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L’idiota, tutto il resto è noia…, evviva ogni ammiratore di Bruce Springsteen come Frank Castle!


21 May

marvel punisher

Sì, ma poi…

Tutto il resto è noia. No, non ho detto gioia ma noia, noia, noia.

Così cantò il mitico Califfo, alias Franco Califano nella sua canzone capolavoro. Adoratissima dal regista Stefano Calvagna. Che la infila sempre nei suoi film girati con du’ soldi, film che si avvalgono di attori non professionisti, forse ragazzi pasoliniani migliori di tanti divi d’oltreoceano sopravvalutati e, sinceramente, assai esaltati.

Una canzone bellissima e al contempo dolorosissima. Poiché Franco, similmente ad Al Pacino di Scarface, forse si trovò a cena col suo migliore amico e poi sbottò contro la vita puttana.

Poiché gli venne il cosiddetto “sturbo”. Prendendo coscienza che lui fu ed è soltanto uno stronzo malavitoso, l’amico un libidinoso ingordo di peccaminosità a buon mercato e sua moglie una Pfeiffer stupenda ma fatta e strafatta…

Inoltre, fu geloso da morire del suo amico perché il suo amico vuole sbattersi sua sorella. Dai, suvvia, caro Tony Montana. Per una buona volta che tua sorella esce dal guscio, lascia pure che il tuo amico penetri (in) lei con qualcosa di duro e liscio.

Che poi… quella Mary Elizabeth Mastrantonio lì, ah ah, nel Robin Hood con Kevin Costner è una bella gatta da pelare. Subito, ammira il fondoschiena delicato e appena pulito di Kevin mentre, ignudo di (s)palle al vento, Kevin mostra il suo lato b tornito e lei si bagna più del rivolo della cascata là limitrofa.

Asciugando i pensieri proibiti nel fare la Lady Marian di sto par de palle.

Ah, Kevin però la bramò, infinitamente la amò e, alla fine, con la lama inchiappettò… lo sceriffo di Nottingham incarnato dal compianto Alan Rickman. Uno che, nove film su dieci da lui interpretati, lo prese in quel posto più di Harry Potter. Considerato un ragazzo tanto prodigioso quanto sfigato clamoroso.

Eh, basta poi con le potte… The Wolf of Wall Street emana più nausea sartriana ispiratrice delle atmosfere scorsesiane-schraderiane di Taxi Driver, cazzo, di uno squallido porno con James Deen.

Protagonista, si fa per dire, di The Canyons. Forse, l’unico film sbagliato di Schrader.

Una troiata peggiore di una gang bang che ricatta sessualmente Ethan Hawke di First Reformed affinché rinunci alla sua santa unicità e alterità meravigliosa pur di dimostrare di avere le palle da merdoso. Ma che roba è? Uccelli di rovo? Comunque, ad Amanda Seyfried, preferisco Rocco Siffredi. Almeno, Rocco va dritto al sodo, non vi gira intorno. Amanda, invece, pur di cogliere L’attimo fuggente, non so se Prima dell’alba, di Ethan Hawke, inscena una recita romantica più falsa di Laura Pausini.

Ne vogliamo parlare, no, no, scusate, di Laura?

Una divenuta famosa con Strani amori, accrescendo la sua fama, dunque anche la sua fame non solo per i soldi, magnificando La solitudine ed elevandola, per l’appunto, alla massima potenza. So io di cosa…

Mah, negli ultimi video sembra una pornoattrice araba.

Torniamo al Deen. Un povero disgraziato che, per scopare donne assai fighe ma al contempo annoiate a morte, dunque nell’animo loro corrotte più dei “potenti” che pagarono Moana Pozzi, usò questo nomignolo storpiato dal grande James Deen di Gioventù bruciata.

James, il mito della giovinezza eterna precocemente morta, non solo per colpa del suo letale, tristemente famoso incidente mortale.

Sono i cosiddetti adulti che spengono ogni Valle dell’Eden poiché, mal considerandosi esperti e cresciuti, col loro cinismo scellerato annientano ogni vivo ideale istintivo e sanamente passionale, annerendolo sotto la coltre odiosa e mortificante, per l’appunto, della loro saccente boria disgustosa da animali falsamente umani assai pericolosi.

Conobbi un tizio, per esempio, grande e grosso che si vantò soltanto della forza del suo glande. E questo sarebbe Il gigante?

Ma fatemi, per l’appunto, il piacere…

Provo pena/e per molti di voi, davvero.

La gente, in passato, pensò di me le stesse cose che pensò di sé stessa davanti allo specchio.

Cioè pensò che io mentissi nel vivere a cazzo mio poiché, secondo queste personcine, mi comportai come un bambino assai furbino. Rinnegando i miei desideri più intimi per fare lo scemo che non volle andare in guerra.

Infatti, fui obiettore di coscienza, non solo di cosce. Insomma, stanno così le cose.

Scherza coi fanti ma lascia stare i santi. Scherza con Fantozzi ma lascia stare Falotico.

Tornando a Mary Elizabeth Mastrantonio di The Punisher, no, a The Punisher e basta, vi ricordate che cosa disse Deborah Ann Woll/Karen alla fine della puntata n. 10 della prima stagione, intitolata La virtù dei perversi? Vi riporto il dialogo testualmente:

– Se Castle è un terrorista, allora io sono una vittima.

– Ah ah. Ih ih. Noi due sappiamo che non è la verità.

– Sì, hai ragione.

– Lui dov’è?

– In realtà, non lo so. Credi davvero che Castle sia uno che entri in un palazzo senza saperne uscire?

 

Ecco, Shutter Island è un altro film sbagliato. Poiché Scorsese vorrebbe dirci che ciò che successe al protagonista di tale pellicola fu una tragedia irrimediabile. E, quando pensi che una persona matta abbia finalmente fatto mente locale, scomponendo il suo “rebus” o anagramma a compensazione del dolore interiore cagionatogli dal trauma devastante, ecco che uno psichiatra medio e una persona inutile pensa fermamente supponente che ciò non sia possibile. Poiché vi sarà la ricaduta ancora più eclatante.

Diciamo anche che Leo DiCaprio è più brutto di me e assai meno intelligente. Diciamo perfino che la scena del “più bel complimento” fra Jack Nicholson ed Helen Hunt di Qualcosa è cambiato, ecco, io l’avrei così cambiata…

– La mattina dopo ho smesso prendere le pillole…

– Non capisco come possa essere un complimento per me.

– Mi fai venire voglia di essere un uomo migliore. Perché lo sono sempre stato. E This Must Be the Place è il film su un “gran pagliaccio” come Joker.amore amore 3 amore 2

 

di Stefano Falotico

Coronavirus permettendo, sono l’amore, l’amicizia, il sesso i motori dell’azione, ciak si gira? O sono i soldi, non solo di Christopher Nolan, a renderci Brad Pitt di Vento di passioni?


01 Apr

joaquin phoenix the master

 

 

 

Sì, la mia generazione, peraltro da me vissuta di vita riflessa, anche riflessiva, diciamo pure da fesso, non è che l’abbia capita molto. Anche perché, va detto senza se e senza ma, oserei dire in maniera perentoria, inderogabile, altresì insindacabile e incontrovertibile, come sopra da me evidenziato e nelle prossime righe rimarcato, non me ne addentrai molto. Anzi, ne fui addentato e vivo sbranato.

In modo rimarchevole! Ah ah.

Non fui affatto un lupo solitario, bensì The Elephant Man. Godendo dei cazzi degli altri.

Sì, fui accusato di essere invidioso, di rosicare per le gioie altrui. In verità vi dico che fui un contemplatore delle felicità del prossimo. Anzi, augurai perfino al più stronzo bastardo, eh già, pene… a volontà. Con sentite felicitazioni e condoglianze inflitte a me stesso, situato perennemente in zona suicidaria, anzi, da malinconici, personali, tristissimi diari. Mi piacque anche molto il primo Cinema di Argento Dario.

Ah, miei dromedari!

Ah ah, sì, pene non nel senso di patimenti, afflizioni e flagellazioni, bensì esattamente, in maniera abbastanza prosaica, di godimenti derivanti da una sana, robusta libidine ben sviluppata a livello genitale.

A me invece dissero sempre di essere una persona geniale che fece pena.

Ma seppi e so ancora prenderla con filosofia. Sì, credo che chi filosofeggi per sdrammatizzare le proprie sfighe e per sublimare le piccole o grandi tragedie del proprio vivere quotidiano, molto scalognato, meriti una cattedra a Cambridge poiché, senz’abbisognare di Master in teoretiche ermeneutiche da Umberto Eco di Scienze delle Comunicazioni della minchia, oltre che essere un pensatore superiormente elevato alla potenza del Dostoevskij più infernalmente sprofondato nell’incurabile melanconia, sia per l’appunto un essere penante, no, infinitamente pensante. Quindi, eternamente intoccabile, amabile. Subito da venerare e beatificare. Ché, sventrato ma non svettando in quanto ad animalesche, basse, volgari, socialmente aggressive,

tribali trivialità carnascialesche, mondane, frivole, effimere e aggiungerei, come se non bastasse, carnevalesche, porcellesche e carnali, abbia dovuto compensare il vuoto interiore, non certamente quei due vuoti femminili, visibili all’esterno nelle foto di nude glamour, ubicati rispettivamente nella zona pubica e in quella diametralmente opposta, simmetricamente allineati nelle donne più normali fisicamente, per alzarsi in volo mentalmente e forse poco lì, internamente. Ah ah.

Ora, facciamo i seri e assumiamo un contegno degno di Philip Seymour Hoffman, per l’appunto, di The Master. In verità vi dico che costui, da sbattere immantinente in manicomio, fu un ciarlatano che s’illuse, con buonismi consolatori da imbonitore e da improvvisato psichiatra della mutua, di curare ogni Joaquin Phoenix prima che impazzisse definitivamente, in Joker, con una controproducente terapia psicanalitica del tutto erronea, dunque orrida. Direi aleatoria, sì, campata per aria. Ché constò di patetici, deleteri addolcimenti a una coscienza innatamente arrabbiata, oramai irrecuperabilmente alienatasi, forse traviata o immondamente deturpata, ingannata con pedagogiche lezioni da Dario Fo dei poveri.

Ora, molta gente crede che io non creda all’amore. Costoro sono solo dei miscredenti e dei millantatori!

Degli impostori!

Il vero amore lo conobbi durante la pubertà quando, al tintinnare senziente delle mie prime emozioni anche (auto)eroticamente bollenti, in quelle notti insonni un po’ da deficiente come nel romanzo I dolori del giovane Werther, bramai le pudiche, rosee gote d’una mia compagna di classe dagli occhi violetti, fanciulla in fiore dalla natura angelicata, sessualmente ancora non sverginata, per cui soffrii d’impensabili struggimenti commoventi.

Nel mio letto, a tarda notte, mi contorsi anche in modo masochistico e quasi violento. La mia sofferenza psichica, no, psicofisica poco figa, ah, in quei momenti virilmente, anche vilmente, vulcanicamente pen(s)osi, fu straziante.

Lacerato nel girone diabolico del mio desiderio lancinante, sognai di essere il nuovo Goethe di Faust, contrattando un patto con un esorcista che mi liberasse dai miei Demoni interiori.

Sì, al fine di potere solamente sfiorare le guance eburnee e per baciare le labbra purpuree della mia ninfa plebea da me ingenuamente, giovanilmente idealizzata, quindi fantasticata e magnificata più del necessario, mi sarei sconsacrato. Ebbi però, col tempo, ragione da vendere.

Poiché credetti che lei fosse una strafiga esagerata e invece, con mio sommo rammarico, ravvisandone oggi le sue foto su Facebook, constatai amaramente che la sua vita fu peggiore della mia. Sì, molto sfigata.

Un tempo costei fu stupenda, una dea immacolata, la mia ragazza preferita, personalmente osannata.

Sì, la purezza romantica davvero, nella sua perfezione altissima, irraggiungibile (soprattutto da me, gli altri la raggiunsero invece subito, eccome), magicamente e magneticamente incarnata. Con la quale immaginai di trascorrere assieme tutta una vita giammai addolorata. Invece, dopo le mie vigliacche ritrosie assai pavide, lei presto non fu più illibata e io, nel visionarne le immagini in modo allibito, immagini ove m’apparve assai sciupata, dopo averlo lì preso, presi e prendo sempre maggiore coscienza che, addirittura, rispetto a me, rimase decisamente più inculata.

Dico ciò poiché devo confessarmi e sgravarmi di molti dubbi che, nella mia (r)esistenza amletica, da tempo immemorabile mi stanno tormentando, rendendomi un uomo combattuto e sempre meno combattivo.  Fui cornuto? Chissà! Eppure, giammai abbattuto, altamente me ne sbatto. Poiché ripeto, solamente innalzando la mente e sollevando poco le gonne, dunque stigmatizzando una sacrosanta par condicio senza femministe a rompere i coglioni, ah, queste dannose donne, debbo constatare che l’umanità è un porcile fatto di omoni troioni e di donnette puttanone.

L’amore esiste finché si è illusi. Quando invece, nei rapporti, non solo (con)sensuali o sessuali, interviene il denaro di mezzo, fai una vita da mediano e tutti gli an(n)i passano in un battibaleno. Anche forse con un battiscopa.

Alcuni, grazie a botte di culo pazzesche, fanno i soldi. Oggigiorno, pure molte ragazze dapprincipio pure, pur di farsi uno yacht, impuramente si danno a una vita da mignott’.

Cioè la sventolano e al miglior offerente si (s)vendono. Insomma, in maniera ven(i)ale, (s)vengono.

Il miglior offerente oramai non è più un uomo sofferente interiormente e (poco) amorevolmente, essendosi sistemato più di Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street, cioè rubando con meschini intrallazzi, regala alla sua lei tutti i suoi gioielli. Portandola alle feste, forse anche ai festini, con tanto di frizzi e lazzi. Un po’ come Sam Rothstein di Casinò. Film nel quale primeggia la bellezza sempiterna e svettante d’una Sharon Stone zoccola come non mai. Un’infingarda doppiogiochista più magnaccia del pappone James Woods con cui sta. Sì, Sharon di Casinò è la versione stregonesca e (im)matura di Jodie Foster di Taxi Driver. Mentre Bob De Niro è la versione possibilmente ancora più stupida del suo Travis Bickle storico. Oserei dire stoico.

Sì, ci vogliono veramente due palle come un toro per rifiutare Cybill Shepherd. Una che lui portò persino a vedere un porno. Al che lei lo scambiò giustamente per un pervertito e per un porco ma lo perdonò e forse alla fine fu sul punto, anche G, di fargli un godibile dono. Chissà se col Condom.

Ma Bob sulla strada l’abbandonò, forse a cazzo suo gli tirò, la (non) marcia girò, la salutò, nella sua notte imperitura s’inabissò e forse, sul finire dei titoli di coda, per la solita vi(t)a svoltò.

Lasciando la sua “sibilla” come una povera “fessa”. Fessa, in meridione, sapete che significhi, (s)figurativamente parlando?

Sì, fece bene, Travis. Certamente…

Poiché la Shepherd pensò che, dopo aver salvato la minorenne prostituta Iris, lo Stato avrebbe dato a Travis l’indennizzo milionario per essere stato, dapprima, un coglione esagerato. Sì, lei pensò… questo ora è ricco. Non è che mi vada molto che con questo tizio scoperò come una riccia ma almeno può comprarmi la pelliccia. Forse, presto potrà anche regalarmi l’abbonamento per iscrivermi in palestra. Sì, sono molto bella e ancora longilinea ma, fra un po’, ingrasserò. Avrò bisogno di buttare giù molta ciccia.

E ora parliamo dell’amicizia!

No, le mie parole non devono infondervi tristizia. Ma devo ancora esservi sincero senza indossare una maschera di cera buonista di falsa letizia. È meglio l’inimicizia!

Poiché fidatevi, eh già, se Jonah Hill di The Wolf of Wall Street fosse stato il capo dei broker, anziché DiCaprio, senza lo stress dovuto alla gelosia nei riguardi del suo amico nababbo, non sarebbe mai dimagrito spaventosamente, finendo nel reparto di Maniac.

Sì, è vero, lì incontrò Emma Stone. Dunque, a prima vista, non è che gli andò poi malissimo.

Ma non è che anche lei, in questa serie televisiva, apparisse fighissima e perciò in formissima.

No, Jonah Hill, a differenza di DiCaprio, non è affatto un bellissimo. Ma è comunque ricchissimo.

Grazie al cachet da lui ottenuto per film come I trafficanti, firmato dal regista di Joker.

Sì, non voglio essere cinico. Ma se Hill, un giorno, diventasse più ricco di DiCaprio, Margot Robbie lo sposerebbe. Infatti, Sharon Tate non sposò Polanski perché fu ed è un genio. Semplicemente perché ebbe la villa vicino a quella di Brad Pitt. Perlomeno, in C’era una volta a… Hollywood.

Ora, parliamo di Brad Pitt.

Sia molto chiaro, senza infingimenti e/o panegirici. A me Brad Pitt piace, pure parecchio. Ma non sono eterosessuale così come del suo successo, quindi del suo smodato potere sessuale, non sono geloso e/o invidioso affatto. Come si suol dire, beato lui. Che regala alle sue belle pene d’amore. Ah ah.

E beati/e gli spettatori e le spettatrici, soprattutto, che lo adorano.

Allora, ne L’esercito delle 12 scimmie, ne L’arte di vincere, ne L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford e ne Il curioso caso di Benjamin Button è veramente bravissimo.

Non ci sono cazzi che tengano, per la madonna di Cristo!

Dunque, non voglio sentire ragioni in merito né voglio ascoltare le ire di gelosi mariti. Ah, quanti casini provocano le erogene regioni. Ma ne vogliamo parlare di Vento di passioni?

Molti anni fa, quando questo film uscì, la mia cugina di secondo grado di nome Cinzia, eh sì, per lui impazzì. Al che, le domandai dolcemente, con estrema sensibilità, tatto e cautezza indicibili:

– Cinzia, Brad è il tuo attore preferito?

– Ovviamente – rispose lei con lo sguardo perso e languidissimo, diciamo più che altro già col rossetto sbavato e là, tutta lilla, bagnatissima.

– Sei sicura che sia il tuo attore preferito oppure, semplicemente, è al momento la tua maschile fantasia ero(t)ica preferita?

– La seconda che hai detto…

 

Ecco, adesso Cinzia non se la passa alla grandissima. Fa puntualmente domande all’assistenza sociale poiché, essendosi inventata la balla da ipocondriaca e da depressa inguaribile secondo cui di mal di schiena sarebbe afflitta, non solo non riesce regolarmente a lavorare, bensì onestamente non è che sia Angelina Jolie dei bei tempi, quindi la vedo dura che riesca molto a scopare. A parte il pavimento, malgrado i dolori atroci delle sue vertebre lombari.

Ah, fratelli e (a)nemici, in questi anni ne passai tante. Come no. E vidi dei cazzoni mai visti. Ragazzi pienamente (in)validi che, essendo svogliatissimi, si fanno ora mantenere dallo Stato e, coi soldi della pensione anticipata a loro fottutamente elargita, diventano molto vogliosi con le Escort. Se ne fottono.

Non valgono un cazzo solo quando pare e piace a loro. Come si suol dire, vanno a tiramento di culo. Ah ah.

Di mio invece posso dire che giammai nascosi il mio malessere, che dovetti patire anche emarginazioni inaudite per essere sempre stato me stesso, che soffrii come un cane una solitudine agghiacciante e spettrale ma, per dignità, a costo di morire di fame, altro che di figa e cazzate varie, e ancora infinitamente patire, non mi venderò mai come Brad Pitt pur di essere il protagonista di una boiata come Vi presento Joe Black. Ove, dopo Vento di passioni, recitò con un attore che avrebbe meritato, al posto suo, l’Oscar per I due papi. Sì, bando alle ciance. Che cosa fu questa sorta di Oscar “alla carriera” dato a Brad Pitt? Brad, eh già, l’avrebbe meritato per le pellicole da me sopra menzionatevi. Avrebbe dovuto, quest’anno, vincere Hopkins. E che c’entra che già lo vinse per Il silenzio degli innocenti?

Poi, se proprio vogliamo essere realistici, senza vostri patetismi pietistici da uomini che si sentono, in questi giorni, soli senza baci e abbracci da fancazzisti rinchiusi nella quarantena dovuta ai divieti imposti dall’emergenza COVID-19, non dovete dare di matto e delirare, per l’appunto, a causa del vostro angosciante isolamento strozzante.

Ora, semmai provate a immaginare una donna più bella di Margot Robbie o un uomo più bello di Brad Pitt. Pensate che siano, per di più, intelligentissimi e con un quoziente intellettivo superiore alla media.

Che siano persone coltissime e poeti superlativi, sì, grandissimi.  In questo sistema capitalistico, assai relativistico (in tal caso non c’entra neanche l’edonismo), mettiamo che queste persone siano mute o che soffrano/soffrissero di qualche patologia mentale non propriamente gioiosissima.

Benissimo… oltre a essere invidiati a morte senza motivo, dovrebbero giorno e notte sublimare la loro bellezza esistenziale poiché incomprese dai veri dementi e dagli animali. Potrebbero, realisticamente, solamente la coscienza elevare. E la realtà stessa poetizzare.

Il mio discorso non fa piega e fa a tutti, compreso me, davvero molto, molto male.

E che c’entra Christopher Nolan? Interstellar dura circa tre ore ed è costato una cifra iperbolica.

Detto come va detto, questo film commuove solo quando McConaughey va a trovare sua figlia morente, Ellen Burstyn de L’esorcista. Potrei girare una scena così semplicemente col mio cellulare, senza la Warner Bros e suoi miliardi. E ho detto tutto.

Quindi, senza se e senza ma, senza NO(lan), andate tutti prendervelo nel culo in modo abissale.

 

di Stefano Falotico

 

Il Falò – Origins: cronistoria di un supereroe, anzi antieroe alla Adrian o forse à la Joker innestato su malinconia, per fortuna, giustamente non arrestata


20 Jan

joker phoenix

 

 

 

Sì, in questo post elucubrante in merito alle memorie di un uomo che soffrì d’amnesia, sviscereremo in profondità le radici dell’albero genealogico che generò un personaggio erroneamente giudicato degenerato per colpa di pregiudizi da debosciati, il quale, rinato come l’araba fenice, mangia pure la faraona e non vuole arrendersi dinanzi a Yul Brinner de I dieci comandamenti.

Un uomo dalla morale più forte di Charlton Heston del capolavoro biblico appena menzionatovi, firmato da Cecil B. DeMille, divenuto oggi millenaristico grazie, si fa per dire, a idioti che lo trattarono da Cecil B. Demented.

Nomen omen, un omonimo cioè di Stephen Dorff. Interprete del film di John Waters sopraccitato, il quale anni fa s’eccitò con Pamela Anderson mentre il Falò andò matto pure per Marliece Andrada di Baywatch. Eppur venne considerato Keith Gordon di Christine.

No, a proposito di femminili acque, a me giammai piacque Alexandra Paul. Se proprio, in qualche puntata, non v’era l’Andrada, poteva starci anche con Carmen Electra.

Come dice il detto, non c’è due senza tre. Lo sapeva il ribelle Renato Zero col suo Triangolo ma io sarei affogato pure con le mie bermuda/e in Nicole Eggert tutta nuda.

Fu un mio ex amico a farmela scoprire al di là della sega, no, della serie di Baywatch. Mi chiese:

– Hai mai visto il film Blown Away? Be’, Stefano, diciamo che c’è una scema, no, una scena che vale tutto il pezzo, no, il prezzo del noleggio… una scena di scarso minutaggio e pessimo montaggio dove però v’è Nicole ottimamente montata, no, immortalata da un ragazzo con pelle di mortadella.

 

Invero, ne fui già aggiornato nelle mie notti più belle dei vostri giorni. Già vi dissi che, in tempi non sospetti, comprai tutti i film con Shannon Tweed. Una messa spesso a novanta, no, superbamente dotata di gambe scoscianti e rifatto petto, donna piccante per l’attuale Gene Simmons dei Kiss un po’ adesso arrugginitosi in modo poco spingente. Un uomo che un tempo amò Shannon con tanto di assorbenti e invece dovrebbe ora gettare la (s)pugnetta.

Sì, la mia tragedia partì molti ani, no, anni fa.

Quando, dopo essere stato il miglior studente delle scuole medie, m’innamorai di Bob De Niro di Taxi Driver. In questo capolavoro, Bob perde la testa per la stagista bionda. Se n’invaghisce e la idealizza.

Poi scopre, pur non scopandosi nessuna, che Jodie Foster è costretta a venderla per colpa d’un pappone mentre la Shepherd, pur di mangiare la pappetta, si scandalizza di fronte a un porno ma forse è più troia di Margot Robbie di The Wolf of Wall Street.

Sì, Vasco Rossì cantò… ehi, tu, delusa, attenta a chi troppo abusa.

Eh già, mie care e nuove ragazze da ex programma Non è la Rai, infatti, non penso che incontrerete uno bello e ricco come Leonardo DiCaprio.

Come Ambra Angiolini, non dovrete darla soltanto a Gianni Boncompagni, bensì anche ad Harvey Weinstein. Ambra sta con Allegri, che allegria!

Ad Ambra, infatti, io preferii Cristina Quaranta. Ancora la adoro. Le scrivo spesso su Instagram.

 

Ma che cazzo successe? Ecco, che cazzo!

Diciamo che m’accodai a dei nerd liceali che giocavano a Theme Hospital. Vale a dire dei Worms.

Avrei dovuto asfaltarli come in Carmageddon ma io sono un tipo romantico che perdona.

Loro si strussero per Liv Tyler e mi sfotterono, spacciandomi per la Liv di Io ballo da sola. Insomma, desiderarono distruggermi ma io sono Bruce Willis.

Mi dissero che ero fottuto nel mio castello dorato e di valore, insomma, Trappola di cristallo.

Fra l’altro, tornando a Shannon Tweed, avete mai visto il film Trappola d’acciaio?

Sì, possiamo dire che fui precocemente belloccio come Michael Paré ma, essendo troppo oltre le frivolezze adolescenziali, pensarono che fossi io invece Willem Dafoe di Strade di fuoco.

È meglio I guerrieri della notte.

In parole povere, tutti credettero che fossi schizofrenico.

Non capirono una minchia.

Quando, peraltro, mi rivelai, mi dissero che mi stessi inventando tutto.

Mi spiace deluderli e mi spiace anche dire la verità.

Malgrado abbia passato un incubo come Riz Ahmed di The Night Of, grazie al mio genio da Rust Cohle di True Detective, tutti furono smentiti.

Sì, ci sono i terroristi che vorrebbero murarti vivo come Caesar Vargas di Showtime.

Allora, ti bombardano di offese per suggestionarti e intimidirti.

Dunque, da solo non puoi farcela.

Io ho sempre amato i buddy cop movie, pure The Blues Brothers.

E mi spiace ancora una volta deludere…

Non sono Ray Charles ma non sono neanche John Belushi.

Non sono neppure Dan Aykroyd di Una poltrona per due.

Semmai tu, sì, sei una testa di cazzo che vive un’esistenza senescente, ascoltando La Mer e i cantanti degli anni cinquanta.

Mi pare sacrosanto che mi guardiate bene.

Ecco, diciamo che giocai a Calcio sino all’età di diciotto anni. Ora, la vedi bene questa pancia, no, panca di addominali? Incomincia a fare delle flessioni!

Uh, sei già stanco?

State già festeggiando l’anniversario di quel vitellone riminese del Fellini?

Mi date dello scemino perché non mi piace C’era una volta a… Hollywood?

Semplicemente perché siete vecchi e guardate solo indietro o magnificate una vita vostra passatista e nostalgica. M’illusi che foste più bravi. La verità è che siete tonti. E non vi è cura per la demenza.

E ricordate: il Falò. E ho detto tutto.

 

di Stefano Falotico

JOKER: Rated R… Joaquin Phoenix è superiore a Leonardo Di Caprio, sì, lo penso davvero, non è una bestemmia da “disturbing language”


23 Aug

phoenix padroni della notte

Sì, Joker ha finalmente ricevuto la censura. Era d’uopo. Bisognava aspettarselo.

Questa è una notizia esaltante. Pagliacci, jolly vari, uomini senza dignità, uomini spogliati del vostro amor proprio, uomini accusati di viltà, donne additate come irrimediabili sfigate irrecuperabili, donne deflorate della vostra innata innocenza purissima, uomini che ne passaste troppe, sì, mi riferisco sia figurativamente a quelli che, dopo troppo sesso e troppi flirt inutili, son divenuti nichilisti e persi, sia a quelli che invece non furono amati da nessuna, nemmeno dalle loro madri, dunque ricevettero dalla vita solamente dolori e tostissime batoste crudelissime.

Uomini amari, uomini che amate La Mer, uomini rammaricati che non volete più le maniche rimboccarvi perché tanto non servirebbe a un cazzo ripartire daccapo se non a pigliare altre sberle e pugni in faccia, non dovete assolutamente reagire dirimpetto a quest’immane delusione ch’è stata la nostra vita tragica.

Dobbiamo buttarla a ridere, ironizzarvi sopra e sdrammatizzare lo scempio compiutoci da una società ingrata e belluina, grazie alla stupenda, ilare virtù dei nostri blues brothers fintamente demenziali e sapidamente cretini. All’apparenza coglioncini, in verità vi dico assai svegli e volpini.

Uomini cioè che hanno il pelo sullo stomaco e, malgrado le cos(c)e siano andate malissimo, sì, dobbiamo essere realistici e oggettivi, senza poetizzare, romanzare nulla, poiché noi odiamo i consolatori buonismi e la retorica a buon mercato, detestando e pigliando a testate gli psicologi perché tanto c’imboccherebbero soltanto di caramelline zuccherose, rabbonendoci con psicofarmaci inibitori delle nostre, vivaddio, sanissime pulsioni non certamente santissime, meglio così, guardiamo in faccia la realtà per quella che è. Senza nasconderci in piagnistei superflui e patetici. Deleteri e controproducenti.

È stata una vita orribile, mostruosa, un horror continuo. Un percorso esistenziale talmente sfortunato d’averci illuminato nell’esistenzialismo più fantastico.

E, come Travis Bickle di Taxi Driver, camminiamo funerei nella notte più cerulea, donando baci bollenti a donne parimenti inculate da questa vita misera e puttana.

Ah ah.

Dunque, la smettessero quelli che cercano solidale compassione e la stima altrui attraverso false leccate di culo ignobili.

Noi riconosciamo, di onestissima Mea Culpa, che indubbiamente il nostro cervello andò a farsi fottere molti anni nel didietro, no, addietro.

Ma il nostro battagliero spirito guerrigliero inarrendevole, la nostra caparbia temerarietà da Armata Brancaleone di folli condottieri, eh sì, ci condurrà verso altre sfighe immani e disumane.

Non fatevi illusioni, ah ah.

Esiste la felicità? Ovviamente, sì.

Però, come giustamente asserì il mitico, imbattibile Totò, la felicità perpetua non esiste e non può esistere, a meno che voi non siate degli idioti.

Poiché la vita è oggi un petalo di rosa e una donna armoniosa forse tua leggiadra, romantica sposa, domani è il suo amante segreto che scoprirai troppo tardi quando lui l’ha messo sia a lei che a te in quel posto.

Non ci sono cazzi. È così. State in occhio. Non credete di essere arrivati e non fate dunque i gigioni come Leonardo DiCaprio.

Volete la verità?

A me Leo DiCaprio piacque molto in Voglia di ricominciare.

Sì, fu bravissimo in questo film. In Titanic fu invece bellissimo.

Sì, sono un uomo etero, non credo eterno, prima o poi creperò ma debbo constatare, senza vergogna, che se fossi stato una ragazzina ai tempi in cui il film di Cameron uscì, guardando Leo a prua e a poppa, eh già, avrei avuto in sala la fighella tutta bagnatina e avrei sognato di fargli un pompo.

Sì, è per questo che all’epoca le sale furono allagate, no, affollate. Ed è sempre per questa ragione che restaurarono Titanic in 3D. Per rendere l’orgasmo più oceanico, al fine di ottenere un affondamento totale di questo pubblico di borghesi sdolcinati che si emoziona(ro)no per du’ baci sulle note di Céline Dion.

Siamo uomini ghiacciati che succhiano un ghiacciolo, degli iceberg inaffondabili, probabilmente solo annacquati.

Ah ah.

Basta, questi non sanno nemmeno che cosa sia la vita dura. Leggessero piuttosto Louis-Ferdinand Céline. Sì, siamo uomini oramai offuscatisi nel Viaggio al termine della notte.

Ma quali yacht, motoscafi e varie mignotte. Questa realtà non c’appartiene e non c’apparterrà mai!

Dunque, prendete quel Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street e sbattetelo dentro.

Costui è solo un viziato, un nababbo, uno che va subito ridimensionato.

E la smettesse Leo DiCaprio con le storie di vendetta.

L’uomo vero perdona gli errori altrui, non è altrettanto punitivo come gli scellerati che gli commisero danni irreversibili e, oserei dire, irreparabili.

E che è quel film The Revenant?

E poi… in Gangs of New York, Leo fu un pirla mai visto.

Combinò un casino della madonna solo perché suo padre, Liam Neeson, combatté per lo spirito santo ma fu trucidato da un macellaio…

E a che servì? Tanto Leo fu/è credente come il padre ucciso. Perciò, Liam forse ascese a un mondo migliore.

Mentre l’omicidio, caro Leo, è un peccato capitale, un reato gravissimo. E si finisce all’inferno se si ammazza un Butcher sebbene possa comprenderti e capire che l’incazzatura sia stata fortissima.

Ci sarebbe anche da dire questo. Se fossi stato al tuo posto, Leo bello, avrei lasciato che, dal paradiso, Liam si fosse vendicato da solo. Dimostrò infatti innumerevoli volte che è capace, quando vuole, di resuscitare come in Io vi troverò, come ne La preda perfetta, cioè di risorgere dalla ceneri della sua walk among the tombstones.

Non sei credibile come uomo, Leo/Amsterdam Vallon. Torni a New York per innamorarti di Cameron Diaz? Ma è una zoccola.

È stata con tutti in quella città. Perfino con Day-Lewis. Cioè, fammi capire bene, tu accoltelli mortalmente il Butcher per poi sposare e avere figli maschi con una che gliela diede solo per due gioielli in più?

È una borseggiatrice, una meretrice, con tutta probabilità è come quella bionda di Alighieri Dante, vale a dire Beatrice, donna che a prima vista sembra che possa regalarti l’idillio, sì, la vedi e pensi… che figa di dio. Poi scopri che t’ha portato dritto all’inferno. E lì rimarrai conficcato per l’eternità a scervellarti, sbudellato dalle fiamme del tuo peccato. Sì, la vagheggiasti ma non la trombasti. E sei finito fottuto.

Ma che schifo! Vedi, Leo, poi non prendertela se lei, sconvolta e in stato confusionale, diventerà come Anna Maria Franzoni. Shutter Island docet.

Sì, non impazzisti dopo che tornasti dal lavoro e assistetti all’orrore commesso da tua moglie. Secondo me, fosti già prima da manicomio.

Io, una con la faccia di Michelle Williams, non l’avrei sposata manco se mi avessero dato i soldi che ti diedero per girare The Beach. Una gran porcata!

Sì, la Williams la prendono quasi sempre per parti da folle, schizofrenica, isterica, depressa cronica.

Obietterete qui, voi, volendomi correggere. Dicendomi che interpretò anche il ruolo di Marilyn Monroe.

E state sbagliando ancora. Secondo voi, la Monroe fu una donna felice?

Fu solo una poveretta in mano a omaccioni che sfruttarono la sua bellezza magnifica. Compreso quel puttanazzone di Kennedy.

Che donna disgraziata! Morì impasticcata per colpa di questi figli di troia! Diciamocela!

E ne vogliamo parlare del suo primo marito? Quel cazzone di Joe DiMaggio? Io avrei preso quella mazza e gliel’avrei data in testa. Sulla capa come De Niro/Al Capone!

Sì, Leonardo DiCaprio è sopravvalutato.

Meglio Phoenix.

Quest’uomo disagiato Da morire, questo ragazzo spaurito e timido da Innocenza infranta, questo Johnny Cash vivente, questo Cristo da Maria Maddalena!

Don’t Worry, figlioli! Mettiamo su Bob Marley… be happy…

We Own the Night!

 

di Stefano Falotico

Che Jena Plissken: ieri son stato al mare. Ho visto in spiaggia molte scimmie. Ho telefonato subito allo zoosafari di Fasano affinché le ospitino


30 Jul

stephanie kurtzuba

Da tempo immemorabile, non mi recavo più, appunto, al mare.

Iodio… no, odio tutta questa folla che s’accalca, che sbraccia per ficcare un ombrellone, disprezzo e detesto tutti questi perizomi e topless di uomini e donne ignude che fanno bella mostra di tutte le loro origini darwiniane.

Sì, conoscete la teoria di Darwin? È sbagliata completamente dalla A alla Z.

Secondo Charles, esemplare di gorilla canuto assai borioso, le uniche specie animali e vegetali che sopravvivono, cazzo, sono quelle coi caratteri ereditari più resilienti e forti. Una teoria nazistica, insomma.

Mah, mi pare già una cagata. Basti assistere all’umanità che ci circonda. Sono tutti dei vegetali animaleschi.

Sì, invero l’uomo, nonostante anni di evoluzione, è rimasto tale e quale al capo branco dei primati di 2001: Odissea nello spazio.

Con le uniche differenze che ora va dal parrucchiere per non sembrare Tim Roth di Planet of the Apes e veste firmato anche se è un semi-analfabeta come Vittorio Gassman de I soliti ignoti.

Vi ricordate quando Totò, nel suddetto film, chiede al personaggio interpretato da Vittorio di apporgli una firma?

Giuseppe Balocchi/Gassman impiega dieci minuti per scrivere la sua firma e alla fine consegna a Dante Alighieri, no, a Dante Cruciani/Totò uno scarabocchio.

Ah, uomo di Lettere. Sei stato in Cina?

 

Sì, oggigiorno sono quasi tutti Laureati ma sono più cazzoni di Leonardo Pieraccioni.

Imparano due pappardelle a memoria, recitandole a menadito a professori più scemi dei loro studenti, cosicché possano intascare il cosiddetto titolo della minchia.

Grazie al quale gli uomini accedono alle maggiori cariche pubiche. Sì, non pubbliche. Pubiche. Col pezzo di carta, puoi avere la strada spianata per ricattare tutte quelle che stanno sotto.

Sì, una volta che sfondi… puoi perfino vantarti di essere un eroe così come fa Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street con quella povera disgraziata a cui firma, appunto, l’assegno.

Lei lo ringrazia platealmente e gli grida ti amo! Con tutti gli altri broker di Neanderthal a elevare Jordan Belfort in Gloria di Umberto Tozzi. Ah ah.

Sì, non è l’attrice Stephanie Kurtzuba, bensì Nicole Minetti con la parrucca bionda. Di mio, che posso dirvi?  Ho scritto il libro La leggenda di King Kong. Cercatelo sulle maggiori catene librarie online. Sì, son sempre stato uno della foresta. Amo Jack London e Tarzan. Una delle mie maggiori fantasie sessuali era quella di fare sesso con Sigourney Weaver di Gorillas in the Mist: The Story of Dian Fossey. Rimasi però intrappolato nelle sabbie mobili da cui il celeberrimo ritornello di Franco Battiato di Bandiera bianca:

siete come sabbie mobili tirate giù…

A Bandiera Bianca e a Bandiera gialla del Pettenati, ho sempre preferito Moby Dick. Una balena che, come tale, non ha bisogno di pettinarsi. Spesso, assomiglio anche a Carlo Verdone/Oscar Pettinari.

 

di Stefano Faloticoweaver gorilla nella nebbiavardone oscar pettinari67827630_10214171692389144_1023803955781566464_n

I peggiori film del prossimo anno saranno certamente meglio dell’ultima pellicola di Tarantino


18 Jun

pitt hollywood tarantino

Eh già, tutti fanno previsioni sui possibili film migliori della prossima stagione.

Ma è troppo facile puntare sui registi di qualità, sui cosiddetti cavalli di razza vincenti.

Ora, chiariamoci, C’era una volta a Hollywood di Tarantino, secondo me, come già profetizzai, sarà una delle solite, ultime gigionate anemiche e poco emozionanti di Tarantino.

Tarantino è un bel tipino. Ha da sempre impostato la sua carriera, girando film pieni di citazionismi che a loro volta omaggiano film del passato da lui idolatrati e adorati, quindi shakerati secondo la sua visione spesso volgarmente pulp o pacchianamente grindhouse.

Ripeto, ciò aveva un senso per i suoi primi tre film, ovvero Le ienePulp Fiction e Jackie Brown, perle che non si toccano.

Le perle non vanno assolutamente toccate. Così come le gambe di Catherine Zeta-Jones, donna ora sposata a Michael Douglas, il quale le regala tuttora collanine d’oro neanche se fosse Bob De Niro di Casinò con la sua bagascia Ginger, dunque dovete tenere ben a mente il comandamento… non desiderare la donna d’altri.

Io la desidero eccome ma Michael Douglas non lo sa perché è rincoglionito. Catherine invece sa tutto.

E non mi spingerei oltre.

Torniamo a Tarantino e non perdiamoci in freddure da Clint Eastwood di Per qualche dollaro in più.

Sì, diciamocela, Kill Bill 1 e 2 valgono solo per la scena finale del capitolo uno quando un ispirato Michael Madsen recita cimiteriale, con soffice farsela nelle sue mutande, la celeberrima… merita la sua vendetta.

Sì, una battuta di dieci secondi in un film che dura quasi due ore.

Il capitolo due invece dura quasi 140 min ma non ha neppure dieci secondi di gloria.

Quindi, secondo voi questo dittico sarebbe un capolavoro?

Se la pensate in questi termini, David Carradine deve prepararvi un panino con le sue mani lerce e servirvelo con tenerezza così come fa con sua figlia ancora innocente e incosciente.

The Hateful Eight è una spossante esibizione di attori che vogliono dimostrarci di saper recitare monologhi interminabili.

E perfino la scena finale che dovrebbe risultare rivelatrice e dunque emozionante, cazzo, non sta in piedi neanche ad attaccarla con la colla.

Scusate, uno riceve la lettera di Abramo Lincoln e, anziché conservarla come la reliquia di San Gennaro, la illiquidisce nel sangue più purulento e gore?

Il bifolco Samuel L. Jackson dovrebbe prendere lezioni d’igiene da Al Pacino di Danny Collins. Il quale, a differenza sua, coccola l’epistola recapitatagli da John Lennon neanche fosse Yoko Ono.

Sì, l’accarezza con estrema delicatezza, eccitandosi come Lino Banfi di Al bar dello sport quando, contando le banconote della vincita della sua schedina miliardaria, pare che stia massaggiando arrapatissimo le cosce di Milly Carlucci dei tempi di Pappa e ciccia.

Eh, Milly è invecchiata ma all’epoca attizzava ogni uomo pugliese di verace Calore! E anche froclen, come diceva Pasquale Zagaria, dinanzi alle gambone di Milly aveva attimi assai dubbiosi riguardo la sua senile omosessualità.

Detta come va detta, la Carlucci è sempre stata una bella donna moralmente discutibile. Sì, prostituitasi a filmacci pecorecci pur di arrivare un giorno a una vita da Ballando con le stelle.

Contenta lei, contenti quelli che son stati nel suo letto per farla ascendere ai primati dei massimi ascolti della Radiotelevisione Italiana. Scommettiamo che… andò proprio così?

Sì, so che Milly è sposata da anni.

Sì, da qualche anno, da un decennio. Da un ventennio? Da un trentello? Sì, se me lo passasse su PayPal, non avrei bisogno di partecipare ai telequiz di Mediaset. Un tempo patrocinati da Mike Bongiorno, da una vita sostenuti invece dal peso extralarge per eccellenza, soprattutto nel portafoglio, cioè Gerry Scotti.

Capisco, ora Milly è sposata. Perfetto, non ci proverò, Tanto adesso è pure rifatta.

E qui alla mia vita è stata (s)fatta una frittata! Ah ah.

Sì, sono l’unico uomo della storia che, anni addietro, finì nei centri di salute mentale. Dopo che tutti appurarono che non necessitavo di alcuna Cura da Franco Battiato, ho capito che non mi piaceva manco la filosofia sempliciotta di Lucio Battisti.

Ah, ma è tutto un battistero. Sì, prima mi chiesero di recarmi ed entrare in chiesa a confessare i miei peccati, poi vollero sconfessarmi. Qui viviamo di baci di Giuda come ne Il padrino – Parte II.

Non va bene, eh? V’è un’ipocrisia dilagante, figlia appunto della moralità piccolo-borghese di cui è, ahinoi, intrisa la falsa cultura radicalchic nostrana da farisei Pater Noster e fasulle Bibbie come se fossimo in Cape Fear di Scorsese.

L’Italia, l’unico Paese al mondo ove primeggia negli incassi Checco Zalone, ove andavano forte i film banfiani, una nazione di Cornetti alla crema, di Ciccio perdona… io no!, un posto malfamato di religiosissimi mafiosi ove tutti ammiccano e provocano con pessime, equivocabili battute scontatissime sul sesso manco se ci trovassimo, appunto, nello studio dentistico della pellicola Vieni avanti cretino col compianto Gigi Reder nella stravista, abusata parte d’una spalla fantozziana di Luciano Salce.

Tarantino è figlio della nostra peggiore italianità. Non è come il grande, succitato Scorsese, appunto. Uno che in Mean Streets ficcò in colonna sonora Renato Carosone non per fare, come Tarantino, il citazionista piacione molto cazzone, bensì perché in quei bar fetidi di Little Italy nei jukebox passava davvero il Carusone. Il suo vero cognome.

Statem’ buon’, a casa tutti bene? Come ti sei sciupato. Hai mangiato? Vuoi ancora un po’ di polpette?

Sì, le madri italiane amano i figli e i loro picciotti come se fossero bravi ragazzi…

E tu invece? Stai sul timiduzzo? Henry, perché non parli mai?

Sì, in Goodfellas passa, nella stupenda scena della presentazione dei vari personaggi, Il cielo in una stanza poiché i piccoli manovali della criminalità adoravano realmente Mina.

E può darsi che su un barcone di sballati sia andata on air veramente Gloria di Umberto Tozzi così come si vede in The Wolf of Wall Street quando Margot Robbie, scatenata e smutandata, qui sembra Sharon Tate e nel film di Tarantino no.

A proposito, secondo voi, Roman Polanski, prima che Sharon fosse oscenamente trucidata dalla banda di Charles Manson, cantò mai alla sua Tate Ti amo?

Mah, secondo me vi può fornire una risposta esaustiva in merito, eh già, Brudos di Mindhunter.

Ecco, a mio avviso i peggiori film del prossimo anno saranno dei capolavori in confronto alla super porcata mai vista di Tarantino.

Quentin, hai davvero rotto il cazzo col tuo Cinema autoreferenziale, leccaculo, auto-imbrodante.

Ha ragione l’attuale moglie di Polanski, Emmanuelle Seigner. O fai un film alla David Fincher incentrato esclusivamente sulla tragedia di Sharon Tate, oppure, se devi ficcare la storiella di contorno per altra carne al fuoco, vai a fare in culo.

Scorsese ha fatto solo una scelta sbagliata in vita sua.

Ha avuto ragione Nick Nolte a non applaudire Elia Kazan nella notte degli Oscar in cui, al regista di Fronte del porto, consegnarono l’Oscar alla carriera.

Certamente, immenso regista, Elia, ma non dovevi fare il maialino.

Sennò sei (stato) solamente un figlio di puta peggiore di Clint Eastwood de Il buono, il brutto, il cattivo.

Ve lo dice Wallach Eli.

Ora, se non ero a Cannes, se C’era una volta a Hollywood non è neppure uscito ancora negli Stati Uniti, chi sono io per dire questo?

Be’, sono il padrone di un mulo a cui non piace la gente che ride…

E soprattutto i puntini di sospensione nel titolo, cazzo, Sergio Leone non li avrebbe mai usati.

Fanno proprio schifo.

E dunque nemmeno io li uso.banfi carlucci pappa ciccia

di Stefano Falotico

È morto Franco Zeffirelli ma io no e ieri sera a Ravenna è stato presentato il mio racconto Disturbo denirante


16 Jun

Anton Giulio Onofri, su Facebook, ha sostenuto che Franco (non) sia stato niente.

Sì, questo regista non era un granché. E chi lo acclamò prese un granchio.

Al suo Romeo e Giulietta, gli ho sempre preferito quello di Baz Luhrmann.

Al suo Gesù di NazarethL’ultima tentazione di Cristo.

Al suo Fratello sole, sorella luna, Massimo Troisi di Ricomincio da tre quando sostiene che la migrazione degli uccelli sia avvenuta per colpa di San Francesco.

Gli uccelli ne avevano le palle piene di questo qui che parlava loro. Le donne invece, a quanto pare, si riempiono quando migro in loro.

Sì, possiedo il fascino di Mickey Rourke nel biopic sul santo d’Assisi di Liliana Cavani.

E, a proposito di Chiara, Helena Bonham Carter è stata Ofelia nell’unico film, a mio avviso, bello di Franco. Perlomeno vagamente passabile. Il suo Amleto con Mel Gibson.

No, non ho gli occhi celesti di Gibson ma adoro viaggiare in tangenziale a tutta velocità neanche se fossi in Interceptor.

Quando sollevo i pesi, acquisisco anche un sex appeal bestiale da Tom Hardy di Mad Max: Fury Road.

La mia vita è stata tragica, una Callas Forever ma, nonostante le sfighe colossali e qualche figa amabile, nel senso che sarebbe stato possibile amarla tutta la vita ma sono troppo capa rossa per sposarmi, diciamocela, la tragedia non solo scespiriana è incarnata/s’incarnò in me.

Me ne incarnai, sono incarnito, ah ah.

Sì, ho i capelli rossicci da Rosso Malpelo, altro che Storia di una capinera, famoso volatile “passeriforme”.

Già, malgrado abbia perso molto in questa mia esistenza, non vado con la prima Traviata che possa capitarmi a tiro…

Ah, le donne vogliono un(a) Verga ma qui ne vedo poche di femmine vere.

Sì, la mia vita ha seguito un percorso introspettivo, formativo, sentimentale-erotico da fare un baffo a Jane Eyre.

Comunque, il mio amico Gennaro, di professione pizzaiolo, sta messo peggio di me.

Molti uomini, dopo la prima volta, si montano oltre a quella con cui l’hanno fatto, eh già, pure la testa. E diventano fascisti. Bevono insomma un Tè con Mussolini ogni giorno.

Di mio, per alcuni anni ho fatto la fine di Ida Dalser/Giovanna Mezzogiorno in Vincere.

Altro che Filippo Timi, soffrii di atimia.

Sostenni che fui rifiutato dai fascisti e fui accusato di soffrire di disturbo delirante.

Sì, fui scambiato per un personaggio manicomiale solo perché asserii che miei ex amici gelosi a morte del sottoscritto, degli Jago insomma, persone che cercarono nel pagliaio l’ago, non vollero che scopassi la mia Desdemona.

La mia donna non era una Ricciarelli, era una ricciolina molto più bona di Cicciolina.

Scusate, sono un bello e impossibile con gli occhi neri dal sapor medio-orientale come Otello o forse un incosciente che non ha fatto i conti con l’oste del sociale hotel, dunque un povero sfigato adatto a una racchia come Gianna Nannini?

Dico!? Si fanno questi scherzacci da bambini?

Sì, io amo Shakespeare, sono Il mercante di Venezia. Film mai girato da Zeffirelli che, in compenso, filmò La bisbetica domata.

E qui ci rifacciamo agli occhi di Mel Gibson. Sì, questa gente mi urlò come Celentano… chi non lavora, non fa l’amore.

Allora, da ragazzo della via Gluck, anche con in gola il glup o forse solo in bocca un chewinggum, non credetti in me stesso e fu tutta una personale svalutation.

Mi depressi e, mentre gli altri mi sfotterono e trombarono… pure le loro Claudia Mori, io rimasi solo un Moro senza morosa. Mi consolai, mangiando una Morositas e cantando… azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me, mi accorgo di non avere più risorse senza di te. Ma allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te, ma il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va.

Il treno di Giada Desideri nel treno di Luca Ward va!

No, non presi il treno. Il treno, dalla nascita, lo persi. Pigliai la macchina e mi feci un giro in cerca di qualcuna. Ma trovai solo trans che sapete benissimo dove lo prendono. O no?

Mi resero, dunque, un uomo invalido. Quasi muto, nonostante avessi e abbia una bellissima voce.

Mi fecero credere che nessuna Ornella Muti sarebbe venuta con me. Venne eccome. Io sarò pure un bisbetico domato a volte, oltre che misantropo, un po’ stronzo e misogino ma, basta che una donna mi pensi e va’ pensiero sull’ali dorate. E sicuramente lei viene a squarciagola.

Con me le donne divengono delle soprano anche se il mio stile di vita, detta come va detta, non mantiene un gran tenore.

Sono un Nabucco, un Verdi di rabbia come Hulk e appunto un uomo rosso che tutte le arrossa. Arrossiscono, certo. Appena mi vedono, provano imbarazzo. Non ho mai capito se sia perché sono attratte da me o per il fallo, no, fatto che mi prendano per un coglione.

Già, perché sbattersi una comune scema ché poi diventi nuovamente malinconico quando puoi battertela con Carmelina?

Sapete cos’ho scritto, nel mio saggio monografico John Carpenter – Prince of Darkness? Che The Ward non è un grande film ma…

Come diceva al solito illuminatamente Carmelo Bene… a sua volta citando Deleuze:

On n’échappe pas de la machinenon si sfugge da-alla macchina.

Chi sceglie la libertà, sceglie il deserto. Se la democrazia fosse mai libertà. Ma la democrazia non è niente, è mera demagogia…

Non si scappa. Uscendo dalla catena di montaggio, la macchina, la catena di montaggio si fa ancora più forte nella vostra strada che percorrete, poi nel tram, poi in auto, poi a casa, in famiglia… aumenta ancora, si fa sentire l’oppressione della catena di montaggio, si fa sentire il nulla della vita. L’oppressione… financo nell’amore, nella rivoluzione ancora di più e, soprattutto, l’oppressione si sente, si risente, nell’entusiasmo…

Dunque, mi pare giusto che il sottoscritto rimanga un Joker amante di Bob De Niro. Se pensate che sposarvi vi renderà persone felici, state freschi. Anzi, state al fresco.

Ogni istituzione serve solo a istituzionalizzarvi. Io credo che l’uomo sia una scimmia dotata della facoltà di credere a Dio. E, dai suoi credo, nasce la civiltà. Per il resto, è un film retorico da Zeffirelli.

Sono stato Re per una notte.

Anche Leonardo DiCaprio di The Wolf of Wall Street.

Sì, non sto scherzando. Come già scrissi, il mio breve racconto intitolato Disturbo denirante è risultato fra i vincitori del concorso letterario indetto da RuleDesigner e inserito nel primo volume di un pregiato, nobilissimo libro della Historica Edizioni. Attualmente già in vendita. Racconto ch’è stato inserito assieme a quello di altri 19 autori-colleghi.

Negli altri volumi, sono stati inseriti gli altri vincitori.

Ora, la domanda d’uopo che vi sovverrà subito, lo so, è questa.

Stefano Falotico, autore del succitato Disturbo denirante, si è presentato alla manifestazione o ha dato forfait come suo solito e secondo il suo inappuntabile, discutibile stile?

Ça va sans dire, il Falotico incarna la parola schivo, è infatti talmente riservato da assomigliare ai migliori film intimistici di Nanni Moretti e, al momento, è molto simile al suo personaggio di Ecce Bombo. Infatti, a molti, per questo suo ritroso atteggiamento, Falotico risulta fastidioso, addirittura permaloso e a tratti odioso. Insomma, ad alcune persone fa schifo, essendo lui schivo. Ma del giudizio di chi non ci vuole bene non dobbiamo divenire schiavi. O no?

Falotico appare, scompare, vede gente, fa cose, poi si isola, ama la solitudine eppur non tanto non regge, malgrado voglia distinguersi dal gregge, la mancanza troppo protrattasi nei mesi di compagnie, anche di una bella, dolce compagna. Questo lo manda in fasi mentali di scompenso. Al che in lui si alternano momenti di gloria a frangenti oserei dire st(r)ingenti, vi si accavallano crisi depressive, malinconie galoppanti che lui cura coi film di Bergman e con Silence di Scorsese. Ah ah.

Insomma, Falotico ci è o ci fa? Ci è andato o no?

Non vi svelerò l’arcano. Dovete indovinare voi. Secondo voi, quindi, ha preso su il microfono sul palco e, come Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street, ha dato sfoggio del suo istrionismo, facendo il gigione, imbrodandosi sopra le righe, oppure al pari di Woody Allen, proverbiale (in)giustificato assente agli Oscar, è rimasto in casa a scrivere, semmai, un altro racconto?

Non posso rispondervi e fornirvi delucidazioni in merito.

A volte, non so nemmeno io dove mi trovi. La gente meschina mi calunnia, dicendomi che non esco mai dal mio guscio come Tim Roth de La leggenda del pianista sull’oceano e invece, proprio in quell’attimo in cui la maldicenza viene espulsa da esseri calunniosi, in verità soltanto gelosi, ah, fottute malelingue, sto usando la mia lingua con un’amante di Baricco.

Quello che posso asserirvi con certezza scientifica è che non sono ricco come Baricco, nemmeno come De Niro. Che ora, a quanto pare, deve dare all’ex moglie ben 500 milioni di dollari di risarcimento.

Ma risarcimento di che? Questa donna, Grace Hightower, non era nessuno prima di sposare De Niro. Ma che vuole?

Anche io non ero nessuno prima d’incontrare Bob.

Da quando sono coniugato, di affinità elettive, ai suoi migliori personaggi, posso affermare orgogliosamente di essere migliorato molto come persona.

Sì, prima di adorarlo e venerarlo, idolatrarlo in Taxi Driver, ero davvero solo come Travis Bickle.

E passavo il tempo a credermi Sylvester Stallone di Rambo. Ridendo coi film con Christian De Sica.

Anche ora non ho tantissimi amici, a esservi proprio sinceri. Ma è colpa mia. Sono molto introverso anche quando me la tiro… da duro come Max Cady di Cape Fear.

Comunque, Disturbo denirante, a mio avviso, altrimenti non l’avrei scritto, è un ottimo racconto.

Dato che ne detengo appieno i diritti d’autori, posso pubblicarlo quasi integralmente anche qui.

Se vi va, leggetelo. Se vi va di sapere come va questa storia, compratelo.

Disturbo denirante

Ecco, ho necessariamente l’impellenza d’alleggerirmi la coscienza e sgravarmi dal gravame stesso di assidue preoccupazioni che, da tempo immemorabile, mi stanno affliggendo infinitamente, inducendomi in un imperterrito circolo vizioso di resilienze emotive assai dannose.

Sì, da tempo infinito, son assillato da perenni, turbolente, assillanti incognite che, strisciando e aleggiando angosciose nella mia anima, disossandola e scarnificando il mio cuore, ininterrottamente mi tormentano. E m’han lasciato spossato, svilito, svuotato. Essiccato come se fossi completamente arso e denudato, totalmente inerme dirimpetto al crescente, strozzante lor martellarmi dentro irrefrenabile, morboso, ferente. Come se, non potendo io contrastare questo lor salirmi nel cuore in maniera ardentemente focosa e crudamente nodosa, mi stessi dissanguando e sciogliendo vivo, strangolato da lancinanti, infermabili dolori interiori.

Come se all’improvviso, questa mia vita, rimanifestatasi in tutta la sua slanciata e poderosa, dinamica irruenza portentosa, ancor la temessi e, impaurito dal troppo esperirla d’emozioni tanto violentemente gioiose quanto avidamente conturbanti, col suo carico di spine inevitabilmente taglienti e maliziose, pregna di delusioni sempre latenti e tremende, non la sapessi vivere nuovamente.

Come se, per sopperire a quest’ansia ciclopica, per rifuggirla codardamente, perennemente mi trascinassi in un malinconico delirio sognante dentro cui, immaginando una realtà più serena e soave, poi danzassi nel suo immaginifico ventre, lasciandomene felicemente trasportare, irradiato di fulgida, illuminante estasi che, da tanta straziante angoscia e quotidiana vita livorosa e feroce, mi consola.

Un delirio piacevole, certo, sebbene illusorio.

Anzi, a essere più precisi un De Niro.

Sì, avete letto bene. Non è un lapsus. Ho scritto De Niro. Robert De Niro.

Io credo di essere suo ammiratore sconfinato e impareggiabile da tempo insuperabile.

Sì, divenni suo fan e strenuo seguace moltissimi anni fa.

Quando, al tintinnare dei primi, ferali fremiti adolescenziali, allo scoccare nevralgico dei primissimi turbamenti ansiosi, egualmente acuminati ed efferatamente selvaggi, per caso guardai Taxi Driver alla televisione.

Il suo protagonista, come sapete, è Travis Bickle, un uomo del sottosuolo, interminabilmente insonne e pensieroso. Una sorta di straniero iper-nervoso. Schizofrenicamente forse pericoloso.

Un ectoplasma martoriato dal suo esistenzialistico, doloroso ed esiziale navigar nelle fluorescenti luci della più cupa notte di New York, una specie di Caronte macilento, un teschio vivente, uno zombi magrissimo ed emotivamente assai instabile e poi furiosamente incandescente, forse solo un diavolo innocente a traghettare anime dannate lungo la dedalica capitale mondiale dei disagi metropolitani per eccellenza.

Un angelo infernale, un tassista cherubino che, nella sua anima, distrutta e flagellata da mille demoni, sta indubbiamente male.

Ecco, all’epoca, subito in lui m’identificai. Perché, parimenti a Travis, in quel periodo così emozionalmente complicato che è l’adolescenza col suo ineludibile, frenetico accavallarsi di purezza rabbiosa, mi sentii tanto similmente speculare alla sua anima spettrale.

 

Detto e fattovi leggere ciò, amici, nemici e anche emotivamente anemici, andiamo tutti quanti al cinema a vedere The Irishman appena uscirà di casa? No, scusate, volevo dire se non lo proietteranno, in versione da pochi pollici, solo per visioni casalinghe da Netflix ma lo distribuiranno in grandi sale per un super pollice SU?

Dai, dai.

 

di Stefano Falotico

bisbetico domato celentano

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I migliori film sull’amicizia e sull’amore


04 Jun

Revolutionary Road

Ebbene, da tempo volevo scrivere qualcosa di veramente centrato, scevro dei miei consueti, oserei dire fuori tematici voli pindarici, per posarmi semplicemente delicato su questi due umani sentimenti portanti.

Sì, credo che nella vita uno possa essere buddista, agnostico, miscredente, ateo oppure cristiano ma non vi possa essere nessun uomo che, in quanto essere dotato di anima pensante, sia in grado di sganciarsi da queste due colonne basali, forse basiche dell’esistenza di noi tutti.

Il Cinema, così come tutte le arti, ha campato su tali argomenti. Anzi, a dire il vero, il 90% delle storie filmate si basano su queste due principali emozioni.

E ora vi argomento, datemi un momento. Non datemi più del demente.

Anche quando la Settima Arte diventa lynchiana, quindi apparentemente dissociata di nonsense narrativo da intrecci diciamo alla Beautiful, come in Mulholland Drive per esempio, a volerci vedere chiaro, va comunque puntualmente a parare sulle relazioni interpersonali. Che siano pure, così come in quest’indiscutibile capolavoro del maestro Lynch, flirt lesbici e via dicendo.

In fondo, Mulholland Drive possiede al suo interno molte chiavi interpretative, perfino psicanalitiche. Che ve lo dico a fare? Lo sapete meglio di me.

In questi anni, per via di miei esistenziali percorsi indubbiamente alquanto forti, vanitosamente posso affermare di aver acquisito competenze psichiatriche degne di un dotto luminare della materia suddetta.

Voi sapete che cos’è, cosa sia il Super-io? Macché. Voi non sapete usare nemmeno il congiuntivo. Basta che vi congiungiate con la prima baldracca raccattata per strada e utilizzate il condizionale per suonarvela e cantarvela: vorrei ma non posso, posso ma potrebbe essere, anche no.

Ma per piacere. Andate a dar via il culo. E pulitevi i denti col collutorio. Qual è la vostra nuova ipocondria, leggasi alibi, per raccontarvela? Ah, capisco, avete la congiuntivite.

Freud sosteneva, forse giustamente, che il Super-Io sia un’istanza intrapsichica secondo la quale noi uomini, anche se nessuno fin dapprincipio c’abbia inculcato certi modi di fare, prendiamo ad esempio Christopher Lambert di Greystroke, sin dalla nascita siamo geneticamente dotati di alcuni importantissimi codici di comportamento, denominati genericamente valori secondo cui agiamo moralmente anche se, ripeto, non siamo stati educati dall’aristocrazia inglese.

Ci mancherebbe, fra l’altro. Lascio al Principe Carlo le sue orecchie a sventola. A cosa gli è servita tutta la sua sontuosa educazione raffinata se poi abbandonò la splendida Lady Diana per quella volgare villana di Camilla?

Ma sì, continuasse a bere il tè, Carlo. Anzi, le camomille. Uno che ebbe genealogicamente un culo sfacciato e che fece? La fece, appunto. Sì, con Diana l’amore fece ma fu anche fece nel senso di pezzo di merda. Permise che Diana morisse nella stessa galleria di Ronin con De Niro del Frankenheimer.

Ma dico! Oltre a non possedere l’eleganza british, questo Carlo non conosce(va) neppure i baci alla francese. Sì, se fossi stato in lui, avrei portato Diana in Costa Azzurra con tanto di maglietta sportiva ed estiva della Lacoste. Ora, invece è inutile che pianga da coccodrillo. Ah ah.

Poteva involarsi a Nizza con una donna che lo faceva diventare rizzo più di Katarina Witt, appunto, di Ronin e lui invece passò a passa tuttora le giornate a cacciare le volpi, montando il suo cavallo di razza.

Ma che razza di uomo è costui? Più che una volpe e un cavallerizzo, è un ricco riccio molto coglione. Diciamocela.

Ronin è un grande film sull’amicizia. Jean Reno salva la vita di De Niro che guida le BMW. Quindi, fra macchine della Renault e atmosfere anche alla Léon di Luc Besson, De Niro s’inchiappetta Natasha McElhone da vero Lion. E sul Pacino de Lo spaventapasseri avrei da dirvene…

Voi siete solo degli spaventa-passere. Ma sì, date da mangiare ai piccioni, piccini.

Ah, Natasha, donna britannica, donna a cui offrirei subito il pan di spagna. Anche il pen di spugna… onestamente.

Spagna o Francia basta che se magna? Sì, lo so che voi, italiani magnaccia, mannaggia, non credete a nessun ideale e, secondo me, oramai non credete più né all’amicizia né all’amore.

Basta che vi facciate du’ spaghi e andiate a divertirvi coi film con Paola Cortellesi. Contenti voi, io no.

Avete perso il gusto della veracità ruspante, puttanesca, amicale oltre ogni dire del mitico Sergio di C’era una volta in America. Film di maschi mai cresciuti, di donne desiderate, bramate, persino felliniane, stuprate, di uomini violentissimi, di bestiali inculate, corna, tradimenti, pistolettate, colpi gobbi, tiri mancini, rapine a mano amata, no, armata, con un James Woods che alla fine, nonostante le porcate che rifilò a Noodles, malgrado Noodles lo servì da maiale alla loro donna, dopo eterne, reciproche rivalità con Noodles da figlio di puttana luridissimo, capì che non valeva la pena farne una tragedia.

Infatti si ammazzò. Ah ah.

Forse, è stato tutto un sogno impossibile come nel finale de La 25ª ora.

Più che un capolavoro di Sergio Leone, probabilmente Un mercoledì da leoni, uno scontro fra Keanu Reeves e Patrick Swayze da indimenticabile Point Break.

Chi è Il cacciatore e chi la preda? Chiedetelo a Christopher Walken dell’appena citato masterpiece di Michael Cimino e vi risponderà, sparandosi in testa.

La vita è un Casinò. De Niro e Pesci sono inseparabili amici dall’infanzia e fanno di tutto per incarnare invece una delle massime storiche proprio di Once Upon a Time in Americanoi siamo come il destino… chi va a star bene e chi va a prenderselo nel culo!

I grandi film sull’amicizia sono veramente tanti, troppi. Mi sono limitato a una parentesi goliardica, eh eh.

Adesso invece andiamo a parlare, anzi a parare sull’amore.

A proposito del povero, compianto Swayze, lasciate stare subito puttanate come GhostUnchained Melody è bellissima, Demi Moore di più, Whoopi Goldberg non tanto. E il film va bene per le classiche casalinghe di Voghera, amanti degli oroscopi e della new age del cazzo.

Che ne pensate de L’età dell’innocenza? Daniel Day-Lewis ama da impazzire Michelle Pfeiffer e anche lei farebbe carte false per stare tutta la vita con Daniel. Non ha bisogno di andare da una maga che le legga i tarocchi per capire che, appena lo guarda, vorrebbe essere la sua regina di bastone/i… Bastone della vecchiaia ma soprattutto di una maturità florida, tutta deflorata, ah ah.

Ora, chiariamoci, donne. Michelle voleva stare con Daniel. Perché voi no?

Non raccontatevi stronzate. Daniel Day-Lewis vede Madeleine Stowe ne L’ultimo dei Mohicani e si scioglie come una cascata.

Pure lei però non scherza, infatti dappertutto schizza.

Sì, Day-Lewis non è mica un povero cazzone… un pesce, no, un Joe Pesci qualsiasi.

Soltanto che, tornando a L’età dell’innocenza, quel tipo di società era classista più dei falsi amici e delle tribali regole d’onore di Quei bravi ragazzi. Prendete, che ne so, Titanic ad affondamento, no, a fondamento del mio ragionamento, miei uomini annacquati.

Leo è tanto bello e anche la Winslet è bona. Ci scappa la scopata, lei è un lago ma alla fine lui affoga. Sarebbe affogato comunque. I genitori di Kate non avrebbero mai permesso che Jack Dawson potesse sposare la principessina sul pisello. A meno che non avesse avuto i soldi di The Wolf of Wall Street.

Anche così però l’avrei vista molto dura. Insomma, questa vita è una Revolutionary Road. Non si può mai stare tranquilli.

Di mio me ne fotto.

Sì, se non fosse stato per il mio genio anomalo, avrei fatto la fine di Michael Shannon di My Son, My Son, What Have Ye Done.

Oppure la fine sempre di Shannon, però di The Iceman.

Da quando invece non do più retta ai vostri piccoli cervelli…

Ho detto tutto.

Come va adesso, insomma?

Meglio che non lo sappia. Non voglio fare la fine di Rocco Siffredi. Quella di Rocco non deve essere una gran vita. Sì, sta sempre a scopare ma, a differenza di me, non crede più a niente.

Eh già. Dove la troverete una testa di minchia come la mia? Non ce sono più in giro, abbiate fede.

Guardatevi attorno, sì, è un mondo andato a zoccole.

 

di Stefano Falotico

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La leggenda dell’uomo lupo, detto anche uomo furbo, insomma…


26 Feb

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Sul mitico Wolf Man, sono stati realizzati tanti film.

E ciò che leggerete, nelle righe seguenti, sarà uno scritto di rara idiozia ma anche di eccelsa fantasia.

Un’analisi cinematografica sulle più memorabili pellicole inerenti la licantropia. Almeno su quelle che il sottoscritto ha visto.

Il sottoscritto, durante la sua vita, da vari luminari invero poco illuminati e anche da diversi marpioni che si credevano volponi, sì, è stato accusato di numerose patologie: in primis, d’ipocondria, ovvero di uno stato mentale di forte apatia mista ad abulia, anoressia, dislessia, epilessia e via via vai che è tutta una zia.

Dunque di schizofrenia. Nevrastenia, sclerosi multipla dei neuroni e anche perciò di catalessia, acefalia e perfino di acciaieria. Sì, Man of Steel mi fa un baffo. Cado sempre e mi spacco la testa ma in realtà sono invulnerabile come Bruce Willis di Unbreakable. Come si suol dire, una capa di minchia imbattibile.

Sì, ho avuto come tutti il morbillo e la varicella ma son stato anche a Baricella, provincia di Bologna. E ho fatto l’amore con una di nome Marcella. Una a cui comunque interessava poco il mio cervello ma qualcos’altro che fa rima sempre con quello…

Che iella. Eh sì. Nerissima.

La donna può rendere un uomo una bestia. Lo sa Jack Nicholson di Wolf – La belva è fuori.

Sì, Michelle Pfeiffer era una che rovinava gli uomini. In Ladyhawke, Rutger Hauer diventava proprio un maledetto, bell’uccello, un falco pregiato. Altro che quell’aquila bianca di Blade Runner… ho detto tutto.

In Batman – Il ritorno, Michelle profumava di gatta. Puzzava anche un po’ di zoccola, diciamocela.

E ne vogliamo parlare di quel povero fesso di Pacino in Scarface? In paura d’amare gli è andata ancora peggio. Da macho che era, ovvero Tony Montana, si trasformava in un cuoco con le torte di limone e un mieloso romantico rincoglionito che vuole sempre la Pfeiffer a lui montata.

Sono cos(c)e per cui un uomo, dopo tanto ben di Dio, nauseato da tanta esagerata magnificenza, può diventare un frocio come De Niro di Stardust. Anche se, in Cose nostre – Malavita, il nostro Bob non ha perso l’onore…

Le donne possono davvero traviare un uomo. Pensate a quell’anima pia di Griffin Dunne. In Fuori orario di Scorsese (e non è L’età dell’innocenza!), cazzo, si fa coglionare da Rosanna Arquette. E sarà una notte lunghissima da penare e pelare.

Quattro anni prima, con Un lupo mannaro americano a Londra, perso che fu nella brughiera come Lon Chaney Jr., vide l’Inferno, altro che Beatrice.

Fu morso e furono cazzi. Da cui la dantesca perifrasi… nel mezzo del cammin di nostra sfiga…

Ma il top della topa, no, del deficiente per antonomasia è ovviamente Benicio Del Toro. In Wolfman non riesce a scoparsi Emily Blunt per colpa della maledizione sciagurata. In Sicario potrebbe scoparsela come un lupo assatanato e invece preferisce mandarla a fanculo ed elevarsi a santo vendicatore di questo par de pallottole, no, palle. Ma che gliene fotteva? Tanto i boss della droga… ne ammazzi uno e ne nasce un altro. E, ripeto, sempre a ca(u)sa di Michelle Pfeiffer. Secondo voi è normale questo Benicio?

In verità vi dico che esiste solo un uomo lupo in carne e ossa, no, abbastanza spellato, cioè questo:

 

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Un uomo focoso, altamente spiritoso, libidinoso, perfino permaloso e non fate più i maliziosi. Perché tanto io sono vizioso, viziato e giustamente ozioso. No, non cambio. Resto amabile e odioso.

 

di Stefano Falotico

L’irreprensibile, immutabile, irremovibile mia visione del mondo infrangibile, una visione da duro


08 Feb

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Sì, più passa il tempo e più divento assolutistico. Dogmatico in alcune convinzioni. Radicale eppur non islamico né radicalizzato. Ideologicamente schierato, barricato nelle mie verità inamovibili, perpetue, sacrosante, ribattezzate, sacramentate giorno dopo giorno in un continuo, tremendo forse trincerarmi nella schiettezza più disinibita oppure nel vivo, scorticante scoprirmi in quello che appare un misero fortilizio vulnerabilissimo, una prigione di vetro indistruttibile, inattaccabile da colpire duramente per risate sperticate e offese sguaiate.

E più ridete, più mi biasimate e compatite, più io vado fiero della mia freddezza e del mio stile impeccabile.

Inappuntabile!

E vi rimando a uno dei miei scritti migliori degli ultimi mesi, indiscutibile. Riveduto e corretto per l’occasione.

Ove credo, e lo affermo con estremo orgoglio, di aver azzeccato pienamente tutto. Indovinato le trappole ricattatorie a cui molti di voi abdicano e si conformano per non dispiacere a nessuno tranne a voi stessi, appunto.

Perché, in quest’illusoria, menzognera compiacenza frivola, mercantilistica, asservita e improntata al culto dell’apparenza più edonistica, pensate di vivere felici e invero, neppure tanto segretamente (e basterebbe adocchiare i vostri sfogatoi su Facebook per accorgersi che vi dilaniate in piaggerie e piagnistei patetici), soffrite immensamente nel vizioso circolo perennemente auto-ingannevole d’ipocrisie ruffiane, di vostri scambi di battute mortifere, fasullamente ridanciane ove, recitandovi a vicenda il giuoco e il giogo di leccarvi il culo, pensate qualche volta di aver trovato il vostro quieto porto. L’attracco sereno, libero da ogni angoscia sporca.

E oscenamente sbagliate, ancora una volta. Penosamente insudiciati da una mendace mascherata di baciamani cortesemente allineati a una massa insulsa, bacata, superficiale e facilona.

Io, in maniera ancestrale e abissale, sono incurabile.

Le provaste tutte. D’inganni, maligni sotterfugi, di trabocchetti e appunto ricatti, di proibizioni plateali o ancor peggio dicerie e sgambetti subdoli per adattarmi alla vostra visione del mondo.

E invece il mio no apertamente sbattutovi contro, anziché essersi affievolito…, oh sì, s’è enormemente irrobustito.

Esponenzialmente ingigantito. Tanto che ho assunto il nome di Joker per opporre, dinanzi alla vostra indifferenza inaudita, la mia burlesca scortesia altrettanto truffaldina.

Recito la demenzialità come un man on the moon strafottente, allo zenit di ogni possibile e immaginabile irriverenza e sfrontatezza verace ché, ingiustamente provocato affinché contro-natura cambiassi e beceramente mi omologassi, ai dettami del porcile e delle bieche animalità piamente e piattamente, abbattuto, m’attenessi, nel mio consapevole, onesto, bel delirio persevero e non c’è verso oramai che possa tornare indietro.

Mi affibbierete la patente di coglione ma sarò asceso in verità, vi dico, a omone, miei troioni.

No, non andrò mai col sorriso a trentadue denti a una festa nel fotografarmi, attorniato da veri, questi sì, pagliacci, assieme a delle belle gnocche con tanto di boccacce.

Meglio far il Boccaccio, il goliardico asinaccio dinanzi a tal vile umanità allo sbando, di fronte a un mondo di magnacci.

Sì, sono arrivato a considerare la pornografia ben fatta perfino superiore a Shutter Island. Pensate un po’.

Ora, parlo da uomo che ha adorato Scorsese alla follia, appunto, per tempo immemorabile.

Ma, sinceramente, possiamo prendere i suoi ultimi film e buttarli a mare.

Sì, non sto bestemmiando.

Oggi, avete fatto un gran casino perché sulla RAI hanno trasmesso The Wolf of Wall Street tutto sforbiciato e censurato.

A mio avviso, e non è sacrilega blasfemia, è un film davvero brutto. Pacchiano, interminabile, scontato, volgare.

Assistere a un Pinocchio che mangia, caga, dorme, scopa da mattina a sera, fa soldi sui poveri fessi e via dicendo.

Che palle. Ma questo lo sappiamo già. E il film non ha stile, è piattissimo, una noia micidiale.

Sì, vi siete stupiti della censura? Se fossi stato nel direttore del palinsesto della RAI, io l’avrei completamente censurato. Del tutto. Bruciatelo!

Via, questo film va cancellato. È una schifezza immonda. Ma non perché mostri sesso e cazzi vari, potte e figone, no, non per questo.

Semplicemente perché è una disgrazia cinematografica indicibile. Il punto stilisticamente più rincoglionito di Scorsese.

Ho accennato a Shutter Island. Altro film che, come dicono a Roma, non se po’ vede’.

Ora, Leo DiCaprio impazzisce perché torna dal lavoro e scopre che sua moglie, una specie di Annamaria Franzoni, ha trucidato quelle povere creature dei loro figli.

Ah, troppo facile. Non s’impazzisce in un nanosecondo. La pazzia abbisogna di anni e anni di eventi e circostanze funeste per stabilizzarsi nella doppia personalità.

Non è certo una tragedia a scatenarla di punto in bianco.

E, a proposito della Franzoni, oh, a me pare pure un’ottima figa. Quasi quasi una botta gliela darei.

Sì, è libera, dichiarata innocente. Ed ecco che i giornali vanno a ruba. La gente, che non ha un cazzo da fare, anziché preoccuparsi della propria vita andata a puttane, s’infoia per sapere la verità.

Impazzeranno altri programmi da sciacalli.

Saranno fatti della Franzoni se ha ammazzato o no? Eppure a voi che le puntate il dito e le dite che è un mostro… piace Le ali della libertà. Non capisco…

A proposito di pazze e pazzie. Anche A Dangerous Method è un mezzo film di merda. Ho scritto un libro, David Cronenberg – Poetica indagine divorante, ove poeticamente lo incensai.

Sì, perché è conforme alla poetica di Cronenberg e in questo senso un film magnifico.

Ma il film, preso esclusivamente nella sua sostanza, è una balla colossale. Non si cura la schizofrenia con inculate, carnali e non.

Io sono un esperto in materia. Ma non di schizofrenia e malattie mentali affini. Bensì di illuminata sanità totale.

Anni e anni d’idiozie psichiatriche mi hanno, e qui mi aggancio alla tesi mia iniziale, convinto che la psichiatria, anche la psicanalisi, non risolva nulla.

Di solito, se c’è un disagio preoccupante, il medico cerca, attraverso colloqui infiniti e potenti, col paziente, di risalire alle cause. Non sempre sono individuabili.

E, anche quando si accerta la causa, che cosa si risolve? Niente.

Anzi, peggio. Il cosiddetto “pazzo”, se la sua pazzia era innocua, se la godeva.

Una volta preso coscienza di essere pazzo, che cosa gli rimane?

Può essere che abbia sessant’anni, nessun soldo in banca, eccetera eccetera. Sai che roba.

Almeno prima si trastullava spensierato nella sua incoscienza.

Gli psichiatri, poi, sono unicamente allarmati soltanto da questo: del paziente, della sua salute appunto psichica, di conseguenza anche fisica, non gliene può fregare di meno.

A loro interessa solamente che i suoi “disturbi” non siano di danno a nessuno.

Sono dei poliziotti e tutori dell’ordine. Un mio amico mi disse… non si occupano di pulizia della mente, bensì sono la polizia della mente.

È tragicamente vero. Agghiacciante.

Se un paziente loro in “cura” diventa non un peso morto bensì un peso massimo di trecento chili e un vegetale perché bombardato di farmaci e sedativi allucinanti, agli psichiatri non frega nulla. Non sbatte, come si suol dire, un beneamato cazzo.

A loro importa solo di preservare una parvenza di pseudo-tranquillità tristissima, ripugnante, oserei dire criminosa, infame e delittuosa, azzerando una persona, inibendola, semmai pure castrandola, psicologicamente annientandola, al fine che non faccia più casini che potrebbero mettere in pericolo la sua incolumità e quella del prossimo.

Un abominio osceno.

Anziché curarla davvero, sensibilizzarla, valorizzarla, perdonarla se ha commesso involontariamente degli errori, la psichiatria viene usata a scopo punitivo, tamponante, ai limiti dei più inguaribili orrori lobotomizzanti e nazistici.

E in questo non si differenzia molto nel suo agire, sopprimere, castigare e frenare, alla società di massa.

Che ipocritamente zittisce chi la pensa diversamente col potere capzioso d’un inganno e di una slealtà che va a parare sempre sul sesso, sulla forza, sulla virilità e la femminilità, sulle apparenti debolezze e sulle intrinseche e non, presunte, pregiudizievoli fragilità.

Una visione del mondo adattatasi alla potenza del denaro, in poche parole alla forza… della maschera.

Perché pensate che molte persone si laureino, ad esempio? Davvero perché credete che abbiano semplicemente istituzionalizzato il loro sapere in una determinata e da loro designata disciplina?

No. O perlomeno è vero per chi, ottemperante a una referenzialità formale, applica le sue conoscenze per un fine superiore. Per un arricchimento emotivo e culturale che possa donare loro migliori strumenti interpretativi.

Ma i più sfruttano il pezzo di carta per sentirsi superiori e dettare, da dittatori, la propria privilegiata legge sul debole di turno, ricattandolo.

Si chiama fascismo, si chiama ignoranza, si chiama arroganza, supponenza, si chiama idiozia.

 

Ed è per questo che, nonostante tutto, io sono davvero il Genius.

E nella vita devo fare quello per cui sono nato. Scrivere di Cinema e non, non posso essere coglionato nelle sceme(nze) generali.

E poi… ieri il Frusciante ha esaltato JFK di Oliver Stone.

Ce la possiamo dire? Non è un granché. È cronachistico, documentaristico, uno sfoggio di montaggio purtroppo retorico, al solito spettacolarizzato, con mille attori importanti messi lì in cammei tanto per dire… ah, c’è pure Kevin Bacon, anche Pesci. Anche quell’altro. Come si chiama pure?

È un Cinema vecchio.

Invece io sono sempre più giovane.

 

E cammino spavaldo, grattandomi anche un uccello invidiato che sa il fallo suo. Sì, il fallo. Il Falò!

Un uomo che, sotto il suo bianco accappatoio, non ha niente da nascondere.

E, se nasconde qualcosa, è soltanto perché questo qualcosa spinge e potrebbe provocare turbamenti oltre il borghese senso del pudore.

E non va pene, no, bene. Invece, va benissimo.

 

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)