da Clint Eastwood dei poveri.

Sua figlia Gemma è comunque una gran figa. Le scrivo spesso su Facebook ma lei non mi fuma. Notai immediatamente il suo culo liscio, notevole, gustoso e vellutato in Scarlet Diva della sua amica Daria Argento.

Ah, bell’amica. Guardate la scena “pasoliniana” da Sodoma… nel film succitato e poi ditemi se è un modo onorevole di omaggiare un’amica…

Victorlaszlo88 sostiene inoltre che Mike Moh sia identico al vero Bruce Lee. Ma che dice? Non era uguale, anzi diversissimo, perfino suo figlio Brandon.

Rispetto a Mike Moh, è più simile a Bruce Lee il nero del semaforo di via Prati di Caprara. Il quale, se non gli dai un Euro per averti lavato i vetri, si contorce in gridolini isterici, appunto, da Bruce Lee incazzato forte.

E ti spacca il cofano col solo potere del palmo della mano.

Victor afferma altresì che Margot Robbie sia la fotocopia di Sharon Tate. Ma de che?

Margot sembra appena uscita da Baywatch.

Ah, la mia figa preferita di Baywatch fu Marliece Andrada. Sono cazzi miei.

Ma non perdiamoci in donne bombastiche. Tanto Hugh Hefner di Playboy è morto e il puttanaio aumenta lo stesso a dismisura più delle nottate nella mansion di Hefner stesso, no, non Charles Manson, di James Caan. Sì, non lo sapevate? James Caan fu un conclamato puttaniere. Fra un Padrino e Rollerball, si rilassava con le bagasce rifornitegli da Hugh. Un uomo da Funny Lady.

Sì, Joker è il film più importante del mondo. La storia di uno che potremmo ribattezzare lo sputtanatore di tutti. Un genio.

Ma finiamo(la) con Tarantino.

Mr. Marra sostiene nella sua video-recensione di C’era una volta a… Hollywood che l’arte sia l’escamotage che l’uomo ha trovato per sopperire alla noia, per rendere il mondo più colorato di quanto in realtà non sia. Il mondo non è così bello come al Cinema.

E se invece ribaltassimo tutto?

Con un atto di coraggio potentissimo?

Per millenni l’uomo ha pensato che vivere in un certo modo, cioè schiavo dell’epoca in cui visse e sublimare la tetraggine e le noie nell’arte per ovviare alla sua tristezza esistenziale, perlomeno ai suoi momenti bui, per colorare la vita sua e altrui, significasse essere un artista.

E se invece l’arte moderna e contemporanea fosse oggi come oggi compiere il passo veramente evolutivo?

Cioè rendere la vita di noi tutti un’arte stessa? E, anziché migliorarci nell’arte, dunque in tal caso nella finzione, trasformare la nostra intima verità in arte mondiale?

Questo Joker lo fa.

Dice la verità. E dice con potenza immane che così non possiamo andare avanti.

Questa società è disagiata, disastrata, piena d’ingiustizie poiché l’uomo ha voluto che fosse così, mentendo per conservarne lo stato sbagliato, colmo di disparità.

Cioè, ha desiderato che il mondo fosse brutto e lo sublimassimo, per esempio, nel Cinema, lasciando la quotidianità triste alle nostre vite stesse.

Così facendo, abbiamo solamente creato più solitudine, più virtualità fallace. Ovvero il mondo è una menzogna, un inganno in quanto noi stessi ci siamo auto-ingannati, credendo che comportandoci così il nostro personale mondo sarebbe stato accettato da noi stessi.

E, in questa planetaria balla, è presto spiegato perché la gente sia depressa.

Semplicemente perché ha sublimato soltanto nell’arte la non accettazione della sua umanità.

È dunque l’umanità che deve diventare Arte maiuscola.

Mi spiego meglio.

Ora, parliamo di Arthur Fleck. Todd Phillips e lo sceneggiatore Todd Phillips non ci spiegano di quale “malattia mentale” soffra Fleck. Un po’ la stessa cosa che fecero Martin Scorsese e Paul Schrader con Travis Bickle di Taxi Driver.

Travis è schizofrenico, è un uomo affetto da disturbo borderline, è solo depresso, arrabbiato, incompreso o crede, illusoriamente, che salvare una prostituta minorenne dai papponi sarà la catarsi redentiva del suo male di vivere?

No, Travis salva Iris ma continua a essere Travis. Non è cambiato. Mentre Fleck si ribella ai soprusi. Rimanendo Joker in quanto così è nato. L’ha solo scoperto.

 

Morale: chi s’illude che con l’arte cambierà il mondo, si sta fregando. M’ha sempre stupito, a tal proposito, una cosa che disse Pasolini quando gli chiesero se lui si sentisse orgoglioso di essere considerato un uomo importante. Lui rispose… no.

La vanità dura un battito di ciglia, poi si ripiomba nell’oscurità e si sublima nell’arte la consapevolezza di essere diversi da una modella che ottiene due mila mi piace sulla sua nuova foto su Instagram e n’è contenta da matti/a, tirandosela.

È un’idiota.

Poiché non ha capito che in verità all’altro non frega un cazzo di lei.

E s’è fatto solo una sega.

Come l’ultimo film di Tarantino.

 

In parole povere. Potrei pure adorare la sciocchezza di Tarantino ma, se Tarantino domani morisse, continuerei ad amare solo la sua opera.

La vita era la sua. Non la mia.

Credo che manco a sua moglie sbatterà un cazzo. Tanto, ne troverà un altro.

 

Finisco con questo.

Non vi racconto balle.

 

Tempo fa, due psichiatri disputarono nei miei riguardi similmente a Will Hunting:

 

– Hai letto che cosa ha scritto questo ragazzo? Devo subito aiutarlo e inserirlo in un ambiente giusto. Per valorizzarlo. Deve laurearsi e mettere su famiglia.

– No, stai sbagliando. Si chiama manipolazione.

 

 

di Stefano Falotico

La critica moderna, guidata dagli youtubers Joker Marino, Federico Frusciante, victorlaszlo88, Lorenzo Signore, Mr. Marra vs la Critica accademica


17 Jun

james-deanOra, saltate questo lungo preambolo se non amate l’autoironia, la Critica sui generis e passate al capitolo 2 che verte sulla questione enunciatavi nel titolo…

Comunque sia…

Lo spettatore amatoriale che critica i critici veterani è triste quasi quanto Paul Schrader che girò un film con James Deen e più moscio di Richard Gere de Il primo cavaliere?

Sì, ho scritto James Deen, non James Dean.

James Deen è la nemesi di James Dean. Tanto Jimmy fu la simbolizzazione, per quanto mitizzata volgarmente, romanzata, empiamente stilizzata della gioventù bruciata piena di palpiti romantici, d’eterna inquietudine combattiva, d’incandescente purezza sentimentalmente travolgente, ovvero l’incarnazione della rabbia giovane quasi appunto malickiana, oscenamente mistificata però dai cultori e fautori bassamente giornalistico-giovanilistici, appunto, cioè adulti rincoglioniti idolatri e nostalgici delle giovinezze lor perdute nella panza e nella corruzione da riempire e infangare di triti luoghi comuni insopportabili ché, a loro squallido ardire, è bello ardere e identificare in modo pressapochista nella distorsiva nomea iconica d’una idealizzata, forte, eterna sindrome da Peter Pan e nella stupida magnificazione bambinescamente cazzuta de Il selvaggio, quindi a erezione, no, elevazione di nostalgie ed elegie brandiane e coppoliane, Rumble Fish docet, santificanti e dunque limitanti, al solo scopo… mercantilistico e superficiale, agiografico e banale, semplicistico e oserei dire scandaloso, scostumato, vergognoso di alzar in auge quella… che è invero l’emotiva complessità di un periodo importantissimo della vita di noi tutti, cazzo, dicevo… mi son perso fra anacoluti dal costrutto sintattico più articolato di un infinito rutto brutto… in parole povere, James Deen, il pornoattore osceno, è un misogino edonista mostruoso e marcio, un sodomita violento e ai limiti della legalità delle donne comunque più vicine alla femminilità animale, quindi di Dean ha solo il nome.

Deen è uno sgorbio e ha storpiato pure il fantastico cognome del protagonista della Valle dell’Eden.

E The Canyons è un film impresentabile non perché io sia un moralista che fatica/chi a digerire l’idea che lo sceneggiatore de L’ultima tentazione di Cristo abbia ficcato… Dean nella sua porcata per rendere Autofocus la sua bischerata, no, capisco benissimo che dietro questa sua scelta di casting via sia un’idea meta-cinematografica pari quasi alla metafisica di Taxi Driver, comprendo appieno che, così facendo, Schrader abbia voluto eccentricamente omaggiare appunto sé stesso, essendo lui un calvo cineasta solipsista e calvinista, ossessionato dalla carne, da temi come il peccato, l’irredenta natura ambigua del sesso e dell’amore in una società andata a puttane più delle clienti di Woody Harrelson di The Walker o del super figo Richard Gere di American Gigolo, no, non è questo il punto. Nemmeno G.

Il grande Cinema è splendida finzione. American Gigolo è un bellissimo film proprio perché non c’era John Holmes a interpretarlo. Non so se mi stiate seguendo. Bensì appunto v’era Gere.

Forza, sveglia, non dormite da ghiri!

Un sex symbol, certo. Che peraltro sarebbe divenuto totalmente tale soltanto dopo questo film. Richard Gere, un celeberrimo donnaiolo incallito che è stato sposato a Cindy Crawford, l’unico stronzo di classe che poteva permettersi la lussuria, no, il lusso di essere il protagonista della pellicola All’ultimo respiro, remake neanche tanto malvagio, a darla tutta, no, a dirla tutta, di Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard, recitando spesso semi-ignudo in piscina assieme a quell’ex Femme Publique immane e stra-gnocca di Valérie Kaprisky, donna impudica e pubica, senza far rimpiangere del tutto l’originale puro.

Evviva le guerre puniche!

Ma Gere è un attore coi contro-coglioni, non schizziamo, poveri idioti schizofrenici, e soprattutto… non scherziamo.

Guardatelo ne L’incredibile vita di Norman oppure ne Gli invisibili. E capirete che, oltre al sempiterno fascino virile da piacione, v’è sempre stato molto di più, miei cazzoni.

Richard Gere è uno che ha sempre saputo eccome il fallo, no, fatto suo. Un attore con due palle così.

E qui ci vorrebbe, a gridarvelo in faccia, Mario Brega di Un sacco bello, così come urla infatti al figlio scemino che Don Alfio è uno di Chiesa che la sa lunga.

James Deen è il peggio del maschio, roba che Bobby Peru di Cuore selvaggio, cioè Willem Dafoe, vale a dire uno degli attori preferiti di Paul Schrader, neanche a farlo apposta, se lo tromba più velocemente di un’eiaculazione precocissima senza neppure cagarlo di striscio.

Paul Schrader, che film merdoso che è il tuo The Canyons. Per fortuna, ti sei rifatto con First Reformed. Sennò ti avrei spedito a fumarti un cannone…

Sì, un tempo, ai due giorni di leva, chiedevano ai ragazzi se amavano i fiorellini. A me chiesero come mai mi piacevano i tortellini ma non gradivo molto le bolognesi.

Se qualcuno rispondeva sì ma, alla domanda se gli fosse piaciuto fare il fioraio, rispondeva che, altresì, amava la natura colorata e bella eppure al contempo non si sarebbe mai sognato di fare il giardiniere contento o di vendere rose rosse alle donne innamorate non solo di Richard Gere per una vita apparentemente felice, ecco, a questo qualcuno prescrivevano la visita dallo psichiatra.

Io sono il Joker, anche Matthew Modine di Full Metal Jacket.

Se costui si opponeva a questa sorta di castrazione psicologica assurda, lo riformavano. Ma non rilasciandogli la patente di uomo troppo dolce ed educato, dalle buone maniere sensibili non pronto a un mondo guerrafondaio manieristico di fascisti-filonazisti, bensì lo rispedivano al mittente con la patente discriminatoria di frocio assai prossimo alla demenza.

Sulla lettera, diciamo, di dimissione non v’era scritto esattamente frocio bensì eufemisticamente lo si mandava a cubiste, no, a cubitali lettere, a quel paese poiché non ritenuto macho abbastanza e dunque adatto, oddio sto morendo, a una vita da duro che tutti incula.

È questo che ci ha insegnato la nostra Italia. Complimenti, valori di “sana e robusta Costituzione”.

No, non ho nulla da dissentire in merito. Come no? Infatti io ho svolto il servizio di obiettore di cosce, no, di coscienza.

Detto ciò, non traviate le mie parole, non travisatemi.

Tutto quest’ambaradan, questo pen(s)oso panegirico per arrivare a una questione che mi sta sinceramente più a cuore.

Sì, tutti questi damerini, questi (ig)nobili figli di papà di vent’anni che non se lo sono mai fatto a dovere, mi stanno sul culo.

Se avessi detto che mi stanno in un posto simmetricamente perpendicolare allo sfintere, mi avrebbero pure tolto la possibilità di obiettare e dire la mia. Vi pare normale?

A noi, critici e figli della generazione X, forse con una Lancia Ypsilon, uomini “Smart” insomma, chi spezzerà delle lance in nostro favore? Ah, non ci disprezzerete e dunque l’anima non ci spezzerete.

Vi faremo a pazzi, no, a pezzetti, a pezz(ent)i. Paz e devi avere Pazienza, anche Andrea…

Dobbiamo mettere i puntini sulle i e anche forse su quelle greche, non siamo probabilmente dei latinisti e amanti dei peplum ma forse adoriamo i piedi femminili, siamo feticisti di e come Tarantino?

Siamo misogini come James Deen o come Stuntman Mike di A prova di morte?

Odiamo gli attori cani, dunque non siamo dei cinofili, bensì solo dei cinefili?

La domanda sarebbe da porre al mitico Ignazio La Russa. Vi ricordate?

Incorre in un frequente lapsus il candidato di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa mentre si rivolge a Luca Miniero, regista del film Sono tornato che ha come protagonista il Duce: “Un film troppo commerciale…”.

Alcuni sostengono che io meriti molto più successo E che i miei circa 370 iscritti al mio canale YouTube Joker Marino siano davvero pochi. E sul modello 730 abbia poco da recensire…

Ora, noi siamo bravissimi, in effetti. Spesso, lo dico orgogliosamente, siamo più intuitivi, colti e preparati di gente che scrive, dietro fior di quattrini, per quotidiani nazionali.

E mi riferisco naturalmente, oltre che a me stesso, ai succitati Frusciante, Victor, Signore, forse anche a Willy Signori e vengo da lontano.

C’è chi ha mille iscritti al suo canale e chi invece 100 mila. Chi invece ne ha tre, ovvero sé stesso e i suoi genitori. Io non sono invidioso di chi ha più di me. Chi fa da sé…

Dunque, lunga vita a Fede, nostri fedelissimi.

È meglio insomma Falotico, detto Falò delle vanità, oppure Francesco Alò?

È meglio Mereghetti o le sorelle Laura e Luisa, figlie di Morandini?

Chi è nato prima? L’uovo o la gallina?

E Falotico è una gallina dalle uova d’oro? Cioè, quasi (a) gratis, continua a fare le video-recensioni di film altissimi ma, se fosse andato, ogni santo giorno, al semaforo di Via Prati di Caprara, per elemosinare du’ lire, forse oggi avrebbe più soldi?

È un critico amatore pur non essendo un armatore, è un amante della più elegante Ars Amandi e un adoratore del Cinema bello, non bellico, quanto i migliori film di Elia Kazan? Oppure era meglio se fosse nato davvero come Antonella Elia?

O è invece un cazzaro, un casinaro, un coglione, per farla breve e sveltina?

Siamo tutti pirla in questo mondo?

E perché mai sfruttarono la virilità grandiosa del magnifico Richard Gere a uso e consumo delle donnette che hanno sempre utopisticamente sognato di vederlo nei panni di Lancillotto?

Tornando a La Russa, stamattina uno in radio, un lavoratore stacanovista e bravissima persona, a tale domanda fattagli, ecco, ha risposto così:

– Che cosa faceva nella vita jean-Jacques Rousseau?

– Russò.

 

Invero, non fu una domanda ma una barzelletta raccontata dallo stesso radioascoltatore che, finito di spararla, volle puntualizzare che lui, oltre che lavoratore duro, è un grande musicista.

Ci siamo capiti. Ho detto tutto. Noi siamo più bravi dei cosiddetti critici da cui tutti pendono dalle labbra ma forse ha fatto bene James Deen a buttarla in vacca.

Se proprio ci andrà grosso, no, grassa, potremmo pure campare con un mezzo stipendio ottenuto dalle visualizzazioni, ma non potremmo mai permetterci di avere la villa a Mulholland Drive.

Noi continueremo però, resilienza e Resistenza permettendo, ad amare alla follia Lynch, vedendo Naomi Watts e Laura Harring col binocolo e invece il Pinocchio Deen vedrà gnocche a tutt’andare, sgranocchiandosele, le gambe sgranchendosi, scrocchiandosi le nocche, pieno di balocchi, no, baiocchi.

Chi ha occhio, no, orecchie per intendere, intenda. Altrimenti, se non volete starci a sentire, c’è sempre la RAI.

Evviva noi, youtubers a cazzo loro, gli altri sono tutti troioni.

Perciò, arriviamo al punto cruciale, alla morale della fav(ol)a:

se James Dean interpretò Il gigante, se James Deen è un cane e La Russa un cinofilo, perché Falotico non può essere un cinefilo normale?

Dio can’!

 

di Stefano Falotico

01 Jan 1955 --- James Dean --- Image by © Sunset Boulevard/Corbis

01 Jan 1955 — James Dean — Image by © Sunset Boulevard/Corbis

SMOKE: Avventure di un uomo invisibile che ha scritto una monografia su John Carpenter ma è meno ricco di Harvey Keitel del film di Wayne Wang


30 May

keitel smoke

Sì, sono io l’autore di John Carpenter – Prince of Darkness, opera oserei dire capitale e magna della bibliografia del Falotico. Puro masterpiece che ogni amante della letteratura complicata e raffinata dovrebbe possedere in casa sua se non vuole impazzire e finire come Michael Myers di Halloween.

Vi conosco, sapete? Voi non amate voi stessi e ora passate il tempo a fare gli spaventapasseri, spaventando ragazze super passere come la Jamie Lee Curtis di True Lies.

Non dovete raccontarmi bugie. So che gironzolate nei quartieri periferici, spuntando da dietro i cespugli come il Pennywise. Ma non terrorizzate nessuno, solo voi stessi, sempre più idioti.

Di mio, sono un essere altamente pagliaccesco. Riesco perfino a essere e a incarnare Harvey Keitel, William Hurt, Forest Whitaker e il ragazzino in cerca di un lavoro di Smoke.

Cioè quattro characters in un colpo solo: il tabaccaio cafone che filosofeggia, l’intellettuale sobrio, il mezzo storpio e lo sfigato.

Sì, grazie alla mia visione neorealistica alla Paul Auster, minimalista alla Jim Jarmusch, amante dei piccoli gesti quotidiani che riscaldano il cuore e forse donne più sexy di Jamie Lee Curtis, pur non essendo laureato a Oxford, ho già pronta pure la falotica versione factotum in inglese del suddetto saggio monografico su Carpenter. Con traduzione di alta scuola, pregiata e da fuoriclasse che mi ha fatto sudare sette camicie. Un lavoro estremamente certosino e improbo. Terminato che lo ebbi, stavano per ricoverarmi in un ospedale psichiatrico come Sam Neill de Il seme della follia.

Un libro alla Sutter Cane, sì, di In the Mouth of Madness. In cui sviscerando, scorporando in maniera cronenberghiana la poetica carpenteriana, ho enucleato perfino me stesso, arrivando a percezioni della realtà talmente elevate da non riuscire più, adesso, a vederla con occhi da Roddy Piper di Essi vivono prima che indossasse gli occhiali magici.

Cazzo, un bel macello, che casino.

Per molto tempo, fui scambiato per Nick Halloway/Chevy Chase, appunto, di Memoirs of an Invisible Man.

Tutti pensarono infatti che fossi un nababbo e un cocco fortunato che poteva permettersi il lusso sfrenato di ciondolare nella noia e nel dolce far niente. 

Già, fui preso per il figlio di Berlusconi quando invero, amici, fui solamente un grosso coglione.

Sì, anch’io bramai la mia Daryl Hannah. Di questo ve ne parlai già, giusto? Il mio primissimo, grande, irripetibile amore platonico si chiamava Tiziana ed era bionda come Daryl, forse perfino più bella di questa sirena a Manhattan.

Ma cominciai a deprimermi fortemente, splash, a eclissarmi, a perdere di vista la realtà e anche Tiziana. Che oggi è sposata col mio amico delle elementari e ha pure avuto da lui dei figli.

Mi consolo da questa (s)figa clamorosa, ammirando le scosciate dell’omonima Tiziana Panella di Tagadà. Donna, a differenza di Tiziana la biondina, corvina. Ma che riesce sempre ad alzare il mio umore un po’ supino e anche qualcos’altro da volpino nei miei momenti di massimo languore da lupino, attimi paradisiaci in cui per un po’, lontano dai libri, come un uccello in volo libro, mi libero con atroce, onanistica mancanza di pudore, sfoglio una donna che mi fa battere il cuore e che vorrei sbattere di gran calore, (s)fregandomene di ogni residuo candore.

Sì, appena la vedo, mi ricordo di essere un uomo.

Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster come Ray Liotta di Goodfellas?

Macché!

Sì, credo che gli altri mi vedano parecchio bene, mi sappiano inquadrare alla prima occhiata. Anche Tiziana, non la Panella, bensì quella bionda della mia primissima, virginale infatuazione, ah, che magnifica fata, che lievissima patata, a 13 anni voleva rendermi corporeo, assai tangibile con lei.

Ma io, non so perché, la mandai a farsi fottere.

Sì, finalmente ho compreso la verità. Potevo essere l’uomo con più amici, soldi e donne della storia. Ed è stata solo colpa mia se non ho il conto in banca del marito di Tiziana Panella. E dunque non posso regalarle una vita da elegante signora.

Se dovessi, mai sia, essere invitato alla sua trasmissione, lei potrebbe ammiccarmi di occhiolino, forse verrebbe anche in diretta, fissando le palle dei miei occhi. Ma finirebbe lì.

O forse interromperebbero momentaneamente l’imbarazzo mio e di Tiziana, bagnatissima, con i consigli per gli acquisti degli assorbenti, miei conigli.

La mia vita è stata spesso un’inculata, una mega-sfighissima da figone sfigatissimo, no, una foga, The Fog, una fuga non solo da New York bensì dal mio The Ward. Lasciate che mi sfoghi.

Sì, come Amber Heard, trascorsi praticamente tutta l’adolescenza nel nosocomio delle mie ipocondrie.

Una volta che io stesso mi dimisi, capii che la realtà vera è un manicomio. E che i pazzi sono quelli che si credono sani. Per forza. Più che pazzi, sono scemi. Non capiscono nulla e pigliano tutto a culo.

Al che, per via della mia eccessiva sensibilità, del mio romanticismo alienato rispetto alle triviali animalità dell’uomo assai medio, vengo tuttora preso per Starman.

Alcuni miei amici, quando m’isolo troppo ancora, sospettando della mia buona fede, mi dicono che sono/sia Il signore del male. Sì, pensate, ora devo stare attento a non fare la fine invece di Keith Gordon di Christine. Dopo una vita da nerd mai visto, appunto, vengo corteggiato da pezzi di carrozzeria femminile al cui confronto Alexandra Paul dei tempi d’oro è una Cinquecento.

Comunque, molte donne sono da rottamare. Sì, che palle queste qui. Aspettano sempre l’estate per farsi il bagnetto. Come se poi durante l’anno facessero altro…

Sì, su Facebook, Instagram e altrove, donne stupende mi contattano affinché io possa avere subito con loro fisici, potenti contatti. Ma che è successo? Ho indossato delle miracolose lenti a contatto o, per troppo tempo, la gente subdola, meschina e ipocrita, rivolgendomi a me senza tatto, non capendo del sottoscritto un cazzo, mi aveva scambiato per David Lo Pan e invece oggi tutti scoprono, compreso me stesso, che è stata solamente una Big Trouble in Little Bologna?

Non facciamone, suvvia, una tragedia. Potevo scoparmi pure Kim Cattrall ma rimango una testa di minchia come Kurt Russell. Basta, adesso.

Sì, Smoke è un capolavoro. Il miglior film di Wayne Wang. Mentre io, diciamocela, rimango un bravo ragazzo soltanto come Dennis Dun, ovvero Wang Chi.

Forse, la mia vita non è il racconto di Natale di Smoke, bensì quello di Dickens filtrato dalla visione simile a Ritorno a futuro di Robert Zemeckis con Jim Carrey.

Uno Scrooge così giovane nel cuore da rendervi tutti misantropi.

Signore e signori, spero di avervi allietato col mio libro e con questa bella storia. Adesso, se vorrete tradirmi ancora fottetevi.

Fra amici ci si scambiano confidenze e favori. Dunque, a tutti i cattivoni, or dico ma fatemi il piacere!

 

Firmato Paul Auster?

No, Stefano Falotico

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smoke keitel hurt

 

 

christmas carol

Scarface di De Palma è un capolavoro forse più dell’originale anche se Frusciante non è d’accordo


05 May

In tarda serata di sabato, s’è scatenata una faida cinefila.

Federico Frusciantone ha, come di consueto, inserito nella sua bacheca il trailer del suo film del giorno. In tal caso, Scarface di Brian De Palma.

Non starò qui a farvi tutto il reportage dei vari e svariati commenti che gli sono arrivati di lì a poco.

Fra cui la mia opinione secca, oserei dire abrasiva.

Ecco due screenshot che attestano il mio intervento chirurgico, da meticoloso operatore sanitario delle inesattezze oserei dire slabbrate.

Federico, in buona fede, ha asserito, come potete leggere, che Scarface, appunto, di De Palma sia un ottimo film ma il vero capolavoro rimane, a suo avviso, l’originale di Howard Hawks con Paul Muni.

È la quarta volta che sono totalmente in disaccordo con lui.

Ecco le tre volte precedenti su film per cui abbiamo avuto e abbiamo pareri discordanti.

The Ward di Carpenter, che lui considera un filmone, secondo me è un filmetto. L’ho pure scritto nel mio saggio monografico John Carpenter – Prince of Darkness. E non rinnego una sola parola da me vergata in questo libro che dovreste quanto prima acquistare, collezionare e spolverare un giorno sì e un giorno no, rispolverando soprattutto Il signore del male, appunto, come da (sotto)titolo in originale di tal intarsiata mia opera molto calibrata, ponderata, oggettiva e giammai agiografica.

Sì, Il signore del male è la vetta spropositata, inarrivabile di John.

Autore indubbiamente di opere mastodontiche che conoscerete meglio di me, anche se ne dubito, poiché io conosco il Cinema meglio di voi, ah ah, che qui però ha proprio toccato la perfezione oserei dire più sibillina, certosina, adamantina!

Se lo reputate un horror alquanto noioso, vi prescrivo subito una colazione a base di pancetta affumicata indigesta, simile a quella fatta da quegli obbrobriosi, ingrati critici da quattro soldi degli Stati Uniti, malati di panza e di putrescenze gastrointestinali vomitevoli propagatesi nelle loro tastiere, i quali continuano ostinatamente a non comprenderne la grandezza impari.

Critici americani, se continuate così, vi trasformerete come la donna scarnificata nel finale de Il signore del male e la Bestia vi possederà come ne L’esorcista.

Vi rendete conto? Di questo ne siete coscienti, poveri panzerotti da Malibù delle vostre idiozie sesquipedali sparate insipientemente in merito a quest’intoccabile, venerabile, eccelso e iper-mirabile masterpiece assoluto del maestro nostro travolgente?

Già l’idea secondo cui dio e il diavolo siano la stessa creatura è qualcosa di geniale. Poi che classe, che finitura nelle inquadrature, che atmosfera fuori da ogni spazio-tempo, parliamo della stessa metafisica di cui discetta il grande Victor Wong in tale pellicola al di là di ogni cinematografica scienza esegetica.

Detto ciò, mi spiace per John e per Frusciante, The Ward è un film decisamente minore.

Quindi, Mission e Donnie Brasco sono due film strepitosi. Retorici quanto volete, certo, ma è manierismo di altissima scuola.

A Federico non piacciono molto. A me sì. E anche parecchio.

Dunque, arriviamo alla questione Scarface.

Io sono mereghettiano, nel bene o nel male. Paolo Mereghetti ha detto e scritto molteplici scemenze nel suo biblico Dizionario dei film. E la sua idiosincrasia nei riguardi di Sergio Leone è inesorabilmente oggetto di studio psichiatrico.

Acclarato questo, su Il signore del male la pensa esattamente come me. E nell’ultima edizione del suo tomo ha portato a quattro stellette, cioè al massimo, la sua valutazione critica a riguardo.

Stesso discorso dicasi per Scarface.

Prima gli aveva assegnato tre stellette. Ora è arrivato a dargliene 4 piene. Quasi con lode.

Le stesse che ha dato ovviamente all’originale.

Scarface è un film cresciuto col tempo e non è un remake nel senso più stretto e letterale del termine.

È semmai un rifacimento dell’idea originale a misura e mistura grandiosa della poetica eccessiva di De Palma.

Con un Pacino d’antologia.

Un film talmente volgare, nel senso migliore della parola, da divenire colossale.

Fabrizio Corona ha sempre sostenuto che Tony Montana è il suo idolo e che lui stesso avrebbe voluto di Scarface realizzarne un remake. Il signor Corona di questo film credo che abbia capito ben poco. Ha semplicemente, solamente compreso le stesse coroncine e catenine d’oro, gli anelloni al dito di Montana/Pacino che lui orribilmente indossa ma non possiede la cultura introspettiva per potersi nemmeno avvicinare a un film così.

Sì, caro Fabrizio, so che con le donne ti comporti alla stessa maniera di Tony. Vai, a bordo piscina, dalla tua bella fighella ignorantona e, come se lei fosse Michelle Pfeiffer, donna invece molto raffinata, parimenti ad Al Pacino le dici platealmente, senza filtri: voglio scoparti.

Senza se e senza ma.

Lei, come Michelle in questo film, accetta. Perché hai gli stessi soldi di Tony.

Ma adesso, a parte gli scherzi, davvero Fabrizio, bello di mamma, credi di valere soltanto l’unghia del mignolo anellato di Pacino? Stiamo parlando di un padrino vero, di un Corleone molto Carlito. Del futuro Jimmy Hoffa di The Irishman. Di uno che conosce Shakespeare a memoria. Di un puro uomo Scent of a Woman. Mica di un discotecaro imbrillantinato che, oltre a non conoscere la dizione, non sa neanche parlare in italiano accettabile. E recita pure male la parte della vittima.

Detto ciò, Scarface è un capolavoro immane. Come diceva il giudice Sante Licheri di Forum, la seduta è tolta. Se Corona non ci sta, dategli altri tre mesi di lavori socialmente utili. Se Frusciante rimarrà invece della sua idea, ci sta.

Scarface, al di là della magnificenza kitsch, varrebbe anche solo per due frasi mitologiche:

Elvira è sempre in ritardo: passa metà della sua vita a vestirsi e l’altra metà a spogliarsi.

Se avessi preso la strada del prete, di sicuro sarei diventato papa!!!

Ma non c’è mai due senza tre.

Ed ecco la frase a 4 stellette: io dico sempre la verità, anche quando dico le bugie.

Su Scarface però sono sincero, si tratta di una bomba fenomenale quasi quanto quello che ho in mezzo alle gambe.

scarfacescarface 2 di Stefano Falotico

 

 

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scarface poster

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